ma vaffanc Cina! (4 lettori)

Ciampa

Forumer storico
Ciampa ha scritto:
Tibet: prosegue la rivolta dei monaci, la polizia cinese apre il fuoco
Il Governo cinese accusa il Dalai Lama, ma lui smentisce ogni coinvolgimento. Dure condanne da Usa e Europa. "Rispettare i diritti del Tibet".
Scoppia l'inferno a Lhasa, capitale del Tibet. Continuano le proteste contro il Governo cinese da parte di centinaia di monaci buddhisti, che le forze dell'ordine stanno reprimendo con la forza. Secondo il centro delle emergenze ci sarebbero alcuni morti. Per alcuni testimoni che abitano nella zona degli scontri, si sarebbero uditi anche alcuni spari, e la situazione va peggiorando di minuto in minuto: "C'è fumo dappertutto e si sentono colpi d' arma da fuoco - dicono i residenti - La situazione è molto pericolosa, nelle strade i tibetani attaccano i cinesi". I monaci di Ramoche avevano in programma una manifestazione che è stata soppressa dalla polizia, mentre altri religiosi stanno facendo lo sciopero della fame per ottenere la liberazione dei loro compagni arrestati nei giorni scorsi, che sarebbero decine.
ITALIANI. L'ambasciata in Cina ha fatto sapere che tutti gli italiani presenti a Lhasa sono al sicuro e non hanno subito alcun tipo di violenza. Nella capitale del Tibet si trovano molti turisti, gli studenti e cooperanti.

UNIONE EUROPEA. "Noi abbiamo chiesto molto fortemente che i diritti umani siano rispettati". Lo ha dichiarato il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner: "La condanna è stata molto forte da parte dell'insieme del Consiglio Ue e dei 27 Stati membri".

USA. "La Cina deve rispettare la cultura tibetana e deve rispettare il carattere multietnico della sua società". Lo ha
dichiarato il portavoce della Casa Bianca, Gordon Johndroe. "Esprimiamo rammarico per le tensioni tra i gruppi etnici e
Pechino".

DALAI LAMA. E' profondamente preoccpato per la situazione in Tibet il Dalai Lama, che ha approfittato dell'occasione per chiedere alla Cina di rinunciare all'uso della forza.

CINA. Dure accuse da parte delle autorità del governo regionale del Tibet nominate da Pechino, che se la prende addirittura con il Dalai Lama in persona: "I disordini scoppiati a Lhasa sono stati orchestrati dalla sua cricca".

INDIA. Intanto anche l'India non rimane a guardare. Il Governo ha infatti represso una manifestazione di tibetani che si erano uniti contro le violenze cinesi nei confronti dei monaci a Lhasa: "Nessuna attività politica anti-cinese sarà permessa ai rifugiati tibetani in India. Ogni attività che causi problemi (all'ordine pubblico) verrà bloccata in ottemperanza alle leggi in vigore". Manifestazioni a favore dei monaci sono state fatte anche in Nepal, dove la polizia ha arrestato decine di attivisti.

SOLO 4GG FA GLI USA HANNO CANCELLATO LA CINA DALLA LISTA NERA DEI PAESI CHE NON RISPETTANO I DIRITTI UMANI
 

Ciampa

Forumer storico
http://orientalia4all.net/post/appe...na-e-le-torture-sui-praticanti-del-falun-gong

martedì 18 aprile 2006 22:20:05
Pasqua serena a casa, ma ieri mi è arrivata una mail dal Falun Gong Human Rights Working Group per firmare a nome dell'Asiatica Association Onlus perché si chiuda immediatamente il campo di concentramento di Sujiatun, nella città di Shenyang, nella provincia di Liaoning, in Cina. Proprio oggi sull'argomento è stato pubblicato un articolo nel The Epoch Times.
A Sujiatun e in altri campi di concentramento i praticanti del Falung Gong, la Pratica della Ruota del Dharma, vengono imprigionati e privati dei loro organi -- occhi, reni, cervello, cuore, ecc. -- ancora vivi (si sa che la Cina è uno dei mercati di organi più fiorenti, più produttivo ancora dell'India). Poi vengono bruciati e loro organi vengono venduti agli ospedali, che li rivendono sul mercato internazionale.
L'8 marzo 2006 un giornalista cinese fuggito in USA ha dichiarato che oltre 6.000 praticanti del Falun Gong sono stati portati nel campo di concentramento di Sujiatun. Nessuno ne è mai uscito.

Che cosa possiamo fare? Appena la ricevò pubblicherò una petizione internazionale, firmatela. E' poco, lo so, ma non possiamo fare altro che informazione e far sentire la nostra voce presso i governi, l'ONU o, almeno, i giornali.

Ho già parlato dei praticanti del Falun Gong, e di tutti i movimenti del Qi Gong che si riconoscono intorno al concetto di Qi o Chi, l'energia che fluisce in ognuno di noi e che, coltivata e incanalata, porta all'immortalità. E' un modo di coltivare il corpo e l'anima attraverso la pratica del Tao chi, la disciplina di vita, la dieta rigorosa e, soprattutto, un modo puro di rapportarsi agli altri attraverso la verità, la benevolenza e la perserveranza: qualità considerate necessarie sia nel Buddhismo che nel Taoismo e il Confucianesimo. Il Qi Gong è un processo di coltivazione dell'energia.

Il successo del Falun Gong è proprio nel fatto che ha saputo vivificare e riunire, in un movimento dai connotati fortemente spirituali e sociali, cose proibite dal comunismo cinese, gli elementi tradizionali della cultura. Fa vivere meglio, fa stare meglio con se stessi, col proprio corpo e con gli altri e, si dice, può far sviluppare dei poteri speciali. E poi è un movimento recentissimo, vivo, militante, ideato da Li Hongzhi, classe 1952, che è riuscito a fuggire a vive adesso a New York con la sua famiglia.
Il suo libro Zhuan falun (Girando la Ruota del Dharma) è stato pubblicato nel 1994.
Per curiosità leggete le 101 recensioni di Amazon sul libro.

Ho già anche parlato delle persecuzioni che soffrono i praticanti dei movimenti del Qi Gong per mano dei comunisti cinesi (voglio sperare che i buddhisti cinesi non ne siano partecipi).

Questa pagina è per avere un'idea delle torture inflitte ai praticanti del Falun Gong. Mi sono state mandate altre pagine con interviste originali agli scampati e rifugiati in USA, ma penso che basti e avanzi: non credo nel potere educativo delle immagini shock.

Io ho avuto un minimo ma bellissimo contatto con il Falun Gong attraverso un suo praticante che è stato mio subaffittuario a Cambridge: il miglior inquilino che abbia mai avuto, concentrato, sereno, pieno di benevolenza, e mi è molto dispiaciuto che si venuta sua moglie e abbia dovuto lasciare la mia casa. Era un vero piacere averlo e non mi sentivo invasa, in ansia, lievemente preoccupata come mi sono sempre sentita con europei e americani. Ed era pienod i delicatezze mentre io no, non le ho avute. Ecco, uno dei pochi casi in cui ho percepito l'altro più rispettoso di me, con un'idea cosmogonica e morale più netta e più intransigente della mia. Mi sono sentita profondamente bene e ogni contatto era per me una cosa sorridente. Peccato che non l'abbia più rivisto.

pubblicato in: miscellanea, orientalia, politica internazionale/intl politics, diritti umani e animali
tag: Buddhismo, Cina, coltivazione dell'energia, Confucianesimo, Dharma, Falun Gong, Falun Gong Human Rights Working Group, Li Hongzhi, Qi, Sujiatun, Taoismo, tortura, Zhuan falun
 

Ciampa

Forumer storico
Cina, alunni in gita premio per assistere alle esecuzioni
dal corrispondente Federico Rampini
www.Repubblica.it - 28 ottobre 2004

Pena di morte sempre più diffusa: 10 mila vittime l'anno.
Visite guidate per ragazzini delle elementari e delle medie.

PECHINO - Ma Weihua, 29 anni, l'hanno arrestata alla stazione ferroviaria di Lanzhou con l'eroina nascosta sotto la sua gonna gialla. Il possesso di droga è uno dei 69 reati per cui scatta la condanna a morte in Cina. Il suo era un caso speciale, però. Al momento dell'arresto Ma Weihua era incinta e il codice penale esclude dalla sentenza capitale le donne in stato di gravidanza. La polizia di Lanzhou non si è fermata per così poco.
La squadra narcotici ha trasferito Ma dal carcere all'ospedale Kangati dove un medico le
ha praticato subito l'aborto.
Sotto anestesia forzata "perché la paziente si rifiutava di cooperare". Un dirigente della
Pubblica sicurezza di Lanzhou ha dichiarato alla stampa locale che "il codice non deve
diventare un'arma in mano agli spacciatori per sottrarsi alla punizione".
Il caso di Ma rilancia il dibattito sulla pena di morte in Cina. Qui ogni anno la giustizia fa
fucilare o sopprime per iniezione letale almeno diecimila persone: cinque volte più delle
condanne a morte eseguite in tutto il resto del mondo, America compresa.
Nonostante il disagio degli intellettuali e dei dirigenti più illuminati, la pena di morte ha
ancora un solido avvenire in questo paese. Pochi giorni fa a Changsha, capitale della
provincia dello Hunan, centinaia di scolari sono stati guidati dai loro maestri in una
singolare gita premio. Dentro il palazzetto dello sport di Changsha, insieme con altri 2.500 spettatori, i ragazzini delle classi elementari e medie hanno potuto assistere di persona in diretta all'esecuzione di sei condannati.
Lo spettacolo è stato immortalato su un sito Internet: gli scolari in uniforme (dai sei ai
sedici anni) ascoltano dagli altoparlanti la proclamazione dei reati commessi, poi il plotone di esecuzione apre il fuoco. Queste cerimonie pubbliche si moltiplicano in occasione delle festività nazionali. Di recente la provincia dello Yunnan ha acquistato diciotto "celle mobili" equipaggiate per l'iniezione letale, al fine di "migliorare l'efficienza e l'economicità" delle esecuzioni.
A Pechino il governo centrale sembra meno entusiasta di tanta pubblicità. Questo può
spiegare il divario consistente che c'è tra le esecuzioni dichiarate e quelle reali. Nel 2003, per esempio, Amnesty International ha censito 1.639 condanne a morte ufficiali in Cina di cui 726 già eseguite. La stessa Amnesty International nel suo rapporto annuo avverte che "le cifre vere purtroppo sono molto più alte".
La stima di diecimila esecuzioni avanzata dal giurista Chen Zhonglin è considerata
attendibile. Una simile strage non viene giustificata con gravi motivi di ordine pubblico. La Cina non è descritta dalle sue autorità come un paese tormentato da alti livelli di
criminalità, non c'è un clima di allarme sociale per la violenza. E' il sistema giudiziario ad
avere il grilletto facile.
Il professor Xiao Zhonghua dell'Accademia delle Scienze sociali invita a "vigilare contro
l'abuso della pena di morte". Il giurista Liu Renwen dichiara alla rivista Huanqiu: "Nel 1910 sotto l'ultimo regime imperiale, la dinastia Qing, c'era la pena capitale per venti capi d'imputazione. Un secolo più tardi, il nostro nuovo codice penale ha triplicato i casi in cui si applica". Sono inclusi delitti non cruenti come il contrabbando, lo sfruttamento della prostituzione, la profanazione delle tombe, la falsificazione di banconote.
Di recente i reati che si pagano con la vita sono stati ancora aumentati. L'anno scorso
sono stati aggiunti alla lunga lista il crimine di "diffusione deliberata della Sars", e quello di "produzione di materie prime tossiche". Anche la prevenzione sanitaria e la lotta
all'inquinamento si regolano così, in un paese dove secondo Amnesty International "non
esiste la presunzione d'innocenza, le confessioni ottenute attraverso la tortura valgono
come prove in tribunale, gli avvocati difensori non sono tenuti ad essere presenti negli
interrogatori di polizia, e il potere politico interferisce nel sistema giudiziario". Si aggiunge il sospetto che la pena di morte sia somministrata con particolare facilità ai membri di
minoranze etniche non appena scatta contro di loro il sospetto di attività terroristiche (è il caso del tibetano Lobsang Dhondup fucilato a gennaio, e di diversi musulmani Uiguri in
carcere).
Nelle ultime settimane qualcosa sembra muoversi. Una delle massime autorità giudiziarie del paese, il vicepresidente della Corte Suprema del Popolo Huang Songyou, annuncia che i condannati a morte dovrebbero avere diritto di appello presso la sua giurisdizione, cioè il tribunale costituzionale. Sarebbe già un progresso enorme: oggi i giudici che esaminano i ricorsi sono gli stessi che hanno inflitto la pena capitale. Il quotidiano Notizie di Pechino pubblica un appello firmato dai più celebri giuristi del paese, si intitola "Per l'abolizione della pena di morte sui reati economici". Liu Ri, vicepresidente dell'università Hebei, conferma che questo sarebbe il primo passo più ragionevole: "Eliminare la condanna capitale per i reati finanziari, poi per tutti i delitti che non comportano spargimento di sangue".
Questi esperti e magistrati hanno fatto i conti senza l'opinione pubblica. La Cina non ha
libere elezioni o referendum per consultarla, ma almeno ha le rubriche di lettere ai giornali, i forum su Internet e i weblog. La loro reazione a queste proposte non si fa attendere. Sui siti Sohu. com e Sina. com piomba una valanga di proteste: 5.000 interventi contro la clemenza - o la civiltà - invocata dagli esperti. "E' irragionevole - scrive un giovane su Sohu. com - abrogare la pena di morte per i dirigenti politici che prendono le tangenti.
Queste proposte ignorano il sentimento dei cittadini ordinari, offesi e danneggiati dal
dilagare della corruzione".
Alcuni lettori indignati confidano ai giornali il timore che i giudici garantisti siano d'accordo con gli amministratori disonesti. Verso i corrotti nessuno è disposto a usare indulgenza. Per loro neanche l'ergastolo sembra bastare. Il giurista Li Kejie ammette che "molti cittadini sono a favore della legge del taglione, occhio per occhio dente per dente, soprattutto oggi che le riforme economiche creano conflitti e instabilità sociale. L'effetto deterrente e la punizione esemplare della pena capitale diventano ancora più importanti, sembrano dare sicurezza".
In realtà le statistiche rivelano che solo di rado chi ha intascato tangenti finisca davanti al
plotone d'esecuzione. Anche quando succede, si tratta di figure di medio calibro, dirigenti
provinciali gettati in pasto all'opinione pubblica per dare l'impressione che la corruzione
viene combattuta senza pietà. Negli ultimi anni il più alto in grado ad aver pagato con la
vita è un vice-governatore provinciale dello Jianxi, Hu Changqing, fucilato l'8 marzo del
2000 per aver preso 658.000 dollari di mazzette. Quest'anno si segnala un solo caso di
pena capitale per un alto funzionario accusato di ruberie: è Wang Huaizhong, ex vicegovernatore dello Anhui, la cui condanna è stata eseguita il 12 febbraio.
Sulla massa dei condannati a morte i colletti bianchi sono già oggi una minuscola
eccezione. Inoltre, spiega ancora Liu Renwen, "il potere deterrente della pena capitale
contro la corruzione ha dei limiti evidenti. Conosciamo dei casi in cui dopo la condanna a
morte di un amministratore locale per tangenti, il suo successore si è macchiato poco
tempo dopo dello stesso delitto. Questo deve metterci in allarme. La soluzione per
prevenire questo genere di delitti sta nel cambiare il sistema". La migliore cura contro il
giustizialismo dei cittadini, sostiene il giurista impegnato contro le condanne a morte, "è
rendere pubbliche le informazioni sui numerosi errori giudiziari, illustrare la scarsa utilità
pratica della pena capitale".
Forse Liu sopravvaluta la razionalità dei suoi concittadini. O sottovaluta la tensione che
cova dentro la società. Pochi giorni fa nella città di Wanzhou un banale diverbio tra
automobilisti è degenerato quando è intervenuta la polizia: diecimila persone hanno
attaccato le forze dell'ordine e incendiato i loro automezzi, apparentemente senza una
ragione, finché sono dovuti intervenire reparti anti sommossa per sedare la guerriglia. Le autorità ora minimizzano questo incidente, come le tante esplosioni improvvise di
conflittualità sociale nelle campagne, fiammate di ribellione contadina contro i capi-partito che si impadroniscono delle terre comuni per venderle alle aziende o ai palazzinari. La voglia di forca probabilmente è un altro modo di dire le stesse cose. A fare le spese di questo risentimento popolare, purtroppo, non sarà la nomenklatura corrotta. Sarà Ma Weihua, che a 29 anni ha abortito su decisione di un poliziotto, perché neanche il codice penale possa sottrarre la sua vita al potere assoluto del giudice.
 

Ciampa

Forumer storico
grazie Agata per la tua sensibilità

I baby schiavi di Pechino 2008: così nascono i gadget olimpici
La denuncia: lavoro minorile, orari massacranti e salari da fame per gli operai del business del logo.

Il rapporto PlayFair: gravi abusi nelle fabbriche
di Federico Rampini
La Repubblica (12 giugno 2007)

PECHINO - "Ho lavorato dall'alba fino alle due di notte. Ero esausta ma il giorno dopo mi hanno costretto a ricominciare". È una bambina cinese di 13 anni a parlare, una piccola operaia-schiava che fabbrica i gadget con il logo ufficiale per le Olimpiadi del 2008. La sua testimonianza è stata raccolta da attivisti umanitari cinesi che sono riusciti a infiltrarsi in segreto in quattro aziende del sud del paese: tutte lavorano per conto
del Comitato olimpico di Pechino. Queste aziende sono state regolarmente autorizzate a produrre i popolari oggetti in vendita con il marchio dei Giochi: borse e zainetti, T-shirt, berretti, quaderni, figurine e album illustrati per bambini.
Il marketing degli oggetti griffati vale da solo 70 milioni di dollari, per gli organizzatori cinesi delle Olimpiadi.
Ma dietro questo business ci sono fabbriche-lager dove si sfruttano i bambini, vige un clima di terrore, non vengono rispettati neppure i modesti diritti dei lavoratori previsti dalla legislazione cinese. "Nessuno indossa guanti protettivi qui - rivela un altro piccolo operaio che usa vernici tossiche e additivi chimici pericolosi - perché coi guanti si lavora meno in fretta e il caporeparto ti punisce. Le mie mani mi fanno molto male, quando le lavo piango di dolore".

Queste testimonianze sono state raccolte a Shenzhen e nel Guangdong in quattro stabilimenti chiaramente identificati: Lekit Stationery (prodotti di cancelleria), Mainland Headwear Holdings (berretti sportivi), Eagle
Leather Products (pelletteria) e Yue Wing Light Cheong Light Products (zainetti e accessori).

Tutti lavorano alla luce del sole per conto delle autorità olimpiche cinesi.
A smascherare gli abusi sistematici che avvengono in quelle fabbriche sono stati gli attivisti locali di PlayFair 2008, sigla che si traduce in "Gioca lealmente 2008": è un'organizzazione promossa e sostenuta dai sindacati occidentali dei lavoratori tessili e dall'ong umanitaria Clean Clothes. L'inchiesta sul campo è iniziata nell'inverno 2006. Dopo sei mesi di appostamenti, contatti segreti e interviste clandestine con gli operai, il
quadro che emerge è disperante. Il lavoro minorile dilaga, alcuni bambini e bambine hanno appena 12 anni e sono già alla catena di montaggio. Una fabbrica di oggetti di cancelleria impiega venti bambini che ha ingaggiato durante le vacanze scolastiche: lavorano dalle 7.30 del mattino alle 22.30, con gli stessi ritmi degli adulti. Spesso sono obbligati a fare straordinari, non remunerati. Perfino il salario degli operai adulti in
queste aziende, a 20 centesimi di euro all'ora, è la metà del minimo legale in vigore nella regione del Guangdong (già molto basso).
Molti di loro sono costretti a lavorare sistematicamente 15 ore al giorno per sette giorni alla settimana, 30 giorni al mese, senza riposi né festività. I proprietari di Mainland Headwear costringono i dipendenti a mentire in caso di visite da parte degli ispettori del lavoro.
A Shenzhen - la città della Cina meridionale che ha conosciuto un boom industriale spettacolare e ha il più alto reddito pro capite della zona - c'è un'impresa che produce su licenza ufficiale 50 oggetti griffati con il logo olimpico: lì i registri delle buste paga sono stati ripetutamente falsificati dai manager per fare apparire orari più corti e salari più alti. In quella fabbrica gli operai lamentano gravi problemi di salute, incidenti sul
lavoro, malattie della pelle dovute al contatto con agenti chimici, difficoltà respiratorie per le polveri tossiche.
Alcuni operai hanno osato denunciare questi problemi alle autorità locali e sono stati licenziati in tronco.
Il rapporto di denuncia divulgato da PlayFair si intitola "Niente medaglie olimpiche per i diritti dei lavoratori". Guy Rider, segretario generale della Confederazione internazionale dei sindacati del tessile-abbigliamento, ha dichiarato: "È vergognoso che questi gravi abusi avvengano in fabbriche che hanno la licenza ufficiale del comitato olimpico". Il sindacalista ha esortato il Comitato olimpico internazionale (Cio) a premere sugli organizzatori cinesi perché cessino queste violazioni dei diritti umani.
A Pechino il comitato olimpico locale ha reagito annunciando che revocherà le licenze alle quattro aziende incriminate nel rapporto PlayFair. Ma le fabbriche dove avvengono questi abusi sono sicuramente più numerose. Le autorità di polizia locali avrebbero la possibilità di smascherare altre illegalità. A differenza degli attivisti di PlayFair costretti a indagare nella clandestinità, le forze dell'ordine cinesi hanno poteri pressoché illimitati e possono agire alla luce del sole. La ragione per cui non lo fanno è intuibile. In un caso
di cronaca recente 31 operai sono stati liberati dalla schiavitù in una fabbrica di mattoni dello Shanxi. Da un anno lavoravano senza ricevere salario, solo razioni di pane e acqua. Il proprietario della fabbrica era il figlio del boss locale del partito comunista. Sono diffuse le collusioni e l'omertà tra il capitalismo selvaggio, la nomenklatura politica, la polizia e la magistratura.
In vista delle Olimpiadi però la Cina sarà sottoposta a uno scrutinio sempre più pressante da parte dell'opinione pubblica occidentale. Per il regime i Giochi di Pechino sono una formidabile operazione d'immagine, devono consacrare il nuovo status del paese come superpotenza globale, il prestigio di Pechino come capitale cosmopolita e moderna, il fascino turistico della Cina. Ma oltre ad attirare almeno mezzo milione di visitatori stranieri, i Giochi saranno un momento di forte visibilità anche per ogni forma di dissenso, di disagio sociale e di denuncia di abusi.
 

spina57

è....
Perfettamente d'accordo e solidale da quanto detto ed esposto, mi chiedo ma chiesa ?
Pensa eslusavamente alle cose terrene, soldi ecc.......
 

Ciampa

Forumer storico
[center:8317d392fd]TERRIFICANTE[/center:8317d392fd]

NEL 1959 IL TIBET FU INVASO DA PARTE DELLA CINA
questo è un breve resoconto delle conseguenze


FONTE http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_8523.html

FATTI E CIFRE DELLA SITUAZIONE IN TIBET
1. Un milione e duecentomila tibetani (un quinto della popolazione) sono morti come risultato dell'occupazione cinese.
2. Migliaia di prigionieri religiosi e politici vengono detenuti in prigioni e in campi di lavoro forzato, dove la tortura è pratica comune.
3. Le donne tibetane sono soggette a sterilizzazione forzata e a procurati aborti (non solo in Tibet)
4. Le cure mediche non sono accessibili a tutti e le strutture migliori sono riservate agli individui di nazionalità cinese.
5. In Tibet, l'istruzione per i bambini cinesi è nettamente superiore a quella disponibile per i tibetani. Il 70% dei posti nelle strutture educative superiori è riservato ai Cinesi.
6. Il Tibet, un tempo pacifico stato cuscinetto tra l'India e la Cina, è stato trasformato in una vasta base militare, che ospita non meno di 500.000 soldati cinesi, e un quarto della forza missilistica nucleare cinese, valutata complessivamente in 550 testate nucleari.
7. Più di seimila monasteri, templi ed edifici storici sono stati razziati e rasi al suolo, e le loro antiche e insostituibili opere d'arte e i tesori della letteratura sono stati distrutti o venduti dai cinesi, durante le 'riforme democratiche' prima del 1966, e il rimanente durante la Rivoluzione Culturale, secondo le autorità cinesi
8. La Cina in Tibet proibisce I' insegnamento e lo studio del Buddhismo. L'odierna apparenza di libertà religiosa è stata inaugurata unicamente per fini di propaganda e per il turismo.
9. I monaci e le monache continuano a essere espulsi dai monasteri.
10. Le risorse naturali del Tibet e la sua fragile ecologia stanno per essere irrimediabilmente distrutte, come risultato dell'invasione cinese. Gli animali selvatici sono stati praticamente sterminati, le foreste abbattute e il terreno e stato impoverito ed eroso.
11. Sin dall'invasione il Tibet storico è stato diviso dalla Cina Comunista. Le province tibetane dell'Amdo, e gran parte del Kham, sono state incorporate nelle province cinesi di Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan.
12. Nel 1960 la Commissione di Giustizia Internazionale ha rilevato in Tibet sia atti di genocidio sia l'aperta violazione di sedici articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
13. L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato tre Risoluzioni di Condanna alla Cina, per 'violazioni dei fondamentali diritti umani del popolo tibetano' e ha invitato la Cina a rispettare i diritti del popolo tibetano, incluso il proprio diritto alla auto-determinazione.
14. La xxesima sessione della Sotto-Commissione delle Nazioni Unite ha adottato la Risoluzione 1991/L, 19, denominata 'La situazione in Tibet', il 25 agosto 1991, a Ginevra, dopo aver ricevuto ripetuti resoconti delle grossolane violazioni dei diritti umani in Tibet. La Sotto-Commissione ha dichiarato la sua "preoccupazione per le continue violazioni dei fondamentali diritti umani e libertà che mettono in pericolo la particolare identità culturale, religiosa e nazionale del popolo tibetano". Le autorità cinesi in Tibet praticano la discriminazione e la segregazione ufficialmente e apertamente.
15. Il Tibet è controllato strettamente dal partito e dall'esercito Comunista Cinese. Pechino nomina tutti i funzionari superiori del governo e del partito, la maggior parte dei quali non parla tibetano.
16. I tibetani, nonostante il rischio di torture, di imprigionamento e di esecuzioni capitali, non hanno mai accettato l'occupazione cinese del loro paese, mettendo in atto una resistenza a questa occupazione totalmente non violenta e pacifica ma molto determinata. Dal settembre 1987, in tutto il Tibet si sono verificate piu di 100 dimostrazioni contro il dominio cinese, che hanno avuto come risultato piu di 450 morti e la carcerazione di migliaia di tibetani, eseguita senza un regolare processo.
[/center]
 

Ciampa

Forumer storico
[center:7059790ec5]IL GRANDE MAO[/center:7059790ec5]

[center:7059790ec5] :down: [/center:7059790ec5]

Il vero volto di Mao. Settanta milioni di vittime il più grande crimine del secolo
Scritto da Stefano Magni per L'Opinione
lunedì 05 dicembre 2005

Settanta milioni. Dieci milioni in più rispetto all’intera popolazione italiana. Il doppio di tutti i caduti in battaglia nelle guerre combattute nel XX secolo, comprese le due guerre mondiali. Settanta milioni è il numero di vittime del regime comunista cinese, dall’anno della presa del potere (1949) ad oggi. La stragrande maggioranza di esse devono la loro uccisione ad un unico responsabile: Mao Tse-tung. Il team di storici francesi del Libro Nero del Comunismo parlava già di 65 milioni di vittime. Rudolph J. Rummel, però, il maggior esperto di democidi nel XX secolo, nel suo testo monografico “China’s Bloody Century” e poi nel più celebre “Stati assassini”, aveva stimato l’entità del crimine del regime di Pechino in 35 milioni di vittime. Ed era già una cifra apparentemente incredibile. Adesso anche lo stesso Rummel, con una mail girata a tutti i suoi contatti, lo scorso 29 novembre, ha ammesso il suo errore: il regime comunista cinese ha sterminato a freddo, in tempo di pace, circa 70 milioni di suoi cittadini inermi. Mao Tse-tung è il principale responsabile. A far cambiare idea anche agli studiosi più prudenti è stata soprattutto la documentatissima biografia del dittatore comunista, “Mao, The Unknown Story”, di Jung Chang (divenuta celebre per “I cigni selvatici”) e suo marito Jon Halliday. Come è stato possibile sterminare così tanta gente? In così poco tempo, poi? È interessante notare che in tempo di guerra, Mao rimase “tenero”. Per attirare volontari nelle sue fila, in generale, trattò i soldati e la popolazione sotto di lui meglio rispetto ai Nazionalisti, che invece ostentavano una disciplina brutale. Il vero volto di Mao, lo sterminatore, si mostrò solo dopo la sua presa del potere, nel 1949, quando nessuno avrebbe più potuto opporsi al suo assolutismo.
Peggio che nei peggiori racconti dell’orrore, la popolazione fu sterminata a ondate: 8 milioni e mezzo nel primo periodo di purghe (1949-1953); 7 milioni e mezzo durante la “Riforma Agraria” (1954-1958); quasi 11 milioni nel corso del “Riflusso” (1959-1963); quasi 8 milioni a causa della “Rivoluzione Culturale” (1964-1975). Queste sono le vittime uccise direttamente per mano dei boia del Partito. Ma ad esse vanno aggiunti i 38 milioni di vite umane stroncate dalla fame provocata dalla “Riforma Agraria” e dal “Grande Balzo in Avanti”, la folle politica di industrializzazione forzata delle campagne, che qualche comunista nostrano osa ancora portare ad esempio. Ebbene, la “scoperta” più recente è questa: Mao Tse-tung era perfettamente al corrente della carestia e non fece nulla per fermarla. E a tutto ciò si aggiunge un aspetto particolarmente desolante: non c’è stata alcuna giustizia per queste decine di milioni di vittime.
L’attuale regime comunista cinese si considera il legittimo erede del dittatore. Kissinger e Nixon si allearono con Mao. Parte dei nostri capi di Stato occidentali andò a rendergli omaggio. Quanti se ne sono pentiti? Gli storici, assertori dello “Stato forte”, lo ritraggono soprattutto come il padre dell’indipendenza e dell’unità della Cina. Oggi in Europa non consideriamo un problema fare le Olimpiadi a Pechino e stringere accordi con lo stesso regime che, fino a una ventina di anni fa, ha ucciso più persone di tutte le guerre combattute nel nostro continente. Che tuttora fucila mediamente circa 10.000 persone all’anno e mantiene il più grande sistema di campi di concentramento del mondo.
 

nagual

mondo patafisico
Non ho parole, solo un'agghiacciante disagio e una profonda compassione per quelle genti.

Spero che questo sorriso possa fermarli, spero che non riescano mai a spegnerlo.

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Ciampa

Forumer storico
Dear Team Tibet Supporter,

Tell the International Olympic Committee to speak up about the
crisis in Tibet! http://actionnetwork.org/campaign/tibet_IOC

After years of China's repressive policies and a recent increase in
official denunciations of the Dalai Lama, China's heavy-handed
response to peaceful demonstrations by hundreds of monks and nuns
earlier this week has triggered the desperation felt by Tibetans
living under Chinese occupation and led to widespread protests in
Lhasa and throughout Amdo province (present-day Qinghai and Gansu
provinces). In Lhasa on Friday, police fired live ammunition into the
crowd of protesters and unconfirmed reports place the number of dead
at at least 100.

These are not the actions of a responsible Olympic host country.

The International Olympic Committee's continued silence about Tibet
will only embolden China to crack down harder on Tibetans. Please
join more than 150 Tibet organizations in urging the IOC to remove
Tibet from the Olympic Torch Relay route now and to speak up publicly
about the situation in Tibet.

Click here to send a message to the IOC now:
http://actionnetwork.org/campaign/tibet_IOC

After you have sent your message, please also help by:

Supporting the efforts of a Tibet Support Group in your country:
find one near you at
http://www.tibetnetwork.org/itsn/membership/organizations/

Asking friends and family to join Team Tibet:
http://teamtibet.org/supporter/tellafriend

Thank you for your support at this critical time.

Freya Putt

International Tibet Support Network

www.teamtibet.org

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