di Pino Nicotri
Pubblicato il 7 maggio 2017 05:22
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A dire il vero il presidente della Corea del Nord ha un padre, Kim Jong-il, che
avrebbe dovuto incontralo già Clinton ben 16 anni fa. Nell’ottobre 2000, prima delle elezioni Usa del 7 novembre che hanno portato alla Casa Bianca George W. Bush, il generale Jo Myong Rok, cioè l’autorità più potente della Corea del Nord, l’uomo che presiedeva al complesso che produceva e vendeva missili agli altri Paesi, è stato negli Usa dal 9 al 12 e ha fatto visita a Bill Clinton alla Casa Bianca, presenti il Segretario di Stato Madeleine Albright e il Segretario alla Difesa William Cohen. Nell’occasione è stato scritto di comune accordo un impegno in base al quale “nessuno dei due governi vuole avere intenzioni ostili nei confronti dell’altro”. Il comunicato congiunto del 12 ottobre rilevava che la risoluzione del contenzioso missilistico “contribuirà essenzialmente a relazioni radicalmente migliorate” e ribadiva l’impegno dei due Paesi all’attuazione del quadro concordato nel 1994, quello che aveva convinto Pyongyang a interrompere i propri programmi per le armi nucleari. Il comunicato conteneva l’annuncio che
Albright avrebbe visitato la Corea del Nord per preparare una possibile visita da parte di Clinton.
In effetti
il Segretario di Stato Usa si recò a Pyongyang dal 24 al 26 di quello stesso ottobre per incontrare direttamente Kim Jong-il e definire quanto iniziato a trattare con Rok alla Casa Bianca e normalizzare così finalmente i rapporti con gli USA, oltre che per preparare l’agenda del summit nella stessa Pyongyang tra Clinton e Kim. Il summit era previsto si concludesse con la firma di un accordo per l’acquisto da parte degli Usa di tutti i missili a gittata intermedia e lunga esistenti in Corea del Nord. Che a sua volta si sarebbe anche impegnata a mettere in orbita i propri satelliti artificiali per telecomunicazioni non con i propri missili, che non avrebbe più prodotto, ma con quelli russi appositamente chiesti al presidente Putin. Fino ad allora la Corea del Nord aveva condotto un unico test con
il missile balistico di media gittata Taepo Dong-1 nell’agosto 1998 nel tentativo di mettere un satellite in orbita nell’agosto 1998. E nel settembre dell’anno successivo aveva deciso una moratoria dei test missilistici per facilitare il dialogo con gli Usa. Albright descrisse i suoi colloqui con Kim come “seri, costruttivi e approfonditi” e affermò che l’Assistente Segretario di Stato Robert Einhorn avrebbe incontrato a Kuala Lumpur il 1° novembre i coreani del Nord per trovare con loro la soluzione al problema dei missili. Insomma, la tanto deprecata Corea del Nord e il suo ancor più deprecato presidente avrebbero rinunciato in modo inequivocabile ai programmi missilistici e nucleari.
A bloccare la marcia verso la fine delle ostilità iniziata da Clinton e Kim padre è stata di lì a pochi giorni, il 7 novembre, l’imprevista vittoria elettorale – risicata e sospettata anche di brogli – del candidato repubblicano Bush anziché del democratico Al Gore. Insediatosi alla Casa Bianca il 10 gennaio 2001, Bush già a marzo trattò a pedate il presidente della Corea del Sud, Kim Dae Jung, fresco Premio Nobel per la pace e desideroso di accordi e ricomposizione con il Nord. Bush zittì anche Colin Powell, reo di avere osato dire che la nuova amministrazione avrebbe continuato le trattative con la Corea del Nord là dove le aveva lasciate l’amministrazione Clinton.
Il comportamento di Bush, che il 29 gennaio 2002 ha coniato l’espressione Asse del Male arrivando a inserirvi la Corea del Nord assieme all’Iran e all’Iraq, non è stato per nulla quello di un “pazzo”, ma ha una sua logica ben precisa, nata proprio in Corea nell’aprile del 1950 con il documento NSC 68 firmato quel giorno da Truman (NSC è l’acronimo del National Security Counsil).
Il documento raccomandava enormi spese “difensive”, cioè militari, per far “trarre consistenti benefici dal tipo di potenziamento suggerito”. Potenziamento militare e, al suo traino, anche dell’intero sistema industriale, che grazie alla seconda guerra mondiale aveva avuto uno sviluppo clamoroso. In buona sostanza, è dal ’50 che gli Usa hanno capito e deciso che un continuo all’erta militare, condito con la Guerra Fredda e qualche guerra locale vera, come quelle del Vietnam, di Corea e le due contro l’Iraq, sono uno stimolo potente e continuo per la propria ricerca scientifica e per lo sviluppo tecnologico e industriale, vale a dire per la propria economia. Tant’è vero che lo stesso Trump appena arrivato alla Casa Bianca ha messo in chiaro che avrebbe potenziato le forze armate anche con lo sviluppo di nuove armi nucleari. Con George W. Bush il budget per la Difesa è arrivato all’astronomica cifra di oltre 400 miliardi di dollari, e con Trump crescerà ancora.
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Trump e Kim Jong-un, tra guerra e incontro diplomatico Usa-Corea del Nord