Lo schema perfetto... o quasi!
Osservando il picco a cui è arrivato l'indice ISM c'è da notare che un arguto osservatore come Marc Faber indica in tali livelli un ottimo sell stock indicator!
Ma noi siamo in un'economia di mercato dove l'interventismo delle Banche Centrali non è mai stato così alto nel tentativo di raddrizzare gli squilibri esistenti. Ecco quindi la grande attenzione con cui si osservano i flussi in entrata ed in uscita nelle varie aree valutarie per verificare il successo o l'insuccesso di queste strategie che in questo momento sono così risapute che potrebbero presto essere variate.
La svalutazione del dollaro crea al momento il male minore nella percezione degli investitori mondiali per proseguire nel riassorbimento degli squilibri (anche se in realtà depaupera la maggior parte degli asset mondiali cartacei) per cui prosegue senza particolari timori. Questa svalutazione deve però in qualche modo essere controllata forte com'è l'area speculativa del movimento che potrebbe spingere l'euro in breve tempo a 1,50 e che potrebbe portare gravi contraccolpi sui tassi ed ecco per cui gli acquisti delle banche asiatiche di dollari che limitano la sua discesa e proteggono il loro potere d'acquisto sui mercati.
Questa strategia è ben accetta dalla Fed che così controlla la discesa del dollaro ma limita anche i movimenti eccessivi sui bond.
Infatti da più di un anno è in atto una correlazione diretta tra dollaro e Yield dei titoli trentennali US. Quando lo Yield scende il dollaro scende e viceversa questo probabilmente perchè ogni qual volta il dollaro si stabilizza il flusso di acquisti da parte delle banche centrali asiatiche si ferma. Il rialzo dei tassi a lungo violerebbe il principio di target dei tassi a lungo voluto da Bernanke ed avrebbe conseguenze negative sui consumatori US. C'è da tenere presente che comunque la FED avrebbe la possibilità di tenere i tassi a lungo ulteriormente bassi grazie all'eventuale intervento delle banche commerciali US che sono esposte sui Treasury US nel secondo trimestre del 2003 all'1,7% del totale degli asset e cioè al minimo di sempre.
Sulle azioni US invece la FED sembra non volere l'intervento di denari stranieri in quanto potrebbero far crescere eccessivamente il mercato, (spinto com'è dalla liquidità domestica in cerca di rendimenti e capital gain che permettano di continuare a sostenere i consumi US), fermare la correzione del dollaro e spingere i tassi eccessivamente al rialzo.
I punti deboli dell'attuale strategia finanziaria della FED sono:
1)Uno shock inflattivo magari indiretto (vedi Cina)
2)Una nuova correzione significativa dei mercati azionari
3)Un forte movimento al rialzo del dollaro