sharnin
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La vicenda professionale e umana di Felice Ippolito fu drammaticamente segnata nel 1963 da un caso giudiziario, il primo del genere e il più clamoroso nella storia dell'Italia repubblicana, in seguito al quale egli fu processato e condannato per illeciti penali concernenti lo svolgimento delle sue funzioni di responsabile di un ente pubblico. Si trattò di un processo che suscitò grande scalpore e che rappresentò una sorta di spartiacque nella storia della politica energetica e della ricerca scientifica in Italia.
In seguito al "caso Ippolito", infatti, si verificò un brusco rallentamento dei grandi programmi di ricerca nucleare e venne meno il collegamento con iniziative di applicazione industriale. E' opinione diffusa che tale rinuncia a perseguire il progetto nucleare, che avrà effetti di lungo periodo sulla diversificazione e sulla sicurezza energetica nazionale, costituisca anche uno degli episodi all'origine del difetto di modernizzazione dell'industria italiana nelle alte tecnologie.
La vicenda nucleare rientra quindi nel quadro di un'ulteriore anomalia dello sviluppo economico italiano di questo dopoguerra, che si configura come un caso di "modernizzazione senza innovazione", di "sviluppo senza ricerca" .
Le prime, ormai classiche, ricostruzioni di tale vicenda sono dovute alle penne brillanti, ma ispirate da animosità di lunga data, dei protagonisti, che hanno contribuito a perpetuare una visione personalistica e polemica del progetto nucleare degli anni Cinquanta. Altri autori hanno proposto una lettura di tale progetto come "occasione mancata" di una "opportunità strategica di sviluppo" dell'industria italiana5; o un'interpretazione del caso Ippolito in termini di "complotto" per porre fine a una politica di diversificazione energetica che toccava forti interessi economici e politici, in particolare quelli dell'industria petrolifera internazionale e dei suoi referenti nazionali. Recentemente, alcuni studi hanno cominciato a indagare gli aspetti istituzionali del progetto nucleare e la genesi politica del caso Ippolito.
http://www.rubbettino.it/rubbettino/pdf/594.pdf
E’ doveroso riportare, per la meditazione di tutti coloro che hanno avversato lui e il nucleare, una frase di Felice Ippolito che nel 1962 ebbe a scrivere, a proposito degli approvvigionamenti di petrolio dal Medio Oriente: “ Tali approvvigionamenti infatti, in quanto soggetti agli alti e bassi della situazione internazionale ed alla instabilità politica dei paesi del Medio Oriente […] sono suscettibili di determinare improvvise e gravi crisi economiche”. E più avanti: “ La competitività di ogni forma di energia deve tener conto di un coefficiente, che esprima la probabilità che l’attuale pressione dell’offerta di fonti energetiche tradizionali sul mercato possa, per ragioni politiche o tecniche, improvvisamente ridursi o cessare, con conseguente grave squilibrio per un paese largamente importatore come il nostro”
http://www.ideazione.com/settimanale/3.economia/63-12-04-2002/caglioti.htm
Il nostro Paese vivacchiava con un suo nucleare essenzialmente sperimentale e di ricerca; aveva e preparava bravissimi tecnici; aveva delle ricerche avanzatissime portate avanti dall'allora CNEN (oggi: ENEA), ente a capo del quale vi era stato un grande personaggio, Felice Ippolito; tutto vivacchiava però perché interessi USA avevano bloccato le nostre ricerche anche sul fronte nucleare proprio a partire dall'eliminazione dal CNEN di Ippolito. Il petrolio era gestito in regime di monopolio da parte delle solite sette sorelle con la sorellina italiana ENI, ridimensionata di molto dall'assassinio di Mattei organizzato dalla CIA nel 1963. Lo scorrazzare di tali multinazionali aveva distrutto l'ambiente italiano con raffinerie aggressive su tutto il territorio.
F.I. aveva detto “Senza indipendenza energetica non c’è libertà. Queesta metanizzazione sfrenata ci porta ad essere schiavi. Se domani i fondamentalisti islamici interrompono il gasdotto dall’Algeri noi siamo col CULO A TERRA e se la Russia lo dovesse interrompere per qualche motivo interno noi siamo così”
In seguito al "caso Ippolito", infatti, si verificò un brusco rallentamento dei grandi programmi di ricerca nucleare e venne meno il collegamento con iniziative di applicazione industriale. E' opinione diffusa che tale rinuncia a perseguire il progetto nucleare, che avrà effetti di lungo periodo sulla diversificazione e sulla sicurezza energetica nazionale, costituisca anche uno degli episodi all'origine del difetto di modernizzazione dell'industria italiana nelle alte tecnologie.
La vicenda nucleare rientra quindi nel quadro di un'ulteriore anomalia dello sviluppo economico italiano di questo dopoguerra, che si configura come un caso di "modernizzazione senza innovazione", di "sviluppo senza ricerca" .
Le prime, ormai classiche, ricostruzioni di tale vicenda sono dovute alle penne brillanti, ma ispirate da animosità di lunga data, dei protagonisti, che hanno contribuito a perpetuare una visione personalistica e polemica del progetto nucleare degli anni Cinquanta. Altri autori hanno proposto una lettura di tale progetto come "occasione mancata" di una "opportunità strategica di sviluppo" dell'industria italiana5; o un'interpretazione del caso Ippolito in termini di "complotto" per porre fine a una politica di diversificazione energetica che toccava forti interessi economici e politici, in particolare quelli dell'industria petrolifera internazionale e dei suoi referenti nazionali. Recentemente, alcuni studi hanno cominciato a indagare gli aspetti istituzionali del progetto nucleare e la genesi politica del caso Ippolito.
http://www.rubbettino.it/rubbettino/pdf/594.pdf
E’ doveroso riportare, per la meditazione di tutti coloro che hanno avversato lui e il nucleare, una frase di Felice Ippolito che nel 1962 ebbe a scrivere, a proposito degli approvvigionamenti di petrolio dal Medio Oriente: “ Tali approvvigionamenti infatti, in quanto soggetti agli alti e bassi della situazione internazionale ed alla instabilità politica dei paesi del Medio Oriente […] sono suscettibili di determinare improvvise e gravi crisi economiche”. E più avanti: “ La competitività di ogni forma di energia deve tener conto di un coefficiente, che esprima la probabilità che l’attuale pressione dell’offerta di fonti energetiche tradizionali sul mercato possa, per ragioni politiche o tecniche, improvvisamente ridursi o cessare, con conseguente grave squilibrio per un paese largamente importatore come il nostro”
http://www.ideazione.com/settimanale/3.economia/63-12-04-2002/caglioti.htm
Il nostro Paese vivacchiava con un suo nucleare essenzialmente sperimentale e di ricerca; aveva e preparava bravissimi tecnici; aveva delle ricerche avanzatissime portate avanti dall'allora CNEN (oggi: ENEA), ente a capo del quale vi era stato un grande personaggio, Felice Ippolito; tutto vivacchiava però perché interessi USA avevano bloccato le nostre ricerche anche sul fronte nucleare proprio a partire dall'eliminazione dal CNEN di Ippolito. Il petrolio era gestito in regime di monopolio da parte delle solite sette sorelle con la sorellina italiana ENI, ridimensionata di molto dall'assassinio di Mattei organizzato dalla CIA nel 1963. Lo scorrazzare di tali multinazionali aveva distrutto l'ambiente italiano con raffinerie aggressive su tutto il territorio.
F.I. aveva detto “Senza indipendenza energetica non c’è libertà. Queesta metanizzazione sfrenata ci porta ad essere schiavi. Se domani i fondamentalisti islamici interrompono il gasdotto dall’Algeri noi siamo col CULO A TERRA e se la Russia lo dovesse interrompere per qualche motivo interno noi siamo così”