Macroeconomia Interessante articolo di Stigliz...

Gianluca 17/5/06

Negus leggiamo tra le righe:

Il tasso d' inflazione a stelle e strisce è progredito, lo scorso mese, dello 0,6% - al netto di cibo e petrolio, il cosiddetto 'core rate' ha registrato un aumento dello 0,3% - riportando un progresso ben superiore a quello stimato dagli analisti, fermi su un rialzo dello 0,2%.

uno 0,6% mese, se viene confermato fa un 7,2% annuo .... ok ci sarà stagionalità e tutto quello che vuoi, oggi leggendo questo molti hanno liquidato, ovviamente bisognerebbe vedere anche i volumi scambiati sugli indici e sul bund e magari sull'oro.
 
negusneg 29/9/06

Un doveroso aggiornamento: Fels ha azzeccato in pieno la sua previsione (vedi post # 66 di questo 3D) nonostante il mio scetticismo :bow:

Il 21 settembre scorso ha però ribadito (sul Financial Times) le sue previsioni negative sul mercato obbligazionario nei prossimi anni. Data l'autorevolezza di questo stimato analista di Morgan Stanley ho pensato bene di tradurvi l'articolo.



La fine del grande mercato toro dei bond


La saggezza convenzionale vuole che le forze sprigionate dalla globalizzazione abbiano diminuito i tassi mondiali di interesse di lungo termine negli ultimi anni e continueranno a fare così per molti anni a venire. Questo punto di vista poggia su due pilastri. Il primo è un presunto eccesso di risparmio globale – un’eccedenza di propensione al risparmio rispetto alla domanda per investimenti - alimentato dagli alti tassi di risparmio in Cina e in altre zone dell'Asia, che ha presumibilmente diminuito i tassi di interesse reale. Ben Bernanke, presidente della Federal Riserve degli Stati Uniti, è un fautore di questa teoria. Il secondo pilastro è la vasta offerta di lavoro a buon mercato in Cina, India ed altrove, che pesa sui prezzi delle merci, mantiene l'inflazione sottomessa e riduce la compensazione per l’inflazione che gli investitori obbligazionari richiedono quando comprano le obbligazioni a lungo termine - o così la storia dice.

Tuttavia, questi pilastri poggiano su fondamenta analitiche ed empiriche traballanti, dal mio punto di vista. Sì, i tassi di interesse di lunga durata sono stati eccezionalmente bassi negli ultimi anni. Tuttavia è improbabile che questo sia stato causato da un’eccedenza di risparmio, ma piuttosto da un’eccedenza globale di liquidità che ora sta retrocedendo. Nei prossimi anni è più probabile che la globalizzazione spinga i tassi di interesse reale e l'inflazione più in alto piuttosto che più in basso.

L’ipotesi di un eccesso di risparmio globale non si tiene bene insieme con l’evidenza di un tasso di risparmio globale aggregato approssimativamente immutato nel decennio trascorso. Inoltre, è difficile da riconciliare con il fatto che lo sviluppo economico mondiale è stato il più forte in parecchi decenni negli ultimi anni. Una spiegazione migliore per tassi di interesse di lunga durata così depressi è che la banche centrali hanno tagliato i tassi di interesse di breve durata a livelli estremamente bassi durante il mercato orso delle azioni del 2000-2003 e la successiva paura di deflazione e così ha innondato il sistema finanziario di liquidità in eccesso. La risultante bramosia di rendimenti ha trascinato i tassi di interesse di lunga durata più in basso mano a mano che gli investitori si sono mossi in fuori lungo la curva di rendimento. Per contro, la normalizzazione progressiva delle politiche monetarie globali durante l'anno scorso ha già condotto a tassi di lunga durata in rialzo.

Con la liquidità globale che si sta ritirando ed i tassi di interesse reali non più artificialmente depressi, altri fattori dovrebbero cominciare presto a modellare i tassi di interesse di lunga durata. La globalizzazione ha reso scarso il capitale relativamente all’enorme offerta di lavoro nel mondo emergente. Impiegare questo lavoro richiederà un maggiore stock di capitale, che implicherà tassi molto alti di investimento in capitale fisso per anni - infrastrutture in India e macchinari ed apparecchiature in Cina. Inoltre, la maggiore domanda di risorse naturali causata dalla rapida crescita del mondo emergente ha aumentato i prezzi delle materie prime, che stimoleranno più alti investimenti nell'esplorazione in paesi produttori di materie prime e nei processi di sostituzione di energia altrove. Gli alti tassi di risparmio in Asia probabilmente cadranno mano a mano che le prospettive di reddito migliorano ed i governi sviluppano reti sociali di sicurezza. I tassi di interesse reale di lunga durata, che tengono in equilibrio la domanda e l’offerta di capitale, devono aumentare, segnalando la scarsità relativa di capitale.

Un altro cambiamento radicale che ci sta davanti è un aumento dell'inflazione verso livelli permanentemente più elevati di quelli del decennio passato. È sempre più evidente che la grande disinflazione iniziata negli anni 80 si è conclusa nel 2002/2003, quando l'inflazione era caduta a livelli così bassi che le banche centrali hanno cominciato considerare la deflazione come loro nemico principale. Hanno aperto le chiuse e provocato una reflazione in primo luogo del sistema finanziario, poi delle loro economie ed ora dei prezzi al consumo.

Inoltre, l'inflazione è stata compressa da metà anni 90 da parecchi fattori che stanno per scemare. La deregulation in molti settori ha abbassato i prezzi, ma in gran parte ha già fatto il suo corso. L'accelerazione della produttività americana causata dalle tecnologie informatiche, che ha mantenuto bassi gli oneri salariali per unità di prodotto, sta declinando. anche le pressioni al ribasso sui prezzi delle merci derivanti dalla globalizzazione stanno calando, poichè i prezzi più elevati delle materie prime e gli oneri salariali in accelerazione in Cina inducono gli esportatori ad aumentare i prezzi all'esportazione. I prezzi degli alimenti e dell’energia dovrebbero continuare ad aumentare spinti dalla globalizzazione, aumentando i tassi di inflazione in tutto il mondo. Per le banche centrali sarà duro mantenere basse le aspettative di inflazione. Con i costi per comprimere l'inflazione che verosimilmente in questo nuovo ambiente sarebbero alti, secondo me i policymakers monetari probabilmente metteranno in conto un'inflazione moderatamente alta nel corso dei prossimi anni.

Contro questo scenario credo che gli investitori, le aziende ed i governi dovrebbero prepararsi per la fine del grande mercato toro dei bond che è durato quasi un quarto di un secolo. È improbabile che inizi un mercato orso delle dimensioni degli anni 70. Ma fra alcuni anni, i bassi rendimenti dei bond degli ultimi anni assomiglieranno ad un'anomalia piuttosto che la norma.




Per chi fosse interessato, l'originale inglese è reperibile sul sito di Morgan Stanley Archivio > 22 Settembre
 
scoglio24 29/9/06

Interessantissimo articolo.
Notevole analisi del "mistero" dell'inversione della curva. Lucida la differenzazione di risparmio e liquidità.
Grazie Negus per la traduzione (purtroppo mastico poco l'inglese) :wall:

saluti
:)
 
castore 30/9/06

Articolo interessantissimo ma come mai i bonds lunghi continuano a scendere come rendimento e salire di prezzo riportandosi vicino ai massimi ,mentre le banche centrali aumentano i rendimenti dei titoli a breve.

CV'è qualcosa che non quadra.

Se l'inflazione dovesse veramen te rialzare la testa i bonds lunghi dovrebbero velocemente aumentare i loro rendimenti e invece accade il contrario.
 
negusneg ha scritto:
(...) E' quindi molto probabile che il trend di crescita delle borse possa continuare, prevedibilmente con una maggiore volatilità che in passato, dovuta al fatto che ormai ci troviamo in territorio positivo da parecchio tempo e alcune piazze (Giappone ed emergenti in particolare) stanno correndo un po' troppo.

Difficile però che ci siano veri e propri crolli, dato che i principali parametri (P/E e dividend yeld) non sono certo troppo tirati se confrontati con le medie storiche.

Sulle borse credo quindi che si possa teanquillamente restare long, approfittando di rally improvvisi per alleggerirsi e di eventuali storni per acquistare.

negusneg 19/5/07

Questo scrivevo il 9/1/06...

Qui sotto c'è il grafico del MSCI World in €
 

Allegati

  • all. 7.jpg
    all. 7.jpg
    37,5 KB · Visite: 306
negusneg ha scritto:
In una situazione di crescita come quella americana, con i tassi a due anni allo stesso livello dei decennali, non avrei il minimo dubbio: venderei i decennali (incassando la plusvalenza) per investire a due anni.

I titoli a lunga, a questo livello di prezzo, sono molto poco a buon mercato e offrono molti più rischi che opportunità. Non coprono a sufficienza dai possibili rischi di un rialzo dell'inflazione (per dieci anni!) e offrono un premio ridicolo per chi li detiene.

Le ragioni possono essere molte, dagli acquisti degli asiatici in America, alle esigenze di assicurarsi comunque titoli a rendimento superiore ai minimi garantiti dai fondi pensione e dalle polizze vita in Europa.

Ovviamente non sono così presuntuoso da credere di avere una soluzione per questo paradosso (se non ce l'ha Greenspan!) ma sono d'accordo con Stigliz che i tassi a lungo termine "quasi sicuramente alla fine inizieranno a crescere.

Anche perchè, dopo tutti questi rialzi consecutivi della Fed, e quelli che arriveranno della BCE (probabilmente non più di uno o due) l'enorme liquidità che ha caratterizzato gli ultimi due anni comincerà un po' alla volta a prosciugarsi.

negusneg 19/5/07

Qui sotto c'è l'andamento del BTP decennale
 

Allegati

  • all. 8.jpg
    all. 8.jpg
    19,5 KB · Visite: 299
negusneg ha scritto:
Infine il dollaro. Anche se è pur vero che prendendo in considerazione l'area del $ allargata, includendo cioè tutti i paesi che in un modo o nell'altro hanno la loro valuta agganciata al dollaro, inclusa quindi anche la Cina, gli squilibri complessivi sono molto inferiori a quelli apparenti (e questo spiega come mai in presenza di un disavanzo spaventoso di parte americana non vi sia alcun croillo della valuta) credo che prima o poi questo nodo verrà al pettine.

Nel senso che i cinesi (e i produttori di petrolio in seconda battuta) potrebbero prima o poi decidere di diversificare i loro investimenti su altre valute e allora sarebbero dolori.

Se oltre a tutto questo si pensa che si prevede un'economia europea in recupero e quella americana in rallentamento, non posso che essere d'accordo con Fugnoli: Un’America in solida crescita ma comunque in decelerazione significa poi un dollaro che ha finito di rafforzarsi e che inizia a indebolirsi dapprima in misura molto contenuta e poi, verso fine anno e nel 2007, in modo più marcato.

negusneg 19/5/07

€ /$
 

Allegati

  • all. 9.jpg
    all. 9.jpg
    53,2 KB · Visite: 280
i98mark 19/5/07

Diamo al Negus quel che è del Negus... :clap:


Guizzo 19/5/07

e già....

io mi tolgo anche il cappello.... :up:
 
negusneg 16/9/07

Riporto all'attenzione questo vecchio 3d di articoli e considerazioni macroeconomiche di medio-lungo periodo.

Periodicamente mi piace verificare a distanza di qualche tempo quello che analisti, giornalisti, policy makers (e frequentatori del FOL) che stimo hanno sostenuto.

Vivendo come tutti in mezzo al chiacchiericcio inutile ed assordante che ormai permea la nostra vita, mi fa molto piacere ri-scoprire che spesso queste persone che stimo sono riuscite ad indicare rischi, opportunità e tendenze di medio periodo con largo anticipo rispetto al "sentire comune".

Di nuovo aggiungo una anticipazione del libro di Greenspan, dove il Maestro delinea quello che ritiene un probabile scenario nel prossimo quarto di secolo.

Secondo G. vi è il rischio che l'inflazione (americana) possa aumentare significativamente, costringendo la Fed ad aumentare i tassi, anche fino a numeri a doppia cifra.

Questa previsione si basa su tre tendenze che, secondo G., già stanno cominciando a delinearsi:

1) il boom della produttività iniziato negli anni '90 si sta esaurendo;

2) l'impatto dell'inclusione di milioni di lavoratori a basso costo nel mercato globalizzato mondiale (prevalentemente dai paesi asiatici) potrebbe gradualmente esaurire la sua forza;

3) l'espansione della spesa pubblica americana (ed il tentativo della politica di indebolire l'indipendenza della FED).

Personalmente diffido delle previsioni di lungo termine, e voglio sperare che l'idea del quarto di secolo sia più una trovata di marketing editoriale che non una cosa seria, credo però che varrà la pena di leggere con attenzione il testo completo, se non altro perchè viene da un uomo che, nel bene e nel male, fino all'altro ieri gestiva il rubinetto della liquidità mondiale.

Fra l'altro vorrei sottolineare che il punto 2) era già stato affrontato in un articolo dell'ottimo Joachim Fels (analista di Morgan Stanley) in un articolo che già avevo segnalato ai post # 52-53.

Sarà molto importante monitorare queste tendenze nei prossimi anni: dovessero confermarsi porterebbero ad un radicale cambiamento di scenario che costringerebbe tutti a modificare considerevolmente il quadro di riferimento attuale, che a mio parere viene troppo spesso dato per scontato, quasi fosse immutabile.

Basti ragionare sul fatto che anche qui su Fol non si parla quasi mai di inflazione (e dei suoi rischi), in confronto a quanto si chiacchiera, ad esempio, di tassazione delle rendite, o di "manipolazione" dei mercati, o di signoraggio :rolleyes:


Greenspan Sees Political Pressure on Fed as Inflation Picks Up

By Craig Torres

Sept. 15 (Bloomberg) -- The Federal Reserve may need to double its benchmark interest rate to at least 10 percent by 2030 to contain inflation, sparking a political showdown that could challenge its independence, former Chairman Alan Greenspan said.

Slowing productivity and rising wages abroad will probably cause U.S. consumer prices to climb in the next quarter century, Greenspan wrote in his book, ``The Age of Turbulence: Adventures in a New World,'' published by Penguin Press. His outlook includes a reversal of many of the trends that aided the success of his own tenure at the Fed.

There are already some signs that political scrutiny is rising. Democrats including Barney Frank of Massachusetts, who heads the House Financial Services Committee, called last week for a ``meaningful'' cut in interest rates.

``Federal Reserve independence is not set in stone,'' wrote Greenspan, 81, who led the Fed for 18 years until January 2006. ``The dysfunctional state of American politics does not give me great confidence in the short run'' and there may be ``a return of populist, anti-Fed rhetoric,'' he wrote.

The book, an advance copy of which was obtained by Bloomberg News, is scheduled for publication on Sept. 17. The Wall Street Journal published an account on its Web site yesterday after buying a copy at a New York-area bookstore.

To keep inflation under 2 percent, ``the Fed, given my scenario, would have to constrain monetary expansion so drastically that it could temporarily drive up interest rates into the double-digit range not seen since the days of Paul Volcker,'' Greenspan wrote.

Volcker Example

Volcker was Greenspan's predecessor, and faced criticism from members of Congress as he lifted borrowing costs to rein in prices, sending the economy into a recession in 1980 and 1981.

Now, Chairman Ben S. Bernanke, who took the Fed's helm in February of last year, faces some pressure to cut rates after a housing recession spurred a sell-off in credit markets and the first loss of jobs in four years.

The Federal Open Market Committee will cut the benchmark by a quarter point on Sept. 18 to 5 percent, according to the median forecast in a Bloomberg News survey of economists.

Frank said in a Sept. 7 statement that the Fed should make ``a meaningful interest-rate cut'' to help the economy. Democratic Representative Carolyn Maloney of New York said the same day it was ``no longer a question for the Fed.''

Greenspan helped guide the longest economic expansion in U.S. history, lasting from 1991 to 2001. Growth averaged a 3 percent annualized rate during the former Fed chief's time at the central bank.

Growth Forecast

The economy will probably slow to a pace of under 2.5 percent on average from now until 2030, Greenspan forecast in the book.

Consumer prices, which increased at an average annual rate of 3.1 percent during Greenspan's tenure, will likely climb by 4.5 percent or more a year in the future, he wrote. Ten-year Treasury yields may average 8 percent by 2030, he said.

``How the Federal Reserve responds to a reemergence of inflation'' will have ``a profound effect not only on how the U.S. economy of 2030 turns out but also, by extension, on our trading partners worldwide,'' Greenspan wrote in the book.

The former chairman built his projection on three economic shifts that he said can already be seen. First, the 1990s boom in productivity, which allowed Americans to produce more goods and services without pushing up prices, is fading.

``There is little doubt, however, that the burst of U.S. non-farm productivity growth from 1995 to 2002 has given way to a lessened pace of growth,'' Greenspan wrote.

Productivity to Slow

Productivity gains averaged a 1.7 percent annual rate in the first six months of this year, down from 3.6 percent during the high-technology boom of 1999. Greenspan forecast a long-term average of 2 percent for increases in output per hour.

Greenspan also forecast an end to the anti-inflation pressures from the inclusion of China and other emerging economies into the global trading system.

U.S. wage earners have suffered and consumers have benefited from a one-time shift of millions of workers into the world labor force. The former chairman once defined globalization as the elimination of borders in the production of goods and services.

``The continuing acceleration of the flow of workers to competitive markets during the past decade has been a potent disinflationary force,'' Greenspan wrote. ``That acceleration has held down inflation virtually uniformly across the globe.''

That force may be coming to an end.

China Effect

``The rate of flow of workers to competitive labor markets will eventually slow, and as a result, disinflationary pressures should start to lift,'' Greenspan wrote. ``China's wage growth should mount, as should its rate of inflation. The first signs are likely to be a rise of export prices, best measured by the prices of Chinese goods imported into the United States.''

U.S. Labor Department figures showed yesterday that costs of imported Chinese products rose for a fourth straight month in August.

The third source of pressure on inflation will come from U.S. government budget deficits, according to Greenspan. Federal spending absorbs private savings and uses them for less productive purposes, imparting ``a bias toward inflation'' Greenspan wrote.
 
i98mark 16/9/07

Il discorso potrebbe filare... ;)

Sarà bene allora studiare il modello islandese... funziona esattamente come precognizzato da Greenspan.. :-o :cool:
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto