IL FUTURO DIPENDE DA CIO' CHE FAI OGGI

Draghi doveva tenere in piedi il baraccone 'ad ogni costo'.

Hai visto mai un manager di una grande azienda che si adopera affinché questa chiuda?

E' contro i propri interessi. Solo lo stipendio lo giustificherebbe. Per non contare poi tutto il prestigio che si accumula.

Ora può tranquillamente sperare a cariche come PDC o PDR.….

Ah dimenticavo.

E il popolo? Ma chi se ne frega!!!!!!
 
Ed ecco qui cosa scrivono due giornalai del regime europeo.

I contorni dello shock economico prodotto dal coronavirus sono ancora molto incerti,
ma di sicuro la sua entità sarà simile, se non superiore a quella del 2008-2009.

Si è detto molto sulla natura dello shock e che in buona parte deriva dal lato dell’offerta.
Questo è certamente vero.

Tuttavia, non c’è shock di offerta che non si trascini anche un impatto importante sulla domanda,
e in questo caso sarà enorme e quindi richiederà azioni di sostegno senza precedenti.

Bene quindi l’aumento del pacchetto finanziario deciso dal governo. L’azione di policy deve avere tre obiettivi.

1) Dare un aiuto massiccio all’economia per cercare di evitare il collasso del tessuto economico,
anche per effetto della mancanza di liquidità; probabilmente la Bce darà presto un segnale in tal senso.

2) Gli interventi dovranno essere tempestivi e quanto più possibile automatici.
Non si può pensare che alle imprese le risorse arrivino tra qualche mese, quando ormai potrebbe esser troppo tardi per la loro sopravvivenza.
Ad esempio, si potrebbe mandare un assegno equivalente alle tasse pagate l’anno scorso come prestito a tasso zero da restituire nei prossimi anni.

3) Occorre rendere esplicito che lo stimolo economico dev’essere rilevante, ma anche temporaneo.
A parte un aumento della spesa sanitaria, la maggior parte degli interventi non dovrà prefigurare incrementi strutturali della spesa pubblica.

12 marzo 2020
 
Continuano meglio .......i barboni.

Lo shock sarà temporaneo, ma rischia di lasciare delle ferite permanenti sull’economia,
e di far crescere il Pil su un sentiero più basso rispetto a quello attuale, già molto debole.

Questo inevitabilmente farà emergere un rischio di sostenibilità del debito pubblico.

I problemi emergeranno in molti Paesi europei e non, ma viste le note vulnerabilità, si faranno sentire soprattutto in Italia.
Quindi occorre agire tempestivamente anche sul fronte degli aiuti internazionali.

All’ordine del giorno dell’Eurogruppo di lunedì prossimo c’è il Trattato Mes (il Fondo salvastati europeo)
di cui si chiede un political endorsement, ossia un sostegno politico.


In Italia, le opposizioni hanno già alzato la voce chiedendo al governo di respingere l’accordo,
una posizione che in passato ritenevamo non priva di giustificazioni.

Alla luce di ciò che sta accadendo, forse conviene invece affrettarne l’approvazione.

La ragione è che l’Italia potrebbe avvalersi subito di una delle due linee di credito precauzionali
previste per Paesi che sono colpiti da shock avversi che sono al di fuori del loro controllo.

In origine, le linee di credito precauzionali sembrava servissero essenzialmente a tutelare gli altri Paesi da una crisi finanziaria dell’Italia:
per gli altri Paesi, dunque, lo shock esogeno era la crisi dell’Italia.
Oggi invece, con tutta evidenza, il Covid-19 è lo shock esogeno al di fuori del controllo dei governi nazionali, e l’Italia è il Paese che ne è più colpito.

La “linea di credito condizionata”, è riservata ai Paesi che rispettano alla lettera le regole in materia di bilanci.
L’Italia però, potrebbe avere accesso alla “linea di credito rafforzata”, che richiede la sottoscrizione di un MoU
(Memorandum of understanding) con Mes e la Commissione.


Ciò richiede forse una leggera forzatura rispetto agli intenti originari del Trattato, che sembra possibile
dato che vi è ampia flessibilità nella definizione delle condizioni per avere accesso a questa linea di credito.
Nell’allegato III, in poche righe si dice che hanno accesso i Paesi che non sono eleggibili per l’altra linea,
ma la cui situazione economica e finanziaria è solida e il cui debito è sostenibile.

Va da sé che queste condizioni vanno valutate ante-shock, altrimenti il Paese non chiederebbe l’assistenza finanziaria.

Inoltre, il Consiglio dei Governatori del Mes, che rappresenta i governi dell’Eurozona,
può decidere di cambiare i criteri per l’accesso all’assistenza precauzionale ed emendare di conseguenza l’Allegato III (art. 14.1).

Normalmente, la sottoscrizione del MoU richiede che il Paese si sottoponga a un programma di aggiustamento di finanza pubblica,
ma in questo caso per l’Italia un programma così inteso non avrebbe alcun senso dal momento che oggi
c’è bisogno di sostenere le persone e le aziende colpite dalla crisi indotta dall’epidemia e, più in generale, di evitare il collasso dell’economia.

Semmai il MoU potrebbe rinviare a una nuova valutazione della situazione dell’Italia,
dopo la fine dell’epidemia, per decidere se rinnovare il credito,
e le possibili misure strutturali di riforma necessarie a riportare il Paese su un sentiero di crescita superiore a quello precedente.


Va detto inoltre che tutte le forme di assistenza del Mes devono servire a evitare crisi nell’intera area dell’euro.
E qui non ci può essere alcun dubbio: la crisi in cui sta entrando l’Italia è gravissima,
e non potrà non avere conseguenza sulla stabilità economica e finanziaria dell’Eurozona.

Questa è anche un’occasione politica da non perdere per trovare soluzioni solidali
e coordinate per rafforzare l’Europa ed evitare che un’altra crisi ne mini le fondamenta, forse anche in modo esiziale.
 
E così siamo arrivati alla “tempesta perfetta”: epidemia infettiva (prossima alla pandemia),
blocco della nostra economia, Europa in stallo, recessione mondiale alle porte.

Gli impatti economici del Coronavirus sono al momento difficili da stimare,
e qualunque stima del momento corre l’alto rischio di dover essere rivista al ribasso in poco tempo.

Certo è che essi colpiscono un’economia già enormemente indebolita da anni di austerità,
rivelatisi peraltro inutili a conseguire l’obiettivo che l’austerità stessa si prefiggeva: ridurre la fragilità finanziaria del Paese.

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La decisione, presa dal Governo nella sera del 10 marzo, di mettere in quarantena l’intera nazione rende non ulteriormente procrastinabile la necessità di agire.

Si invocano a gran voce interventi di emergenza che evitino il peggio.
Ma i vincoli del sistema dell’euro, nel suo assetto corrente, e, ancor più, il rischio d’insostenibilità finanziaria del Paese
agli occhi dei mercati che dovrebbero finanziarne ulteriori dosi d’indebitamento, non lasciano margini di manovra
minimamente adeguati alle dimensioni del problema.

Oltretutto, interventi di emergenza non eviteranno il crollo del PIL e causeranno un ulteriore peggioramento della situazione debitoria del Paese,
esponendo ancor più la nostra economia al volere dei mercati.

L’unica forma d’intervento attuabile sull’emergenza italiana, che peraltro avrebbe pure il merito
di prevenirne le possibili ripercussioni sulla tenuta dell’euro, è l’immissione massiccia e prolungata nell’economia italiana
di nuova capacità di spesa sotto forma di Moneta Fiscale.

Lo scrivente gruppo di lavoro ha elaborato uno strumento d’intervento molto potente: i CCF (Certificati di Compensazione Fiscale).

Il progetto CCF ha dato origine a una proposta di legge, sottoscritta da una novantina di parlamentari M5S e attualmente all’esame del Senato.

I CCF sono titoli che danno diritto, a partire da due anni dopo la loro assegnazione,
a ridurre pagamenti verso l’erario di importo pari al valore facciale dei CCF stessi.

Sono in pratica dei “BTP fiscali” a due anni.

Tuttavia – e questo è di fondamentale importanza – essi non rientrano nella classificazione degli strumenti di debito pubblico,
in quanto non comportano per lo Stato che li emette alcun obbligo di rimborso a scadenza,
né impattano sul saldo di bilancio al momento della loro emissione.

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Incorporando un beneficio certo a termine (lo sconto fiscale), i CCF hanno valore fin dal momento della loro emissione
(nonostante l’utilizzo per ridurre i pagamenti verso l’erario sia differito).

Possono essere emessi dallo Stato e assegnati gratuitamente, per attuare una serie amplissima di azioni:
integrazione di redditi, riduzione del carico fiscale alle imprese, spesa sociale, investimenti pubblici.
E naturalmente anche per finanziare le azioni di contrasto alla crisi sanitaria prodotta dal Coronavirus.

Una forte emissione di CCF consentirà di rivitalizzare la domanda, la produzione e l’occupazione.
La ripresa del PIL gradualmente produrrà anche la crescita del gettito fiscale lordo,
il che compenserà l’utilizzo dei CCF nel momento in cui questi giungeranno a scadenza e verranno usati per ridurre pagamenti verso l’erario.

L’emissione di CCF potrà essere espansa a condizione che le quantità che annualmente diventano utilizzabili
rimangano una modesta frazione degli incassi totali lordi della pubblica amministrazione.
Diversamente, l’uso dei CCF per ridurre pagamenti verso la P.A. diverrebbe vischioso e ridurrebbe il loro valore rispetto a quello dell’euro.

Ma il problema, in ogni caso, non si porrà, in quanto il progetto CCF prevede emissioni massime annue intorno a 100 miliardi:
una quantità modesta rispetto agli incassi lordi annui del settore pubblico (oltre 800),
e tuttavia più che sufficiente a produrre una forte ripresa dell’economia.

Tale flusso di nuova capacità di spesa, sostenuto e prolungato, invertirà le aspettative negative,
stimolerà energicamente i comportamenti di spesa, restituirà finalmente quelle prospettive di ripresa che da anni,
e oggi più che mai, sono assenti dall’orizzonte di tutti gli Italiani.

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L’introduzione dei CCF andrà effettuata comunicando al mercato che, grazie alla disponibilità di questo nuovo strumento,
il debito pubblico (quello da rimborsare in euro) diminuirà costantemente, anno dopo anno, in rapporto al PIL,
perché sarà il modo (in realtà l’unico oggi possibile) per far tornare a crescere il PIL.

I mercati finanziari vedrebbero invertirsi la tendenza alla crescita del rapporto debito pubblico/PIL,
che oggi li preoccupa perché implica un rischio di default (essendo debito non garantito dalla potestà di emissione dello Stato o della sua banca centrale).

Per attuare il progetto CCF non occorre aprire alcun tavolo negoziale con la UE, né chiedere nulla a nessuno.
I CCF possono essere introdotti per iniziativa autonoma del Parlamento e del Governo italiani.

Essi permettono di disporre di una “potenza di fuoco” adeguata non solo a contrastare gli effetti economici del Coronavirus,
ma anche, una volta per tutte, a risolvere le disfunzioni dell’Eurozona a danno dell’Italia e a farne ripartire l’economia.

10 marzo 2020
 
Cambio argomento. Torniamo alle stupidità.....

“Ora in tanti mi danno ragione. Fra una settimana non parleremo più di coronavirus, ne farò un ciondolo”.

Così parlava il 26 febbraio scorso Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica,
virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano il quale, insieme allo Spallanzani di Roma,
rappresenta il principale punto di riferimento nel campo della malattie infettive.

Da qui ne scaturì la durissima reazione dell’illustre virologo Roberto Burioni,
costretto poi a scusarsi pubblicamente con la Gismondo sotto il fuoco incrociato
di assurde accuse di sessismo piovute soprattutto da ambienti della cultura radical chic.


Ma già in precedenza, il 23 febbraio, la stessa scienziata aveva sparato a zero contro quello che, a suo avviso,
sembrava un allarme ingiustificato, pubblicando il seguente post:

“È una follia questa emergenza. Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale”.

Ovviamente, trattandosi di una personalità ai vertici dello specifico settore sanitario, le sue parole hanno pesato non poco.
Se non altro esse hanno significativamente contribuito ad aumentare la grande confusione ed incertezza
che regnava nel Paese e, soprattutto, all’interno dei vertici del potere politico.

Ebbene, al pari dell’articolista de Il Primato Nazionale, il quale ha raccolto una lunga sequela di irresponsabili dichiarazioni
espresse dall’insigne virologa, a questo punto ci chiediamo: ma perché la professoressa Gismondo parla ancora?

E perché, così come ha fatto Giovanni Floris invitandola martedì scorso nel suo salotto televisivo,
viene continuamente interpellata dai media?

Dopo simili topiche prese nei confronti di quella che si sta rivelando come la più grave emergenza italiana dal dopoguerra,
forse sarebbe il caso di adottare una rigidissima quarantena verbale, emulando per qualche tempo la quiete dei frati certosini.

D’altro canto, non ci permettiamo di mettere in dubbio le competenze di questa riconosciuta scienziata,
tuttavia già quello che arrivava nei mesi scorsi dalla Cina faceva presagire a noi profani
un pericolo ben più grave della semplice influenza stagionale.

Tutto questo anche senza gli illuminanti, sebbene all’inizio poco ascoltati, avvertimenti dello stesso Burioni.

Ma ora che la frittata comunicativa è stata fatta, sarebbe assai più dignitoso ritirarsi in buon ordine.
 
Il rischio di cui si parlava all’indomani del decreto “tutti a casa” si sta rivelando in maniera sempre più evidente.

Si tratta del rischio che l’emergenza imposta dal coronavirus provochi una deriva autoritaria
talmente marcata da provocare lo stravolgimento dello stato di diritto e della democrazia liberale del nostro Paese.


Il professor Mario Monti ha scritto sul Corriere della Sera,
il giornale milanese che seguendo la propria tradizione si è subito messo al servizio del nuovo corso in atto in Italia,
che la crisi in corso è destinata ad aprire ampi varchi nella selva dei pregiudizi reciproci
che in tempi ordinari paralizzano le decisioni in sistemi complessi come l’Unione europea.

Da tali varchi, a parere dell’ex Presidente del Consiglio scelto a suo tempo dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
sulla base del gradimento manifestato dai governi dell’asse franco-tedesco che governava e governa la Ue,
starebbero passando alcune indicazioni destinate ad incidere significativamente sulla vita politica e sociale del nostro Paese
e del Vecchio Continente quando l’emergenza sarà finalmente esaurita.

La prima di queste indicazioni, sempre secondo Monti, è la riscoperta di quelle virtù civiche
la cui assenza ha sempre segnato la nostra storia nazionale.

La seconda, sempre secondo il professore, sarebbe la scoperta del senso dello Stato da parte di un popolo
che non ne ha mai avuto abbastanza e la consapevolezza che dalle difficoltà si esce solo se questo benedetto Stato,
sorretto dal consenso popolare, esiste, funziona ed è capace di utilizzare al meglio i soldi delle nostre tasse per risolvere i grandi problemi.

La terza indicazione riguarderebbe invece la scoperta che il senso di appartenenza non è affatto assente,
ma si ripresenta ogni volta che gli italiani scoprono che vale la pena battersi per obiettivi comuni

mentre la quarta, più importante di tutti, andrebbe indentificata nella constatazione che il popolo italiano
starebbe rivalutando la “grande solidarietà che passa per lo Stato alimentata dal sistema fiscale e realizzata dalle politiche sociali”.

Si potrebbe discutere sull’effettiva esistenza di ognuna di queste indicazioni se non fosse che tutte quelle indicate da Monti
sono indirizzate a dimostrare che il dramma del coronavirus serve non solo a riplasmare in chiave virtuosa
la coscienza civile e politica di un Paese, ma a rendere evidente che in società complesse come la nostra
l’unica speranza di sopravvivenza, di crescita e di superamento delle difficoltà spinge nella direzione del principio
“più Stato per tutti” e dalla cancellazione di quei presunti pregiudizi secondo cui l’eccesso di presenza dello Stato
limita le libertà dei cittadini e non riesce neppure a produrre quei risultati che un tale eccesso di presenza vorrebbe assicurare.


Ciò che va contestato all’ex Presidente del Consiglio ed a tutti quelli che la pensano come lui
è proprio la totale fallibilità della tesi secondo cui l’unica e sola formula per uscire dalla crisi sarebbe costituita da una
ennesima e massiccia dose di statalismo all’interno dei sistemi di democrazia rappresentativa presenti in Italia e nel resto dei Paesi europei ed occidentali.

Ma in cosa dovrebbe consistere questa dose di statalismo?

Monti ha proposto l’emissione di un prestito nazionale a sostegno del sistema sanitario
messo praticamente in ginocchio dall’incalzare della pandemia
.
Una ricetta già usata nei periodi in cui l’Italia si è ritrovata impegnata nelle guerre mondiali.

Che, secondo l’ex Premier, potrebbe aumentare la probabilità di non ricorrere a misure straordinarie come la patrimoniale
quando sorgerà il problema di come finanziare la ricostruzione da realizzare dopo la catastrofe attuale.

Ma che riguarda solo un aspetto marginale e non decisivo del problema complesso
posto dalla credenza secondo la quale il futuro si assicura solo rifugiandosi nello Stato ed affidandosi ciecamente alle sue strutture ed a chi le gestisce.

Questa illusione ha già prodotto abbondanti disastri nel corso del secolo scorso.

Dalle crisi del passato sono sempre nate le soluzioni totalitarie che hanno prodotto a loro volta altre e più gravi crisi
.
E proprio sulla base di queste esperienze si deve stare in guardia contro i propalatori di ricette
che una volta applicate potrebbero stravolgere profondamente il sistema di vita del mondo occidentale
.

Nessuno, ovviamente, nega l’assoluta necessità di uno Stato funzionante.
Ma quello ossessivo ed onnipresente che emerge dall’applicazione dei decreti contraddittori
ma comunque draconiani del Governo Conte-bis non è affatto funzionante
.

Sempre che non si voglia misurare il grado di efficienza dal numero delle multe che gli agenti di polizia erogano giornalmente
a quanti vengono colti in strada e nelle piazze senza la indispensabile autogiustificazione.

Se questo è lo Stato a cui Monti propone di affidarsi in pieno è bene dire subito che uno Stato del genere
non è quello capace di risvegliare le virtù civiche degli italiani, ma è solo quello in grado di mandare in pezzi
la nostra democrazia liberale in nome di concezioni ideologiche di stampo nazi-maoista
che si sperava fossero state ormai cancellate dalla storia
.

Monti insista pure nella sua proposta di prestito nazionale con i Buoni per la salute pubblica.

Ma tenga presente che dalla crisi non si esce con soluzioni autoritarie ma solo con la consapevolezza
che l’eccesso di Stato provoca più guai di quelli che vorrebbe risolvere

Fino ad oggi l’unica indicazione forte che emerge dallo stato d’emergenza è quella che spinge la gente
ad affidarsi acriticamente all’azione del Capo, sia esso il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte
che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Se questo è il vero segnale bisogna incominciare a preoccuparsi sul serio.

Altro che prestito nazionale.

La vera emergenza è il rischio di uscire dalla crisi con qualche grillo parlante che invochi l’introduzione del Führerprinzip nella Costituzione Repubblicana!
 
L'Europa si è disciolta come neve al sole alla prima avvisaglia di un'emergenza neanche nazionale, ma globale.

E anzi, quello che appare sempre più evidente, è che anche chi ha per anni parlato di unità,
compassione e problemi comuni, si è invece riversato nel peggiore degli egoismi.

Dalle prime settimane di emergenza coronavirus in Italia, il governo ha chiesto una mano all'Unione europea.

Risultato: non solo porte chiuse in faccia ma anche il finto sorriso di chi pensa che l'emergenza sia altrove.

Tutte bugie: l'Europa sapeva e sa perfettamente che quello che sta avvenendo nel nostro Paese,
con il numero di contagi che aumenta a livello esponenziale, è perfettamente in grado di replicarsi anche in altri Stati dell'Unione europea.

La differenza è che hanno semplicemente finto, o meglio, barato.
Spacciandolo come un problema italiano ma soprattutto imponendo restrizioni
che hanno di fatto costretto il nostro Paese a rimanere sull'orlo del collasso sanitario.

La prova, incredibile, arriva da Startmag, che ha ricevuto una missiva della'azienda 3M,
specializzata nella produzione di dispositivi di protezione sanitari, in cui si conferma
che la ditta non potrà far fronte alla richiesta di nuovi camici chirurgici, mascherine protettive, occhiali e visiere
perché la Germania, con una lettera dei primi di marzo, ha confermato
le restrizioni sull'esportazione di prodotti essenziali per il sistema sanitario nazionale.

Muore uno spirito probabilmente mai nato, visto che dall'Europa l'impressione è che il Vecchio continente sia stato semplicemente raggirato.
E gli autori sono proprio quelli che per anni sono stati spacciati come leader europeisti attaccando i sovranisti.
 
A casa mia dicono " a pensar male ......."

Ci risiamo, la fabbrica di congiure dei “social” è partita alla grande. Sentite l’ultima.

Luigi Di Maio va in Cina e firma un accordo col governo comunista cinese di Pechino denominato “La Via della Seta”.
Francia e Germania ci restano male perché si sono fatte anticipare.

L’accordo dà una corsia preferenziale all’Italia rispetto al resto dell’Europa negli scambi commerciali.
Smacco per l’asse franco-tedesco.

Entrano in scena i servizi segreti Francesi.
Concordano assieme a tedeschi e israeliani una strategia.

La Francia avrebbe una centrale costruita in Cina, nella città di Wuhan (guarda che combinazione),
dove si mettono a punto studi su virus e batteri.

Si preoccuperebbero di far uscire, a tempo debito e prima di chiunque altro, il vaccino, molto probabilmente già pronto.

Milioni di euro per loro.

Francia e Germania se ne lavano le mani, fanno cadere la colpa sui cinesi.

Gli americani applaudono così si tolgono di mezzo la Cina.

La Russia resta a guardare e gli italiani si fanno spaventare dalla stampa e dai media, cagionando la loro rovina.

Il complottismo, l’idea che il mondo sia retto da congiure, è la sindrome di società infantili.
 

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