incollo un articolo di Fugnoli (cosa volete farci , ho un debole per come scrive...)
“Ma allora il battito d’ali di un gabbiano può cambiare per sempre il corso del tempo!”. Così osservò un collega meteorologo nel 1963 nel sentire le idee non ortodosse di Edward Lorenz, che si era convinto che per prevedere un po’ meglio le giornate di sole e di pioggia bisognava cominciare a usare la teoria del caos.
L’osservazione piacque a Lorenz, che però sostituì al gabbiano la più poetica farfalla e nel 1972 intitolò un nuovo studio “Può il battito d’ali di una farfalla in Brasile causare un tornado in Texas?”. Così nacque, in un contesto scientifico serissimo, l’effetto farfalla, un meme contagioso uscito ben presto dall’accademia ed entrato nell’uso comune.
Nelle scorse settimane la farfalla è sembrata battere le ali non nella foresta amazzonica, ma tra il Danubio e il Volga. A metà febbraio Kenneth Rogoff di Harvard ha illustrato il concetto con chiarezza. “C’è un effetto domino. I mercati del credito sono collegati. Una crisi creditizia in Europa orientale e nei paesi baltici può diventare una valanga che potrebbe far cadere i bond municipali di New York”. Durante il percorso dal Baltico a New York, naturalmente, la valanga avrebbe travolto (nelle versioni via via più radicali che la teoria è venuta assumendo) le banche dell’Europa occidentale, il debito pubblico dei paesi europei, l’euro e il concetto stesso di unione monetaria, l’Unione Europea e tutti i titoli di debito del mondo forse, per qualche giorno, i T-Bill).
L’implosione dell’economia globale, già in caduta libera, sarebbe stata inarrestabile. Per un meteorologo dei giorni nostri il modello non lineare che si usa per prevedere una tempesta è lo stesso che serve a prevederne la fine. Come categoria del linguaggio comune, tuttavia, l’effetto farfalla viene citato per spiegare l’inizio di una catastrofe, ma mai la sua fine. Il patriota serbo che spara all’arciduca Franz Ferdinand provoca la Finis Europae e viene citato anche nei corsi universitari come la causa che fa precipitare nella Grande Guerra un mondo che da tempo viveva sull’orlo dell’abisso ma non ci era ancora caduto dentro. Manca però, nell’immaginario storiografico e collettivo, l’equivalente di segno opposto del patriota serbo, ovvero l’elemento singolo che mette in moto la conclusione del conflitto, la fine della valanga.
Quanto alla seconda guerra mondiale, è stato un film, Il Nemico alle Porte, a popolarizzare la storia del cecchino Vassilij Zaitsev che, vincendo tra le macerie di Stalingrado il duello con l’aristocratico ufficiale della Wehrmacht cambia gli equilibri del conflitto e mette in moto la catena di eventi che porteranno alla fine della guerra. Una storia che, prima che Jude Law se ne occupasse nel ruolo di Zaitsev, era nota solo in Unione Sovietica.
Prima o poi, da qualche parte nel mondo, una farfalla provocherà la fine della crisi. Probabilmente non sapremo mai, neanche a crisi finita, quando e dove si sarà prodotto il battito d’ali decisivo. Forse c’è appena stato. Il comunicato preparatorio del G20 nei giorni scorsi ha deciso di avviare un massiccio processo di ricapitalizzazione del Fondo Monetario. Mancano ancora importanti dettagli (chi metterà quanto e in cambio di che cosa) che verranno comunque in gran parte decisi entro poche settimane, forse già il 2 aprile.
Nelle stime forse un po’ ottimistiche di Stephen Jen di Morgan Stanley, mettendoci dentro tutto, ma proprio tutto, qualcosa come 750-850 miliardi potrebbero rendersi disponibili per i paesi in difficoltà. Se consideriamo le qualificate dichiarazioni europee e tedesche per cui i paesi dell’Europa occidentale in eventuale difficoltà non avranno bisogno del Fondo Monetario perché le cose verranno risolte in casa (cioè in Eurolandia), se consideriamo che l’Asia attraversa una fase ancora più difficile di Europa e America ma non ha problemi di bilancia dei pagamenti perché è piena di dollari, se consideriamo che l’America Latina ha anch’essa riserve abbondanti e che l’Africa può essere aiutata con un esborso limitato, la stragrande parte di quei 750-850 miliardi (ma probabilmente andrebbe bene anche con meno) finanzierà la caccia alla farfalla che è stata avvistata tra il Danubio e il Volga.
Per dare un’idea delle proporzioni, calcolato a spanne il Pil di quell’area è di un trilione e qualcosa e arriva a poco più di due se si include anche la Russia (che ha ancora 380 miliardi con cui aiutarsi da sola).
Non si era finito di considerare positivamente (con un primo recupero dell’euro e delle valute dell’est) l’esito del G20 che ora arriva lo shock and awe (qualcosa come stupisci e intimorisci in gergo militare) della Fed. Da un Fomc da cui non ci si aspettava nulla arriva il pugno sul tavolo di 1.15 trilioni aggiuntivi di mutui cartolarizzati e di titoli del tesoro da comprare sul mercato. L’obiettivo è quello di un attacco a tenaglia sui tassi dei mutui, in modo da accelerare la fine della caduta del valore delle case. Annunciando la disponibilità a comprare i titoli di Fannie e Freddie se ne abbassa il rendimento.
Con l’acquisto dei T-Bond (più probabilmente T-Note a 2-5 anni) si abbassa il rendimento della carta governativa su cui viene applicato lo spread di Fannie e Freddie (con un’ulteriore limatura dei loro rendimenti). Certo, questo massiccio intervento sulle agenzie può anche essere dovuto al fatto che la Cina, la Russia e parecchi altri paesi stanno vendendo questi titoli (comprando peraltro un’identica quantità di Treasuries), ma non è questo il punto decisivo.
Mentre il Congresso dedica la prima di una serie di giornate al recupero simbolico di qualche milione di bonus Aig (anche il consenso è importante, senza consenso non si va lontano, come ben sapeva Roosevelt) la Fed con un tratto di penna crea spazio per portare il suo bilancio da meno di due a tre trilioni. Gli ortodossi alla Poole commentano subito aciduli che questo è un segno di debolezza, tanto dell’economia americana quanto della Fed.
Attenzione, però. La Fed si dichiara pronta ad acquistare questa montagna di titoli, ma non è detto che lo faccia. La speranza è che il mercato segua lo slogan di Pimco (compriamo quello che compra il governo, aiutiamo lui e aiutiamo noi) e che gli acquisti diretti (con conseguente creazione di base monetaria) siano in realtà percepiti dal mercato come una put. La Fed , in altre parole, comprerà non sempre e comunque, ma se e quando i rendimenti non scenderanno come auspicato.
Prima di gridare all’inflazione, come sentiremo fare nei prossimi giorni da più parti, si considerino anche questi altri fatti
1) Lo scenario di base vede per il 2010 inflazione negativa in America e, per gli anni successivi, una discesa ulteriore (ipotesi, tra gli altri, di Goldman Sachs). Anche l’Europa è a rischio
2) La venerata Taylor rule, calcolata da più parti (Goldman, Morgan Stanley, Bca) darebbe già per l’oggi i Fed Fund a meno 5 per cento, che diventa meno 8 per l’anno prossimo. E’ uno scenario temibilissimo di debt deflation. Per Goldman occorrono stimoli per 10 trilioni (per ora non siamo nemmeno a metà, e in buona parte ancora solo sulla carta) per ridare il segno positivo ai Fed Fund (sempre secondo la Taylor rule).
3) La Fed ha comprato e prontamente rivenduto carta commerciale e fondi monetari. Quanto a Fannie e Freddie, ha proceduto finora con estrema lentezza, comprando effettivamente una parte molto piccola dell’importo potenziale annunciato.
Sentiremo anche dire, nei prossimi giorni, che con queste misure banche centrali e governi stanno raschiando il fondo del barile e sono prossimi all’esaurimento degli spazi di manovra. Una tesi che girava già un anno fa e che è stata più volte smentita dai fatti.
Le prime reazioni dei mercati sono buone. L’effetto positivo sui Treasuries non è di molto inferiore a quello conseguito dalla Bank of England dopo l’annuncio del piano d’acquisto della carta governativa. Sulla carta americana suggeriamo l’acquisto su qualsiasi debolezza di agenzie e di T-Note a 2-5 anni. Benefici arriveranno anche in Europa.
L’euro, con la pioggia di aiuti sull’est e con la garanzia implicita sul debito di tutti i soggetti di Eurolandia, può risollevarsi e dare respiro al dollaro, ma non pensiamo a grandi cose.
Stiamo in guardia, nei prossimi giorni, rispetto a nuove sorprese che potrebbero arrivare sul fronte Public-Private Fund e sul fronte Talf. Si sta discutendo di fondere i programmi. Se ci saranno sorprese saranno positive (ampliamenti ulteriori o, più verosimilmente, un allargamento delle possibilità di utilizzo).
Per la borsa, la cosa più positiva che si può dire sul rally in corso è che nessuno lo prende sul serio. Il massimo che si sente dire è che abbiamo visto i minimi, ma nessuno si sogna di dire che quello che vediamo sia qualcosa di diverso da un bear market rally. Condividiamo pienamente, ma il fatto che lo si dica tutti può dare al rally la possibilità di non sgonfiarsi subito. All’orizzonte, tempo due settimane, si profilano però minacciosi gli utili trimestrali. Le ambizioni, in borsa, devono mantenersi molto modeste. Questo, in generale, non va interpretato come un momento per rilassarsi nemmeno nel migliore degli scenari possibili. Viaggiavamo su una nave che imbarcava molta acqua e che aveva a bordo bombe devastanti innescate.
Anche se alcune bombe sono state disinnescate ne restano altre. La nave, nel frattempo, continua a imbarcare acqua. Il problema, infatti, è che il cecchino Vassilij Zaitsev fu forse il granello di sabbia che spostò gli equilibri della storia nel terribile dicembre del 1942. La guerra finì però alla fine di agosto del 1945, dopo milioni di altre vittime, decine di città europee rase al suolo e due bombe atomiche. Anche se la vittoria, come dice paterno Bernanke, è certa, la guerra, durissima, continua.