Azioni Italia il vento di cambiamento in italia e la green economy (3 lettori)

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Goldman Sachs investirà 40 miliardi nelle rinnovabili
Venerdì, 25 Maggio 2012 | Rinnovabili

La banca d’affari statunitense ha in programma investimenti per il prossimo decennio nel settore stanziando circa 4 miliardi di dollari l’anno
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Goldman Sachs investirà 40 miliardi nelle rinnovabili

Goldman Sachs punta forte sulle rinnovabili. Quella che è una delle più grandi banche d'affari del mondo ha in programma investimenti per 40 miliardi di dollari (4 miliardi circa all'anno) per il prossimo decennio nel settore delle energia rinnovabili. La motivazione alla base di questo forte investimento è data dal fatto che i vertici di Goldman prevedono che la domanda di fonti di energia alternative cresca di pari passo con la richiesta globale e con gli sforzi di paesi come Cina e Brasile nel fissare standard più aggressivi per la riduzioni di emissioni nocive. Secondo indiscrezioni, la banca d’affari avrebbe intenzione di finanziare i progetti con denaro dei clienti e, in misura minore, con fondi propri. Non è la prima volta che Goldman investe nelle fonti rinnovabili: nel 2011 ha stanziato finanziamenti per 4,8 miliardi a livello globale, mentre tra il 2005 e la fine del 2011 sono stati complessivamente destinati a progetti green 24 miliardi di dollari. (a.b.)
 
Ho notato che malgrado le criticità legate al nuovo sistema incentivante previsto a partire dall'anno prossimo in Italia Alerion continua a portare avanti le procedure burocratiche per ottenere autorizzazioni.

Ad es. sul BUR regione Puglia di aprile c'è :

La Ditta ALERION ENERGIE RINNOVABILI s.r.l. ha trasmesso all’Ufficio Ambiente della Provincia di Foggia richiesta di attivazione della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA relativa la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica della potenza nominale di 49,5 MW sito nel Comune di Stornarella (FG) - Località Pagliarone, ai sensi della L.R. 11 del 12 aprile 2001.

Il Dirigente del Settore, preso atto del parere espresso dal Comitato Tecnico per la V.I.A. nella seduta del 13 marzo 2012, ha determinato, con atto n. 859 del 15/03/2012 di assoggettare alla procedura di VIA il progetto di che trattasi.


Su quello di maggio :

Procedura di valutazione impatto ambientale. Società Alerion Energie Rinnovabili.


1) di assoggettare alla procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale, per tutte le motivazioni espresse in narrativa, che qui si intendono integralmente richiamate e sulla base della documentazione agli atti, ai sensi dell’art. 20, comma 6, del D.Lgs. n. 152/06, il progetto per la realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte eolica della potenza di nominale di 40 MW, in Altamura (Ba), secondo la soluzione progettuale indicata dagli elaborati prodotti dalla società proponente;
....

Mentre, come si vede dal pdf allegato, lo scorso 15 maggio dovrebbe esserci stata la conferenza di servizi per 9 MW a Foggia.

9 Mw forse questo impianto fa parte di quelli di piccola tazza che Antonello in Assemblea diceva di poter ricevere l'autorizzazione entro il 2012
 
Repubblica.it

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Finanza

Alerion, agli analisti piace l’Opa F2i sarà l’ago della bilancia

LA SOCIETÀ FONDATA DA GIUSEPPE GAROFANO HA UN PORTAFOGLIO INTERESSANTE SOPRATTUTTO NELL’ENERGIA EOLICA. GLI INVESTIMENTI SONO IN FRENATA MA SI PREVEDE UN AUMENTO DEI MARGINI. IL PIANO DI BUY BACK FINO AL 10 PER CENTO DEL CAPITALE

Roberta Paolini

Milano Alerion Cleanpower è una preda appetibile. Anche per i grandi. La piccola delle energie rinnovabili fondata da Giuseppe Garofano è uno dei titoli più interessanti per future operazioni di M&A. Lo pensano gli analisti e pure gli operatori. E i papabili certo non mancherebbero. Tra questi, secondo alcuni, ci potrebbero essere nomi come Erg, Edpr (gruppo portoghese tra i big mondiale delle rinnovabili), Edf. Ma c’è anche chi dice che tra i potenziali interessati ci sia una famiglia marchigiana già attiva nel settore. Impressioni, per il momento, poco di più, ma il titolo è oggettivamente interessante. E ai blocchi nelle scorse settimane c’è stato qualche scambio. “Certo nel listino italiano i titoli cheap sono diversi – ammette un operatore di Borsa – ma questo ha degli elementi di interesse in più”. Ed eccoli: in un comparto come quello delle rinnovabili, dove il Capex è in crescita, Alerion, sotto la pressione di alcuni suoi azionisti, sta mettendo un po’ di freno. E’ inoltre una società che elargisce un dividendo sopra il 3% (anche Falck Renewables è allo stesso livello). Ma, a differenza di altri, Alerion, da novembre, ha approntato un piano di buy backapprovato fino al 10% del capitale. Nell’ultima assemblea ha cancellato circa l’1% delle azioni, proseguendo sulla via del riacquisto delle azioni proprie e chiedendo anche di poter aumentare la percentuale, fino al 50%, sulle azioni scambiate negli ultimi
20 giorni. Insomma a differenza di altri attori delle energie verdi, poiché il mercato oggi non paga la crescita, la società sta ridando soldi agli azionisti e riducendo le azioni in circolazione. Se questo è il primo elemento che genera rumorssulla società, il secondo sta nel valore “nascosto” che si cela dietro agli indicatori di bilancio. Alerion ha una valutazione interessante (questa come detto non è una novità per il mercato italiano) secondo Bloomberg 8 volte Ev/Ebitda 2012 e 7 volte circa sul 2013. Ma a stuzzicare sono altri dettagli. Alerion ha un azionariato relativamente frammentato, che vede alcuni “marchi” della finanza Made In Italy, tipo Mps, Fondiaria e anche qualche privato, che potrebbero non disdegnare un disimpegno. E poi c’è il valore non visibile. Innanzitutto l’entità reale del debito, 350 milioni di euro a fine marzo 2012, che potrebbe essere facilmente ridotto di almeno 100 milioni di euro se Alerion si liberasse di asset non ritenuti più strategici, vista la forte esposizione sull’eolico. Tra questi ci sono gli impianti solari e a biomassa. Poi ci sono cespiti immobiliari, come quello di proprietà di via Durini a Milano. A cui si sommano ancora alcune poste del circolante, come il credito verso la Gse. E ancora: la capacità di generare cassa. L’ebitda, secondo le analisi di alcuni operatori, potrebbe aumentare di circa il 20% rispetto al consensus se si deducessero alcuni costi di struttura e di quotazione (di incidenza molto elevata per una società di medio-piccole dimensioni come Alerion). Se si realizzassero alcune semplificazioni e rallentando i nuovi investimenti, il reale multiplo ev su ebitda potrebbe ridursi a meno di 5 volte nel 2013. Ovvero un livello, commenta un operatore, “assolutamente attraente per chi volesse studiare un eventuale bid sulla società e ripagarsi con il cash flow generato da Alerion stessa”. Che la società possa, in termini logici, essere oggetto di Opa lo si deduce anche dai movimenti del libro soci. Il patto di sindacato, recentemente rinnovato per tre anni, vede le azioni sindacate ridotte al 47% del capitale dal precedente 57%. Alcuni come Fondiaria, Milano Assicurazioni, Dominic Bunford ne sono usciti, altri sono rimasti dentro, ma la sensazione è che in caso di offerta finanziariamente interessante molti di questi potrebbero non disdegnare la vendita. In tutto il ragionamento il vero arbitro sarebbe il fondo F2i di Gamberale. Potrebbe essere proprio il fondo, che ha il 15% del capitale, l’ago della bilancia di una potenziale transazione, considerando i valori di carico, 9,2 euro, contro i livelli attuali di quotazione a 3,4 euro circa. Il maggior rischio cui soggiace Alerion è l’evoluzione regolatoria in Italia, ma le recenti bozze di aggiornamento della legislazione sulle rinnovabili suggeriscono una situazione abbastanza stabile sul pregresso, mentre la convenienza di nuovi investimenti è stata ridotta. Paradossalmente questo potrebbe essere un ulteriore motivo per ridurre i nuovi investimenti e usare il cash flow generato dalla gestione per ridurre debito e creare valore per gli azionisti. Anche in futuro. Che Alerion sia da comprare lo dicono con evidenza anche gli ana-listi, per Kepler il prezzo obbiettivo è 6 euro, anche senza l’ipotesi di un eventuale takeover. Ipotesi che invece accarezza l’analisi di Equita, che definisce la società come una delle azioni più attrattive in prospettiva di un M&A, il giudizio è buy, il target è a 6 euro. A sinistra un parco eolico Alerion Cleanpower non ritiene più strategici solare e biomasse ed ha concentrato i suoi investimenti nell’energia eolica 1 2 Nelle foto qui sopra, Giuseppe Garofano (1), fondatore e attuale vice presidente di Alerion e Vito Gamberale (2), amm. delegato del fondo F2i
(04 giugno 2012)
 
AD APRILE 2012 L'HOMM E NIENT NON POTEVA IMMAGINARE IL CASO TRIVELLE GAS E PETROLIO E IL TERREMOTO=Passera sul Piano energetico nazionale: sì a gas e petrolio

Saranno sicuramente dichiarazioni che faranno discutere quelle che Corrado Passera ha rilasciata a margine di un’audizione al Senato, presso la Commissione Industria. Dopo l’incontro, infatti, il Ministro dello sviluppo economico ha rilasciato alcune anticipazioni sui contenuti del Piano energetico nazionale
Adesso 5/6/2012 capite quanto uomo di niente è e chi appoggia?
 
l'eolico partecipativo in Italia, con tariffe certe a 155 euro il MWhora come paghiamo alla Serbia e per dare soldi ai Comuni.


7 giugno 2012 alle ore 15.39 · http://www.facebook.com/note.php?saved&&note_id=377653835617027#





PREMESSO CHE
A) IN iTALIA ESISTONO RICHIESTE AUTORIZZATIVE IN ESSERE DAL 2006 PER PARCHI EOLICI CHE MAI SI REALIZZERANNO MA CHE BLOCCANO LINEE ELETTRICHE PRENOTATE,ED ANDREBBERO SFOLTITE LE PRATICHE CON URGENZA E ANNULLATE LE PRENOTAZIONI.

B)L'ITALIA TRAMITE IL PRECEDENTE GOVERNO HA STABILITO UN PIANO CHE PREVEDE L'IMPORT DI ENERGIA DALLA SERBIA IN ITALIA ,DETTA PULITA, PAGANDOLA A 155 EURO PER MEGAWATTORA.

Riprendo il concetto di eolico partecipativo che gia scrissi in una Nota perchè in Francia è di oggi 7/6/2012 la notizia del primo PARCO EOLICO PARTECIPATIVO DA 20 MW fra Azienda e Comune.
SE CI FOSSERO POLITICI SERI ADESSO IN ITALIA=PER EOLICO .Sblocco delle pratiche e Lo Stato dovrebbe stabilire per eolico partecipativo una tariffa fissa e certa per 12 anni di 155 euro per mwh prodotto.L'azienda che installa su un territorio comunale un impianto eolico entra in gestione con il comune per il parco e si stabilisca una royalty pari a 10.000 euro annue a pala per il Comune e l'assunzione di n 1 unità a MW prodotto_Ogni unità lavorativa deve essere residente nel comune da almeno 5 anni,senza precedenti penali,iscritta al collocamento,diplomata o laureata,max 35 anni.=Eolico partecipativo, l’esempio franceseGiovedì, 7 Giugno 2012 | EolicoAvviato un nuovo progetto partecipativo tra la società francese Aerowatt e l'associazione dei Comuni di Monts du Pilat (Loira) volto alla gestione di un parco eolico da 20 MW.
I conti della serva:
Potenza da installare in Italia, Almeno altri 12.000 MW eolici.
Incasso per Comuni ,annui 10.000 x 6.000( pale da 2 mw), annue.come Royalties.
Assunzioni giovani disoccupati 12.000 unità.
Indotto almeno altre 25.000 unità
Il prezzo di 155 euro per mwora prodotto, confrontato con il prezzo per installazione apri a 900.000 euro a MW, e considerando h vento annue 1800 in media in Italia darebbe
ALL AZIENDA LA POSSIBILITA' DI AVERE RITORNO
ALLE BANCHE DI FINANZIARE
A NOI ITALIANI DI EQUIPARARE QUANTO GIA PAGHIAMO ALLA SERBIA 155 EURO PER MWH
AI COMUNI DI AVERE ANNUALMENTE E PER 12 ANNI UNA ROYALTY.
ALLA SCADENZA DEI 12 ANNI, LE PALE SI CAMBIANO E SI RINNOVA IL TUTTO.
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IL GOVERNO E LE RINNOVABILI=E'una tecnica cinese quella di inquinare una trattativa con un dietrofront che poi verrà eliminato e quindi non negoziare su altre cose: il governo si è inventato di riportare dal 55 al 50% la detrazione epr eff energetica ma poi gia sa che lo farà e intanto distrae l'attenzione su altri punti.INVENCE IL GOVERNO DEVE STABILIRE INCENTIVI PER SOSTITUZIONE ETERNIT CON FOTOVOLTAICO TETTI, DEVI EVITARE I REGISTRI FINO A 100 KW,DEVE FISSARE PER EOLICO ASTE SOLO SOPRA I 50 MW E NON 20 MW.E DEVE STABILIRE CHE TUTTE LE RICHIESTE DI AUTORIZZAZIONI PRESENTI DAL 2006 AL 2011 INCLUSO DEVONO ESSERE DECISE ENTRO 6 MESI.
 
In Italia la rivoluzione Verde è possibile introducendo una carbon tax che gravi quindi csulle società tipo ENEL e comunque su fonti fossili che per decenni hanno ricevuto vantaggi ed incentivi.Con la Carbon Tax allo stesso tempo lo STATO ridurrebbe la bolletta eliminando la voce ONERI IMPROPRI e con i soldi della carbon tax finanzierebbe LE FONTI RINNOVABILI E LA RICERCA,essendo una TASSA SAREBBE DEDICATA AL FONDO GREEN ENERGY. Questo è RIVOLUZIONE VERDE. QUESTA E' LA VERA PROPOSTA CHE BISOGNA FARE SUBITO A MONTI E CHE CMQ GRILLO ADOTTERA'. O IDV ANCHE E SEL.
INVIA A ENEL LA SUA BOLLETTA SPORCA | Greenpeace
Greenpeace | Sito Ufficiale dell'operazione Facciamo luce su Enel di Greenpeace Italia.
Nella bolletta non leggerai mai i veri costi che le centrali a carbone di Enel causano al clima, alla salute e all’ambiente. Te lo diciamo noi: una morte prematura al giorno e circa 1 miliardo e 800 milioni di euro di danni l’anno"
 
per chi è contrario alle fonti rinnovabili in italia
sempre kivemmuorten anzi kivestramuortenn,,


jeremy rifkin dice che l italia è l arabia saudita delle rinnovabili e siccome volenti o nolenti Grillo e il suo Movimento avranno grandissima luce alle prox elezioni, la green revolution in italia ci sarà. aspettiamo che i mostri delle fonti fossili si inabissino seriamente. vedere la lotta di greenpeace,vera e pura contro ENEL

falck dovrebbe spin offare la parte in Uk e quotarla li..intanto in tribuna domenica boniek platini e napolitano e boniek ha 2 parchi eolici con falck in polonia da sviluppare a breve..

sempre kivestrmuortenn a chi è short o contro la green
 
azionisti di minoranza nel 2012 non aderite a nessuna OPA PER DELISTING DI QUESTA MUNNEZZA DI GENTE..

RICORDATE DUCATI
RINASCENTE
E EDIZIONI HOLDING...
ATTENTI ALL'OPA PER DELISTING

di Stefano Mengoli e Sandro Sandri 24.02.2012
I bassi prezzi dei titoli di Borsa caratteristici di questo periodo fanno sì che un certo numero di società pensi al delisting. Ma all'azionista di minoranza conviene aderire alle Opa lanciate con questo scopo? Una risposta generale non è semplice. Tuttavia, spesso l'investitore marginale tende a guardare al passato nel decidere se accettare o meno l'offerta del controllante. E dà troppa importanza al prezzo corrente delle azioni, senza interrogarsi sulle prospettive future dell'impresa. È un errore. Cosa succede se non si raggiunge la soglia di adesione obbligatoria all'Opa.

Un articolo apparso sull’Economist diversi anni fa, il 17 febbraio 2005, criticava l’offerta pubblica di acquisto da parte dell’azionista di controllo, che era Ifil, sui titoli posseduti dagli azionisti di minoranza Rinascente, avvenuta nel 2003. Obiettivo di quell’Opa? il delisting della società, ossia l’uscita di Rinascente dal mercato azionario. Perché il fatto aveva suscitato l’interesse del settimanale? Perché l’offerta in Opa valutava il gruppo Rinascente 1,77 miliardi di euro, mentre due anni dopo, nel momento in cui ne vendette alcune parti, Ifil riuscì a valorizzare la partecipazione 3,55 miliardi di euro. In appena due anni, i controllanti furono dunque capaci di raddoppiarne il valore. Quel profitto, ovviamente, non costituisce di per sé indizio di intenti espropriativi da parte della maggioranza a danno degli azionisti di minoranza. Ma il fatto che il prospetto, finalizzato a informare questi ultimi sulla congruità del premio riconosciuto in sede di Opa, ignorasse del tutto l’informazione relativa alla sucessiva cessione di parti della società e la conseguente valorizzazione nel prospetto degli immobili al costo storico piuttosto che a quello di mercato, sono stati elementi sufficienti a suscitare le perplessità del settimanale.

CHI ESCE DALLA BORSA

Il richiamo al delisting di Rinascente è utile per discutere di un problema che si potrebbe presentare nei prossimi mesi, viste le basse quotazioni a cui si assiste sul mercato azionario: il proporsi di un numero significativo di operazioni di delisting. Il processo è in realtà già iniziato. La newsletter di Consob di inizio anno (1-2 gennaio 2012) informa che già nel corso del 2011 a fronte di una sola matricola (Ferragamo) approdata in Borsa, cinque società hanno preferito rinviare la quotazione, mentre ben otto aziende hanno annunciato Opa finalizzate al delisting.
Innanzitutto, è utile domandarsi quali motivi razionali spingono una società al delisting. Vengono citate spesso da parte degli offerenti generiche esigenze di razionalizzazione. Ci pare di poter affermare che la razionalizzazione sia perseguibile anche rimanendo quotati. L’unico vero risparmio che si potrebbe avere sono i costi di quotazione. Essere quotati costa, ma non crediamo che i costi siano poi così proibitivi e soprattutto del tutto inutili, specie con riferimento a imprese di non piccole dimensioni. Non è un caso che vengano difficilmente menzionati come prima ragione in occasione del delisting. Il fatto che tali operazioni si manifestino nel corso del tempo “a ondate” suggerisce piuttosto un’altra motivazione: i bassi prezzi dei titoli. Prendendo ad esempio a riferimento l’indice di borsa Comit, notiamo che in appena quattro anni si è dimezzato. Un azionista di controllo andato in Borsa quattro anni fa potrebbe tornare ora in possesso delle azioni cedute a un prezzo pari in media alla metà rispetto al valore che aveva al momento della quotazione.
LE SCELTE DELL'AZIONISTA DI MINORANZA
La principale operazione di delisting che sta interessando il mercato italiano è l’Opa lanciata da Edizione Holding, la cassaforte della famiglia Benetton, sulla controllata Benetton. Il prezzo offerto, pari a 4,6 euro, è fortemente a premio (45 per cento) se confrontato con il prezzo a un mese, cala però al 6 per cento se calcolato riferendosi all’anno scorso. Ponendosi nelle vesti dell’azionista di minoranza ci si potrebbe chiedere: conviene o meno aderire all’offerta? È difficile rispondere, ma ciò che possiamo fare è porre enfasi sul fatto che il risparmiatore non deve incorrere nel facile errore di guardare al recente passato e alle deludenti performance del titolo, fattori che lo spingerebbero ad aderire all’offerta. Dovrebbe invece guardare al futuro, ossia chiedersi quanto varrà Benetton prossimamente. È questa la prospettiva giusta. Il caso Rinascente ci è tornato in mente non appena sono circolate voci, apparse poi del tutto infondate, di cessione del gruppo Benetton a Inditex, proprietaria del marchio Zara. Se così fosse, gli azionisti di minoranza, analogamente a quanto accaduto a quelli di Rinascente, risulterebbero danneggiati nel caso in cui il prezzo di cessione fosse più alto rispetto a quello d’Opa.
L’errore degli azionisti della Rinascente è stato quello di guardare alle performance del titolo nel passato, circostanza che ha indotto ad accettare un’offerta apparentemente allettante, non essendo in grado di percepire, anche a causa delle carenze informative che hanno accompagnato l’offerta, che dopo due anni la società sarebbe stata venduta a pezzi e nel complesso a un prezzo decisamente superiore a quello dell’Opa.
Un recente studio mostra che l’investitore marginale tende a guardare al passato nello stabilire l’adesione o meno ad un’Opa. (1) Tende infatti a porre troppa enfasi sul prezzo corrente appena prima del lancio dell’offerta confrontandolo con il prezzo dell’Opa. Come in linea di principio si sa, questo comportamento è irrazionale, dovendosi invece cercare di stimare le prospettive future dell’impresa. L’adesione a Opa lanciate da insider già controllanti è ancor più difficile da spiegare teoricamente. Se infatti il controllante è disposto a pagare un prezzo superiore a quello corrente per la società che già controlla, implicitamente segnala al mercato un suo valore maggiore e questo valore maggiore non dipende più dal fatto che la società potrebbe finire nelle mani di qualcuno maggiormente capace di massimizzarlo. Viene di conseguenza meno la minaccia che in genere caratterizza la generalità delle Opa, ossia di poter recuperare, in caso di mancato successo dell’offerta, solo un più basso valore delle azioni, in quanto la società tornerebbe nelle mani di chi non è in grado di massimizzarne il valore. Tra l’altro, nel caso in cui le adesioni arrivino ad almeno il 95 per cento, il prezzo a cui gli azionisti di minoranza sarebbero costretti ad aderire (secondo la regola cosidetta “squeeze-out”) è il medesimo dell’Opa e nel caso in cui la soglia non venisse raggiunta, ma venisse lanciata una Opa residuale al raggiungimento del 90 per cento, la Consob dovrebbe fissare un prezzo tenendo conto non solo del prezzo di mercato ma anche di quello Opa. Riassumendo, se le cose vanno male l'azionista di minoranza ottiene il prezzo d’Opa, se le cose vanno bene possiede delle azioni con un valore superiore al prezzo d’Opa. Che non convenga quindi mai aderire a un’Opa finalizzata al delisting?

(1) Carosi A. e S. Mengoli, “Il rispetto dell’Equal Opportunity Rule nelle Opa Successive” in R. Viganò (a cura di) Corporate Governance: Governo, Controllo e Struttura F
 

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