Val
Torniamo alla LIRA
C’è poi il capitolo della composizione.
Qui è inutile che ci si scagli contro i “tagli lineari”.
I tagli del governo non sono affatto lineari (cioè proporzionali o uniformi per tutte le amministrazioni), tanto è vero che ci sono enti che vengono soppressi ed enti che vengono salvati, ci sono criteri che determineranno chiusure di strutture in determinati posti e non in altri, ci sono ministeri che dovranno tagliare di più e ministeri che dovranno tagliare di meno.
I dubbi, semmai, riguardano la razionalità dei criteri adottati, e la capacità di metterli in atto.
E’ presto per valutare un dispositivo molto complesso e in parte ancora aperto a correzioni e messe a punto, però mi sembra che alla spending review come si è configurata fin qui manchino due requisiti fondamentali.
Primo requisito: poiché gli sprechi sono concentrati in alcuni territori (non tutti al Sud ma prevalentemente al Sud), e poiché gli enti territoriali virtuosi (non tutti nel Nord ma prevalentemente nel Nord) sono piuttosto vicini alla “frontiera di efficienza”, ossia ai modelli organizzativi che consentono i maggiori risparmi, qualsiasi intervento di razionalizzazione deve concentrare i risparmi là dove esistono le condizioni per attuarli, ossia nei territori e negli enti più lontani dalla frontiera di efficienza.
Se tale concentrazione non si verifica, vuol dire che l’intervento è guidato da criteri politici, non da criteri di razionalità economica.
Un criterio molto prudente di valutazione suggerisce che, poiché il tasso di spreco del Mezzogiorno è mediamente (ossia con le dovute eccezioni) almeno il triplo di quello del Centro-Nord, i sacrifici richiesti al Centro-Nord dovrebbero essere non più di un terzo di quelli richiesti alle regioni del Sud.
Altrimenti l’intervento è iniquo, perché colpisce chi ha già dato.
Attendo i dati definitivi per capire se la spending review rispetti questo requisito minimo (necessario, anche se non sufficiente) di giustizia e razionalità o sia, invece, guidata da criteri politico-contabili come tutte le manovre sulla spesa che l’hanno preceduta.
Secondo requisito: la revisione della spesa deve essere attuabile.
Per attuabile non intendo solo capace di dare i risparmi previsti, ma capace di non ridurre i servizi erogati ai cittadini.
Su questo le preoccupazioni del Pd e dei sindacati mi paiono giustificate. Però, attenzione. Se si accetta il principio che esistono degli sprechi, che sono ingenti, e che andrebbero eliminati, allora ci si deve porre il problema che si poneva Giulio Tremonti in uno dei suoi fortunati libri: il “comando” nella Pubblica amministrazione.
Qui è inutile che ci si scagli contro i “tagli lineari”.
I tagli del governo non sono affatto lineari (cioè proporzionali o uniformi per tutte le amministrazioni), tanto è vero che ci sono enti che vengono soppressi ed enti che vengono salvati, ci sono criteri che determineranno chiusure di strutture in determinati posti e non in altri, ci sono ministeri che dovranno tagliare di più e ministeri che dovranno tagliare di meno.
I dubbi, semmai, riguardano la razionalità dei criteri adottati, e la capacità di metterli in atto.
E’ presto per valutare un dispositivo molto complesso e in parte ancora aperto a correzioni e messe a punto, però mi sembra che alla spending review come si è configurata fin qui manchino due requisiti fondamentali.
Primo requisito: poiché gli sprechi sono concentrati in alcuni territori (non tutti al Sud ma prevalentemente al Sud), e poiché gli enti territoriali virtuosi (non tutti nel Nord ma prevalentemente nel Nord) sono piuttosto vicini alla “frontiera di efficienza”, ossia ai modelli organizzativi che consentono i maggiori risparmi, qualsiasi intervento di razionalizzazione deve concentrare i risparmi là dove esistono le condizioni per attuarli, ossia nei territori e negli enti più lontani dalla frontiera di efficienza.
Se tale concentrazione non si verifica, vuol dire che l’intervento è guidato da criteri politici, non da criteri di razionalità economica.
Un criterio molto prudente di valutazione suggerisce che, poiché il tasso di spreco del Mezzogiorno è mediamente (ossia con le dovute eccezioni) almeno il triplo di quello del Centro-Nord, i sacrifici richiesti al Centro-Nord dovrebbero essere non più di un terzo di quelli richiesti alle regioni del Sud.
Altrimenti l’intervento è iniquo, perché colpisce chi ha già dato.
Attendo i dati definitivi per capire se la spending review rispetti questo requisito minimo (necessario, anche se non sufficiente) di giustizia e razionalità o sia, invece, guidata da criteri politico-contabili come tutte le manovre sulla spesa che l’hanno preceduta.
Secondo requisito: la revisione della spesa deve essere attuabile.
Per attuabile non intendo solo capace di dare i risparmi previsti, ma capace di non ridurre i servizi erogati ai cittadini.
Su questo le preoccupazioni del Pd e dei sindacati mi paiono giustificate. Però, attenzione. Se si accetta il principio che esistono degli sprechi, che sono ingenti, e che andrebbero eliminati, allora ci si deve porre il problema che si poneva Giulio Tremonti in uno dei suoi fortunati libri: il “comando” nella Pubblica amministrazione.