IN OGNI ATTIVITA' LA PASSIONE TOGLIE GRAN PARTE DELLA DIFFICOLTA'

Regole precise non ce ne sono.

“Si valuta caso per caso”, intanto però le multe sono partite,
così come l’imposizione della chiusura per 5 giorni lavorativi.

Come se non bastasse.

Sui ristoranti continua il pugno duro e inspiegabile del governo.

È un accanimento davvero difficile da spiegarsi.

Il racconto delle prime riaperture è quasi drammatico, complice il maltempo in tutta Italia e delle norme decisamente folli.

Il meteo non ha infatti aiutato i ristoranti che hanno riaperto in zona gialla
dopo la decisione di allentare le misure di restrizione dovute al Covid.

E le forze dell’ordine non hanno fatto sconti.


Qualcuno ha provato a salvare il salvabile quando, all’improvviso, si è scatenato il temporale, a metà servizio
e ha fatto entrare nei locali all’interno le persone che stavano mangiando all’esterno.

Come riferisce Repubblica, ad esempio, la trattoria La Molinara di Verona si è beccata una multa di 400 euro
e la chiusura dell’esercizio per 5 giorni per aver fatto entrare nelle aree al chiuso i 22 clienti
che stavano consumando il pasto all’esterno e sono stati colti da una forte pioggia.




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Sempre in Veneto è accaduta la stessa cosa ad altri locali di Padova,
che per via dell’acqua hanno deciso di spostare i clienti all’interno
e si sono beccati le sanzioni delle forze dell’ordine.

La scelta di punire un evento eccezionale ha portato alla reazione dell’associazione provinciale dei pubblici esercizi, l’Appe,
che ha scritto al prefetto di Padova: “Come ci dobbiamo comportare in caso di sopravvenute condizioni
che non consentano la prosecuzione del servizio? Ci riferiamo, in particolare, al caso in cui,
durante lo svolgimento dell’attività di somministrazione, sopraggiunga, ad esempio, un temporale o un forte vento,
che di fatto rendano impossibile continuare a somministrare all’aperto. In tal caso, a nostro avviso,
le ‘cause di forza maggiore’ dovrebbero poter consentire di proseguire il servizio all’interno dei locali,
anche per evitare di dare un disservizio ai consumatori, si pensi, a titolo d’esempio, ai pranzi svolti in occasione di cerimonie)”.

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Dalla Prefettura la risposta è stata vaga:

“Regole di carattere generale non ce ne sono.
Faccio un esempio, se alle 17 piove e prendo una prenotazione per le 19,
sarà difficile dire che sono stato preso dal maltempo all’improvviso. Si valuterà caso per caso”.
 
Via i termini e le locuzioni in inglese dagli atti amministrativi del Comune di Soncino:
da oggi verrà utilizzato esclusivamente il caro, vecchio — meraviglioso — italiano.

E’ infatti passata la mozione, presentata dal presidente del Consiglio comunale Federica Brizio, in quota Fratelli d’Italia, con oggetto:
Dante e lingua italiana. Un documento che sollecita a «promuovere l’utilizzo della lingua italiana negli atti della politica».


Brizio si dice ispirata dal premier Draghi, che il 12 marzo scorso aveva stigmatizzato l’uso dei termini baby sitting e smart working.
Chissà perché dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi?», si era chiesto il presidente del Consiglio.

«Proprio così. E poi quest’anno ricorre il settimo centenario della morte di Dante Alighieri, il “padre” della lingua italiana».

La mozione è passata con tutto l’appoggio del centrodestra.

La sinistra cittadina, in reazione alla vittoria sull’idioma d’Albione non ha saputo fare altro che replicare con un
«Sembra una mozione che palesa una estrema chiusura mentale».


«Usiamo tante parole in lingua inglese, quando in italiano c’è la parola che corrisponde perfettamente.

Al posto di budget c’è “bilancio preventivo”.
Party? Meglio “feste o sagre”,
Brainstorming? Utilizzeremo “scambio di idee”.
Smartphone? “Telefono”
.

E al posto di lockdown il più comprensibile “chiusura”.

Altrimenti complichiamo la vita ai nostri anziani».

Sebbene Brizio non sia contraria all’apprendimento dell’inglese, ritiene sia giusto mettere dei paletti.

«È giusto che i ragazzi conoscano le lingue perché significa conoscere la storia, la cultura di quel Paese.
Non sono contro la globalizzazione, ma l’italiano è l’italiano.
È come se noi avessimo un bel monumento senza farne manutenzione.
Un monumento che giorno dopo giorno si rovina. Dante non possiamo mandarlo in pezzi».

L’iniziativa partirà dagli atti amministrativi del Comune,
ma Brizio vorrebbe proseguire nell’opera invitando le scuole e gli altri enti pubblici a unirsi in questa battaglia.


Ribatte piccata il consigliere di minoranza Carla Urgesi, che ha votato contro:
«Prima si parlava di tutelare i dialetti adesso siamo passati alla lingua italiana.
Imparare le lingue, aggiungere termini inglesi e francesi,
non porta sicuramente alla progressiva scomparsa del patrimonio linguistico italiano,
anzi è sinonimo di apertura e di ampliamento di orizzonti».


Ma Brizio non cede di un millimetro.
«La minoranza l’ha messa come se fosse una forma di nazionalismo per il partito che io rappresento.
Non è così. La mozione è nata da un principio: l’importanza della cultura.
La cultura non è né di destra né di sinistra, è patrimonio di tutti».



E conclude il suo intervento con qualche cifra:
«Dal 2000, le parole inglesi confluite nella nostra lingua scritta sono aumentate del 773%,
quasi novemila sono gli anglismi presenti nel dizionario Treccani su circa 800 mila lemmi
e da un confronto tra quelli registrati nel Devoto Oli 1990 e quello del 2017
risulta un incremento da circa 1.600 a 3.500, con una media di +74 all’anno. Francamente troppo».
 
Si apprende dai giornali, senza alcuna sorpresa, che il dottor Paolo Storari
– il pubblico ministero di Milano che, per reagire all’inerzia dei suoi capi, da lui ritenuta illegittima,
ha portato i verbali dagli stessi secretati al dottor Piercamillo Davigo, allo scopo di cercare una qualche forma di protezione –
sarebbe indagato per violazione del segreto da parte della Procura di Roma o di Milano a seconda del luogo di consumazione del reato.


Si apprende dai giornali
, senza alcuna sorpresa, che Marcella Contrafatto – impiegata al Csm (Consiglio superiore della magistratura)
e già segretaria di Davigo fino al suo pensionamento (nell’ottobre del 2020) –
sarebbe indagata per concorso in violazione del segreto, in quanto sospettata di aver spedito i suddetti verbali, in forma anonima,
ad alcuni quotidiani ai quali avrebbe pure segnalato la colpevole inerzia dei capi della Procura milanese.


Si apprende dai giornali, senza alcuna sorpresa, che ci potrebbero essere anche altri indagati,
anche perché alcuni nomi sono filtrati, attraverso sapienti spifferi, nelle redazioni.


Si apprende ancora dai giornali, questa volta con indicibile sorpresa, che Davigo
– cioè colui che accettò di prendersi quei verbali e di ritenerli presso di sé, per poi parlarne, come lui afferma, a “chi di dovere” –
non è indagato per nessun motivo e che sarà invece sentito come semplice persona informata sui fatti.


Ora, lungi da me l’idea che Davigo possa essere considerato colpevole di qualcosa,

ma rimane certo che alcune domande bisogna pur farsele,

davanti a questo uso spregiudicatamente privato degli strumenti giudiziari, per di più esibito pubblicamente.



Innanzitutto va notato come sia necessario capire chi mai abbia dato quelle carte riservate alla Contrafatto,
che certo non era per nulla in grado di procurarsele da sola,
a quale scopo costei le abbia spedite in forma anonima ai giornali e se per caso qualcuno l’abbia indotta a farlo.

In seconda battuta, bisogna capire perché Davigo abbia accettato di riceversele privatamente – e di privatamente detenerle –
e perché, invece, non ne abbia subito investito il Csm, del quale egli era componente.

Oppure, in alternativa, la Procura di Brescia, qualora avesse ritenuto che presso quella di Milano si fossero consumati dei reati,
proprio attraverso l’inerzia mostrata dalla stessa.


Sono tutte verifiche necessarie allo scopo di diradare la fitta nebbia che ancora avvolge queste vicende tanto assurde quanto inquietanti.


Tuttavia, si dà il caso che per effettuare tali verifiche, dal punto di vista logico e processuale,
sembra necessario investigare anche sui comportamenti di Davigo,
per il semplice motivo che questi rappresentano in certo modo lo snodo di passaggio determinante i comportamenti altrui,
sia di Storari, sia della Contrafatto.


Insomma, dal punto di vista fattuale, Davigo si ritrova al centro – quasi una cinghia di trasmissione – di un incrocio:

da un lato, la condotta di Storari che gli consegna i verbali da lui accettati e ritenuti e,

dall’altro lato, la condotta della Contrafatto alla quale forse lui ha consegnato i verbali

(in quanto sua segretaria, che vale appunto destinataria dei segreti)

e la quale, o di propria iniziativa, o su induzione di altri, li ha spediti anonimamente ai giornali.



Se così è in punto di fatto, una investigazione sulla condotta di Davigo appare necessaria
proprio allo scopo di capire l’origine e lo scopo dei comportamenti degli altri due soggetti coinvolti in queste vicende.

Eppure egli allo stato pare venga sentito soltanto quale persona informata sui fatti,
mentre gli altri due sono indagati in senso proprio:

il che sarebbe come dire che si vuol tirare il primo e l’ultimo anello di una catena, ma senza toccare l’anello che sta in mezzo.


Una pura assurdità!


Tuttavia è quello che accade, in questa giostra, alla quale siam costretti ad assistere con sgomento,

di uso spregiudicatamente privato degli strumenti giudiziari, nel cui ambito – come la cronaca dimostra –

verbali, segreti, accuse, maldicenze, dossier, denunce vorticano da una Procura all’altra, da una sede istituzionale all’altra.

Mentre la giustizia – cioè lo scopo ultimo dello Stato di diritto – agonizza non vista in un angolo buio, nella indifferenza dei più.

I controllori hanno perso il controllo di se stessi e non si accorgono neppure dei pasticci che combinano,

forse inebriati da una ingiustificata sensazione d’impunità.



E resterebbe ancora da chiedersi :

come mai Sebastiano Ardita e Davigo
– esponenti della medesima corrente della magistratura ed insieme eletti al Csm –
abbiano improvvisamente spezzato, credo nel marzo del 2020, un rapporto che sembrava assai solido e perfino inattaccabile;

come mai in quelle carte secretate si è fatto capire che ci fosse scritto il nome di Ardita, il primo ad esser reso pubblico;

come mai esse siano state ritrovate proprio nel computer della segretaria di Davigo.


C’è qualcuno che vuol vederci chiaro oggi in Italia su questa brutta faccenda?


Se c’è batta un colpo!
 
Ahahahahah quanti allocchi esistono al mondo ? .........forse miliardi.



Quando i soldi ed i pregiudizi positivi sono forti per un settore
allora è difficile che i mass media riprendano i pericoli e gli scandali legati alla nuova attività,
almeno fino a quando sono di una dimensione tale da non essere più insabbiabili.



In questo caso parliamo del settore del “Delivery” dei ristoranti a domicilio,
settore elogiato come il “Futuro della ristorazione”, da chi non è del settore,
ma che può nascondere dei lati negativi.

Questo articolo mi è venuto in mente dopo aver visto Cecchi “Pavone” Paone elogiare questa formula,
senza conoscerne i meccanismi o le possibili ricadute negative.


In realtà nel regno Unito è scoppiato lo scandalo delle Black Kitchen.

In questo paese regna incontrastato Deliveroo
, società quotata proprio quest’anno con una IPO che è stata però piuttosto fallimentare.


Il Daily Mail ha scoperto che una grossa parte dei pasti portati dalla società

non sono prodotti in prestigiose cucine di catene di ristoranti,

ma venivano preparati in cucine arrangiate in magazzini, spesso fatiscenti, di periferia,

le cosiddette “Black Kitchen”.


Del resto se vi portano a casa il cibo, che ne sapete voi dove venga prodotto.



Ecco alcune foto di queste cucine improvvisate:


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Spesso queste cucine sono in luoghi insospettabili, che vengono scoperti solo per la presenza delle lunghe file di responsabili delle consegne.


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Quindi voi pensate di comprare il cibo da una prestigiosa catena, e vi trovate una “Leccornia” cotta in un sottoscala.


A peggiorare lo scandalo vi è il fatto che questa soluzione è utilizzabile solo dalle grandi catene della ristorazione,
che così possono pagare le pensanti commissioni, anche del 35% che vengono chieste ai ristoratori.



I ristoranti a conduzione famigliari non possono utilizzare queste cucine
e vedono i propri utili massacrati dalle commissioni di consegna
e dagli sconti che sono costretti a concedere ai clienti di questi servizi.


Ad esempio un proprietario di un ristorante a conduzione familiare
ha mostrato come gli incassi per 12 consegne fossero teoricamente di 372 sterline,
ma, al netto delle commissioni e degli sconti, questo si è ridotto a 141 sterline.


Praticamente una cifra che mette alla fame i piccoli ristoranti.


Quindi il futuro, come molti lo vedono, della ristorazione non né pulito né bello,

ma si rivela sempre più in mano a pochi player disposti a tutto.
 
Volete vedere cosa porta una combinazione d’inflazione, paghe non contingentate e comunque una forte domanda di lavoro?

Per capirlo dovete vedere quello che è accaduto in America a una filiale di una grande catena.

I dipendenti di Dollar General di un punto vendita situato nella piccola città di Eliot, nel Maine,
hanno appiccicato appunti scritti a mano sulla porta scorrevole dell’ingresso principale del negozio
in cui spiegavano come avessero raggiunto il punto di rottura per le lunghe ore di lavoro e la paga scadente.

Di conseguenza, i dipendenti hanno lasciato il lavoro e il negozio ha chiuso.




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L’utente di Facebook “Bri Blanchet” aveva il suo smartphone a portata di mano
ed ha scattato una foto degli appunti scritti a mano prima che venissero strappati.


Si può leggere:


Googla “sciopero generale” e scopri come riprendere il nostro potere.
Ai nostri affezionati clienti che ci hanno trattato con rispetto, grazie, ti vogliamo bene!



Un altro ha detto:


Chiuso a tempo indeterminato perché Dollar General non paga un salario dignitoso
né tratta i propri dipendenti con rispetto Leggi di più:
Dipendenti sconvolti al Dollar General Store nel Maine Esci all’unisono



E questo ex dipendente ha incolpato il capitalismo:


Il capitalismo distruggerà questo paese.
Se non paghi le persone abbastanza per vivere le loro vite, perché dovrebbero essere schiave per te?



Un commento sul post Facebook spiega:


Il mio manager lavorava più di 70 ore a settimana,
veniamo pagati per 40 stipendiati senza giorni di ferie.
Dovevo lavorare 20 ore a settimana,
ma avevano bisogno che lavorassi 31 con un giorno libero a settimana.



Un altro ex lvoratore ha detto alle notizie locali WMTW:

Ho deciso di smettere perché non avrei più accettato gli abusi che Dollar General ci stava dando.
Con il passare della giornata mi sono arrabbiato di più
“.


Nel dettaglio USA si vive al limite della soglia di povertà,
con paghe teoriche che sono al livello più basso del mercato,
ma che corrispondono ad un alto numero di ore lavorate.


Anche in Italia il settore dettaglio e servizi ha il dubbio piacere di vivere con i salari più bassi possibili.


Perché allora questa protesta clamorosa solo ora ?

Perché ora, grazie ai sussidi garantiti dalla presidenza Biden,
possono avere una vita più dignitosa con i contributi per la disoccupazione
quindi non corrono più a elemosinare paghe da fame in posti come il Dollar Store.



Se questo migliora la qualità di vita e i consumi dei lavoratori,
dall’altro provoca una carenza di lavoro nei punti vendita e nel settore dei servizi.
 
In Grecia e in Italia si parla di “Isole covid free”, aree libere dall’epidemia dove i turisti,
tutti ovviamente vaccinati e/o testati, dovrebbero poter passare le vacanze in libertà.


Però c’è qualcosa che non va in questo progetto
e a indicarlo è proprio il paese con il maggior tasso di vaccinazione al mondo: le isole Seychelles.



Questo piccolo stato insulare è il paese al mondo con il più alto tasso di vaccinazione completa:
il 62% dei cittadini ha ricevuto due iniezioni di vaccini ed è completamente immunizzato,

Ormai dovrebbe essere vicinissima l’immunità di gregge.

Peccato che le autorità del paese siano state costrette a porre un nuovo lockdown stretto per l’esplosione dei casi di covid-19.


Tutte le scuole del paese sono state chiuse
e le attività sportive cancellate per due settimane nel paese,
che si estende in un arcipelago nell’Oceano Indiano.


Le misure includono anche il divieto d’interazione tra famiglie,
alcuni tipi d’incontri di persona e la chiusura anticipata di negozi, bar e casinò.

Anche i lavoratori non essenziali vengono incoraggiati a lavorare da casa,
mentre è stato ripristinato il coprifuoco delle 23:00 ora locale.


Ci sono attualmente 107.000 casi Covid attivi nelle Seychelles,

di cui un terzo è stato rilevato in persone a cui sono state somministrate due dosi di vaccino di AstraZeneca o cinese Sinopharm.




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Non è chiaro cosa abbia innescato l’aumento dei casi,
ma i test hanno rilevato la diffusione della variante sudafricana sulle isole.

Gli scienziati ritengono che il ceppo mutante possa eludere l’immunità
e rendere le vaccinazioni fino al 30% meno efficaci nel prevenire le infezioni,
ma pensano che i vaccini occidentali dovrebbero comunque impedire alle persone di ammalarsi gravemente se vengono infettati.

Purtroppo le Seychelles non stanno analizzando attivamente una grande quantità di test positivi
(cosa che il Regno Unito e altri paesi stanno facendo per monitorare la diffusione delle varianti)
è difficile dire esattamente quale ceppo ha preso piede nel paese.


Questo fatto mostra come non esista il “Rischio zero”,
soprattutto quando un vaccinazione affrettata ha aiutato la diffusione di varianti e nessun virus,
allo stato attuale, dà una copertura al 100%.


Bisogna vivere con il rischio, ma la vita è, di per se, un rischio.
 
Chi mai sarà ? Tutti soloni, parlassero di meno e facessero meno programmi inutili.


Gli animi si sono decisamente surriscaldati nell'ultima puntata di Zona Bianca, trasmissione di attualità condotta da Giuseppe Brindisi su Rete4.

In studio conduttore e ospiti hanno affrontato il delicato tema delle varianti del Covid.

Durante il dibattito, però, la scrittrice Antonella Boralevi
si è lasciata sfuggire una considerazione personale sull'infettivologo Matteo Bassetti ed è scoppiata la lite in diretta.

A scatenare la miccia è stata l'opinione della scrittrice Boralevi sulle attuali misure di contenimento dei contagi
e la pericolosità degli assembramenti come quello dei tifosi interisti:

"Il lockdown non basta. Bisogna adottare altre misure di contenimento".

Un'affermazione alla quale ha prontamente replicato Daniela Santanchè:

"Io sono stanca di sentire questi discorsi, lei sta facendo un grande danno al paese. Io sono terrorizzata da questo terrorismo".


Il battibecco è stato inevitabile.

Antonella Boralevi ferma sulla propria posizione in favore del rigore
e la Santanchè che ha provato a dare spazio a chi ha le competenze in materia di virus e contagi:

"Lei sta dicendo delle grandi sciocchezze. Mi piacerebbe sentir parlare il professor Bassetti
che, a differenza sua, è una persona che sta in corsia, che ha curato i malati".


La scrittrice, per tutta risposta, si è lasciata sfuggire un'opinione personale su Matteo Bassetti, che era in collegamento esterno:

"In corsia poco, perché sta molto in televisione".


Suscitando la reazione scomposta dell'infettivologo: "Ma vaff...".

Daniela Santanchè ha preso subito le parti del medico:

"Stiamo parlando di medici, professori che hanno rischiato la vita!
Lei si deve sciacquare la bocca quando parla dei medici".


E alla Boralevi non è rimasto che fare le sue scuse per l'uscita infelice: "Era uno scherzo, mi scuso moltissimo".


Le scuse della scrittrice, però, sono state solo il preludio di uno scontro consumatosi subito dopo.

"Questa signora stasera ha detto una cosa grave di cui si deve assumere la responsabilità.
Mi viene a dire che io non lavoro? Lei si deve vergognare, si vergogni. Io mi vergogno per lei".


Antonella Boralevi ha continuato a scusarsi, dicendo di aver voluto "scherzare"
e di aver dato "una boccata di leggerezza" alla situazione che si stava facendo tesa.


Ma Bassetti ha proseguito:

"Lei è un'ignorante di quello che ha parlato adesso.

Sarà una bravissima scrittrice, ma è una grande ignorante di Covid.

Lei di quelle che vanno in televisione a parlare di coronavirus è quella che capisce meno.

Ho sentito dire una quantità di cretinate da quando lei parla in tv che non so come facciano a invitarla ancora".
 
Anna Bonetti è una ragazza disabile, colpita da sordità profonda.

Non sente , se non con l’aiuto di un apparato artificiale esterno e piuttosto visibile.

Lei stessa ammette di essere stata discriminata, ma, a sua volta,, rifiuta di essere un essere umano più “Speciale” degli altri.

L’aggressore è sempre punito dalla legge penale, in qualsiasi caso, e nel caso di discriminazioni rischia già fino a 16 anni di carcere.

A cosa serve allora il DDL Zan se non per creare delle altre, vere, discriminazioni fra le persone?



Esiste poi i Europa una vera e pesante discriminazione: l’eugenetica, con l’eliminazione dei feti ritenuti “Difettosi”.

Nel Nord Europa non esiste praticamente più la sindrome di Down perchè tutti i bambini vengono abortiti.

La mancata possibilità di vivere è una discriminazione, questa si, molto forte.


Un bel discorso, che fa riflettere.


 
Stiamo davvero superando ogni limite.

La notizia che arriva da Fano è gravissima.

Un ragazzo di 18 anni, studente dell’istituto Olivetti, è stato prelevato a scuola dalle forze dell’ordine
e portato in ospedale perché si rifiutava di indossare la mascherina in classe.


Il giovane – come riporta Il Messaggero – avrebbe creato tensione in classe dicendo a docenti e compagni
che la norma che impone l’utilizzo della mascherina “è incostituzionale”, arrivando persino a incatenarsi a un banco.




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Dopo due ore, è arrivata un’ambulanza e una macchina della polizia,
il 18enne di Fano è stato dunque prelevato da scuola e accompagnato dagli agenti in ospedale.

Perché in ospedale?

Nel giro di qualche ora il ragazzo è stato sottoposto a Tso e ricoverato in psichiatria:
al pronto soccorso del Santa Croce il 18enne avrebbe reagito con veemenza,
con nuovo intervento della polizia e la decisione di ricoverarlo in psichiatria.


Ci rendiamo conto?


Anche i genitori, subito avvertiti, non hanno potuto fare nulla per evitare il Tso.

Sulla questione si è espressa Eleonora Maria Augello, dirigente dell’istituto scolastico:

“Esistono delle precise prescrizioni sanitarie che provengono da decisioni governative
ed è nostro dovere rispettarle per la sicurezza dei nostri ragazzi e delle loro famiglie”.

“È chiaro che in tutti questi giorni, presentandosi un caso così difficile,
il nostro primo intento è stato quello di svolgere un compito educativo, f
acendo riflettere il ragazzo e chiunque si trovi nel sostenere posizioni di questo genere
delle conseguenze a cui si può andare incontro.
Ognuno ha il diritto di manifestare la sua libertà di pensiero
criticando anche le leggi e i regolamenti, ma lo può fare senza mancare al rispetto degli altri”.
 
Navi militari e venti di guerra nel Canale della Manica.

Sale la tensione tra Regno Unito e Unione Europea dopo la Brexit.

Boris Johnson ha mandato due navi da guerra davanti all’isola di Jersey,
il territorio britannico di fronte alle coste della Francia,
per difenderla da un blocco marittimo minacciato dai pescatori bretoni e normanni.

“Solo una misura precauzionale”, ha subito specificato il premier inglese per non gettare benzina sul fuoco,
ma la situazione è tutt’altro che tranquilla.

Il Regno Unito garantisce “un sostegno senza equivoci” all’isola di Jersey.


Come riporta il Corriere, le due cannoniere hanno iniziato in queste ore
a pattugliare le acque attorno alla Isole del Canale, pronte a fronteggiare i pescherecci francesi:
a dare loro manforte il presidente Macron ha spedito due motovedette della flotta di Parigi.

È un confronto che rischia di degenerare.

La disputa ha origine dall’accordo sulla pesca nel quadro della Brexit:
i pescatori europei hanno ottenuto l’accesso alle acque britanniche fino al 2026,
ma le barche devono dimostrare di aver operato in passato in quelle zone.


“Le autorità di Jersey su questa base hanno negato l’accesso a decine di pescherecci francesi, scatenando una reazione furibonda:
una flottiglia di almeno 60 barche era pronta a salpare per Jersey e a bloccarne il porto, al grido di ‘metteremo Jersey in ginocchio’.

Addirittura, l’altro ieri lo stesso governo francese aveva minacciato di tagliare l’elettricità all’isola,
che dipende dal continente per le sue forniture.

‘Perfino i nazisti avevano lasciato la luce accesa’, hanno commentato a Londra, riferendosi all’occupazione tedesca durante la guerra”.


È una mini-crisi delle Falklands, ma ci si augura che non si arrivi a un confronto armato.

Questi mesi successivi alla Brexit hanno logorato i rapporti fra la Gran Bretagna e l’Europa,

la quale sta soffrendo molto il fatto che il Regno Unito, una volta separatosi dall’Ue, sta andando a gonfie vele, su tutti i fronti.
 

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