ITALIA nella Repressione fiscale

Renzi come Berlusconi vuole togliere la tassa sulla prima casa :D

Renzi, avanti tutta con le riforme: dal 2016 via la tassa sulla prima casa, l’Imu agricola e quella sugli imbullonati - Il Sole 24 ORE


si sa come va a finire toglie imu o come cavolo si chiama ora e fa un prelievo una tantum sulla casa per "emergenza" tanto fra 1 anno siamo a 2500 miliardi di debito ...
Matteo Renzi è Alla Disperazione - Rischio Calcolato | Rischio Calcolato




Fisco, Unimpresa: quali tagli delle tasse? E’ In arrivo una stangata da 100 miliardi

“Prendiamo atto con stupore delle promesse del premier”. Lo riferisce in una nota il presidente di Unimprese, Paolo Longobardi, che commenta le ipotesi di taglio delle tasse lanciate ieri dal capo dell’esecutivo. “Con un po’ di stupore prendiamo atto della promessa di Renzi. Il presidente del consiglio parla di un taglio delle tasse da 45 miliardi di euro. Tuttavia, i numeri ufficiali dello stesso governo vanno nella direzione opposta.
Col Documento di economia e finanza già approvato – spiega Longobardi – è stato certificato, per i prossimi 5 anni, l’aumento della pressione fiscale oltre il 44% e si va incontro a una stangata fiscale da oltre 100 miliardi. Ovviamente – aggiunge -, saremmo lieti se si concretizzasse un clamoroso cambio di rotta e se le promesse diventassero realtà”.
Secondo i calcoli del Centro studi di Unimpresa, dal 2015 al 2019, le entrate tributarie dello Stato cresceranno costantemente e arriveranno fino agli 881 miliardi del 2019. Complessivamente nel prossimo quinquennio i contribuenti italiani dovranno versare nelle casse pubbliche 104,1 miliardi in più rispetto allo scorso anno (+13%).
Sulle imposte dirette e indirette – principalmente Irpef, Ires e Iva – ci sarà una stretta da quasi 80 miliardi. E la pressione fiscale salirà oltre il 44%. Il bilancio statale non sarà sforbiciato: le uscite cresceranno di quasi 38 miliardi(+4%) e sono stati sterilizzati gli investimenti pubblici, che resteranno stabili attorno ai 60 miliardi l’anno.”Nel 2015 le entrate tributarie e previdenziali saliranno a quota 785,9 miliardi dai 777,2 miliardi del 2014; nel 2016 cresceranno ancora a 818,6 miliardi e poi a 840,8 miliardi nel 2017; nel 2018 e nel 2019 arriveranno rispettivamente a 863,2 miliardi e a 881,2 miliardi.
Complessivamente, nel quinquennio si registrerà un incremento di 104,01 miliardi (+13,38%). Aumenteranno sia le entrate tributarie sia quelle derivante dai cosiddetti contributi sociali (previdenza e assistenza)”, a riferirlo in una nota è il presidente di Unimpresa Paolo Longobardi.”Per quanto riguarda le entrate tributarie – continua nella nota di commento al Def, Paolo Longoni presidente di Unimprese – l’aumento interesserà sia le imposte dirette (come quelle sui redditi di persone e società, a esempio Irpef e Ires) sia le imposte indirette (tra cui l’Iva): le imposte dirette cresceranno in totale di 34,2 miliardi (+14,43%) mentre le indirette subiranno un incremento di 45,5 miliardi (+18,43%). Il sostanziale giro di vite su Irpef, Ires e Iva sarà pari a 79,4 miliardi (+16,36%).
I versamenti relativi alla previdenza e all’assistenza cresceranno dal 2015 al 2019 di 22,02 miliardi (+10,18%)”.”L’incremento delle entrate tributarie e di quelle contributive farà inevitabilmente salire la pressione fiscale – continua Longobardi nella nota -. Nello stesso Def, il peso delle tasse rispetto al pil è infatti previsto in aumento: quest’anno si attesterà al 43,5% (stesso livello del 2014), nel 2016 e nel 2017 salirà al 44,1%, nel 2018 si fermerà al 44% per poi calare leggermente al 43,7% nel 2019. Nello stesso arco di tempo, la crescita economia, stando alle previsioni del governo, sarà timida: il pil non farà scatti in avanti significativi ed è infatti dato in aumento dello 0,7% nel 2015, dell’1,4% nel 2016, dell’1,5% nel 2017, dell’1,4% nel 2018 e dell’1,3% nel 2019″. Quanto al bilancio statale, il numero uno di Unimpresa sottolinea che le uscite saliranno rispetto al consuntivo 2014. In totale nel quinquennio 2016-19 si registrerà un incremento della spesa pubblica pari a 37,8 miliardi (+4,58%). “Il tesoretto legato allo spread sarà pari a 7,5 miliardi tra il 2015 e il 2019 (-10,03%), ma verrà di fatto bruciato dagli aumenti delle altre voci di spesa, piene di sprechi non toccati”, conclude nella nota Longobardi.
 
spetta ..
Padoan: più lotta all’evasione fiscale insieme al taglio le tasse

ah ah ahhhhh..

mai dico mai piu' lotta allo sperpero di denaro pubblico :D

ma comunque gli ottimi risultati di governi fantoccio voluti da lobby deviate lo si vede e il limite di prelievo settimanale si prospetta anche in italia fra un po come in Grecia 400 euro a settimana :lol: manco fossero soldi in prestito


e comunque

Ue: debito Italia sale a 135,1% :D

Ue: debito Italia sale a 135,1% - Economia - ANSA.it



bravi grande team e mi raccomando e' urgente recepire il matrimonio per i gay lo chiede l'europa perche' "e' nella natura umana' ..
 

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Mediobanca: "La crisi non è finita"
"Nel 2014 in calo vendite e occupati"


Secondo il rapporto su oltre 2mila grandi aziende le stime per il 2015 non sono diverse. Unica nota positiva grazie agli investimenti, cresciuti del 9%. Le imprese italiane sempre più spinte a produrre all'estero

17:24 - La crisi, secondo Mediobanca, non è finita. Dal rapporto stilato da Ricerche & Studi su oltre 2mila grandi imprese dell'industria e dei servizi che lavorano in Italia, emerge come le vendite siano scese del 2,2% nel 2014, mentre l'occupazione sia calata dell'1,1%. E per l'anno 2015 le stime non sono diverse. Qualche segnale positivo, invece, dagli investimenti: l'anno scorso sono cresciuti del 9%.
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Dati sull'occupazione preoccupanti - Nel rapporto R&S Mediobanca sulle oltre 2mila maggiori imprese dell'industria e dei servizi che lavorano in Italia i dati sull'occupazione non sono mai stati positivi dal 2008. Dall'inizio della crisi le attività di questi grandi gruppi nella penisola hanno visto un taglio dell'8,5% del numero di operai (che sale al 12,3% nella sola manifattura) e del 2% di "colletti bianchi".

Maggiori tagli sulla manodopera nelle aziende private - A ridurre maggiormente i dipendenti sono stati i gruppi di proprietà estera, che hanno perso il 19% dei propri operai e quasi l'8% degli impiegati. Il problema è che chi è rimasto nelle aziende non guadagna di più, anzi: nelle attività delle grandi aziende in Italia il potere di acquisto dal 2006 è sceso del 2,3%, con segnali di tenuta solo nella manifattura (+1%) e un costo del lavoro nei gruppi pubblici in media superiore del 25% rispetto a quelli privati.

Bene l'industria conciaria, male l'editoria - Nei singoli settori produttivi la salute è comunque molto diversa: secondo i dati di R&S Mediobanca, dall'inizio della crisi le imprese della pelle e cuoio hanno visto aumentare i fatturati di oltre il 33%, le imprese di costruzione (cioé soprattutto i grandi "general contractor") del 26%, il conserviero del 21%, con tutto l'alimentare in positivo. Molto male invece i prodotti per l'edilizia (-38%), il settore stampa ed editoria (-36%) e le telecomunicazioni, che dal 2008 hanno ceduto il 24% dei ricavi.

Segnali positivi dagli investimenti - Qualche segnale positivo dagli investimenti: l'anno scorso sono cresciuti del 9% totale, con la manifattura in aumento del 4%. Il trend dovrebbe proseguire anche nel 2015, con attesa per il settore dei servizi che è il più lento a cercare una via d'uscita dalla crisi. Il problema è che comunque si è perso tantissimo: in totale dal 2005 le attività italiane dei grandi gruppi hanno tagliato in generale il 31% di investimenti, con le aziende pubbliche in calo del 43% e il terziario del 52%.

Vendita "estero su estero" anche per le aziende italiane - Il 70% di quanto prodotto dalle grandi imprese italiane è "estero su estero" - senza coinvolgere impianti e manodopera nel Paese - anche perché i margini di redditività sono la metà di quelli oltreconfine. Il ritorno sul capitale (Roe) è del 5,2% contro il 14,3% all'estero.
 
Unimpresa denuncia: "Piccoli e partite Iva tartassati dal Fisco"

L'attacco dell'associazione: "Controlli fiscali a senso unico: oltre il 90% riguarda partite Iva e micro-piccole imprese. Le verifiche tributarie relative alle medie aziende, invece, corrispondono all'8% del totale".



23 agosto 2015











Unimpresa denuncia: "Piccoli e partite Iva tartassati dal Fisco" - Repubblica.it


MILANO - "Controlli fiscali a senso unico: oltre il 90% riguarda partite Iva e micro-piccole imprese. Le verifiche tributarie relative alle medie aziende, invece, corrispondono all'8% del totale. Mentre solo l'1,7% degli accertamenti si concentrano sui grandi gruppi. Lo scorso anno sono stati individuati 47 evasori, per lo più grandi gruppi industriali (31), che avrebbero sottratto all'erario quasi 26 milioni di euro ciascuno". Questa la mappa dell'attività dell'amministrazione finanziaria realizzata dal Centro studi di Unimpresa.

Secondo l'analisi dell'associazione, basata su dati dell'agenzia delle Entrate, "nel 2014 sono stati effettuati 177.300 accertamenti da parte dell'agenzia delle Entrate. Di questi, 160.007 (90,23%) hanno riguardato micro-piccole imprese e partite Iva, cioè artigiani e liberi professionisti. Nel dettaglio, 45.638 verifiche sono state svolte su fasce di maggiore imposta accertata fino a 1.549 euro, 66.457 verifiche fino a 25.823 euro, 38.470 fino a 185.925 euro, 9.279 fino a 5,1 milioni di euro, 156 fino a 25,8 milioni di euro, 7 oltre 25,8 milioni di euro. Quanto alle medie aziende, gli accertamenti sono stati complessivamente 14.211 (8,01%). Nel dettaglio, 2.750 verifiche sono state svolte su fasce di maggiore imposta accertata fino a 1.549 euro, 3.220 verifiche fino a 25.823 euro, 4.851 fino a 185.925 euro , 3.182 fino a 5,1 milioni di euro, 199 fino a 25,8 milioni di euro, 9 oltre 25,8 milioni di euro. Sui grandi gruppi industriali sono state eseguiti 3.112 controlli (1,75%)".

"Nel dettaglio 548 verifiche sono state svolte su fasce di maggiore imposta accertata fino a 1.549 euro, 406 verifiche fino a 25.823 euro, 842 fino a 185.925 euro, 1.145 fino a 5,1 milioni di euro, 140 fino a 25,8 milioni di euro, 31 oltre 25,8 milioni di euro - sottolinea Unimpresa -. Guardando alle fasce di presunta evasione, emerge che nel 2014 sono stati individuati 48.936 soggetti che non avrebbero versato nelle casse dello Stato fino a 1.549 euro ciascuno; altri 70.083 soggetti avrebbero sottratto all'erario fino a 25.823 euro ciascuno; altri 44.163 soggetti avrebbero illegalmente trattenuto imposte fino a 185.925 euro ciascuno; altri 13.606 soggetti fino a 5,1 milioni ciascuno; altri 495 soggetti fino a 25,8 milioni ciascuno e 47 soggetti, per lo più grandi industrie (31 su 47), oltre 25,8 milioni ciascuno".

"L'amministrazione finanziaria si accanisce sui deboli e a nota o giudizio va cambiato drasticamente il rapporto tra Stato e contribuenti. Siamo amareggiati perchè il governo di Matteo Renzi con la delega fiscale non ha fatto nulla in questa direzione", commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
 
¡Que viva Laffer!

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La validità della "Curva di Laffer" è confermata anche per il 2019!

Anche nel 2019, dopo il taglio delle tasse del 2017, il gettito fiscale statunitense è aumentato!
Nonostante molti economisti, rinchiusi negli atenei, totalmente distanti dal mondo imprenditoriale e con il fascino per le nazioni deboli (vedi quelle scandinave), neghino l’esistenza della “Curva di Laffer”, teorizzata da Arthur Laffera cui lo stesso Donald Trump ha conferito la più alta onorificenza civile degli Stati Uniti, la Presidential Medal of Freedomper la prima volta durante l’amministrazione Reagan, anche nel 2019 dopo il taglio delle tasse del 2017, il gettito fiscale statunitense è aumentato!

Gli introiti sono cresciuti di circa il 4%, pari a 3,46 trilioni, dovuto principalmente dalle imprese, che hanno versato 25$ miliardi in più rispetto al 2018 (+12%) e dall’equivalente della nostra IRPEF, +107$ miliardi, una crescita del 4%.

Il taglio delle tasse ha quindi aiutato l’economia a crescere, creando benefici sia per i lavoratori che per il fisco. Il problema però rimane il deficit, che è arrivato a toccare il trilione di dollari.

Ma com’è possibile ? E’ per caso colpa del taglio delle tasse?

Assolutamente No! Il problema è che le spese sono al contempo aumentate, non solo quelle militari, (circa 2$ trilioni dal 2016 ad oggi) ma soprattutto i programmi di welfare, principalmente social security, medicare e medicaid. A fronte di un aumento di entrate, c’è stato un aumento di spese (+4,44$ trilioni). Ecco dunque spiegata la causa del disavanzo.

Come risolvere questo problema?

Nessun economista serio penserebbe che l’aumento di imposte possa risolvere la situazione. Prima del taglio fiscale di Trump, quando gli Stati Uniti avevano ancora la tassa sulle imprese tra le più alte dell’occidente, il gettito fiscale era in riduzione del 13% nel 2016 e dell’1% nel 2017.

La soluzione dunque rimane tagliare la spesa, ma questo è un problema ben più grande, non tanto per la volontà politica (Il GOP è l’unico partito che dall’era Obama ad oggi ha proposto tagli alla spesa, sull’onda del Tea Party del 2010) ma per il complesso meccanismo di approvazione del budget.

Tutto inizia con la presentazione del budget del presidente, partendo da questa proposta Camera e Senato lavorano su due binari paralleli ed elaborano la soluzione fiscale. Siccome esiste la “Presentment Clause”, alla Casa Bianca deve arrivare sul tavolo dello Studio Ovale una sola legge, approvata da entrambe le camere congressuali. Di conseguenza inizia il processo di “Reconciliation“, il Congresso lavora per passare un “Omnibus bill” e, in questo caso, per abbassare il tetto del debito è necessario avere il voto favorevole di 60 senatori.

Questi numeri non li ha mai avuti nessun presidente nella storia recente, di conseguenza la partita della spesa è tutta nelle mani del Congresso, non della Casa Bianca!

Il partito repubblicano al Congresso è l’unico ad aver ottenuto i tagli alla spesa grazie all’approvazione del Budget Control Act (che consentiva un meccanismo di taglio alla spesa automatico, senza l’approvazione del Presidente) che portò a 38 miliardi di tagli nel 2011. Per quanto riguarda l’attuale presidente, Donald Trump, a differenza del predecessore, ha sempre proposto al Congresso pesanti tagli alla spesa: Nel 2019 avevano un valore di $845 miliardi.

Il problema dunque non è partitico. Serve una vera e propria riforma della procedura d’approvazione, come ha già provato a spiegare il deputato del secondo distretto del Texas, Dan Crenshaw.

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Il Presidente Donald Trump e l’economista Arthur Laffer alla cerimonia di conferimento della Medal of Freedom nel giugno del 2019.
Arthur Laffer, 78 anni, ha ideato l’omonima curva su cui si basano i tagli alle tasse voluti dai conservatori.
 

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