IL COMMENTO ■ CARLO REZZONICO
LA POLITICA ULTRAESPANSIVA DELLE BANCHE CENTRALI È PERICOLOSA
Era inevitabile che il comportamento ultraespansivo delle banche centrali generasse discussioni sulle questioni fondamentali concernenti la moneta, compresa l'eventualità di conferire nuovamente una funzione all'oro. Cito ad esempio l'articolo di Gerd Habermann (Università di Potsdam) sulla Neue Zürcher Zeitung del 23 marzo. Che l'argomento sia scottante è provato anche dalla premura con cui il capo della Riserva federale americana Bernanke si è adoperato, in una conferenza, per descrivere gli svantaggi del metallo giallo.
È giusto fare riflessioni su questi temi poiché una politica monetaria sbagliata (e oggi si tende a sbagliare soprattutto eccedendo nella creazione di mezzi liquidi, non certo stringendo i cordoni della borsa) può causare una serie di gravi inconvenienti. Eccone un inventario, certamente non completo. Tanto denaro e quindi tassi di interesse bassi inducono le aziende a investire troppo.
Di conseguenza i cicli congiunturali, che sono potenti distruttori di ricchezza, vengono accentuati. Chi possiede capitali, per conseguire un rendimento passabile, si lancia in collocamenti rischiosi e fortemente speculativi, dai quali possono nascere perdite disastrose.
Il costo del denaro troppo basso invoglia a indebitarsi oltre il livello sostenibile, specialmente se poi i tassi di interesse salgono: il discorso vale per i privati e ancor più per gli enti pubblici. Sorge inflazione. Rimunerazioni insufficienti e svilimento della moneta impoveriscono indebitamente i creditori, tra i quali ci sono i risparmiatori, soprattutto quelli piccoli (quelli grandi possono spostare facilmente gli averi su collocamenti non monetari). Si manifestano oscillazioni indesiderate dei cambi. Vengono a mancare stimoli corretti all'attività economica e si diffonde l'idea che vivere al di sopra delle proprie possibilità non procuri grossi problemi. Forse ha una parte di ragione quel tale che dice: «Oggi non vale la pena di lavorare. È meglio scansare le fatiche, vivere allegramente e accumulare debiti. Tanto, se questi diventano insostenibili, pensano le banche centrali a mettere tutto a posto stampando moneta».
Purtroppo gran parte degli effetti negativi si manifesta con un forte differimento nel tempo, rendendo difficili e costosi i rimedi. Ad esempio quando i prezzi si mettono a salire gli eccessi negli investimenti sono già avvenuti e non si possono più evitarne le ripercussioni. In questa luce ho trovato indisponente l'affermazione di un economista italiano intervistato tempo fa dalla nostra radio nel senso che sta bene una forte creazione di moneta e se un giorno ci sarà inflazione a quel momento se ne parlerà.
Bernanke si è schierato contro l'oro dicendo, tra l'altro, che non fa senso estrarlo con molta fatica da sottoterra per poi metterlo nuovamente sottoterra (nei forzieri delle banche centrali) e che anche il metallo giallo non garantirebbe stabilità, ad esempio se un giorno si scoprissero nuove miniere. Sono ragioni ottime. Ma va opposto l'argomento che la gestione del denaro da parte delle banche centrali è stato in passato e soprattutto è oggi tale da far impallidire gli inconvenienti dell'oro.
Certamente sarebbe opportuno elaborare qualche regola capace di prevenire in futuro sbandamenti come quello al quale assistiamo attualmente senza dover ricorrere ad una merce. Una soluzione potrebbe forse consistere nello stabilire un legame tra fondi propri di una banca centrale e creazione monetaria. Un'altra potrebbe andare nella direzione di determinare un rapporto fra Prodotto interno lordo e quantità di moneta, esigendo che gli scostamenti da tale rapporto non vadano oltre una certa percentuale. L'attuazione dell'idea non sarebbe semplice: ad esempio cambiano la velocità di circolazione della moneta, gli usi di pagamento, l'intensità dell'attività creditizia delle banche. Ogni soluzione del problema porterebbe sicuramente inconvenienti.
I quali però, per importanti che siano, risulterebbero inferiori a quelli presentati dal comportamento attuale delle autorità monetarie.