Libia

da Voci Dalla Strada: RIFLESSIONI SUL NUOVO ORDINE DEL SACCHEGGIO INTERNAZIONALE

RIFLESSIONI SUL NUOVO ORDINE DEL SACCHEGGIO INTERNAZIONALE

1-Quindi sia l'ONU, sia il Consiglio della Sicurezza, così la NATO, sia il trattato internazionale, sia il Tribunale dell’Aja, sono alibi affinchè i potenti saccheggino i deboli. Succede allora che tanto la libertà d’espressione, tanto il Nobel per la Pace, tanto la cultura funzionano come pretesti per uccidere in nome dell’umanitarismo, chiamare aggressore chi si difende e bombardare le vittime per salvarle. Succede che il capitalismo vive derubando i suoi stessi popoli con la frode finanziaria e quelli della periferia con le armi. Oltre a ripetere mille volte in più quello che tutto il mondo sa, cosa fare?
Di Luis Britto García
 
Se non puoi batterli, unisciti a loro, recita il catechismo del sicario. Un repertorio di esempi sconsigliano questo connubio. Marcos Perez Jimenez, che ha servito la polizia degli USA, finì estradato da loro in un carcere in Venezuela. Manuel Noriega, che apparentemente un tempo fu collaboratore della DEA, è passato ad occupare la cella di un detenuto che per l’accusa che gli fece, si prese una condanna a vita. Alberto Fujimori, che ha annegato il Perù in un mare di sangue, languisce nella stessa cella dove prima aveva inviato Abimael Guzman. I talebani, creati, equipaggiati, finanziati e addestrati contro i sovietici dalla CIA, sono adesso combattuti nella Guerra Santa della stessa CIA. Saddam Hussein, che ha portato l’Iraq ad una guerra contro l’Iran, guerra che conveniva solo agli statunitensi, finì giustiziato dal governo fantoccio degli USA. Così il diavolo paga chi lo serve.
 
Il ruolo del presidente Obama nel sostenere questa macchinazione della CIA per alimentare la rabbia dei ribelli libici non è stato preso bene dalla comunità afro-americana. Un leader attivista afro-americano di Washington ha scritto una e-mail che dichiarava: "non esigete maggiore senso di responsabilità da parte di un presidente nero rispetto ad uno bianco, perché riceverete solo una cosa: niente”.


tratto da Nuovediscussioni: L’ESERCITO MERCENARIO AFRICANO DI GHEDDAFI ESISTE VERAMENTE?
venerdì 8 aprile 2011

L’ESERCITO MERCENARIO AFRICANO DI GHEDDAFI ESISTE VERAMENTE?
 


Esperti del continente africano, che conoscono molto bene la situazione libica, sostengono che le storie diffuse dai media occidentali, i quali raccontano che il leader libico, Muammar Gheddafi, si affida anche ai servizi di mercenari di colore provenienti dal Sahara e dall’Africa sub-sahariana, sono una manovra di disinformazione da parte della CIA per alimentare i ribelli libici contro Gheddafi con un’ondata di razzismo.


Le fonti occidentali "riferiscono" che Gheddafi ha assoldato mercenari di colore africani per la lotta contro i ribelli libici. Il risultato è stato che migliaia di lavoratori neri africani in Libia sono stati attaccati da folle inferocite che hanno creduto alla propaganda occidentale.


Il ruolo del presidente Obama nel sostenere questa macchinazione della CIA per alimentare la rabbia dei ribelli libici non è stato preso bene dalla comunità afro-americana. Un leader attivista afro-americano di Washington ha scritto una e-mail che dichiarava: "non esigete maggiore senso di responsabilità da parte di un presidente nero rispetto ad uno bianco, perché riceverete solo una cosa: niente”.


Le agenzie di stampa occidentali hanno riferito che i ribelli libici hanno cominciato la "caccia" al nero.
Pensando di catturare collaborazionisti pro-Gheddafi, imprigionano invece semplici lavoratori che si trovano in Libia in cerca di lavoro nel campo petrolifero, agricolo e edilizio, scappati dai loro paesi economicamente depressi. Ironia della sorte, la maggior parte dei neri cacciati vengono dal Kenya, la terra che secondo le affermazioni di Obama è la sua “casa paterna dei suoi antenati”.


Altri africani, bloccati in Libia e sottoposti all'assalto razziale degli arabi libici, provengono dal Sud Sudan, dall’Uganda, dalla Sierra Leone, dalla Tanzania, dalla Somalia, dall’Etiopia, dal Ghana, dal Ruanda, dal Burundi, dall’Uganda, dalla Repubblica Democratica del Congo, dal Lesotho, dallo Zimbabwe, dallo Zambia e dalla Nigeria. Un milione e mezzo di lavoratori neri africani sono vissuti in pace in Libia prima dello scoppio della guerra tra Gheddafi e le forze ribelli. Solo pochi africani sono riusciti a scappare, ma la maggior parte di loro sono costretti a nascondersi nelle loro case e fuggire verso squallidi campi profughi in Egitto, in Tunisia e in Sudan. Anche i lavoratori dalla pelle scura non africani provenienti dal Bangladesh, non sfuggono all'ira dei ribelli libici.


Altri africani, in particolare quelli provenienti dal Niger, dal Mali, dal Gabon, dal Ciad e, sono lì in seguito ai progetti di sviluppo finanziati nei loro paesi da Gheddafi ed essi hanno risposto andando in Libia come volontari a sostegno di Gheddafi. Tuttavia, questi volontari sono stati bollati come mercenari dai media occidentali e dall’intelligence. L’Algeria ha respinto le accuse che i suoi cittadini siano stati inviati in Libia per combattere come mercenari per Gheddafi.


Il Sunday Mirror di Londra ha pubblicato un articolo discutibile, il quale sosteneva che il 27 marzo il figlio di Gheddafi, Seif al-Islam Gheddafi, era andato in Zimbabwe, ad arruolare un esercito africano per aiutare le forze di suo padre. La relazione afferma che il vecchio dittatore dello Zimbabwe, Robert Mugabe, era pronto a mandare truppe dell'esercito dello Zimbabwe in Libia per combattere a fianco dell'esercito di Gheddafi.


La propaganda di guerra della CIA contro i neri africani in Libia non si è limitata agli editoriali e ai telegiornali di Washington, Londra, Parigi e New York. Un candidato alla presidenza della Liberia, TQ Harris, ha accusato Gheddafi dell’arruolamento forzato di giovani uomini e ragazzi nel suo esercito. La dichiarazione è stata ripresa dai giornali della Liberia, da sempre influenzati dalla CIA.


Il 16 marzo, The Guardian (UK), ha pubblicato la notizia che Gheddafi stava reclutando mercenari dalla tribù dei Zaghawa che vivono nel Darfur e nel Ciad. The Guardian ha scritto che non vi era "alcuna prova che i membri della tribù Zaghawa siano realmente coinvolti nel conflitto in corso".


Non solo si trattava di lavoratori provenienti dal Ciad, Etiopia, Somalia quelli braccati dai ribelli libici impiccati ai lampioni e feriti a morte con asce e machete, ma anche libici neri, per lo più della provincia meridionale del Fezzan hanno subito lo stesso trattamento.
I neo-conservatori di Washington e New York, grazie ai loro media, hanno ignorato la situazione di questi lavoratori neri e hanno continuato ad aizzare la folla, sostenendo che qualsiasi nero presente in Libia fosse un mercenario di Gheddafi, infischiandosene che ciò non fosse vero. Tant’è che i media occidentali non hanno mai dato notizia di lavoratori uccisi “per sbaglio” dagli insorti.


Il New York Times, in un articolo del 16 marzo intitolato "Libyan Oil Buys Loyal African Allies for Qaddafi", ha scritto che Gheddafi stava arruolando "circa 200" giovani del Mali per combattere in Libia. Il Times ha dato credibilità alla non-notizia costruita ad arte dalla CIA ed ha rilanciato sostenendo che dai 3.000 ai 4.000 mercenari erano stati reclutati dal governo di Gheddafi dal Mali, dal Darfur e dal Niger con un salario di 1.000 dollari al giorno.
Tuttavia, in una notizia pubblicata l'11 marzo dal Times, è stato riportato che in effetti i funzionari dell’intelligence degli Stati Uniti non sono riusciti a trovare conferma alla notizia dei 4.000 e 5.000 mercenari dal Niger, dal Mali e dal Justice and Equality Movement del Darfur erano stati assunti da Gheddafi per 1.000 dollari al giorno. Nonostante viviamo in un'epoca di guerra fondata anche e soprattutto sull’informazione mediatica, la CIA non riesce a tenere la barra a dritta.


L'ambasciatore Usa alle Nazioni Unite, Susan Rice, in una dichiarazione del 17 marzo sull'adozione da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu della risoluzione che consentiva la creazione di una no-fly zone sopra la Libia, ha dichiarato che uno dei motivi della creazione di quella zona era quello di impedire che arrivassero a destinazione gli aerei che trasportavano i "mercenari" in Libia.


È stato anche riferito che i gruppi wahabiti dell'Arabia Saudita legati ai ribelli, tra cui il Gruppo combattente islamico libico, hanno giustiziato lavoratori neri africani di fede cristiana, condannandoli come "infedeli" che sostenevano Gheddafi.


Inoltre sono girate voci che Gheddafi, con il sostegno del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak, e il capo dell'intelligence Aman (acronimo ebraico per la direzione dell’Intelligence, ndt) Aviv Kokhavi, avesse organizzato, tramite la società di sicurezza israeliana Global CST, il trasporto segreto di 50.000 mercenari africani in Libia. Il costo: 5 miliardi di dollari.
La connessione tra israeliani e mercenari neri pro-Gheddafi ha alimentato la rabbia degli islamici radicali tra i ribelli libici, i quali erano convinti che Gheddafi non solo avesse un accordo segreto con Israele, ma che fosse un "cripto Ebreo", perché sua nonna era ebrea. L'accusa è stata trasmessa sulla televisione nazionale israeliana da una donna ebrea libica che sosteneva di essere dell’entourage di Gheddafi. Altre fonti di ispirazione sionista hanno riferito che Gheddafi stava reclutando serbi, ucraini, piloti siriani e un gruppo di feroci guerrieri Tuareg tribali del deserto del Sahara.


Il Washington Times, un giornale di destra di proprietà di un auto-proclamato "Messia" coreano, Sun Myung Moon, il 21 marzo ha pubblicato un articolo del principe Mohamed Hilal Al Senussi, un membro della famiglia reale cacciata da Gheddafi durante il colpo di stato del 1969. Senussi paragona i ribelli libici ai membri del "Tea Party" repubblicano degli Stati Uniti e ha ripetuto l'accusa che Gheddafi stava usando mercenari africani: "In Baida, oltre 100 persone sono state massacrate da mercenari africani legati a Gheddafi provenienti dal Ciad, Niger e dal Mali, spingendo le forze di polizia locali e l'esercito a proteggere i loro connazionali inermi».


La connivenza delle agenzie di intelligence occidentali, di concerto con elementi israeliani e media occidentali, ha posto le basi per la strage dei libici neri anche in altre parti dell'Africa. Tutto ciò ha fatto infuriare gli afro-americani, che in precedenza avevano sostenuto Obama nelle sue campagne politiche in Illinois e alle presidenziali. Obama, il primo presidente afro-americano degli Stati Uniti, ha ora il primato di essere l'unico presidente americano a lanciare una guerra sanguinosa in un paese africano. Agli occhi di molti attivisti politici afro-americani, Obama si è rivelato essere tanto uno strumento della CIA, che di Wall Street, che delle compagnie petrolifere, come i passati presidenti americani bianchi.


di Wayne Madsen
Fonte: Strategic-Culture.org - Strategic Culture Foundation
Link; Wayne Madsen (USA) - Gaddaffi?s African ?Mercenary? Story is a Disinformation Ploy by the CIA - Strategic Culture Foundation - on-line journal > Gaddaffi?s African ?Mercenary? Story is a Disinformation Ploy by the CIA > Strategic-Culture.


Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUIGI FABOZZI
 
Lunedì, 11 Aprile 201120:31:16



da LINKIESTA

La Nato si accontenta di dimezzare Gheddafi

Arturo Varvelli*


La mediazione avanzata dall’Unione Africana propone la cessazione delle ostilità e l’apertura delle trattative. Il vero obiettivo dei bombardamenti occidentali - la rimozione del dittatore libico - è di fatto fallito, la situazione rischia di incancrenirsi e la divisione della Libia in due è uno scenario sempre più probabile. A livello internazionale, invece, presto si comincerà a pensare ad una forza di interposizione tra truppe del regime e ribelli, per cristallizzare una situazione assai instabile.







GHEDDAFI.jpg

Gheddafi (Afp)






Esteri
11 aprile 2011 - 09:23 L’attuale situazione in Libia è il frutto di tre fallimenti.

Il primo è il fallimento del regime di Gheddafi. Nonostante le amplificazioni e le invenzioni dei media arabi sui massacri condotti dall’esercito libico nei primi giorni di proteste (con al Jazeera a tirar le fila) il Colonnello nel giro di un mese – dal giorno dello scoppio della rivolta a quello dell’intervento militare sotto egida Onu – è tornato ad essere il Mad Dog che era negli anni Ottanta.



Il secondo fallimento è quello della rivolta. La storia ci dirà in futuro quanto di spontaneo e quanto di preparato vi fosse nelle insurrezioni di febbraio delle città libiche e se alla autonomia di chi protestava si siano unite prontamente forze più organizzate – come gli interi reparti dell’esercito subito passati con i rivoltosi – che probabilmente già meditavano azioni contro il regime. Nonostante ciò la rivolta non ha avuto successo. È mancato il supporto in vaste aree del paese rimaste fedeli al regime.



Il terzo fallimento è quello dell’intervento militare che ha imposto la “no fly zone plus”. Se infatti l’obiettivo dichiarato era quello umanitario, il vero obbiettivo era quello di contribuire alla caduta di Gheddafi. Così non è stato.
Nonostante l’intervento militare in favore dei rivoltosi, il conflitto in Libia è nuovamente in una fase di stallo. I lealisti fedeli a Gheddafi e le forze sotto il controllo del Consiglio Nazionale Provvisorio di Bengasi si fronteggiano tra le località di Ras Lanuf, Marsa El Brega e Ajdabiya. La disorganizzazione, la scarsa preparazione militare degli insorti e gli insufficienti mezzi a loro disposizione non hanno permesso loro di ottenere il successo militare sperato. Allo stesso tempo il regime di Gheddafi sembra avere ancora consenso non solo in buona parte della Tripolitania ma anche del Fezzan, regioni nelle quali la rivolta non pare aver preso piede come in Cirenaica.

L’intervento militare sotto l’autorizzazione delle Nazioni Unite ha conseguito l’obiettivo della parziale distruzione delle forze armate del regime ma non il completo arresto dell'avanzata sul terreno. Anzi le forze del rais sembrano poter minacciare direttamente le città degli insorti.

Mentre il conflitto pare così sedimentarsi, sorgono gli interrogativi relativi al perdurare del conflitto e ai suoi possibili esiti. La difficile soluzione politica della crisi (con i vari e diversi tentativi di mediazione o sistemazione diplomatica di Ua, Turchia e Italia) e l’empasse militare potrebbero portare a prendere in considerazione un intervento via terra di qualche tipo. Questo naturalmente dovrebbe passare da un nuovo voto in Consiglio di Sicurezza.
È difficile infatti pensare di poter ribaltare questo stallo senza l’impiego di mezzi militari e truppe via terra contro Gheddafi, ma questa ipotesi è stata finora esclusa. Anche quella di fornire armi ai ribelli è però una scelta non priva di implicazioni complesse e, in parte, controproducenti, simili, ad esempio, a quelle viste in passato in Afghanistan. Chi stiamo armando? Cosa succederà una volta terminata la guerra?
Alla lunga, se il conflitto perdurasse, per uscire dall’empasse, si potrebbe arrivare alla soluzione dell’invio di una forza di interposizione tra le due parti. Con questo scopo più limitato un’autorizzazione al CdS sarebbe forse più facile. Negli ambienti militari Nato e della coalizione se ne parla già piuttosto apertamente.

Questo sancirebbe però la divisione del paese per un periodo di tempo indeterminato. Nonostante nessuno si dichiari a favore della soluzione della separazione in due della Libia, alla fine questa appare oggi un’ipotesi molto probabile se il regime di Gheddafi resistesse. A chi potrebbe andare bene questo esito?
In prospettiva, questo scenario potrebbe anche essere accettabile per diversi paesi, a cominciare dall’Egitto, che si avvantaggerebbe di un vicino debole e ricco di risorse come la Cirenaica, che ha contribuito a sorreggere politicamente e militarmente. I paesi del Golfo ne sarebbero felici: Gheddafi sarebbe limitato, la Libia divisa e un rivale nel campo dell’energia indebolito. A lungo andare anche Francia e Gran Bretagna potrebbero vedere la divisione come un compromesso percorribile per evitare l’onta del fallimento di un’operazione militare che i due paesi hanno più di altri voluto e guidato. L’importante sarebbe avere una Cirenaica più grande di quella attualmente controllata dai rivoltosi, comprendente l’area a sud della costa con i ricchi giacimenti petroliferi e l’area costiera oggi contesa con i terminal e le raffinerie. Un eventuale contingente internazionale con lo scopo dell’interposizione potrebbe tracciare di fatto la divisione del paese secondo linee più favorevoli. Gli stati Uniti, come fatto finora, avrebbero poco da obiettare. Gli europei si dovranno abituare a un ruolo statunitense più defilato e ad un Mediterraneo “post-americano”.
Ancora una volta per l’Italia sarebbe invece un’opzione da non desiderare: ci troveremmo a gestire un duplice difficile rapporto: da una parte la Tripolitania con Gheddafi “tradito”, dall’altra la Cirenaica che potrebbe guardare altrove per individuare partner meno “compromessi”.
* ricercatore Ispi

Parole chiave: Gheddafi + Libia + Unione Africana
 
il testamento di Gheddafi
da ComeDonChisciotte - MUAMMAR GHEDDAFI, IN LIMINE MORTIS ?



MUAMMAR GHEDDAFI, IN LIMINE MORTIS ?
Data: Martedì, 12 aprile @ 06:01:11 CDT
Argomento: Africa

time-gheddafi.jpg
DI FULVIO GRIMALDI
fulviogrimaldi.blogspot.com

L’8 aprile, quando già i lanzichenecchi di Bengasi, spianata la strada dalla Nato con un diluvio di bombe su difensori e civili, tornavano alla città-chiave di Adjabiya e la mediazione per un cessate il fuoco e un dialogo, portata avanti dal presidenze sudafricano, Zuma, a Tripoli, era stata respinta dai colonialisti e dai loro ascari, Muammar Gheddafi ha diffuso questo comunicato.
Un testamento?

Visto che è strategia dei media occidentali occultare e soffocare le voci che non siano del proprio campo, noi, a parte ogni valutazione politica, riaffermiamo la deontologia giornalistica vilipesa e negata pubblicando questo scritto. Come facemmo con gli ultimi messaggi al mondo di altri due martiri della resistenza dei popoli: Slobodan Milosevic e Saddam Hussein. Per la ricerca dei valori umani veri, della verità e della giustizia, certe parole parlano da sole.

Nel nome di Allah, il misericordioso, il benefattore.
Per 40 anni, o forse di più, ho fatto tutto quello che ho potuto per dare al popolo case, ospedali, scuole. E quando avevano fame, gli ho dato cibo. Ho trasformato Bengasi da un deserto in terra fertile, ho resistito agli attacchi del cowboy Reagan quando, tentando di uccidermi, ha ucciso un’orfana, mia figlia adottiva, una povera bambina innocente. Ho aiutato i miei fratelli e le mie sorelle africani con denaro per l’Unione Africana. Ho fatto di tutto per aiutare il popolo a comprendere il concetto di vera democrazia, nella quale comitati popolari governano il nostro paese. Per alcuni tutto questo non bastava mai, gente che aveva case di 10 stanze, abbigliamento e mobilio ricchi. Egoisti come sono, chiedevano sempre di più a spese degli altri, erano sempre insoddisfatti e dicevano agli Statunitensi e ad altri visitatori che volevano “democrazia” e “libertà”. Non si volevano rendere conto che si tratta di un sistema di tagliagole, dove il cane più grosso divora tutto. Si facevano incantare da queste parole, non rendendosi conto che negli Usa non c’erano medicine libere, ospedali liberi, case libere, istruzione libera, cibo garantito. Per costoro non bastava nulla che facessi, ma per gli altri ero il figlio di Gamal Abdel Nasser, l’unico vero leader arabo e musulmano che avessimo avuto dai tempi di Saladino, un uomo che restituì il Canale di Suez al suo popolo come io ho rivendicato la Libia per il mio popolo. Sono state le sue orme che ho cercato di seguire, per mantenere il mio popolo libero dal dominio coloniale, dai predoni che ci vorrebbero derubare…


Ora sono sotto attacco dalla più grande forza militare della storia. Il mio piccolo figlio africano, Obama, vuole uccidermi, togliere la libertà al nostro paese, le nostre libere abitazioni, la nostra libera medicina, la nostra libera istruzione, il nostro cibo sicuro, e sostituirlo con il ladrocinio stile Usa chiamato “capitalismo”. Ma noi tutti, nel Terzo Mondo, sappiamo cosa ciò significhi. Significa che le imprese governano i paesi, il mondo, e che i popoli soffrono. Così per me non c’è alternativa, devo resistere e, se Allah vorrà, morirò seguendone la via, la via che ha arricchito il nostro paese di campi fertili, viveri, salute e ci ha perfino consentito di aiutare i nostri fratelli africani e arabi a lavorare qui con noi, nella Jamahiriya libica.
Non desidero morire, ma se dovessi arrivarci, per salvare questa terra, il mio popolo, le migliaia di miei figli, che allora sia.
Lasciate che questo testamento sia la mia voce al mondo. Dica che mi sono opposto agli attacchi dei crociati Nato, alla crudeltà, al tradimento, all’Occidente e alle sue ambizioni colonialiste. Che ho resistito insieme ai miei fratelli africani, ai miei veri fratelli arabi e musulmani. Ho cercato di fare luce, quando altrove si costruivano palazzi, ho vissuto in una casa modesta e in una tenda. Non ho mai dimenticato la mia gioventù a Sirte, non ho sprecato le nostre ricchezze nazionali e, come Saladino, il nostro grande condottiero musulmano che salvò Gerusalemme per l’Islam, ho preso poco per me…
In Occidente qualcuno mi ha definito “pazzo” e “demente”. Conoscono la verità, ma continuano a mentire. Sanno che la nostra terra è indipendente e libera, non soggetta al colonialismo. Sanno che la mia visione e il mio cammino sono sempre stati onesti e nell’interesse del mio popolo. Sanno che lotterò fino all’ultimo respiro per mantenerci liberi. Che Dio ci aiuti.

(Muammar Gheddafi, Leader della Rivoluzione, Tripoli, 8 aprile 2011)

Dedicato a coloro che si stanno con i precari a casa loro e con i precarizzatori in arrivo in Libia

PENSIERO UNICO CONTRO “DITTATORE UNICO”

“Dittatore unico”

L’ONU ha riconosciuto alla Libia il più alto Indice di Sviluppo Umano di tutto il Continente (lavoro, casa, istruzione, sanità, aspettativa di vita, mortalità infantile, assistenza alla vecchiaia, protezione dell’infanzia, salari…)
Fino a quando una manovra occidentale non ha imposto una rimozione, la Commissione dell’ONU per i diritti umani, aveva eletto la Libia alla sua presidenza. In Libia erano accolti, lavoravano e godevano degli stessi diritti dei cittadini libici oltre due milioni di migranti africani e di altri paesi.
In Libia i centri di raccolta dei migranti in transito sono stati sciolti. Il video di migranti uccisi in Libia è una patacca, come tante altre.

Ai servizi sociali il bilancio libico dedica il 63,8%, all’istruzione il 3%, l’analfabetismo è al 17% (Egitto 28, Tunisia 25), 800mila scuole primarie pubbliche (forse il dato è un refuso, penso che siano 80mila) e gratuite per una popolazione di 6 milioni di abitanti, 750mila scuole secondarie pubbliche, 300mila studenti frequentano l’università che vanta 100mila docenti.
L’imposizione fiscale varia tra il 5 e il 10%, ma non tocca i servizi essenziali (casa, istruzione, sanità, alimenti di base…). I prezzi per carburante e farmaci sono sovvenzionati dallo Stato con 600 miliardi di dollari. All’inizio dell’anno il Congresso del Popolo, massima istanza istituzionale, aveva incrementato fino al 50% i salari e i contributi alle famiglie. Non c’è cittadino libico, intenzionato a lavorare, che debba accettare un lavoro a tempo determinato.
In Libia è in costruzione il più grande progetto idraulico del mondo, con la creazione di un Grande Fiume Artificiale che attinge alla più vasta riserva d’acqua dolce del continente e garantisce acqua potabile gratuita a tutta la popolazione.



Pensiero Unico


Il 30% di disoccupazione giovanile. Disoccupazione generale effettiva intorno al 12%. 4 milioni di precari. Sanità e istruzione pubbliche falcidiate, sanità e istruzione privata foraggiata, in ogni caso dai costi insostenibili per la maggioranza della popolazione, in tutti i paesi della “Comunità Internazionale” e nei paesi terzi sottoposti a globalizzazione, manu militari o finanziaria. 300 imprese chiudono ogni giorno, disintegrate o fagocitate dai colossi, o dalla mafia alleata dei governi. I dirigenti guadagnano fino a 1.700 volte lo stipendio di un operaio. Agli azionisti vengono distribuiti centinaia di milioni di dividendi e ai lavoratori vengono decurtati salari, pensioni, provvidenze, tempi liberi, mense. Non si tassano i patrimoni, si tassano pochissimo le ricchezze, si taglieggia con imposte dirette e indirette la maggioranza della popolazione. I paesi, perfino quelli amici, vengono saccheggiati dalla devastazione speculativa delle elites finanziarie e poi ridotti in brandelli sociali e di sovranità dagli organismi sovranazionali, emanazioni dell’Impero, che impongono lavoro schiavistico, cancellazione di diritti, miseria (Grecia, Irlanda, Portogallo, Colombia, Messico…). Ove questo non venga accettato da paesi del Sud del mondo, il Pensiero Unico si militarizza, stermina e rade al suolo, si impadronisce, istituisce regimi autoritari di clienti e rapina. I paesi della “comunità internazionale”, guidati dal governo mondiale che spende un trilione di dollari all’anno per armi e guerre (più di tutti gli altri messi insieme), sono composti da milioni di individui abbandonati dalla rappresentanze politiche e sindacali che hanno fatto proprio il pensiero unico e, coerentemente, seppure piagnucolando pacifisticamente, affiancano la distruzione di popoli autodeterminati, guidati da chi è definito “dittatore”.

Viaggia, alta su tutti, con in capo l’elmetto puntuto della “Santa Alleanza” controrivoluzionaria (1820) rifatta Nato, con la Croce di Ferro della “Comunità internazionale” al collo e sul taschino i nastrini delle “Vittorie per la democrazia in Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Libia, Palestina” la vestale all’uranio Rossana Rossanda, con allo strascico le ancelle e i paggi Marina Forti, Stefano Liberti, Lettera 22, Giuliana Sgrena…Tutti impegnati a dar man forte al pensiero unico democratico nei campi di battaglia del Libero Mercato i cui moduli, valori, strategie, epistemologia, sono stati fatti propri con il contorno ornamentale di qualche riserva, come dire l’acciughina sul piatto nouvele cuisine. Saranno soddisfatti quando i “rivoluzionari” monarchici e fondamentalisti a loro cari (solo in Libia, però!) avranno portato al popolo libico questo pensiero unico, paradigma insostituibile della nostra superiore civiltà.

La strada percorsa è quella segnata dagli Usa. Tra il 2007 e il 2009, il 10% più ricco ha incamerato il 100% del reddito medio dalla crescita (Economic Policy Institute); 115 delle 500 più grandi imprese Usa, detentrici dell’80% della ricchezza nazionale, negli ultimi 5 anni hanno pagato meno del 20 per cento sui loro utili; le tasse pagate dal Kolossal General Electric (industria nucleare) erano del 7%. Il 5% più ricco delle famiglie USA vanta il 63% della ricchezza totale, l’80% il 13%; Nel 2010 i 25 manager più ricchi degli Hedge Funds hanno incassato 22 miliardi di dollari. Ci vorrebbero 440mila persone che guadagnano ciascuna 50mila dollari all’anno per uguagliare quella cifra. Il Fondo di Sviluppo Usa destinato a sostenere le comunità bisognose, ha incanalato 10 miliardi di dollari a società finanziarie come JP Morgan Chase, Goldman Sachs e Prudential, perché costruiscano alberghi di lusso, palazzi di uffici e un museo delle auto. Attualmente negli Usa, secondo il Financial Times, vivono più poveri assoluti che negli ultimi 50 anni. Ci sono stati quasi 4 milioni di chiusure di imprese nel 2010, il 23% in più rispetto al 2008. I nuovi disoccupati ufficialmente contati superano ora i 10 milioni E’ il libero mercato, bellezza. Perché privarne la Libia?

Mercenari

Ed ecco coloro che, nel nostro piccolo, il regime italiano spedisce a sostenere questo libero mercato, sia nei paesi sotto “dittatura” e sovranità politica, economica, sociale, sia a casa a nostra, fianco a fianco con le forze del controllo interno sul buon andamento del libero mercato e della repressione di chi non lo apprezza.
Il professionista semplice delle Forze Armate italiane guadagna 141,11 euro al giorno (nel 1990 i coscritti di Leva, precedenti alla riforma di D’Alema, prendevano l’equivalente di 2,89 al giorno (e scuole e sanità venivano prima); Quando in missione all’estero l’ulteriore appannaggio mensile forfettario, per la decimazione di popolazioni straniere e la diffusione del libero mercato e spesso il furto della propria vita, è di 6000 euro, per uno stipendio complessivo di 10.233.30 euro. Volete che non si identifichino in tutto e per tutto con parlamentari da 22mila euro al mese, sorvolando sul dettaglio che gli fanno violare la Costituzione uccidendo e facendosi uccidere? Chi diceva che l’importante sta nel dettaglio? Quella vecchia maestrina di Maria Montessori. Libero mercato, quanto ci costi!

Terzo bombardamento sui propri mercenari da parte di aerei Usa. Secondo comandi e media embedded; "fuoco amico", "errore", "effetto collaterale". Balle!
Il capo dei briganti ha esautorato il comandante militare speditogli dalla Cia e ha messo al suo posto un altro. Sia costui, che il "presidente" del Consiglio Transitorio, lavorano per i colonialisti francesi. E’ dunque guerra tra Usa e Francia per chi divora di più della Libia. Guerra tra sciacalli su interposte vittime innocenti.

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Notizie fantastiche dalla Libia 2

Il fatto: Dei giornalisti occidentali vengono accompagnati nella città di Zawiyah riconquistata da poco dalle truppe dell'esercito regolare (le "truppe del raìs", tanto per intenderci) per mostrare le rovine e e i danneggiamenti. I giornalisti vengono portati a visitare anche una stazione locale di polizia devastata, e (verosimilmente) vengono mostrate delle foto. Ripeto: gli accompagnatori sono fedeli di Gheddafi.

La notizia riportata dai media occidentali: "Trovate [in una stazione di polizia di Zawiyah ] foto di torture sui ribelli". Ohibò, ma se questi giornalisti erano accompagnati dagli "sgherri del regime" che mi immagino occhiutissimi, com'è? Appena si entra in qualche particolare la notizia inizia a farsi fumosa. Eccone un esempio: "In altre foto si vedono le armi bianche usate dai torturatori, tra cui bottiglie rotte e polveri (sic!)" (La Repubblica.it). Doppio ohibò: la polvere (che diventa un inquietante "polveri" al plurale) è adesso uno "strumento di tortura". Non so per le "bottiglie rotte", d'altra parte gli "sgherri" stavano proprio mostrando le devastazioni.
Ancora più enigmatico il dettaglio aggiunto su Libero.it: “un inserviente fa il segno di un mitra con le mani e mormora 'Gheddafi' a suggerire che quella era una camera di esecuzione”. Triplo ohibò: a me sembra proprio che il solerte cronista statunitense abbia capito dai “suggerimenti” dello “sgherro” (per giunta stupido: non si suggerisce!) quello che voleva già capire.
Non è invece che lì si uccidevano i fedeli di Gheddafi? Perché non sarebbe la prima volta che una mattanza cambia di segno grazie ai trucchetti dei nostri pennivendoli occidentali.
Con cronisti del genere probabilmente non sapremo mai la verità.

Non faccio fatica a pensare che Gheddafi usi anche mezzi brutali. Se fosse mostrata una prova provata non me ne stupirei più di tanto. Però, per Giove, fate vedere le prove provate, che non possono essere i “si dice” della Repubblica: “Le notizie di feroci torture contro i ribelli circolano da tempo. Le emittenti satellitari arabe hanno raccolto le testimonianze, eccetera eccetera”.
Ma come, ormai ci sono decine di giornalisti in tutte e due le zone. Ad esempio il giornalista del Manifesto (quotidiano comunista, meglio ripeterlo prima che ce ne dimentichiamo!) Stefano Liberti è ospite fisso dei "rivoluzionari cirenaici" targati ex Ministro degli Interni di Gheddafi, ex Ministro di Giustizia di Gheddafi, ex ufficiali di Gheddafi e fondamentalisti del Al-Jamaa al-Islamiyyah al-Muqatilah bi Libya (Gruppo Islamico Combattente Libico), fondato in Afghanistan, allineato ad Al Qaeda, voce QE.L.11.01. della "Consolidated list" delle Nazioni Unite delle organizzazioni terroristiche, foraggiato fin dagli inizi degli anni Novanta da CIA e MI6 e oggi spina dorsale degli insorti libici (si veda "Il nostro agente a Tripoli"). Il reporter "comunista" (già noto per avere vedute sull'Eritrea molto simili a quelle di CIA e National Security Agency) è stato inviato lì sostanzialmente per dar man forte mediatica italica a questi galantuomini; e insomma, per farla breve, con tutto questo po' po' di investigatori della penna in loco, ancora bisogna affidarsi ai “si dice, si mormora, pare che” delle emittenti satellitari arabe (che in quanto usano il satellite - sono proprio dei diavoli! - e sanno l'Arabo sono onniveggenti; è “ovvio” ed è questo in fondo che ci vogliono far credere: il medium è il messaggio, come diceva Marshall McLuhan)?
Ma nonostante la masochistica tendenza all'autosputtanamento di tali reporter, mi aspetto che prima o poi si trovi veramente qualcosa, perché so da me, senza bisogno di "suggerimenti", che la ferocia è nel DNA dei detentori del potere. Per la legge del contrappasso mi viene in mente d’acchito Abu Ghraib - così faccio subito arrabbiare quelli che dicono che due torti non fanno una ragione. E infatti sono d'accordo, solo che qui per ora abbiamo le prove provate di uno solo.

Quali prove? Bene, se vi va leggete l’ultimo articolo che ho pubblicato su Megachip (Le anime impagliate della sinistra italiana) e se vi regge lo stomaco, ma solo in quel caso, aprite anche i link. Comunque non sono adatti a donne in stato interessante (non sto scherzando).

E' il Potere, bellezza!

Fulvio Grimaldi
Fonte: MONDOCANE
Link: MONDOCANE: MUAMMAR GHEDDAFI, IN LIMINE MORTIS?
11.04.2011
 
da Un po'di menzogne sulla guerra di Libia [Rete Voltaire]

Un po’di menzogne sulla guerra di Libia
di Thierry Meyssan*
Si dice che la prima vittima della guerra sia la verità. Le operazioni militari in Libia e la risoluzione 1973 che ad esse fornisce base giuridica non fanno eccezione a questa regola. Esse sono presentate al pubblico come una necessità per proteggere le vittime civili dalla repressione indiscriminata del colonnello Gheddafi. In realtà si tratta di classiche menzogne dell’imperialismo. Ecco alcuni elementi di chiarificazione.

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25 marzo 2011

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Beirut (Libano)

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Libia

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Crimini contro l’umanità

Per fornire un’immagine a fosche tinte, la stampa atlantista ha fatto credere che le centinaia di migliaia di persone in fuga dalla Libia stiano tentando di sfuggire a una strage. Le agenzie di stampa hanno evocato migliaia di morti e parlato di "crimini contro l’umanità". La Risoluzione 1970 ha messo in guardia il Tribunale penale internazionale contro possibili "attacchi sistematici o generalizzati diretti contro i civili".
In realtà, il conflitto libico può essere letto sia in termini politici che in termini tribali. I lavoratori immigrati sono stati le prime vittime. Essi sono stati brutalmente costretti ad andarsene. Gli scontri tra lealisti e ribelli sono stati realmente sanguinosi, ma non nelle proporzioni propagandate. Non vi è mai stata alcuna repressione sistematica contro i civili.
Sostenere la "primavera araba"

Durante il suo discorso al Consiglio di Sicurezza, il ministro francese degli affari esteri Alain Juppé ha tessuto le lodi della "primavera araba" in generale e della rivolta libica in particolare.
Questo discorso lirico cela in realtà intenzioni nefande: Juppé non ha detto neanche una parola sulla sanguinosa repressione in Yemen e in Bahrain, e ha perfino elogiato il re Mohammed VI del Marocco come fosse uno di quei rivoluzionari [1]. Così facendo, ha contribuito a rafforzare l’immagine disastrosa della Francia che si è impressa nell’immaginario del mondo arabo durante la presidenza Sarkozy.

Sostenere l’Unione Africana e la Lega Araba

Fin dall’inizio delle operazioni, Francia, Regno Unito e Stati Uniti non hanno mai smesso di affermare che questa non è una guerra occidentale (anche se il Ministro degli Interni francese, Claude Guéant, ha parlato di una "crociata" di Nicolas Sarkozy [2]). A sostegno di ciò, adducono il sostegno di cui la coalizione godrebbe da parte dell’Unione Africana e della Lega Araba. In realtà, l’Unione Africana ha sì condannato la repressione e ha affermato la legittimità delle rivendicazioni democratiche, ma si è sempre opposta ad un intervento militare straniero [3]. Per quanto riguarda la Lega Araba, essa riunisce essenzialmente regimi che sono minacciati da rivoluzioni analoghe. Essi hanno sostenuto la contro-rivoluzione occidentale - alcuni vi hanno anche preso parte in Bahrain -, ma non possono appoggiare apertamente una guerra occidentale senza accelerare quei movimenti di contestazione interna che minacciano di rovesciarli.
Riconoscimento del Consiglio Nazionale di Transizione Libico

In Libia vi sono tre zone di insorgenza. Un Consiglio Nazionale di Transizione Libico è stato costituito a Bengasi. Esso si è fuso con un preesistente governo provvisorio istituito dall’ex Ministro della Giustizia di Gheddafi, passato dalla parte degli insorti [4]. E’ proprio lui il personaggio che, secondo le autorità bulgare, avrebbe organizzato la tortura delle infermiere bulgare e del medico palestinese detenuti a lungo dal regime.
Riconoscendo questo CNTL e sdoganando il suo nuovo presidente, la coalizione si è scelta degli interlocutori e li ha poi imposti come leader agli insorti. Ciò ha permesso loro di estromettere i rivoluzionari nasseriani, comunisti o khomeinisti.
Si trattava di prendere l’iniziativa e di evitare quello che è successo in Tunisia ed Egitto, quando gli occidentali hanno imposto un governo senza Ben Ali, o un governo Suleiman senza Mubarak, che poi i rivoluzionari hanno nuovamente rovesciato.
Embargo sulle armi

Se l’obiettivo fosse stato quello di proteggere le popolazioni civili, l’embargo avrebbe dovuto essere istituito contro i mercenari e le armi destinati al regime di Gheddafi. Invece, l’embargo è stato esteso agli insorti in modo da impedire una loro possibile vittoria. L’obiettivo era in realtà quello di fermare la rivoluzione.
No Fly Zone

Se l’obiettivo fosse stato quello di proteggere i civili, la no-fly-zone avrebbe dovuto essere limitata al territorio degli insorti (come è stato fatto con il Kurdistan in Iraq). Invece è stato proibito il sorvolo in tutto il paese. In questo modo, la Coalizione spera di congelare l’equilibrio delle forze sul terreno e di dividere il paese in quattro (le tre aree ribelli e l’area lealista). Questa partizione de facto della Libia deve essere considerata in prospettiva, insieme a quelle del Sudan e della Costa d’Avorio, come una delle prime tappe di un "rimodellamento dell’Africa".
Congelamento dei beni

Se l’obiettivo fosse stato quello di proteggere le popolazioni civili, solo i beni personali della famiglia Gheddafi e dei dignitari del regime avrebbero dovuto essere bloccati per impedire loro di aggirare l’embargo sulle armi. Invece il blocco è stato esteso al patrimonio di tutto lo Stato libico. Ora la Libia, nazione ricca di petrolio, dispone di un tesoro considerevole che ha in parte depositato nel Banco del Sud, un istituto per il finanziamento di progetti di sviluppo nel Terzo Mondo.
Come ha fatto notare il presidente venezuelano Hugo Chavez, questo blocco non mira a proteggere i civili. Esso mira a ripristinare il monopolio della Banca Mondiale e del FMI.

Coalizione dei volonterosi

Se l’obiettivo fosse stato quello di proteggere i civili, la risoluzione 1973 avrebbe dovuto essere attuata dalle Nazioni Unite. Invece, le operazioni militari sono state coordinate dalla US Africom e dovrebbero ora passare nelle mani della NATO [5]. E’ per questo motivo che il ministro turco degli Affari Esteri, Ahmet Davutoglu, si è detto indignato per l’iniziativa francese e ha richiesto spiegazioni alla NATO.
In modo più brusco, il Primo Ministro russo Vladimir Putin ha affermato che la risoluzione è "imperfetta e inadeguata. Leggendola, risulta chiaro che essa permette a chiunque di agire contro uno Stato sovrano. Nel complesso, mi ricorda una chiamata medievale alla crociata”, ha concluso [6].
 
OMAGGIO A VITTORIO ARRIGONI ASSASSINATO IERI A GAZA

Gli occhi del mondo su Gheddafi, i missili israeliani su Gaza




Scritto da Vittorio Arrigoni Domenica 27 Febbraio 2011 00:15


Guerra e verità
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di Vittorio Arrigoni - PeaceReporter
, 25 febbraio 2011.


Mentre Barack Obama condanna "con forza" le violenze in corso in Libia, definendole "oltraggiose ed inaccettabili",
e il Segretario di Stato Hillary Clinton si precipita a Ginevra per denunciare Gheddafi al Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu,
nessuno pare indispettirsi per i bombardamenti israeliani che mietono vittime civili a Gaza. D'altronde, durante l'offensiva Piombo Fuso del 2009, quando l'esercito israeliano sterminava tranquillamente più di 320 bambini palestinesi, Obama si trovava alle Hawaii a giocare a golf, e la Clinton probabilmente avrebbe fatto carte false per godere dello scenario di una Gaza arsa dal fosforo bianco dalla vista panoramica delle colline di Sderot.
Il recente veto degli Usa alla risoluzione Onu che condannava l'estensione delle colonie illegali in Palestina, in realtà è un visto per Israele a continuare la sua pulizia etnica. L'escalation di queste ultime ore è cominciata mercoledì mattina poco dopo le 8, con una incursione di quattro carri armati e quattro bulldozers israeliani all'interno del territorio palestinese a Juhor Ad Dik , nella zona centro-orientale della Striscia. Queste invasioni di bulldozers con l'appoggio dei tank sono pressoché quotidiane a Gaza e hanno lo scopo di distruggere ettari di campi coltivabili all'interno del confine palestinese.


da Gli occhi del mondo su Gheddafi, i missili israeliani su Gaza
[ame]http://www.youtube.com/watch?v=DYIGysIr7_8&feature=player_embedded[/ame]

Quando qualche ora dopo i blindati si sono poi spostati verso il quartiere di Al Zaytuon, a est di Gaza city, un gruppo di guerriglieri delle brigate Al-Quds, il braccio armato della Jihad islamica, ha cercato di respingerli. Verso le 12,50 i carri armati israeliani hanno iniziato a bombardare. Risultato, secondo fonti mediche: 11 feriti, 4 guerriglieri e 7 civili, 3 dei quali sono bambini. Adel Jeniyeh, uno dei miliziani delle brigate Al-Quds è deceduto all'ospedale Shifa per le ferite subite. Nella serata, per vendicare questo omicidio, mentre il Fronte Popolare sparava alcuni colpi di mortaio oltre il confine la Jihad Islamica riusciva a lanciare 2 missili Grad contro Israele colpendo, per la prima volta dal gennaio 2009, la città di Be'er Sheva. Solo danni materiali e nessuna vittima.
A questo seguivano nella notte ripetute incursioni delle forze aree israeliane e una decina di bombardamenti lungo tutta la Striscia. Caccia F16 ed elicotteri Apache hanno colpito ad Est di Gaza city, e ripetutamente Khan Younis. Nel quartier Zayton di Gaza city, nei pressi della moschea Rantisi, sono rimasti feriti dai missili due guerriglieri delle Brigate Al Quds. Complessivamente, contando 2 contadini feriti dal fuoco dei cecchini nel pomeriggio a Beit Lahia, nelle ultime 24 ore il fuoco delle forze di occupazione israeliane ha provocato 14 feriti e un ucciso fra i palestinesi.
Nessun ferito israeliano dai razzi palestinesi.

Dal gennaio 2010, secondo dati dell'Onu, 65 palestinesi sono stati uccisi dai soldati di Tel Aviv. Zero le vittime israeliane per mano dei guerriglieri di Gaza.
Nonostante Hamas stia da tempo cercando di convincere le altre fazioni a sospendere la resistenza per timori degli attacchi israeliani, la Jihad Islamica e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina non vogliono desistere dal cercare di difendere i confini della Striscia di Gaza. Cosi' si sono espresse ieri in un comunicato le Brigate Ali Mustafa, braccio armato del Fronte: "Confermiamo la nostra volontà ad aderire alla resistenza e continueremo a combattere il nemico sionista per rispondere ai crimini degli occupanti".
Anche ieri mattina tutte le centrali di polizia e i palazzi governativi rimanevano evacuati, mentre sul cielo di Gaza continuava la tirannia di caccia F16 a volo radente. Nella notte, un missile sparato da un elicottero Apache ha centrato un'automobile che transitava dalle parti di Khan Younis. I due uomini a bordo hanno fatto appena in tempo a gettarsi fuori dall'abitacolo prima dell'esplosione: sono feriti ma vivi. Secondo testimoni gli uomini, a bordo di un'automobile di proprietà del governo di Hamas, stavano trasferendo un grosso quantitativo di denaro, ora ridotto in cenere.
Restiamo Umani

Vittorio Arrigoni da Gaza city per Peacereporter (QUI).
 
Ultima modifica:
AMMAZZA, CHE VELOCITÀ! I RIBELLI IN LIBIA HANNO GIÀ FONDATO UNA NUOVA BANCA CENTRALE
Postato il Mercoledì, 13 aprile @ 08:18:21 CDT di davide
Fonte: THE ECONOMICCOLLAPSEBLOG.COM

I ribelli in Libia sono nel mezzo di sanguinosa guerra civile e Moammar Gheddafi è ancora al potere, ma in qualche modo i ribelli libici trovano il tempo per fondare una nuova Banca Centrale Libica e per costituire una nuova compagna nazionale petrolifera.
Forse quando il conflitto sarà terminato, quei ribelli potranno diventare consulenti di 'analisi di tempi e metodi'. Sicuramente hanno fatto davvero un sacco di cose.
Ma che gruppo di ribelli talentuosi, riescono a combattere una guerra durante il giorno e tirare su di notte, dal nulla, una nuova banca centrale e una nuova compagnia petrolifera senza alcun aiuto esterno di un qualche genere.
Se anche noialtri fossimo così versatili!
Ma fondare una banca centrale non è qualcosa che possa essere fatto dopo che la guerra civile sarà finita?

Secondo quanto riferito da Bloomberg , il Consiglio Nazionale di Transizione ha "designato la Banca Centrale di Bengasi come autorità monetaria competente nelle politiche monetarie in Libia e ha nominato un gestore della Banca Centrale Libica, con temporaneo quartier generale sito a Bengasi." Apparentemente qualcuno ha pensato che era molto importante occuparsi di questioni spinose, quali il controllo delle banche e il controllo dell'emissione della moneta, anche prima che un qualsiasi governo si sia formato.

Intanto, è scontato che la nuova Banca Centrale Libica sarà al 100% posseduta e al 100% controllata dalla popolazione da poco liberata della Libia, giusto?

La maggior parte delle persone non comprende che la precedente B.C.L. era al 100% di proprietà dello stato. Ciò che segue è un estratto da un articolo di Wikipedia:

La Banca Centrale Libica è al 100% di proprietà statale, rappresenta l'autorità monetaria della Jamahiriya Araba del Gran Popolo Socialista Libico e gode dello status di ente autonomo. La legge stabilisce che la B.C.L. ha come obbiettivo quello di mantenere la stabilità monetaria in Libia, e di promuovere una crescita sostenibile dell'economia in accordo con le politiche economiche dello stato.

Quando la vecchia B.C.L. era di proprietà statale, era fondamentalmente sotto il controllo di Moammar Gheddafi; ma adesso che la Libia sarà 'libera', la nuova B.C.L. sarà gestita da libici e solamente per gli interessi dei libici, non è vero? Naturalmente, è scontato che sarà lo stesso con la nuova compagnia petrolifera nazionale, giusto?

Durante gli ultimi due anni, Moammar Gheddafi ha minacciato di nazionalizzare l'industria petrolifera in Libia e di buttar fuori dal paese le compagnie occidentali, ma ora che la Libia sarà 'libera' il popolo libico sarà capace di camminare mano nella mano con le grandi compagnie petrolifera e tutto ciò creerà una Libia migliore per tutti. Giusto?

Naturalmente, il petrolio non ha assolutamente niente a che fare con l'inv..., mi correggo, con l'iniziare un'azione umanitaria per la libertà in Libia.

Quando Barack Obama ha guardato fisso nella telecamera e ha detto al popolo americano che la guerra in Libia è negli "interessi strategici" degli Stati Uniti, sicuramente non si stava riferendo al petrolio.

Dopo tutto, le guerre per il petrolio erano cose dei Bush, giusto? I Democratici hanno votato per Obama per iniziare una guerra con queste premesse, non è vero? Sicuramente nessun leader dei Democratici sosterrà pubblicamente questa guerra in Libia, giusto?

Sicuramente Barack Obama terminerà il bombardamento in Libia se la comunità internazionale comincerà a opporsi, vero?

Obama ha vinto il premio Nobel per la Pace; non è che farà impazzire le altre potenze mondiali e ci porterà vicino alla Terza Guerra Mondiale ?

Il ministero degli Esteri russo Sergei Lavrov ha denunciato a piena voce "la coalizione bombarda le colonne delle forze di Gheddafi" e crede che gli Stati Uniti hanno brutalmente violato i termini della risoluzione delle Nazioni Unite:

"Consideriamo che quest'intervento da parte della coalizione in quello che è fondamentalmente una guerra civile non è stabilito dalla risoluzione dell'O.N.U."

Allora, per cercare di raffreddare le tensioni con il resto del mondo, Obama farà cessare i bombardamenti aerei, no?

Bene, considerando il fatto che Obama ha una così vasta esperienza di politica estera, dovremmo tutti essere fiduciosi che conosce a menadito il da farsi.

Nel frattempo, i ribelli sembrano essere sulla rotta dei commerci: hanno già firmato un accordo petrolifero col Qatar! Il 'portavoce' dei ribelli Ali Tarhouni ha annunciato che le esportazioni di petrolio al Qatar cominceranno in "meno di una settimana".

Chi è che sapeva che questi focosi ribelli libici erano anche padroni dei segreti della finanza e dei commerci internazionali? Di sicuro stiamo vivendo in un mondo parecchio strano.

Questa notte, Barack Obama ha riferito le seguenti frasi al popolo americano:

"Alcune nazioni sono capaci di chiudere gli occhi di fronte alle atrocità commesse in altre nazioni. Gli Stati Uniti d'America sono differenti."

Così dovremmo sanzionare tutte le atrocità commesse in tutti i paesi intorno alla Terra? L'ultima volta che ho letto qualcosa, c'era un governo stava sparando sui dimostranti in Siria. E' giunta l'ora di riscaldare i Tomahawk?

Oppure riserviamo gli 'interventi umanitari' solo per quelle nazioni che hanno un sacco di petrolio? A dire il vero, le atrocità vengono quotidianamente commesse in tutta l'Africa e in circa una dozzina di differenti nazioni nel Medio Oriente.

Dovremmo istituire una leva per fare in modo da avere abbastanza ragazzi e ragazze per vigilare il mondo? Dovremmo essere tutti pronti per servire la patria?

Il mondo sta diventando un posto sempre più piccolo ogni giorno che passa e non si può sapere dove gli 'interessi strategici' degli Stati Uniti saranno minacciati la prossima volta. Il resto del mondo riesce a comprendere che sappiamo sempre tutto noi?

Naturalmente, il resto del mondo riesce sempre a scovare le nostre buone intenzioni, non è vero? Le tensioni con Russia, Cina e il resto del mondo arabo certamente scemeranno dopo che tutti potranno vedere quanto sono stati altruisti i nostri 'interventi umanitari', non è vero?

In tutta serietà, oggi viviamo in un mondo dove più niente è stabile. Guerre e rivoluzioni stanno divampando in tutto il globo, disastri naturali di eccezionale gravità stanno avvenendo con frequenza allarmate e l'economia globale è sull'orlo di un collasso totale.

Con la nostra interferenza in Libia, stiamo solo peggiorando le cose. Gheddafi è certamente un dittatore orribile, ma questa era una battaglia che il popolo libico doveva affrontare.

Abbiamo promesso al resto del mondo che avremmo solamente disegnato una 'no fly zone'. Violando i termini della risoluzione del Consiglio delle Nazioni Unite, abbiamo fatto vedere alle altre nazioni che non non si possono fidare di noi e che la nostre azioni hanno aumentato le tensioni in tutto il mondo.

Quindi, cosa ne pensate di quello che sta avvenendo in Libia? Per favore, lasciate un commento qui sotto.

Fonte: The Economic Collapse
Link: Wow That Was Fast! Libyan Rebels Have Already Established A New Central Bank Of Libya
30.03.2011

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org a cura di VALERIO FABBRONI
 

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