tontolina
Forumer storico
Strategie equity: aumentano i rischi sugli indici azionari
13-04-07
Lo scorso febbraio gli indici azionari hanno subito una violenta e improvvisa correzione, giustificata da valutazioni troppo tirate nel breve termine e dalla preoccupazione che il mercato immobiliare negli Stati Uniti potesse essere severamente ridimensionato.
A poche settimane di distanza, la maggiore parte dei principali indici nondimeno ha recuperato quasi integralmente la presa di profitto, con l'eccezione di alcuni di essi che addirittura sono andati su nuovi massimi di periodo.
Apparentemente non è quindi successo nulla...
In realtà ci sono alcune variabili che si sono evolute in modo preoccupante e che a nostro avviso andrebbero monitorare attentamente.
Tra queste la volatilità, rimasta a livelli più elevati rispetto al pre-correzione, le materie prime industriali nuovamente a livelli di guardia, la situazione di crisi di alcune finanziarie legate al mercato immobiliare negli Stati Uniti, una maggiore tensione a livello commerciale tra Stati Uniti e Cina ed infine il Report di primavera del Fondo Monetario Internazionale che sottolinea questi e altri pericoli.
Eventi e recenti sviluppi
Lo scorso 28 febbraio, seppure con un giorno di ritardo, gli indici azionari a fronte di un crollo degli indici cinesi e delle previsioni di Greenspan (ex chairman della Fed) che ipotizzavano per la seconda parte del 2007 una recessione negli Stati Uniti hanno cominciato una fase di correzione in realtà concentrata in sole due settimane.
Le preoccupazioni riguardanti l'azionario cinese sono state a nostro avviso una scusa per prendere profitto, a fronte di un trend di crescita ininterrotta dei prezzi che durava oramai da circa otto mesi e che aveva già provocata l'attesa espansione dei multipli azionari.
Basti pensare che un indice come il Dax dai minimi di giugno 2006 era rimbalzato circa del 30%, a fronte di una crescita degli utili che nel periodo non superava il 10%.
Negli stessi giorni ad esacerbare il movimento erano anche le preoccupazioni negli Stati Uniti sui sub-prime loans, prestiti verso debitori considerati poco solvibili, a causa del calo del mercato immobiliare che in taluni casi rendeva insufficienti le garanzie date a fronte del mutuo.
E' a nostro avviso palese che a meno di sei settimane di distanza dall'inizio del movimento ribassista il ritrovare gli indici agli stessi livelli pre-correzione, come se nulla fosse accaduto, lascia non poche perplessità. Anche considerando che i dati macroeconomici usciti nel frattempo nelle diverse aree geografiche sono stati nella media abbastanza deludenti.
Principali variabili da monitorare
Partendo dal semplice presupposto che l'azionario è un'asset class ancora mediamente interessante rispetto ad altre asset class alternative, è a nostro avviso fondamentale per il mantenimento di un trend laterale/rialzista che permangano le condizioni attuali o che perlomeno il loro peggioramento sia contenuto.
Il punto di partenza della nostra analisi è perciò semplice.
Pur non ipotizzando (almeno per il momento) una recessione negli Stati Uniti che avrebbe ovviamente un impatto molto negativo sugli indici, riteniamo che comunque sia necessaria almeno una pausa nel rialzo e soprattutto alcune conferme sulla tenuta della congiuntura.
Un peggioramento più marcato dei fondamentali non è a nostro avviso scontato dal mercato.
Vediamo più in dettagli le variabili da monitorare nell'attuale fase di mercato.
Volatilità: tradizionalmente la volatilità scende nei mercati in salita e sale in quelli in discesa. La spiegazione è semplice: un indice in media scende più velocemente di quanto salga.
Ritornati nella fase attuale sui livelli massimi di prezzo toccati in febbraio, la volatilità rimane tuttavia di almeno un paio di punti percentuali più elevata che in precedenza. Segno che anche il rimbalzo è stato probabilmente troppo veloce e che gli investitori non si fidano completamente e comprano protezione.
Condizioni macroeconomiche: tra i macro includiamo innanzitutto gli stati Uniti, che nonostante la prepotente crescita di alcuni grandi paesi emergenti, vanno ancora considerati il motore principale della crescita mondiale.
I dati delle scorse settimane sono stati in media sotto le attese del mercato e hanno destato preoccupazione.
In particolare le minute della Fed possono riassumere la situazione.
Innanzitutto emerge un quadro confuso, con la Fed che da indicazioni contrastanti tra loro. Inizialmente era preoccupata per la crescita, ora torna a focalizzarsi sull'inflazione. E' probabile che la politica monetaria in questa fase non possa essere particolarmente flessibile, considerati il rimbalzo delle materie prime e la crescita in febbraio dei prezzi (sopratutto alla produzione).
E'chiaro che dovesse esserci un rallentamento accentuato della congiuntura, la Fed abbasserebbe i tassi, ma la sensazione è che la eventuale cura non possa essere preventiva, ma solo successiva al manifestarsi della patologia.
Osservato speciale rimane il mercato immobiliare.
Per il momento soffrono i sub-prime loans, ovvero crediti verso debitori considerati poco solvibili. E' in deciso aumento il tasso di sofferenza dei mutui e riteniamo che la situazione possa aggravarsi qualora i prezzi degli immobili dovessero ulteriormente ridimensionarsi.
Dollaro: il calo del dollaro è lento, progressivo e sembra inarrestabile. D'altro canto c'è una comune convinzione sul mercato che debba svalutarsi e alla fine le convinzioni tendono ad avverarsi.
Il dollaro è a nostro avviso nettamente sottovalutato, ma il mercato sconta (giustamente) una politica confusa dell'attuale amministrazione sul fronte dei deficit gemelli. La guerra in Irak ha drenato risorse aumentando il Deficit Federale.
Allo stesso tempo per ribilanciare il Deficit commerciale sarebbe opportuno rivalutare la valuta cinese. Ma l'attuale situazione di debolezza della politica estera degli Stati Uniti non permette di imporsi in tale senso, per cui il dollaro sembra abbandonato a se stesso e alla speculazione.
Una sua rottura al ribasso dei livelli attuali tuttavia aumenterebbe l'incertezza e la volatilità sui mercati, perché potrebbe allontanare momentaneamente gli investitori dalle attività dell'area nordamericana.
Carry trade: il carry trade consiste nell'indebitarsi in valute contraddistinte da tassi di interesse molto contenuti (tipicamente lo yen) per investire in asset class ad elevato rendimento nominale (tipicamente obbligazioni emergenti).
Nella fase di debolezza degli indici azionari lo yen è passato da 160 a 150 circa contro euro. Mostrando tra l'altro una correlazione negativa con gli indici.
Attualmente è tornato sui minimi (160). Non escluderemmo perciò un intervento delle banche centrali che vogliono evitare movimenti troppo bruschi delle valute e soprattutto che valute primarie si indeboliscano troppo.
Una riduzione del carry trade causerebbe debolezza sulle asset class più speculative (tra cui almeno in parte includiamo anche le azioni).
Tensioni geo-politiche: E' vero che i conflitti e il terrorismo sono diventato una costante con cui il mercato è oramai destinato a convivere, ma la situazione sembra peggiorare.
Irak e Afganistan sembrano sempre più abbandonate a se stesse, con l'amministrazione Bush che di fatto sta perdendo il controllo del Congresso e del Senato degli Stati Uniti.
Inoltre l'Iran, nonostante l'attuale gruppo al potere stia perdendo consensi, sta cercando di andare verso il nucleare.
Al momento il mercato non sembra scontare nessuna grave crisi, per cui dalla variabile geo-politica è più facile possa derivane per i mercati un impatto negativo anziché il contrario.
Report Fondo monetario Internazionale: nel recente report (il Global Financial Stability Report) pubblicato in settimana il FMI pur sottolineando la solidità del sistema finanziario globale, sottolinea un aumento dei rischi.
In linea di massima tra le variabili potenzialmente pericolose ci sono quella esaminate in questa sede, ma il FMI in particolare si sofferma sui mutui sub-prime che sono in totale il 14% del totale. Un allargamento ad altre forme di credito non sarebbe perciò impossibile.Anche la globaliazzazione che di per se è positiva, potrebbe causare qualche squilibrio nel caso i cambiamenti in corso dovessero essere troppo rapidi.
Earning season: Alcoa, tradizionalmente la prima società di grandi dimensioni a rilasciare i risultati, ha riportato gli utili del primo trimestre lo scorso 10 aprile. Nel caso particolare le stime sono state battute, ma rimane (più che in passato) una discreta incertezza sull'esito dei risultati. Importante sarà soprattutto la guidance per i trimestri successivi e l'esperienza insegna che quando lo scenario comincia a diventare più complesso, le aziende aumentano la prudenza nella comunicazione al mercato, in modo da non dovere fare successivamente eventuali profit warning particolarmente dolorosi.
La nostra sensazione è che al momento il mercato stia scontando una earning season ( e le relative indicazioni) almeno in linea con le stime.
Al contrario eventuali sorprese negative, potrebbero avere un impatto negativo sugli indici.
Analisi tecnica: nelle ultime sei settimane gli indici azionari hanno avuto tra loro un andamento difforme pur a parità di trend.
Alcuni sono andati a toccare le medie mobili lunghe nella fase di discesa, altri sono rimbalzati da livelli tecnici non particolarmente significativi.
Il movimento mediamente realizzato, soprattutto la velocità del recupero, merita nondimeno almeno una pausa di consolidamento.
Anche nel rimbalzo vi sono stati comportamenti difformi con Eurostoxx e indici statunitensi che hanno fatto (per il momento) massimi inferiori, altri ritornati sugli stessi livelli, altri ancora come il Dax o gli indici cinesi su nuovi massimi.
In media però il doppio massimo (che potrebbe essere rotto qualora il trend in atto dovesse proseguire) merita anch'esso almeno una pausa.
Fusioni & acquisizioni: l'attività di M&A sta letteralmente esplodendo.
I fondi di Private Equity che hanno ricevuto ingenti capitali negli anni scorsi, stanno infatti investendo su scala globale, senza lasciarsi intimorire dalla dimensioni delle eventuali prede (molte operazioni sono infatti in compartecipazione tra diversi fondi).
I proventi delle vendite tendono a ritornare sull'azionario, contribuendo così a sostenere gli indici.
Qualora il fenomeno dovesse rallentare (e rallenterà in quanto le valutazioni sono sempre meno interessanti), gli indici azionari potrebbero momentaneamente soffrirne.
Stagionalità: aprile è l'ultimo mese in cui la stagionalità è favorevole agli indici azionari. Da maggio in poi statisticamente gli indici soffrono, per poi tornare prepotentemente a salire da metà settembre in poi.
Nell'attuale scenario è a nostro avviso poco probabile (nonostante il nostro approccio 'contrarian') che gli indici possano continuare senza intoppi il trend rialzista.
Conclusioni
Le ultime sei settimane hanno portato un deciso aumento della volatilità sugli indici azionari.
Prima a causa di una profonda fase di ribasso durata meno di tre settimane, poi per il successivo, altrettanto violento rimbalzo.
Tornati sui livelli pre-correzione, è necessario fare alcune considerazioni.
Gli squilibri che avevano a nostro avviso portato ad una pausa di consolidamento non solo non sono rientrati, ma in alcuni casi sono addirittura aumentati (vedi subprime loans) o esacerbati (carry trade, debolezza del dollaro).
L'anello debole in questa fase continuano ad essere gli Stati Uniti, con dati sull'inflazione poco confortanti e il timore di un forte rallentamento della congiuntura.
Nella presente analisi facciamo un breve punto delle principali variabili price-sensitive e la conclusione che traiamo, è che anche qualora le attuali tutto sommato positive condizioni dovessero permanere, sarebbe auspicabile una pausa degli indici azionari, almeno fino ad avere uno scenario maggiormente delineato.
Al contrario, il peggioramento di una o più delle variabili considerate, potrebbe riportare sotto pressione gli indici.
Una progressiva riduzione dei rischi di portafoglio è perciò la strategia che seguiremmo nella attuale fase di mercato.
http://www.soldionline.it/a.pic1?EID=17108
Leggi gli Articoli precedenti: http://www.soldionline.it/a.pic1?EL=8bc51c104cf6e980c1256ea2002b6a50
13-04-07
Lo scorso febbraio gli indici azionari hanno subito una violenta e improvvisa correzione, giustificata da valutazioni troppo tirate nel breve termine e dalla preoccupazione che il mercato immobiliare negli Stati Uniti potesse essere severamente ridimensionato.
A poche settimane di distanza, la maggiore parte dei principali indici nondimeno ha recuperato quasi integralmente la presa di profitto, con l'eccezione di alcuni di essi che addirittura sono andati su nuovi massimi di periodo.
Apparentemente non è quindi successo nulla...
In realtà ci sono alcune variabili che si sono evolute in modo preoccupante e che a nostro avviso andrebbero monitorare attentamente.
Tra queste la volatilità, rimasta a livelli più elevati rispetto al pre-correzione, le materie prime industriali nuovamente a livelli di guardia, la situazione di crisi di alcune finanziarie legate al mercato immobiliare negli Stati Uniti, una maggiore tensione a livello commerciale tra Stati Uniti e Cina ed infine il Report di primavera del Fondo Monetario Internazionale che sottolinea questi e altri pericoli.
Eventi e recenti sviluppi
Lo scorso 28 febbraio, seppure con un giorno di ritardo, gli indici azionari a fronte di un crollo degli indici cinesi e delle previsioni di Greenspan (ex chairman della Fed) che ipotizzavano per la seconda parte del 2007 una recessione negli Stati Uniti hanno cominciato una fase di correzione in realtà concentrata in sole due settimane.
Le preoccupazioni riguardanti l'azionario cinese sono state a nostro avviso una scusa per prendere profitto, a fronte di un trend di crescita ininterrotta dei prezzi che durava oramai da circa otto mesi e che aveva già provocata l'attesa espansione dei multipli azionari.
Basti pensare che un indice come il Dax dai minimi di giugno 2006 era rimbalzato circa del 30%, a fronte di una crescita degli utili che nel periodo non superava il 10%.
Negli stessi giorni ad esacerbare il movimento erano anche le preoccupazioni negli Stati Uniti sui sub-prime loans, prestiti verso debitori considerati poco solvibili, a causa del calo del mercato immobiliare che in taluni casi rendeva insufficienti le garanzie date a fronte del mutuo.
E' a nostro avviso palese che a meno di sei settimane di distanza dall'inizio del movimento ribassista il ritrovare gli indici agli stessi livelli pre-correzione, come se nulla fosse accaduto, lascia non poche perplessità. Anche considerando che i dati macroeconomici usciti nel frattempo nelle diverse aree geografiche sono stati nella media abbastanza deludenti.
Principali variabili da monitorare
Partendo dal semplice presupposto che l'azionario è un'asset class ancora mediamente interessante rispetto ad altre asset class alternative, è a nostro avviso fondamentale per il mantenimento di un trend laterale/rialzista che permangano le condizioni attuali o che perlomeno il loro peggioramento sia contenuto.
Il punto di partenza della nostra analisi è perciò semplice.
Pur non ipotizzando (almeno per il momento) una recessione negli Stati Uniti che avrebbe ovviamente un impatto molto negativo sugli indici, riteniamo che comunque sia necessaria almeno una pausa nel rialzo e soprattutto alcune conferme sulla tenuta della congiuntura.
Un peggioramento più marcato dei fondamentali non è a nostro avviso scontato dal mercato.
Vediamo più in dettagli le variabili da monitorare nell'attuale fase di mercato.
Volatilità: tradizionalmente la volatilità scende nei mercati in salita e sale in quelli in discesa. La spiegazione è semplice: un indice in media scende più velocemente di quanto salga.
Ritornati nella fase attuale sui livelli massimi di prezzo toccati in febbraio, la volatilità rimane tuttavia di almeno un paio di punti percentuali più elevata che in precedenza. Segno che anche il rimbalzo è stato probabilmente troppo veloce e che gli investitori non si fidano completamente e comprano protezione.
Condizioni macroeconomiche: tra i macro includiamo innanzitutto gli stati Uniti, che nonostante la prepotente crescita di alcuni grandi paesi emergenti, vanno ancora considerati il motore principale della crescita mondiale.
I dati delle scorse settimane sono stati in media sotto le attese del mercato e hanno destato preoccupazione.
In particolare le minute della Fed possono riassumere la situazione.
Innanzitutto emerge un quadro confuso, con la Fed che da indicazioni contrastanti tra loro. Inizialmente era preoccupata per la crescita, ora torna a focalizzarsi sull'inflazione. E' probabile che la politica monetaria in questa fase non possa essere particolarmente flessibile, considerati il rimbalzo delle materie prime e la crescita in febbraio dei prezzi (sopratutto alla produzione).
E'chiaro che dovesse esserci un rallentamento accentuato della congiuntura, la Fed abbasserebbe i tassi, ma la sensazione è che la eventuale cura non possa essere preventiva, ma solo successiva al manifestarsi della patologia.
Osservato speciale rimane il mercato immobiliare.
Per il momento soffrono i sub-prime loans, ovvero crediti verso debitori considerati poco solvibili. E' in deciso aumento il tasso di sofferenza dei mutui e riteniamo che la situazione possa aggravarsi qualora i prezzi degli immobili dovessero ulteriormente ridimensionarsi.
Dollaro: il calo del dollaro è lento, progressivo e sembra inarrestabile. D'altro canto c'è una comune convinzione sul mercato che debba svalutarsi e alla fine le convinzioni tendono ad avverarsi.
Il dollaro è a nostro avviso nettamente sottovalutato, ma il mercato sconta (giustamente) una politica confusa dell'attuale amministrazione sul fronte dei deficit gemelli. La guerra in Irak ha drenato risorse aumentando il Deficit Federale.
Allo stesso tempo per ribilanciare il Deficit commerciale sarebbe opportuno rivalutare la valuta cinese. Ma l'attuale situazione di debolezza della politica estera degli Stati Uniti non permette di imporsi in tale senso, per cui il dollaro sembra abbandonato a se stesso e alla speculazione.
Una sua rottura al ribasso dei livelli attuali tuttavia aumenterebbe l'incertezza e la volatilità sui mercati, perché potrebbe allontanare momentaneamente gli investitori dalle attività dell'area nordamericana.
Carry trade: il carry trade consiste nell'indebitarsi in valute contraddistinte da tassi di interesse molto contenuti (tipicamente lo yen) per investire in asset class ad elevato rendimento nominale (tipicamente obbligazioni emergenti).
Nella fase di debolezza degli indici azionari lo yen è passato da 160 a 150 circa contro euro. Mostrando tra l'altro una correlazione negativa con gli indici.
Attualmente è tornato sui minimi (160). Non escluderemmo perciò un intervento delle banche centrali che vogliono evitare movimenti troppo bruschi delle valute e soprattutto che valute primarie si indeboliscano troppo.
Una riduzione del carry trade causerebbe debolezza sulle asset class più speculative (tra cui almeno in parte includiamo anche le azioni).
Tensioni geo-politiche: E' vero che i conflitti e il terrorismo sono diventato una costante con cui il mercato è oramai destinato a convivere, ma la situazione sembra peggiorare.
Irak e Afganistan sembrano sempre più abbandonate a se stesse, con l'amministrazione Bush che di fatto sta perdendo il controllo del Congresso e del Senato degli Stati Uniti.
Inoltre l'Iran, nonostante l'attuale gruppo al potere stia perdendo consensi, sta cercando di andare verso il nucleare.
Al momento il mercato non sembra scontare nessuna grave crisi, per cui dalla variabile geo-politica è più facile possa derivane per i mercati un impatto negativo anziché il contrario.
Report Fondo monetario Internazionale: nel recente report (il Global Financial Stability Report) pubblicato in settimana il FMI pur sottolineando la solidità del sistema finanziario globale, sottolinea un aumento dei rischi.
In linea di massima tra le variabili potenzialmente pericolose ci sono quella esaminate in questa sede, ma il FMI in particolare si sofferma sui mutui sub-prime che sono in totale il 14% del totale. Un allargamento ad altre forme di credito non sarebbe perciò impossibile.Anche la globaliazzazione che di per se è positiva, potrebbe causare qualche squilibrio nel caso i cambiamenti in corso dovessero essere troppo rapidi.
Earning season: Alcoa, tradizionalmente la prima società di grandi dimensioni a rilasciare i risultati, ha riportato gli utili del primo trimestre lo scorso 10 aprile. Nel caso particolare le stime sono state battute, ma rimane (più che in passato) una discreta incertezza sull'esito dei risultati. Importante sarà soprattutto la guidance per i trimestri successivi e l'esperienza insegna che quando lo scenario comincia a diventare più complesso, le aziende aumentano la prudenza nella comunicazione al mercato, in modo da non dovere fare successivamente eventuali profit warning particolarmente dolorosi.
La nostra sensazione è che al momento il mercato stia scontando una earning season ( e le relative indicazioni) almeno in linea con le stime.
Al contrario eventuali sorprese negative, potrebbero avere un impatto negativo sugli indici.
Analisi tecnica: nelle ultime sei settimane gli indici azionari hanno avuto tra loro un andamento difforme pur a parità di trend.
Alcuni sono andati a toccare le medie mobili lunghe nella fase di discesa, altri sono rimbalzati da livelli tecnici non particolarmente significativi.
Il movimento mediamente realizzato, soprattutto la velocità del recupero, merita nondimeno almeno una pausa di consolidamento.
Anche nel rimbalzo vi sono stati comportamenti difformi con Eurostoxx e indici statunitensi che hanno fatto (per il momento) massimi inferiori, altri ritornati sugli stessi livelli, altri ancora come il Dax o gli indici cinesi su nuovi massimi.
In media però il doppio massimo (che potrebbe essere rotto qualora il trend in atto dovesse proseguire) merita anch'esso almeno una pausa.
Fusioni & acquisizioni: l'attività di M&A sta letteralmente esplodendo.
I fondi di Private Equity che hanno ricevuto ingenti capitali negli anni scorsi, stanno infatti investendo su scala globale, senza lasciarsi intimorire dalla dimensioni delle eventuali prede (molte operazioni sono infatti in compartecipazione tra diversi fondi).
I proventi delle vendite tendono a ritornare sull'azionario, contribuendo così a sostenere gli indici.
Qualora il fenomeno dovesse rallentare (e rallenterà in quanto le valutazioni sono sempre meno interessanti), gli indici azionari potrebbero momentaneamente soffrirne.
Stagionalità: aprile è l'ultimo mese in cui la stagionalità è favorevole agli indici azionari. Da maggio in poi statisticamente gli indici soffrono, per poi tornare prepotentemente a salire da metà settembre in poi.
Nell'attuale scenario è a nostro avviso poco probabile (nonostante il nostro approccio 'contrarian') che gli indici possano continuare senza intoppi il trend rialzista.
Conclusioni
Le ultime sei settimane hanno portato un deciso aumento della volatilità sugli indici azionari.
Prima a causa di una profonda fase di ribasso durata meno di tre settimane, poi per il successivo, altrettanto violento rimbalzo.
Tornati sui livelli pre-correzione, è necessario fare alcune considerazioni.
Gli squilibri che avevano a nostro avviso portato ad una pausa di consolidamento non solo non sono rientrati, ma in alcuni casi sono addirittura aumentati (vedi subprime loans) o esacerbati (carry trade, debolezza del dollaro).
L'anello debole in questa fase continuano ad essere gli Stati Uniti, con dati sull'inflazione poco confortanti e il timore di un forte rallentamento della congiuntura.
Nella presente analisi facciamo un breve punto delle principali variabili price-sensitive e la conclusione che traiamo, è che anche qualora le attuali tutto sommato positive condizioni dovessero permanere, sarebbe auspicabile una pausa degli indici azionari, almeno fino ad avere uno scenario maggiormente delineato.
Al contrario, il peggioramento di una o più delle variabili considerate, potrebbe riportare sotto pressione gli indici.
Una progressiva riduzione dei rischi di portafoglio è perciò la strategia che seguiremmo nella attuale fase di mercato.
http://www.soldionline.it/a.pic1?EID=17108
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