ho provato a leggere qualche intervento in questo thread e sono rabbrividito.
Mi sembra che le persone parlino di scie chimiche, nutraceutica, medicina, servizi segreti deviati e servizi sociali sempre nello stesso modo.
io non ho tanta sicurezza in tutti questi campi, cerco di informarmi da più fonti, e se posso tocco con mano. (le scie chimiche non le ho ancora toccate, ho annusato le mie, e vi garantisco che non sono bianche).
Comunque vi posto una descrizione fatta da una Assistente Sociale di un progetto che ha come obiettivo proprio evitare l'allontanamento dei minori dalle famiglie.
perchè non tutte le A.S. sono come quelle descitte in questo thread.
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Proprio come Pippi Calzelunghe, ciascun bambino ha risorse incredibili in grado di trasformare le più strampalate situazioni di vita in possibilità di crescita sufficientemente buona. Su quest’idea si fonda P.I.P.P.I., il
Programma di Intervento per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione.
P.I.P.P.I. è un modello di intervento che i servizi sociali, sanitari, educativi e della giustizia rivolgono alle famiglie in difficoltà coi propri bambini. L’obiettivo è sostenerle per evitare che la situazione degeneri e si debba poi allontanare i minori. In che modo*?
Gli attori. Il programma è promosso dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che ha funzioni di
governance. Il gruppo scientifico che monitora il processo di implementazione è dell’
Università degli Studi di Padova. Sono poi coinvolte le
Regioni, gli
Ambiti territoriali e le singole
equipe impegnate nel lavoro con le famiglie.
Il target. Il programma è rivolto alle
famiglie negligenti, in cui cioè c’è “
una carenza significativa o un’assenza di risposte ai bisogni di un bambini, bisogni riconosciuti come fondamentali sulla base delle conoscenze scientifiche attuali e/o dei valori sociali adottati dalla collettività di cui il bambino fa parte”. La negligenza ha contorni indefiniti, sta in mezzo fra la “normalità” e la “patologia”.
Obiettivo. Lavorare sulla negligenza significa aumentare la sicurezza dei bambini e migliorare la qualità del loro sviluppo, per
prevenire forme più gravi di maltrattamento e gli eventuali allontanamenti dei bambini dalle famiglie. Significa lavorare a metà strada tra il sostegno alla genitorialità e la tutela dei minori.
L’equipe. Gli operatori incaricati di realizzare l’intervento sono l’assistente sociale del Comune, lo psicologo dell’Asl, l’educatore domiciliare, la famiglia d’appoggio, l’insegnante e qualsiasi altro professionista significativo (es. neuropsichiatra). Essi lavorano in
equipe.
Infatti, il programma prevede ed
esige dalle professioni e dalle organizzazioni di assumere la sfida di lavorare insieme per costruire un approccio olistico alla negligenza. L’assunto di partenza è che per riuscire a riannodare i legami tra genitori e figli (superando la condizione di negligenza) occorre che anche i professionisti lavorino tra di loro e con le famiglie in un’ottica di dialogo, e anche le rispettive organizzazioni di appartenenza si mettano in rete in modo cooperativo.
P.I.P.P.I. ritiene che la complessità dell’implementazione e il suo successo complessivo non risiedono unicamente nelle caratteristiche delle famiglie, ma anche nella configurazione delle pratiche che sono modellate sugli assetti organizzativi attuali dei servizi per i bambini e le famiglie in un dato contesto e che quindi gli esiti non dipendono solo dalla natura e dalla gravità del problema che la famiglia porta ai servizi, ma dalla qualità dei processi messi in atto dai diversi livelli dell’ecosistema e primo fra tutti dalla capacità di utilizzare una accurata metodologia di progettazione a tutti i livelli dell’ecosistema.
I dispositivi d’azione. Le
forme di sostegno messe in campo sono quattro: l’educativa domiciliare, il sostegno individuale e di gruppo per i genitori e i bambini, le attività di raccordo tra scuola e servizi, la famiglia di appoggio.
Questi quattro dispositivi si incardinano su un quinto dispositivo che li connette e ne consente l’efficacia e la misurabilità, ossia il
dispositivo della valutazione partecipativa e trasformativa dei bisogni di ogni famiglia. Questo significa che tutti i soggetti coinvolti avviano un processo di riflessione, esplicitazione e attribuzione condivisa di significato alle osservazioni e ai comportamenti rispetto ai quali si decide di porre attenzione.
Il quadro teorico di riferimento. Il programma si inserisce all’interno di un preciso quadro teorico di riferimento: il modello dell’ecologia dello sviluppo umano di Bronfenbrenner, da cui deriva “
Il mondo del bambino“.
I risultati. Il programma ha richiesto agli operatori coinvolti una puntuale raccolta dati, oltre che la partecipazione a focus group.
I dati raccolti riportano un
miglioramento statisticamente significativo per le famiglie in tutte le dimensioni considerate. Gli operatori registrano una diminuzione dei fattori di rischio a fronte di un miglioramento dei fattori di protezione delle famiglie target.
Sono stati registrati dei
miglioramenti anche nella promozione di un clima di collaborazione tra tutti i professionisti coinvolti e nella conduzione di un lavoro multiprofessionale. Anche
le famiglie sono risultate essere maggiormente coinvolte.
Questi, in sintesi, i contorni del progetto.
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se poi volete approfondire andate a leggere le riflessioni della Assistente Sociale su questa situazione.
Che cos’è il P.I.P.P.I.?
Ci sono anche molti altri articoli riguardanti i famosi Servizi Sociali, che lavorano certamente in un settore delicato, spesso con poche risorse e poca incentivazione, ma, per favore non facciamo di tutta un'erba un fascio.
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