Mal di budget e la consulenza indipendente
Buonasera Giacomo,
mi permetta di rispondere non con due battute, ma in modo più esteso affinchè sia comprensibile un approccio professionale e non casuale verso gli investimenti. Spero, una volta arrivato in fondo, di averLa aiutata nel Suo intento, seppur partendo da molto lontano.
Vorrei porre l’accento su due articoli pubblicati su “PLUS24”, inserto de “Il Sole 24 Ore”.
Il primo è datato 27 giugno 2009. L’incipit è questo: “Sono un direttore di banca e ho letto con grande piacere il risultato della ricerca pubblicata su “Plus24” del 30 maggio scorso, che a mio avviso può sintetizzarsi così: la vendita di prodotti è fatta soltanto ed esclusivamente in funzione delle commissioni di upfront che gli stessi generano. E questo alla faccia del soddisfare le esigenze del cliente, della Mifid e così via dicendo.”
L’articolo prosegue con la descrizione dell’inquietudine che questo direttore di banca vive. Si trova infatti di fronte ad una doppia strada: seguire le indicazioni della banca, pensando “soltanto ai budget” e non curandosi “del domani e del rispetto del cliente”, o “consigliare ogni cliente con la giusta interpretazione delle sue esigenze”, senza dover pagare “un prezzo altissimo in termini di serenità personale e qualità della giornata lavorativa” per aver fatto “acquistare un Cct al posto di una polizza index linked”, sicuramente non remunerativo per l’istituto come la seconda!
Il secondo articolo, pubblicato in data 11 luglio 2009, non è altro che la risposta al primo da parte di un “vecchio bancario” – così si firma l’autore dello stesso e recita così:
“Caro bancario in crisi, … , sono un tuo collega con più capelli bianchi di te e quindi mi ritengo nella posizione di dare una risposta abbastanza certa al tuo angosciante interrogativo: ovverosia se il lavoro del bancario deve essere soltanto quello di venditore oppure se potrà mai assurgere al ruolo più nobile di consulente. Ebbene caro giovane collega, non farti illusione alcuna: il tuo ruolo sarà sempre e soltanto quello di venditore di prodotti della tua banca e su questa capacità sarai valutato.
Già alla metà degli anni ‘80, in piena era dei “Bot people”, noi sportellisti eravamo spronati dalla direzione a far sottoscrivere ai clienti i libretti della casa, meno vantaggiosi, piuttosto che i famigerati, ma molto redditizi titoli di Stato. E per riuscire nella difficile impresa si usavano tutte le armi: addirittura dovevamo lasciar intendere che lo Stato italiano sarebbe fallito di li a poco mentre le banche e i loro depositi avrebbero prosperato in tutta sicurezza.
Come vedi già molti anni fa in banca si raccontavano molte cose nelle quali si credeva veramente.
D’altra parte non vedo perché dovrebbe essere diverso: le banche sono imprese come le altre e ovviamente tendono alla produzione del massimo utile. Non credo che nel salone di un concessionario il venditore ti consigli l’auto di una marca diversa. Ma allora da cosa nasce il tuo grido di dolore, povero bancario in crisi? Forse da aspettative deluse. Ma allora i colpevoli sono scuola e università che hanno creato falsi miti: quando in banca entravano più ragionieri che dottori forse i sogni di gloria erano molto inferiori e quindi minori le delusioni. E per aprire gli occhi ai giovani diciamo che oggi in banca tutti, dal cassiere all’amministratore delegato, fanno prevalentemente lo stesso mestiere: quello di vendere i servizi della propria azienda.
O forse la tua angoscia nasce dal constatare un comportamento costantemente illecito nell’esercizio della legittima attività di vendita: e allora il problema è più importante e riguarda seriamente tutti noi in veste di cittadini.
Perché a certe banche è consentito perseverare in comportamenti scorretti? Perché tutti gli scandali finanziari degli ultimi anni finiscono sempre in una bolla di sapone?Perché un dirigente bancario, che ha alleggerito un povero pensionato, rimane a piede libero? Perché le norme per regolamentare il sistema (vedi la recente Mifid) sono totalmente contorte che sembrano fatte apposta per essere mal interpretate e quindi mai applicate?
Anche per questi quesiti credo di avere una risposta, giovane collega: perché il potere finanziario è forte e a esso si è attaccata tutta la società politica, produttiva e consumatrice. Tutti noi abbiamo contribuito a far nascere l’ “onnipotente” dragone. Ti sembra il finale di una eroica saga cavalleresca? Beh, non è sicuramente così nobile, ma è la realtà. Tu, in quanto vassallo di questo impero,puoi serenamente approfittare del ruolo (fin che dura) e pagare tranquillo le rate mensili del tuo mutuo oppure, se preferisci per le tue ambizioni, saltare fuori.
Alternative in banca non ne hai e non ne avrai mai.”
L’articolo è tristemente mordente e, ahimè, veritiero. Non solo, all’ultimo periodo aggiungo che le alternative non esistono né in banca, né nel mondo della promozione finanziaria, come in quello delle compagnie assicurative.
Purtroppo, sino a quando l’attività della consulenza sarà legata a quella della vendita, il cliente sarà costretto a subire le scelte che qualcuno altro farà al suo posto in nome del budget.
La storia – mi riferisco alla “saga cavalleresca” – non è certo a lieto fine per il dipendente di banca. Per il cliente invece c’è una via d’uscita che solo lui può mettere in atto: se avrà la volontà di rivolgersi ad un consulente finanziario indipendente, figura “super partes”, assolutamente al di fuori di ogni possibile conflitto d’interesse, toccherà con mano che si può essere salvaguardati e tutelati anche se l’intero sistema non è stato ancora messo a punto!
Antonietta De Vito.
Studio Dolza & De Vito.
www.studio-dolzadevito.it