LA PROPRIA FOLLIA VA REGALATA A CHI LO MERITA.

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La scorsa settimana vedo un gatto sulle 4 zampe, fermo a lato della provinciale, sulle strisce pedonali.

Mi fermo ....e questo attraversa la strada lemme lemme.
 
Nel 1967 ci sono passato anch'io .....

Il Collegio 2019: prima puntata

La prima puntata è stata trasmessa martedì 22 ottobre 2019.
Il set si trova in Bergamasca, al confine con la provincia di Lecco, a Celana di Caprino Bergamasco,
che fino a pochi anni fa era davvero un importante collegio.

 
La sezione cestistica, così come quella pallavolistica, fu fondata da don Francesco Maggioni il quale ricoprì l'incarico di economo nel Collegio Vescovile di Celana

Al termine della stagione di [URL='https://it.wikipedia.org/wiki/Serie_B_d%27Eccellenza_maschile_FIP_1996-1997']Serie B d'Eccellenza 1996-97
il Celana, guidato in panchina dal futuro CT della nazionale Carlo Recalcati, riesce ad arrivare alle finali playoff per giocarsi l'accesso al campionato di Serie A2[/URL]
[URL='https://it.wikipedia.org/wiki/Campionato_di_Legadue']L'annata della promozione è quella del [URL='https://it.wikipedia.org/wiki/Serie_B_d%27Eccellenza_maschile_FIP_2000-2001']2000-01: dopo un secondo posto in regular season, la squadra guidata dal coach Lino Lardo
elimina Rieti in semifinale playoff (serie 2-1, con la gara decisiva vinta al supplementare), poi si sbarazza di Cento conquistando la promozione in gara2, disputata in terra emiliana.

La promozione in Legadue ha rappresentato per il Celana l'esordio in un campionato professionistico.[/URL][/URL]
 
L’ultima assemblea dei soci che si è tenuta ieri pomeriggio ha dato il colpo di grazia: il Celana viene messo in liquidazione.

Il sodalizio orobico sta così per chiudere i battenti, e lo fa nella maniera più ingloriosa possibile, indegna della cinquantennale storia della società.

Lo fa per mancanza di volontà, mancanza di soldi, mancanza di cuore.

Cinquant’anni di storia della pallacanestro bergamasca sono stati cancellati senza dimostrare un minimo di attaccamento
per quello che il Celana ha rappresentato e tuttora rappresenta per molti sportivi.

Il lungo e tragicomico tiramolla sull’eventuale salvataggio del sodalizio si conclude ancora una volta con un nulla di fatto,
mentre la squadra, agli ordini di coach Roberto Ferrandi, suda in palestra senza vedere un centesimo per preparare la trasferta di Montecatini.

L’assemblea dei soci, convocata inizialmente per mercoledì e successivamente sospesa, si è conclusa ieri pomeriggio
senza aver raggiunto l’obiettivo con cui era stata indetta: la copertura delle perdite maturate fino al 31 gennaio.

La riunione ha avuto come protagonisti i membri del consiglio di amministrazione Massimo Paris (presidente del consiglio stesso) e Marco Tucci,
che sono anche i soci della Sogis srl, l’amministratore unico di Sogis, Dario Finazzi,
e l’amministratore unico di Omniasport srl, Stefano Marchesi, accompagnato da un legale della società.

Ancora una volta, a dividere le due parti è stato il debito pregresso.
"Nel corso dell’assemblea - spiega Massimo Paris - abbiamo ancora una volta calcolato l’ammontare delle perdite della stagione corrente,
ovvero quelle maturate fin qui, senza tenere conto dei soldi che ci sarebbero voluti per terminare la stagione: 107 mila euro.
Io e Marco Tucci, soci della Sogis srl, ci siamo impegnati a versare al momento la metà della cifra, 53.500 euro, essendo Sogis detentrice del 50 per cento delle quote del Celana srl".

Il problema è che Omniasport srl, nella proposta fatta alla controparte (a questo punto, è del tutto legittimo chiamarla così),
subordinava il versamento della propria parte ad una garanzia di copertura del debito pregresso, ovvero il versamento di altri 105 mila euro.

Proprio questo ha reso inaccettabile la proposta da parte di Sogis

Dunque, anche l’ultimo tentativo è andato a vuoto.
"Nei prossimi giorni - spiega ancora Paris - convocherò un’assemblea straordinaria per la messa in liquidazione:
poi, il fallimento verrà dichiarato quasi immediatamente, perché non c’è un soldo in cassa".
 
2013

La vita va avanti. E ogni tanto, anche senza fermarsi, dovrebbe voltarsi indietro. Anche solo per vedere quel che si lascia alle spalle.

Chiude il collegio di Celana e lo farà il 31 agosto. Dovrebbe essere una notizia, ma nessuno ne parla.

È un pezzo di storia che se ne va e lo fa nel silenzio più assoluto. Come se dovesse togliere il disturbo. Alla chetichella, dall’uscita di servizio.

Come se il mondo, in altre faccende affaccendato, non avesse tempo per capire. Eppure basterebbe poco.

Sarebbero sufficienti due conti per capire che Celana potrebbe giocarsela con pochi altri istituti come la scuola più antica d’Italia.

Invece non se la gioca. In assenza di classifiche certe, ognuno può impossessarsi del primato.

Lo fa il Liceo classico Maffei di Verona che è stato fondato nel 1807 da Napoleone e quindi ha 207 anni.
O a maggior ragione l’Istituto Calasanzio dei padri scolopi di Frascati, meglio conosciuto come «scuole Pie», che di anni ne ha 400.


Su Celana gli storici si dividono. Qualcuno fissa la fondazione al novembre 1566, a opera di san Carlo Borromeo.

Altri, più rispettosi delle fonti, parlano del 9 febbraio 1579, data in cui l’istituto viene menzionato per la prima volta in un documento ufficiale, un privilegio di papa Gregorio XIII.

Nel primo caso avrebbe 448 anni, nel secondo, 434. Ma è come se fossero giorni, non anni. Non si scompone nessuno.

Il mondo della scuola e della cultura non fanno una piega. Idem per politici e amministratori.

L’unico silenzio giustificato sembra quello delle autorità ecclesiastiche.

Sono loro che per secoli hanno retto le sorti della scuola, frequentata per un anno anche dal giovanissimo Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII.

E sono loro ad averne deciso la chiusura in una delibera del 9 luglio 2013.

Per tre quinti di nomina curiale, con due membri in rappresentanza del territorio della Val San Martino,
il cda già un anno fa aveva preso atto di un irrimediabile dissesto economico.

Era finita l’epoca d’oro di fine XIX secolo, quando sui colli di Caprino, immerso nel verde, esisteva un antesignano dei campus all’americana, dove vivevano e studiavano oltre mille giovani.

A testimoniarlo rimangono decine di aule vuote, l’immensità di refettori, cucine, dormitori e cortili, impianti sportivi, teatro, biblioteca,
un incredibile museo zoologico, una collezione di minerali e fossili, un laboratorio con strumenti scientifici e sul perimetro esterno le stalle
e gli orti per sfamare quella cittadella dello studio, che annessa aveva anche una chiesetta con pala di Lorenzo Lotto. Tutto pulito. Tutto in ordine. Tutto deserto.

Il calo progressivo delle iscrizioni nelle classi di geometri, liceo classico e scientifico nel 2013
ha portato il numero di alunni alla soglia critica di una quarantina, con una perdita d’esercizio di 329 mila euro.

Le prospettive per gli anni a venire, si presentavano ancora più cupe. Ed è stata scritta la parola fine. Per la verità non era la prima volta.

È dall’epoca napoleonica e poi con l’Unità d’Italia che su Celana viene calata la mannaia della chiusura.

Nel 2006 ci aveva provato anche monsignor Bonati, responsabile diocesano della pastorale scolastica.
Ma la scuola di san Carlo Borromeo alla fine era sempre riuscita a ripartire. E tutti speravano che sarebbe successo anche questa volta.
Finché non è arrivata la doccia gelata. È successo in questi giorni quando i 22 dipendenti dell’istituto 17 professori e 5 impiegati hanno tutti ricevuto una raccomandata con ricevuta di ritorno.
Una lettera uguale per tutti, con data 23 aprile e licenziamento dal 31 agosto. A questo punto difficile immaginare inversioni di marcia. La diocesi non vuole più andare avanti.
In Curia non vogliono nemmeno sentir parlare di riaperture. Tutti a casa. Si chiude. Professori e impiegati non sono nemmeno riusciti a ottenere un incontro col cda.
Quattro docenti hanno deciso di non arrendersi e hanno creato una cooperativa per portare avanti alcuni corsi.
Ma al massimo otterranno qualche aula in comodato gratuito, pagando tutte le spese di riscaldamento ed elettricità.
Sarà dura. Il cda non vuole più nemmeno i corsi professionali per panettieri e pasticceri allestiti in un’ala dell’edificio
con un investimento di 700 mila euro e riccamente sovvenzionati (circa 4.500 euro ad alunno) dalla Regione.

Disimpegno su tutta la linea. Sulla vicenda interviene con alcune amare considerazioni il rettore, don Achille Sana,
figura mitica della scuola bergamasca per decenni alla guida del Collegio vescovile sant’Alessandro:

«Sono stato inviato qui nel 2010 con un mandato - dice il sacerdote -. Un mandato preciso. Ho accettato l’imposizione che veniva dall’alto.
“Tu vai e chiudi”. Così mi è stato detto. Da allora sono stato ossequiente alle disposizioni ricevute.
Ho lasciato andare avanti i corsi esistenti senza aprirne di nuovi cercando di avviare una nuova attività per l’accoglienza di gruppi sportivi,
studenti, riunioni aziendali, scout, pellegrini di Sotto il Monte, feste nuziali e soprattutto per inserire la struttura nel sistema di ospitalità di Expo 2015.
Con 700 posti letto le prospettive sono enormi e già si vedono i primi risultati.
Ma avendo vissuto tanti anni in mezzo agli studenti e guardandomi intorno, in mezzo a tutto questo spazio,
all’ossigeno e alla luce di queste colline ho avuto l’impressione di trovarmi in un luogo di benedizione non di maledizione.
L’offerta didattica era eccellente, avevamo classi di 4 o 5 ragazzi che permettevano una cura nella formazione altrove impensabile.
Ho fatto partire le scuole medie inferiori, ho ottenuto l’accreditamento della Regione per i corsi professionali
e ho capito che qualcosa del mio operato non andava quando mi sono visto accusato per aver messo la firma su contratti in scadenza.
La chiusura è inevitabile. Ma io sono triste».

Celana chiude. Che almeno lo faccia con l’onore delle armi.

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Il governo è nato, in teoria, per riuscire ad impedire l’aumento di due punti percentuali IVA, ma, a quale prezzo ?

La finanziaria è “Di facciata” perchè contiene al suo itnerno micromisure “Di facciata”, tra cui il bonus relativo,
roba da pochi milioni di euro per il rifacimento delle facciate che ricorda un po’ i “Villaggi Potiomkin”.

Fatta questa premessa però la legge finanziaria è piena di piccole tassette, dalla ricaduta perfettamente non calcolabile,
ma che in teoria, insieme ad altre voci farlocche (crescita, lotta all’evasione), dovrebbero garantire la copertura delle uscite.

Fra queste minitasse indirette due sono particolarmente antipatiche: bibite gassate zuccerate e plastica. Iniziamo con la seconda.

La tassa sulla plastica, un euro al kg, è solo una riedizione in forma impropria di un aumento IVA,
impropria perchè casuale e neppure collegata al valore dei beni. Sui beni di largo consumo NON esiste, attualmente,
un’alternativa all’uso della plastica negli imballaggi. A meno di non tornare alle forme di commercio a servizio assistito anni sessanta del secolo scorso,
quando lo zucchero veniva venduto sciolto nella carta, le uova avvolte nei giornali ed i formaggi tagliati al momento ed avvolti nella carta oleata,
non esiste nessuna alternativa attuale, nè nell’immediato futuro , all’utilizzo della plastica negli imballaggi.

Non solo, le aziende del settore pagano già 450 milioni anno ai consorzi di riciclo, proprio per facilitare il loro riciclo di questi prodotti sintetici.
Applicata così come è, è solo una sorta di “Capitatico” una tassa pro capite, non correlata al reddito, anzi magari regressiva,
che, secondo stime del Sole, verrà a pesare per 138 euro a Famiglia e qualche migliaio di posti di lavoro nelle aziende del settore.
Non male vero, il tutto quasi nascosto dai mass media.


Poi abbiamo la tassa sulle bibite zuccherate. La finalità superficiale è quella di evitare l’obesità infantile,
quindi, scartata la tassa sulle merendine, ecco arrivare quella sulle bibite zuccherate.
Evidentemente qualche testa al MEF ha ritenuto più “Immorale” la Fanta che il Bauletto del Mulino bianco, per dire, ma si tratta di ipocrisia.

Se il problema fosse VERAMENTE l’abuso di zucchero e se ne volesse limitare l’uso tramite lo strumento fiscale, non si tasserebbero le bibite, ma il dolcificante stesso.

Del resto sarebbe molto più semplice: i produttori sono pochi, non esiste una produzione “In nero” ed anche le importazioni sono ben identificate.

Inoltre si sarebbero tassati TUTTI i prodotti nazionali che lo utilizzano in proporzione al loro utilizzo,
e il problema sarebbe stato solo tassare adeguatamente l’importazione di prodotti zuccherati esteri.

Invece in questo modo si raggiunge solo, in apparenza, l’obiettivo di rastrellare un po’ di soldi, a caso. Naturalmente sempre che l’operazione riesca…

Quando si impongono queste tasse su un singolo prodotto in modo cosi poco sensato bisogna, infatti, prevedere che la domanda potrebbe comportarsi in modo molto diverso. Infatti:

  • la domanda potrebbe rivolgersi ad altri prodotti con dolcificanti diversi dallo zucchero, riducendo quindi i possibili introiti;
  • in un libero mercato come potrà essere tassata l’importazione di questi prodotti proveninti da altri paesi comunitari.
Gli esempi sono molto semplici e sono fallimentari: la tassa sulle bevande zuccherate a Philadelphia e quella sul grasso in Danimarca.

La prima ha portato ad una crescita delle vendite fuori dalla città USA, con un crollo degli incassi anche per la distribuzione commerciale,
la seconda cancellata per eccesso di difficoltà di applicazione.

Però l’efficacia di una misura fiscale non interessa al governo, almeno a questo.

L’importante è scrivere qualcosa di demagogico per inventarsi delle coperture.
 
......sono finiti i tempi in cui l'URSS usava Botteghe oscure per iniettare il virus del bolscevismo nell'Italia alleata del Patto atlantico...
 
Le balle sul sovranismo
A parte l’evidente volontà dell’articolista di dare addosso a Salvini, esso contiene diversi errori di fondo.

Il più evidente é datare le tesi sovraniste di Salvini al 2013 e di farle risalire ai Russi.
Le tesi sovraniste sono successive e risalgono a Borghi del quale Salvini fu anche ospite.

Lo dico con una certa cognizione di causa perché ero in diretto contatto con ambienti vicini a lui
e fu un esponente leghista ad indirizzarmi poi a lavorare con SE all’inizio del 2015.

In pratica le scelte di Salvini maturano per altre vie ed ovviamente coincisero e coincidono con quelle dei russi.( e in buona parte con quelle di Trump)

Quanto agli aiuti russi alla Lega, se ce ne sono stati e ce ne saranno, non sono certo superiori a quelli ricevuti al PD dai tedeschi con cui gli interessi coincidono.

D’altra parte i russi non hanno mai fatto nulla per rompere l’euro, anzi quando Varoufakis valutava di far uscire la Grecia,
i russi non si dissero disponibili ad un prestito ponte. E ciò è logico: avevano in ballo la via del Nord per l’energia coi tedeschi
e non volevano farla saltare per la Grecia, irritando la Merkel. In altre parole i Russi fanno prima di tutto l’interesse dei Russi, come tutti, tranne l’Italia.

Si tratta di una serie di ipotesi superficiali, che non considerano che il sovraniscmo della Lega ha anche una data precisa di nascita:
un convegno a cui parteciparono, oltre a Salvini, Bagnai, Borghi e Rinaldi, e che è ben documentato.
Da quel momento vi è stata la conversione, parziale, della Lega verso una strada diversa.
Tutto il resto sono, meramente, delle falsificazioni comode solo in campagna elettorale.
Tra l’altro dove sarebbe nato il sovranismo di Fratelli d’Italia? Forse anche la Meloni è volata in Russia? No vi assicuro di no…
 
Nella notte fra sabato 26 e domenica 27 ottobre è programmato il consueto passaggio dall’ora legale a quella solare.

Lancette indietro dalle 3 alle 2: le giornate diventano più corte e si dorme un’ora in più.
 

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