IL MIO CORPO DICE "DIETA", MA IL MIO CUORE CANTA "A NATALE PUOI"

Il referendum che intende bloccare il taglio del numero dei parlamentari ha raggiunto il quorum stabilito, pari a 64 firme.

1576060694-lapresse-20191206192139-31323667.jpg


L'ultima, quella decisiva, è di un parlamentare del Pd eletto in Australia. Si tratta di Francesco Giacobbe.

Ora, con questo fondamentale atto formale, si può aprire l'iter per il referendum sul taglio dei parlamentari.

Il primo passaggio è il deposito delle firme in Cassazione che, come primo effetto, bloccherà (salvo clamorosi imprevisti) l'entrata in vigore della legge.

L'iniziativa politica è trasversale, da destra a sinistra.

"Al Senato abbiamo appena raccolto la 64esima firma per indire un referendum sul taglio dei parlamentari - scrive su Twitter il senatore del Pd Tommaso Nannicini -.
Così capiremo se arriveranno una buona legge elettorale e i correttivi istituzionali che la maggioranza si è impegnata a introdurre. E l'ultima parola spetterà ai cittadini".

Nel pomeriggio Giuseppe Benedetto e Davide Giacalone, presidente e vicepresidente della Fondazione Einaudi,
insieme ai tre senatori proponenti, Andrea Cangini, Tommaso Nannicini e Nazario Pagano,
renderanno note le adesioni ricevute e spiegheranno le iniziative che il comitato promotore intende prendere nei prossimi mesi.

Ma ora che succede?

L'ultima parola spetterà agli italiani.

Saranno loro e solo loro a decidere se mantenere il Parlamento nella sua attuale composizione, oppure procedere con il taglio del 30%, come deciso in una recente riforma costituzionale.

Qualcuno si domanda se questo referendum inciderà sulla possibilità di andare, o meno, a elezioni anticipate.

Diciamo subito che, prima che gli italiani saranno consultati con il referendum, qualora si dovesse tornare a elezioni politiche anticipate
si dovrebbero eleggere tutti i parlamentari attualmente in carica, senza tenere conto della riduzione.
 
Il taglio dei parlamentari, che prevede un risparmio ridicolo per le casse dello stato,
(le stime più ottimistiche parlano di 1 miliardo di euro in 10 anni pari al 0,00005% del PIL annuale;
per rendere più chiaro il concetto la chiusura del ILVA si stima inciderà per 1,4% del PIL)
è uno strumento molto pericoloso per la democrazia in quanto consente di accentrare il potere legislativo nelle mani di pochi eletti.

I problemi di governabilità non si risolvono sicuramente in questo modo ma bensì cambiando la legge elettorale
in favore di un sistema prettamente maggioritario in cui il presidente del consiglio sia indicato chiaramente al momento del voto.

La Legge grillina demenziale che sottrae democrazia e rappresentanza, per sciacquarsi la bocca con il risparmio di un caffe' annuo per italiano
e che mette il potere nelle mani di pochi capi partito che nomineranno i loro "bravi"....parlamentari. Restino ampia rappresentanza.

Il vero problema non è il numero dei parlamentari quanto il sistema elettorale e l'architettura istituzionale.
Serve un sistema elettivo maggioritario puro e l'elezione diretta del Capo dello Stato con l'obbligo per i partiti,
in forma singola o in coalizione, di indicare un programma politico chiaro e vincolante ed il candidato premier.

Gli elettori debbono sapere chi votare e perché, di modo che non vi siano giochi infami di palazzo.

Il costo dei parlamentari, intanto, è di gran lunga inferiore a quello dei dipendenti dei due rami, Camera e Senato, per non parlare del Quirinale e della Consulta.
 
Il suo profilo Instagram è stato disattivato, così come quello Twitter.
Quello su Facebook, invece, è aperto, ma solo parzialmente.

Si chiamerebbe Erika Labbe la ragazza che dopo essersi trovata Matteo Salvini come vicino di posto in aereo,
ha approfittato del Salvini dormiente per fargli il dito medio.

"Che bello viaggiare in compagnia di personcine educate! E poi magari vanno in piazza per combattere odio, violenza e maleducazione".
 
Divulgate gente...divulgate. Ecco chi è e cosa fanno.

Con il suo articolo di ieri, il primo quotidiano d'Italia conferma di essere schierato con i poteri forti della grande finanza mondiale
che stanno usando Greta Thunberg per convincere l'opinione pubblica, soprattutto i giovani, ad accettare la quarta rivoluzione industriale,
quella dell'economia verde, per salvare il pianeta dal riscaldamento (una certezza per alcuni, una fake news per altri),
anche a costo di duri sacrifici, dei quali ovviamente nessun media osa parlare, tranne questo giornale (vedi ItaliaOggi di ieri).


Come ha rivelato William Engdhal, analista geopolitico americano, gli uomini chiave che hanno tessuto la rete mondiale
per sostenere la rivoluzione verde come nuova fonte di profitti speculativi sono stati :

Mark Carney, governatore della Banca d'Inghilterra e capo del Financial stability board della Banca dei regolamenti internazionali, e

Al Gore, ex vicepresidente Usa, ambientalista da sempre, presidente del gruppo Generation Investment, specialista in investimenti a lungo termine per la sostenibilità ambientale. S

e l'inglese Carney, forte dell'incarico alla Bri di Zurigo, è stato lo stratega finanziario,
Al Gore lo è stato per la parte culturale e mediatica, soprattutto per l'affermarsi di Greta come icona mondiale.

Il loro legame si deve a una Ong svedese, «We don't have time» (Non abbiamo più tempo), fondata da Ingmar Rentzhog, esperto di campagne pubblicitarie.

È stato Rentzhog a fotografare per la prima volta Greta seduta davanti al parlamento svedese, con accanto il famoso cartello sul suo sciopero scolastico per il clima.

Foto rilanciata all'istante da Rentzhog sui social media e capace di raccogliere più di 20 mila like in 24 ore.

L'inizio di una valanga di consensi a livello mondiale: da allora «we don't have time» è diventato il motto che Greta ha ripetuto come un disco in tutti i suoi interventi,
fino a dire davanti all'Onu che abbiamo soltanto otto anni per salvare il pianeta dalla catastrofe climatica.

Una bufala colossale (basti pensare che l'Ue sposta al 2050 le emissioni zero), ma presa dai media come oro colato.


Come è stato possibile?

Semplice, sostiene Engdhal: chi ha lanciato Greta, vale a dire Rentzhog, è un uomo di Al Gore, addestrato a Denver nel 2017 e a Berlino nel 2018,
fino a diventare membro della Organizzazione per la realtà climatica, fondata da Gore, nonché suo uomo di punta per la politica climatica in Europa. Non solo
.

Il Progetto per la realtà climatica di Gore è partner della «We don't have time», proprio la Ong che ha lanciato Greta.

Nel 2018 questa Ong, diventata start-up, ha raccolto 13 milioni di corone (1,2 milioni di euro) dagli investitori.
E nel febbraio scorso il settimanale tedesco Der Spiegel ha accusato Greta, presente nel comitato consultivo di una fondazione affiliata alla start-up,
di essere «una marionetta in mano a lucrosi burattinai».


Per tutta risposta, Greta si è dimessa, dicendo di non avere mai preso un soldo e troncando i rapporti con la Ong.
Ma ormai, per i suoi promotori, il più era fatto: come icona mondiale, Greta ha milioni di fans, pronti a scendere in piazza con lei per la rivoluzione verde.

Una rivoluzione, denuncia Engdhal, promossa dalle grandi banche d'affari con finalità speculative, poi fatta propria dall'Onu con l'Agenda 2030, vocata all'economia sostenibile.

Infine sposata anche dall'Unione europea, con il primo solenne discorso della Von der Leyen davanti al parlamento Ue,
in cui ha promesso 260 miliardi di euro di investimenti l'anno per arrivare a emissioni zero di CO2 entro il 2050.


Ovviamente, con green bond a iosa, nuove tasse, e tagliando di molto gli investimenti europei di vecchio stampo,
come la coesione e l'agricoltura, gli unici su cui ha sempre potuto contare l'Italia.

Ma su questi sacrifici futuri e su chi li pretende, governo Conte2 e i giornaloni zitti e mosca.
 
La finanziaria non ha nessuna prospettiva se non scaricare sui prossimi 2 anni una clausola di salvaguardia più alta.
 
La Legge di Bilancio, con il voto favorevole del Senato, ha compiuto un passo decisivo verso la definitiva approvazione del Parlamento.

Chiusa la Finanziaria, la ragion d’essere dell’Esecutivo giallo-fucsia può considerarsi tramontata.

Di regola, grillini, renziani e piddini, divisi su tutto, dovrebbero rimettere il mandato di governo al Presidente della Repubblica
perché provveda a troncare questo aborto di legislatura.

Ma è umanamente comprensibile che non si possa chiedere ai tacchini di impegnarsi ad anticipare il Natale.

Nelle meccaniche istituzionali ci sarebbe il modo di porre fine al pessimo spettacolo offerto dalla politica.
Lo potrebbe fare il capo dello Stato, che finora ha rifiutato di prendere la giusta decisione.
Lo abbiamo scritto e lo ribadiamo: il principale responsabile della paralisi che sta bloccando il Paese è il Presidente Sergio Mattarella.
La Costituzione gli assegna un enorme potere nel decidere della vita e della fine di una legislatura,
stabilendo anche le circostanze in cui tale potere deve (non solo può) essere esercitato.

Quando in agosto Matteo Salvini ha aperto la crisi,
piuttosto che aggrapparsi a soluzioni contro natura benedicendo l’unione tra parti politiche che si erano scannate a suon d’insulti e di querele fino al giorno prima,
Mattarella avrebbe dovuto valutare con attenzione la posizione del Movimento Cinque Stelle.

I grillini hanno totalmente sconfessato il programma elettorale col quale, il 4 marzo 2018, hanno vinto le elezioni,
promuovendo un’azione di governo antitetica a quella promessa agli italiani.

Il capo dello Stato, invece di preoccuparsi di dare all’Italia un Governo gradito alle cancellerie europee, avrebbe dovuto porsi la domanda capitale:
i Cinque Stelle se avessero gettato la maschera prima del voto per le politiche avrebbero avuto uguale successo?
In presenza della probatio diabolica, l’inquilino del Quirinale avrebbe dovuto restituire la parola al corpo elettorale.

Lo strumento per rimettere a posto le cose è in Costituzione. L’articolo 88, I capoverso recita:
“Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse”.

Si tratta di una valvola di sicurezza posizionata dai Padri costituenti per neutralizzare eventuali avventurismi parlamentari in danno della sovranità popolare.

Con l’introduzione dell’articolo 67 la Carta riconosce all’eletto in Parlamento, indipendentemente dall’appartenenza a un partito politico,
il diritto di svolgere la funzione assegnatagli dal corpo elettorale “senza vincolo di mandato”.
Il legislatore costituente ha messo a punto un meccanismo di bilanciamento per evitare che l’assoluta libertà d’azione del parlamentare
si trasformi in arbitraria sopraffazione della volontà popolare. La garanzia democratica è stata riposta nell’affidamento alla più alta carica dello Stato
di una sorta di vigilanza sulla sintonia di massima tra il comportamento del parlamentare e la volontà sovrana del corpo elettorale espressa,
attraverso il voto, nella scelta della persona del rappresentante anche in ragione del programma da questi presentato in campagna elettorale.
D’altro canto, se i Padri costituenti avessero voluto limitare la verifica dell’esistenza di una maggioranza parlamentare al dato strettamente aritmetico,
non avrebbero scomodato il Presidente della Repubblica. Sarebbero bastati due commessi d’Aula, uno per ciascun ramo del Parlamento,
a fare la conta delle teste favorevoli e contrarie alla fiducia al Governo.

Che la funzione del capo dello Stato, rispetto alla valutazione dell’atto di scioglimento anticipato delle Camere,
non dovesse considerarsi meramente formale o notarile lo spiegò a suo tempo Meuccio Ruini, presidente della “Commissione dei 75
incaricata di redigere il progetto di Costituzione della Repubblica italiana. Nella relazione presentata all’Assemblea costituente il 6 febbraio 1947,
nel paragrafo dedicato al Capo dello Stato, si legge: “Più grave e penetrante d’ogni altro intervento è poi la facoltà del Presidente della Repubblica
di sciogliere le Camere; dopo aver sentito i loro presidenti... L’affermazione di Mirabeau che ‘lo scioglimento è il mezzo migliore
di lasciar modo di manifestarsi all’opinione pubblica, che non ha mai cessato di essere la sovrana di tutti i legislatori’
riecheggia oggi nella dichiarazione di Blum che ‘lo scioglimento delle Camere è la chiave di volta di un ordinamento democratico’”.

Il legislatore costituente ha previsto che una delle circostanze che avrebbe dato luogo allo scioglimento anticipato delle Camere
sarebbe stata il venire meno di quella che il costituzionalista Costantino Mortati, membro della “Commissione dei 75”,
definì “presunzione di concordanza fra corpo elettorale e parlamentare... non assoluta, ma relativa,
subordinata cioè alla possibilità di un accertamento in ogni momento della sua reale fondatezza”.

Sul punto la dottrina è concorde nel ritenere probante, per la verifica del mutamento della situazione politica,
il ricorso ai risultati delle elezioni amministrative ed europee intervenuti dopo il rinnovo della legislatura.

Ora, è sotto gli occhi di tutti ciò che è accaduto dal 4 marzo 2018 in poi.

Il Movimento Cinque Stelle si è presentato con un programma elettorale decisamente anti-establishment e anti-sistema,
promettendo di dare corpo alla protesta popolare nell’azione di governo. Una volta al potere, il M5S ha ruotato di 180 gradi la propria linea politica.

Il caso, senza precedenti nel suo genere, supera le patologie della rappresentanza conosciute in passato come, ad esempio,
il trasformismo dei singoli parlamentari su specifiche proposte di legge o, di più fresco conio, la prassi del “ribaltone parlamentare”.

La mutazione genetica dei pentastellati per gravità e profondità è equiparabile soltanto a quella di un ipotetico Partito repubblicano
che, una volta preso il potere, decida di battersi per il cambiamento della forma dello Stato da repubblicana a monarchica.
Se per assurdo accadesse un fatto del genere, avrebbe o no il capo dello Stato il dovere di richiedere una verifica elettorale
rimandando i partiti alle urne sulla base delle nuove idee sposate?

Nella realtà, gli italiani hanno dato giudizi chiari sul rovesciamento ideale-contenutistico dei grillini.

La destra plurale, in coalizione, ha vinto in tutti i recenti appuntamenti con le urne; i Cinque Stelle sono precipitati nei consensi, come anche il Partito Democratico.

Il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto tenere conto del voto popolare e trarne le conseguenze.

Lo farà il prossimo 26 di gennaio in occasione delle Regionali in Emilia-Romagna e Calabria?

Mattarella, che si è impegnato a sviare l’argomento preferendo discettare su ipotetici ritorni di fiamma razzisti e fascisti,
dovrebbe sfruttare un istituto proprio del diritto amministrativo e tributario: il ravvedimento operoso del cittadino inadempiente.

Lo faccia prima che gli odierni inquilini dei Palazzi del potere combinino altri pasticci.

Finora abbiamo subito la manfrina della sinistra che si è fatta maestra nel piegare parti della Costituzione ai propri scopi.

Non sarebbe male se una volta la destra ricambiasse la cortesia.

Un’idea: tra sardine, merluzzi e pesci in barile che a giorni alterni dichiarano: “siamo tutti...” in segno di solidarietà a qualcosa o a qualcuno,
si lanci la sfida del “siamo tutti articolo 88”, perché il messaggio giunga ai destinatari come un colpo di cannone.
Che non potranno negare di aver udito non la voce iperuranica del dio minore dei liberali, dei conservatori e dei sovranisti ma quella tellurica della democrazia.
 
gigetto....dai.....lascia perdere.

"Lannutti è stato accusato di essere in conflitto di interessi perché il figlio fa l'impiegato alla Popolare di Bari:
è come dire che non puoi fare il ministro dei Trasporti perché tuo figlio fa l'autista di un autobus.
Oggi ho incontrato Lannutti e mi ha detto 'non voglio dare alibì per rallentare il processo" di avvio della Commissione di inchiesta sulle banche''.

“Negli accordi la presidenza della Commissione Banche spetta al M5S. A me interessa che parta questa Commissione.
Dopo la riunione dei commissari vedremo quale sarà la strada da seguire"

Ora il M5s lancerà Carla Ruocco e Alvise Maniero in prima linea e poi Laura Bottici e Raphael Raduzzi.
I tempi sono da definire ma nel Pd sono convinti che se ne parlerà dopo le feste.
 
Chi mai l'avrà scritto ?

"Le sardine sono un ufficio di igiene per la salute pubblica".

"Sono un movimento igienico-sanitario. Sono come tennisti vestiti di bianco che sfidano una squadra di rugbisti
fangosi, volgari, incattiviti (con tutto il rispetto per i veri rugbisti gentiluomini)".

Nelle piazze e a gran voce, reclamano "una convalescenza vigorosa dalla attuale malattia delle lingue e delle menti
che fa sembrare certe espressioni pubbliche un vociare roco di hooligan pronti al balzo, oppure un minacciare gradasso di un capobanda".

"Non chiedetegli di più"
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto