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Auto, così è finita la corsa




ANDREA TARQUINI




La tempesta si è abbattuta sull'Europa e sul Giappone, l'incubo del mondo delle quattro ruote è divenuto realtà. La crisi del mercato dell'auto ormai non è più solo nordamericana, è diventata globale: il mondo dell'auto teme un Sunset Boulevard, un doloroso viale del tramonto. I grandi produttori nipponici e del Vecchio continente ne sono investiti in pieno. E' forse la sfida più dura che il settore abbia mai affrontato, più di ogni domenica senza auto dopo una guerra in Medio Oriente, accentuata giovedì scorso dal crollo in borsa di General Motors: meno 12 per cento, i minimi dal ’95, un tonfo che ha colpito l'intero comparto. E' una sfida pesante, perché nel complesso della hard economy, l'economia manifatturiera, l'auto ha un ruolo più importante nella Ue e nel Sol Levante che non negli States. "L'auto ha ancora un futuro, e quale?". L'interrogativo pesa come un macigno. Da Tokyo a Wolfsburg, da Torino a ParigiBillancourt, spazza via ottimismi, certezze, speranze. E' un colpo al cuore del sistema industriale europeo e giapponese. Un colpo al cuore, avvertono gli analisti rassicurando solo in parte, da cui ci si può salvare. Ma solo facendo scelte senza compromessi: più competizione sui nuovi mercati, a cominciare dall'area Bric (Brasile Russia India Cina) e nel contempo auto più ecologiche che mai per i mercati interni ormai saturi. Insomma, siamo entrati in una fase di svolta nella storia industriale del mondo.
Toccherà al comparto auto una sorte di declino, come è avvenuta nelle vecchie potenze industriali per il tessile, l'acciaio, le tipografie? Antiche aristocrazie operaie, che in decenni e generazioni di duro lavoro hanno messo su famiglia, comprato case, si sono quasi imborghesite, devono temere il precipizio della nuova povertà con altre grandi parti delle società in cui vivono? La situazione, secondo i dati di maggio, è dura. Non crolla più solo il mercato americano, dove l'onda lunga della crisi dei mutui subprime e delle tempeste finanziarie ha abbattuto la voglia di comprare dei consumatori, e dove euro e yen con cui paghi Bmw o Lexus, Golf o Toyota, sono troppo più forti del dollaro. I big dell'auto euronipponici non scontano più solo l'effetto della fine inevitabile della lunga guerra a chi offriva più sconti.
Diamo un'occhiata ai dati. A maggio, nell'Unione europea e nei paesi Efta (Norvegia, Svezia, Islanda) la vendita di auto nuove è calata dell'8 per cento. "Affrontiamo un rally dei prezzi che sta creando un fardello non trascurabile per i costruttori", afferma Juergen Geissinger, vicepresidente del Vda, la potente associazione tedesca dei produttori d'auto. Non pesa solo il caropetrolio. Aumentano anche le materie prime vitali per il comparto e per l'indotto: più 174 per cento per il rame, più 176 per cento per i metalli riciclati, più 55 per cento per l'alluminio, più 60 per cento per l'energia elettrica. E comunque, proprio per i produttori che vendono di più negli Usa (tedeschi e giapponesi, appunto) il contemporaneo calo dell'11 per cento delle vendite in America è un colpo storico. Si teme per il futuro di una branca decisiva in Europa: dall'auto dipendono circa dodici milioni di posti di lavoro.
La paura corre sul filo, unisce produttori di massa e costruttori di modelli premium (di lusso o superlusso), accomuna nella stessa barca concorrenti e rivali di un solo paese o di diversi paesi e continenti: Vw e RenaultNissan, PeugeotCitroen e Toyota. Solo in Francia le vendite sono cresciute a maggio, mentre in Italia e Spagna sono crollate rispettivamente del 18 e del 24 per cento e nel regno Unito del 3,5. Se l'Europa piange, il Sol Levante non ride. Proprio loro, gli ex nemici mortali dell'America piegati dai B29 e da due bombe atomiche, si erano presi la rivincita della pace: erano diventati numero due mondiale mondo come primi esportatori di auto negli States. Adesso la bolla esplosa li colpisce duro. Toyota, numero uno mondiale, lamenta un prevedibile calo degli utili del trenta per cento. Nissan, la poderosa testa di ponte americana che il geniale Carlos Ghosn ha dato a Renault, è a meno 29,5 per cento. «I costruttori giapponesi soffrono ora di quello che era fino a poco fa la loro priorità strategica, il mercato americano», denuncia Ichiro Takamatsu di Alphex Investments. E anche in Europa il loro consolidato successo ora diventa un problema. Per i nipponici come per gli europei, la svolta strategica è inevitabilmente duplice, ma è la stessa. Primo, puntare sui nuovi mercati: Cina, Russia, le altre potenze emergenti. Secondo, offrire auto sempre più ecologiche, puntare sempre più sull'ibrido e domani sull'elettrico. A lungo andare, sarà inevitabile l'addio al motore a scoppio e il passaggio all'auto elettrica. Ciò imporrà investimenti enormi di ricerca che non tutti i produttori si potranno permettere.
 
14:12 - Confindustria: Marcegaglia, per Italia e' sicuramente emergenza



Crescita vicina allo zero, situazione internazionale grave

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Torino, 30 giu - Per l'Italia
"e' sicuramente emergenza: quest'anno avremo una crescita
vicina allo zero, la situazione internazionale e' grave.
Occorre concentrarsi sui problemi reali e gravi del Paese"
Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, parlando
all'assemblea degli industriali torinesi, ha riassunto cosi'
il giudizio di Confindustria sull'attuale situazione
economica. "Da parte nostra - ha continuato - sui contratti
cercheremo di fare un accordo e una riforma. Ribadiamo,
pero', che non si possono scaricare sulle imprese i costi che
derivano dal petrolio e dalle materie prime, perche' gia' li
paghiamo, non possiamo pagarli due volte".
Lor-pal-

(RADIOCOR) 30-06-08 14:12:31 (0229) 5 NNNN
 
14:36 - Crisi mercati: Saccomanni, e' lunga ed ha alti e bassi -2-



'Bene la Bri con idea nuovo approccio politiche prudenziali'

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Basilea, 30 giu - La Bri, ha
aggiunto Saccomanni interpellato al termine dell'assemblea
annuale della Banca dei Regolamenti internazionali che
svolge, tra gli altri, il compito di promuovere la
collaborazione tra le banche centrali, "gia' negli anni
scorsi aveva visto giusto su come la crisi si sarebbe
sviluppata". L'analisi degli economisti di Basilea, ha
aggiunto il direttore generale della Banca d'Italia, metteva
gia' in luce come "fosse sopravvalutata la capacita' di
reazione del sistema internazionale e come fosse
sottovalutato il rischio". Le analisi della Bri sono rimaste
inascoltate a livello internazionale e la banca di Basilea
ha avuto una sorta di ruolo di Cassandra del sistema
internazionale. Saccomanni ha poi aggiunto di apprezzare
"l'idea guida" espressa dalla relazione annuale della Bri,
quella di un "nuovo approccio di politiche macroprudenziali"
cioe' "un confronto tra la politica monetaria e le politiche
prudenziali che riguardano i singoli operatori". Quello che
oggi manca e che la Bri ha messo bene in luce, ha aggiunto,
"e' il collegamento tra la stabilita' dei singoli operatori e
la stabilita' sistemica: e' il problema che c'e' ora, la parte
che e' sfuggita con gli strumenti tradizionali di analisi".
Ggz

(RADIOCOR) 30-06-08 14:36:19 (0240) 3 NNNN
 
Capitalismo al gran falò delle vanità

MASSIMO GIANNINI
La storiella la racconta l’Herald Tribune. Giusto un anno fa, passeggiando per le frenetiche sale del New York Stock Exchange con il suo proverbiale completo bianco, Tom Wolfe emise la sua profezia: «Stiamo assistendo alla fine del capitalismo come lo abbiamo conosciuto». Sembrava la farneticazione apocalittica del neofita, che assiste per la prima volta, senza capirli, ai miracoli della «fabbrica del denaro», che in quel periodo girava ancora a pieno regime. E invece il grande scrittore americano (forse proprio perché non è un economista) aveva capito molto più di tutti gli «addetti ai lavori» che in quei giorni si affannavano a far soldi gonfiando la bolla immobiliare e insaccando merce avariata nei «titolisalsiccia».
È davvero la «fine del capitalismo», quella che stiamo contemplando con occhi sempre più smarriti e portafogli sempre più vuoti? Forse è meglio evitare sentenze definitive: anche Francis Fukuyama aveva predetto la «fine della storia», e la storia si è poi presa la briga di smentirlo. Ma la crisi c’è, come ha detto il governatore Draghi. È grave, e per qualità più che per quantità non ha precedenti nella storia del ‘900. Tra le banche d’affari circola un «calcoletto», che dà la misura dell’effetto subprime. Il Fondo monetario stima che le perdite per le istituzioni finanziarie internazionali siano pari a 1000 miliardi di dollari, di cui 510 riferiti alle sole banche. Se questo è il buco, finora a colmarlo hanno provato i fondi sovrani (con un esborso di circa 52 miliardi di dollari) e gli aumenti di capitale (pari a 133 miliardi di dollari). Il totale fa 185. Vuol dire che all’appello mancano 325 miliardi di dollari, che le banche non hanno ancora trovato.
Da dove usciranno fuori? Nessuno lo sa. Altri aumenti di capitale? Difficile collocarli, se non superscontati. Nuovi ingressi dei Souvereign Funds? Finora ci hanno rimesso quasi il 20% in termini di valori azionari investiti. Vendita di asset? Per coprire la voragine, calcolando il leverage medio delle prime 25 banche internazionali, bisognerebbe alienare cespiti per almeno 10 mila miliardi di dollari, e non si vede chi potrebbe sborsarli. Risultato? O paga lo Stato, con le nazionalizzazioni. O paga il mercato, con le bancarotte. Se non è la «fine del capitalismo», è comunque una grande autodafè del sistema finanziario globale. Un colossale «falò delle vanità», proprio come aveva previsto quello stesso signore vestito di bianco, in un’altra magnifica profezia datata 1987.
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TIMES SQUARE

L’America al verde: anche il 4 luglio senza fuochi d’artificio

DI ARTURO ZAMPAGLIONE

Presa in tempi non sospetti, legata a ragioni personali e idealistiche, la decisione di Bill Gates di lasciare il timone della Microsoft, la più grande azienda mondiale di software, sta assumendo un significato metaforico. Da un lato, come nota l’"Economist", segna la fine dell’era in cui il personal computer ha trainato gran parte dell’innovazione tecnologica e dei progressi dell’economia; dall’altro, l’addio di Gates coincide con una delle fase più buie della storia americana, diventandone involontariamente un simbolo.
Il barometro dell’ottimismo, che negli Stati Uniti ha sempre oscillato tra il bello e il bellissimo tempo, adesso è fisso sulla burrasca. Solo il 14 per cento degli americani è convinto che il paese stia andando nella direzione giusta: la cifra più bassa da quando trent’anni fa l’"Abc" avvio i sondaggi sugli umori della nazione. E il malessere si è infiltrato in ogni piega della società e della politica, non solo a Wall Street, mettendo a dura prova la proverbiale capacità di ripresa del più grande stato capitalista.
La fama di Horatio Alger, il prolifico autore ottocentesco (più di 130 "dime novel" al suo attivo), era dovuta alla tenacia dei suoi personaggi, tutti giovani squattrinati che riuscivano a realizzare il "sogno americano" grazie al coraggio e all’impegno, alla voglia di fare e alla generosità. Doti, queste, che hanno sempre alimentato l’autorappresentazione degli americani; specie nei momenti difficili, si sono sempre considerati come uomini capaci di vincere contro le forze del destino. Ma adesso c’è una atmosfera cupa, quasi rassegnata: e Horatio Alger si starà rigirando nella tomba.
La serata del 4 luglio a Cocoa Beach, in Florida, la festa nazionale non sarà celebrata con i fuochi d’artificio come ogni anno. La ragione? Nelle casse comunali mancano i soldi. E mancano anche nei portafogli delle famiglie americane, prosciugati dai rincari della benzina, percentualmente più consistenti che in Europa, che hanno messo in crisi "the American Way of Life", a cominciare dalla cultura della automobile e dal pendolarismo della vita nelle periferie verdi.
La crisi dei mutui subprime ha reso amara la "home, sweet home", la casadolce casa di milioni di persone: 10 milioni di proprietari hanno una casa che vale meno del mutuo che devono ripagare. Per 1,3 milioni di proprietari insolventi sono state avviate le procedure di pignoramento.
La lista degli affanni continua: biglietti aerei, rette universitarie e spese mediche hanno raggiunto livelli inabbordabili, il dollaro sembra una valuta sudamericana d’altri tempi, l’inflazione erode gli accantonamenti pensionistici, Wall Street licenzia, la guerre in Iraq sembra senza via di uscita, nessun presidente è mai stato più impopolare di Bush, il riscaldamento del pianeta mette l’orso polare nell’elenco delle specie protette, i titoli GM sono ai minimi dell’ultimo mezzo secolo.
In termini piscologici la situazione di oggi è paragonabile solo ad altre tre fasi nere dell’ultimo secolo: la grande depressione degli anni Trenta, le ansie degli albori della guerra fredda e il quadriennio di Jimmy Carter, quando la crisi degli ostaggi in Iran si intrecciò con la stagflazione.
In tutti quei casi ci volle molto tempo per uscire dall’incubo: un partito diverso vinse le elezioni alla Casa Bianca e una nuova ventata di ottimismo seguì allo sconforto generalizzato. Se la storia si ripete, succederà anche questa volta. Ma nell’America orfana di Bill Gates nessuno si illude: la strada sarà lunga. Con buona pace di Horatio Alger.
[email protected]
 
15:29 - ### Borsa: Mibtel ai minimi da dicembre 2004, -14% da meta' maggio-FOCUS-



Dai record del maggio 2007 l'indice milanese ha perso il 34%

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 30 giu - Borse mondiali
in cerca di direzione e Milano non fa eccezione. L'elevato
prezzo del greggio e il timore di conti aziendali deludenti
nella prossima tornata di trimestrali che iniziera' a fine
luglio sono elementi che inducono gli investitori ad
alleggerire i portafogli. E nei prossimi mesi pende anche la
spada di Damocle di un possibile rialzo del costo del denaro
sia in Europa sia in America come misura per frenare
l'inflazione. La Bce alzera' il costo del denaro gia' questo
giovedi', come preannunciato nelle scorse settimane dallo
stesso numero uno dell'istituto, Jean Claude Trichet.
Numeri alla mano, con il ribasso di venerdi' scorso e i
cali di questa mattina, Milano ha aggiornato i nuovi minimi
del 2008, portandosi sui livelli piu' bassi di inizio
dicembre 2004. L'indice milanese ha imboccato la via della
discesa piu' ripida lo scorso 16 maggio, inanellando un
ribasso dietro l'altro, a parte qualche seduta di tregua. Da
quella data, nel complesso, il Mibtel ha perso il 14% circa
del proprio valore, ben oltre quello che aveva guadagnato da
fine febbraio a meta' maggio, quando aveva tentato la
risalita (il guadagno era stato pari al 9,7%). Dai massimi
storici toccati nel maggio 2007, il Mibtel archivia cosi' un
ribasso del 34%.
Emi-

(RADIOCOR) 30-06-08 15:29:06 (0269) 5 NNNN
 
15:35 - Inflazione: Adusbef, stangata da 1.813 euro, nel 2008 tasso al 6,1%



Adiconsum: un Dl con prezzi all'origine, ingrosso, dettaglio

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 30 giu - L'inflazione al
3,8% a giugno, seppure sottostimata, rappresenta un dato
estremamente allarmante. Lo afferma Adusbef-Federconsumatori
in una nota nella quale precisa che a fine anno la stangata
per le famiglie sara' di 1.813 euro: 734 euro per i costi
diretti dell'energia, 533 euro per gli aumenti di alimentari
e bevande, 546 euro per i costi indiretti da caro-greggio.
L'ammontare complessivo, afferma il comunicato, portera' il
tasso d'inflazione 2008 al 6,1%.
Piu' prudente la valutazione del Codacons che prevede per
fine anno un esborso di circa 1.500 euro a famiglia e chiede
al Governo di introdurre con un decreto il triplo prezzo sui
prodotti alimentari: all'origine, all'ingrosso e al
dettaglio.
com-rro

(RADIOCOR) 30-06-08 15:35:01 (0274) 5 NNNN
 
15:58 - Usa: sale a 49,6 pti indice pmi Chicago giugno, sopra attese (RCO)



(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 30 giu - L'indice dei
responsabili degli acquisti dell'area di Chicago e' salito a
49,6 punti a giugno dai 49,1 di maggio. Il dato e' migliore
delle attese degli analisti che avevano pronosticato una
lettura a quota 48, anche se l'indice sotto la soglia dei 50
punti resta un segno di contrazione del business. Nel
dettaglio, il sottoindice sui prezzi pagati e' sceso da 87,5
a 85,5 punti a giugno e quello sui nuovi ordini da 56,1 a
52.
liz

(RADIOCOR) 30-06-08 15:58:47 (0291) 5 NNNN
 
17:42 - Borsa: Mibtel positivo sul finale, si riscatta Mps



Bene i petroliferi, male Seat, Italcementi e Atlantia

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 30 giu - Chiusura
positiva per le Borse europee, nonostante il prezzo del
greggio si sia spinto su nuovi record. I listini hanno
trovato il sostegno dei titoli petroliferi, che cosi' hanno
fatto da contraltare ai ribassi dei bancari. Il Mibtel ha
chiuso in rialzo dello 0,41% e l'S&P/Mib dello 0,51%. A
Milano si sono risvegliate le Mps. Sono inoltre andate bene
le Eni, le Saipem e le Tenaris, mentre sono scivolate le
Seat, le Italcementi e le Atlantia.
Emi-
 

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