un estratto...
Il G20 è servito? La crisi greca è risolta? La questione Italia è chiusa? Le economie migliorano? La risposta – evidente – è NO. A partire da lunedi’ vedremo le reazioni dei mercati. Gli ultimi dati economici europei che contano sono FORTEMENTE NEGATIVI, quelli USA un po’ meno. Il mio modello economico a inizio Novembre pone l’Europa in RECESSIONE (l’ultima volta era stato Aprile 2009), gli USA in RALLENTAMENTO e il mondo in CONTRAZIONE. Finora l’andamento di borse, valute e future obligazionari ha semplicemente fotografato un’indecisione ancora grande, che come sempre puo’ essere letta col filtro del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Gli ottimisti dicono che tutto andrà a posto, i pessimisti tacciono e aspettano che gli ottimisti mostrino loro i fatti. Ai prezzi e ai rendimenti attuali, chi è convinto che sia impossibile un default Italia ha due opportunità enormi per traslare operativamente la propria convinzione: (1) uscire dai BUND tedeschi e dai CORPORATE NON BANCARI AD ALTO RATING, che se escludiamo ipotesi di crisi hanno prezzi di pura affezione e ritornano – sui 10 anni – poco piu’ di metà dell’inflazione e poco meno di un pronti/termine a 6 mesi (e quindi perché diavolo io, investitore, dovrei acquistare debiti lunghi o corporate e quindi incertezze, volatilità, rating ecc. se posso avere un rendimento simile sul breve? Senza parlare dei conti deposito sopra il 4% lordo… vero è che vado a finanziare la banca, ma fino a 100’000 EURO il mio conto è garantito); (2) acquistare BTP e CCT italiani, che rendono come un high yield bond sull’orlo dell’investment grade. Ovviamente, sia detto come inciso marginale, questo significa contrapporsi diametralmente a quello che stanno esprimendo i mercati, i quali – Regola Numero Uno – hanno SEMPRE ragione: anche se non PER SEMPRE. La distinzione è basilare e implica sia che i mercati POSSONO cambiare direzione, e di fatto lo fanno sempre su vari livelli, sia l’opportunità di non cercare i minimi, ma di lasciare che all’idea in controtendenza (“L’Italia non puo’ avere problemi e i BTP non possono quindi che salire”) corrisponda una qualche azione di mercato che vada oltre le solite una/due sedute di reazione e che quindi confermi l’idea. Diversa è la posizione di chi il debito italiano ce l’ha già in portafoglio, magari come capitale per la pensione, e non sa che fare: credo che anche molti greci ignari fossero messi cosi’. Intanto è importante capire come viene vista la situazione dall’esterno (
articolo del Financial Times e di
Fortune). Come italiani, siamo giustamente centrati su cio’ che succede a noi: in questo senso, con il BTP che ha chiuso la settimana sui minimi e con l’Italia in paracommissariamento da parte di Europa e FMI (ma questo potrebbe essere un “
ex malo bonum“, in fondo), nulla va dato per scontato. Il sintomo piu’ acuto – lo ripeto – è lo spread del 2 e 5 anni maggiore di quello del decennale, che implica che il debito a breve è valutato come piu’ vulnerabile di quello a lungo (piu’ contrattabile). Questo significa, in termini sintetici e semplici, che i mercati stanno realmente continuando a prezzare uno stato di crisi del debito italiano. Che sia un “attacco speculativo” e che chi vende o va short sbagli (come tutti, da cittadini, ci auguriamo) o che la fase di crisi continui, lo si vedrà: di certo, tempus fugit, servono fatti e il G20 ha probabilmente arruffato la situazione, invece di districarla.
Esiste un domino, come ho detto, ed è in azione. La prima tessera del domino è la Grecia. In perfetto stile eschiliano, Papandreou ha tentato una
MEGALE METABOLE’, un gran cambiamento (colpo di scena) tipico del teatro tragico dell’antica Grecia. Ma la questione del referendum, che si faccia o no, è ininfluente di fronte ai numeri. La Grecia, come ho chiarito all’inizio, è caduta: che si parli di default o di un “haircut” del suo impossibile carico debitorio rispetto al PIL è solo una questione tecnica. La seconda tessera del domino non è l’Italia ma sono alcune banche europee che, ovviamente, a causa della leva rischierebbero una forte decapitalizzazione una volta costrette a riconoscere le proprie perdite. Esiste una lista, al G20 è stata resa pubblica e dentro c’era una banca italiana. Questa evoluzione, difficile ma non impossibile allo stato attuale, puo’ essere gestita: ma se scappasse di mano come nel caso Lehman, lascerebbe i governi con l’unica amara opzione di tirare fuori dai guai le banche con i soldi dei cittadini, via tasse più alte e austerità. Al di là di tutto, l’idea che un fondo salvastati possa sfruttare ancora di più il meccanismo della leva finanziaria per risolvere questo gigantesco problema di sovraindebitamento è, a mio modo di vedere, vicina all’assurdo e sintomo, non causa, del livello di crisi e confusione mentale attuale. Se fosse cosi’ facile, non saremmo dove siamo. Se banche e debitori poi accetteranno l’haircut greco, chiunque – e qui arriva la questione Italia – sotto l’attacco della speculazione si sentirà in diritto di fare lo stesso per il proprio debito. Questa dinamica a “palla di neve” o “effetto domino” in ultima analisi rischia di portare alla tessera finale di una crisi dell’Euro, per il semplice fatto che l’economia tedesca non è abbastanza grande da potersi prendere finanziariamente sulle spalle tutto il problema e che la pazienza dei tedeschi non è infinita. Questi sono – semplificando la sequenza – i rischi, ovviamente a mio modo di vedere. Per chi riceve Sky TV, suggerisco caldamente di integrare il tutto vedendo il film-documentario “Too big to fail”, che racconta splendidamente “dal di dentro” le settimane a cavallo della crisi Lehman di Settembre 2008. Appaiono evidenti le analogie tra quella crisi e la situazione attuale, con l’Europa al posto del tesoro americano e con Bear Stearns, Lehman e AIG al posto degli stati europei sotto attacco.