Nel bianco nordest: sono orgoglioso che qui Eluana possa finalmente trovare pace

(ANSA) - NAPOLI, 7 FEB - Un caloroso applauso ha accolto l'ingresso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel palco del Teatro San Carlo a Napoli. Dalla platea in molti si sono alzati in piedi applaudendo a lungo. Napolitano ha risposto con un cenno della mano e dalla platea si e' levato anche l'urlo 'Viva la Costituzione' seguito da altri applausi all'indirizzo del presidente. Il Capo dello Stato ha ascoltato l'esecuzione dell'inno di Mameli unendosi al coro del teatro.
 
Insomma, praticamente il contrario di Silvio.
Cosa farà l'Italia quando non ci sarà più Silvio?:rolleyes:

Vabbé, Silvio fa il politico ... :D ho trovato molto dignitosa la presa di posizione di Fini, da quella parte dello schieramento politico: ha dato una prova di non sottomissione alle gerarchie ecclesiastiche che potrebbe costargli qualche simpatia oltretevere, quando era facile omologarsi al coro...
 
(ANSA) - NAPOLI, 7 FEB - Un caloroso applauso ha accolto l'ingresso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel palco del Teatro San Carlo a Napoli. Dalla platea in molti si sono alzati in piedi applaudendo a lungo. Napolitano ha risposto con un cenno della mano e dalla platea si e' levato anche l'urlo 'Viva la Costituzione' seguito da altri applausi all'indirizzo del presidente. Il Capo dello Stato ha ascoltato l'esecuzione dell'inno di Mameli unendosi al coro del teatro.


oohh signur!!!!
:wall:
 
Questa vicenda mi rende triste, come mi rende triste pensare alla nostra precarietà.
Sinceramente non lo sò, ma davvero non lo sò, non me la sento di prendere posizione in merito.
Non ne ho la minima idea.
Capisco il dolore dei genitori, ai quali secondo mè andrebbe a questo punto lasciato il diritto di decidere.
Però non me la sentirei di essere sfavorevole a priori all'alimenazione artificiale anche perchè, rarissimi casi di risvegli dopo tanti e tanti anni ce ne sono stati.
Da genitore, proprio non saprei che fare in tale situazione.
Sapessi per certo che mantenere in vita una persona comporta per ella sofferenze, bè, potrei rinunciare al mio egoismo e staccare la spina ma, non sapendolo e non potendolo sapere, personalmente credo che dovesse succedere ad un mio caro bè, credo prevarrebbe il mio egoismo.
Fossi sicuro dell'esistenza di una vita ultraterrena migliore bè, anche in quel caso non mi accanirei con la terapia, ma poichè non posso averne la certezza, credo che opterei per tenere in vita la persona....anche solo e soltanto per andarla a trovare e guardarla in faccia.
Certo è che non posso sapere cosa provochi ad un padre la visione di una figlia straziata da una paralisi di 17 anni in un letto...anche questo non lo sò.
E poi, che limite temporale si dovrebbe porre per poter staccare la spina in libertà??? Uno, due, tre, quattro, dieci anni? Quando???
Non lo sò, proprio non lo sò e non me la sento nè di essere a favore nè contrario....nè tantomeno orgoglioso. Certo che se esistesse un Dio, una qualche illuminazione in tal senso ce la potrebbe pure dare....penso a questo e divento ancòr più triste.
Mah....non so nemmeno perchè ho scritto sinceramente.
Ciao
 
Treviso. «La mia Sara come Eluana,
non rinuncerei mai a tenerla in vita»




TREVISO (7 febbraio) - «Sa quanto è passato? 2066 giorni». Flavio Righetto parla con calma, ma gli occhi tradiscono l’enorme dolore che si porta dentro. Oltre duemila giorni fa, sono sette anni, la figlia minore Sara, diciassettenne, entrava nella sala operatoria del reparto di neurochirurgia del Ca’ Foncello di Treviso.
Era dicembre del 2001, il 19. Poche settimane prima i medici avevano diagnosticato alla ragazza un tumore al cervello. Le avevano dato poche speranze: «Non arriverà a Natale».
Ma lei e i suoi genitori non si arresero e, assieme, decisero di affrontare quell’intervento disperato. Per Sara e per la sua famiglia fu l’inizio di un tunnel. L’operazione tecnicamente riuscì. Il tumore venne asportato, ma a carissimo prezzo: Sara, da allora, non si è più risvegliata.

«Coma vegetativo», sentenziarono i medici. Sette anni. Da allora Flavio, la moglie Silvia e il figlio maggiore Dario si prendono cura di Sara. Ogni giorno. Lei vive stesa in un letto nella casa di famiglia a Quinto, a due passi da Treviso. Una normalissima villetta a schiera. Il Comune, facendo uno strappo alla regola, ha concesso ai Righetto di costruire una nuova stanza su un pezzetto di terra lungo quindici metri. Lì riposa Sara, trovano spazio le sue cose, le attrezzature mediche che l’aiutano a vivere. Respira da sola, anche se una bombola d’ossigeno è sempre a disposizione per soccorrerla, ma viene alimentata con un sondino.

Sara non si muove, non sente, non parla, non sembra riconoscere nessuno. É come sospesa. Ma quando dorme chiude gli occhi e quando è sveglia li tiene aperti. Solo questo piccolo movimento dimostra che in lei c’è ancora una scintilla di vita. «Qualche volta scende una lacrima», dice il papà. Flavio e sua moglie non vogliono smettere di lottare. «Sara è mia figlia e non la lascerò - dice Flavio -, fino a quando avrò la forza fisica e psicologica le starò accanto. Non la darò a nessuno. Nessuno può immaginare che cosa voglia dire reggere questo dolore».

Flavio lavora. A Quinto gestisce un’edicola. Ogni giorno si sveglia alle quattro e mezza di mattina, entra nella stanza di Sara e la accudisce: la cambia, la gira. Le fa una carezza, la saluta. Poi, alle cinque e un quarto, apre l’edicola. «Dopo l’operazione abbiamo girato gli ospedali di tutta Italia per tre anni, ma con pochi risultati. I medici dicono che non c’è speranza, che non si riprenderà. Ma io, fino a quando Sara starà con noi, continuerò a sperare».

Flavio non vive sotto una campana di vetro. Segue la vicenda di Eluana Englaro. Capisce il dolore del padre, ma non seguirebbe mai la sua strada: «Non voglio giudicare, non mi spetta. Posso comprendere che non ce la faccia più, ma io non rinuncerei mai al piccolo piacere di dare una carezza a mia figlia: fa piacere a me, ma so che anche Sara è contenta. Non sceglierei mai di mettere fine alla sua vita, potrei farlo solo impazzendo. Sul caso Englaro si sta facendo troppa confusione, però c’è qualcosa che non mi torna: perchè non ha lasciato Eluana con le suore che l’accudivano, che le regalavano un sorriso? Immagino però che un giorno, quando Eluana non ci sarà più, quel papà si sentirà più solo».

Flavio parla senza agitarsi, ma gli occhi continuano a tradire. Quando nomina Sara diventano rossi di commozione. È un papà che ragiona col cuore e che lotta disperatamente per difendere la sua famiglia: «Prima dell’operazione - ricorda - Sara mi disse che non voleva rimanere un vegetale. Era agitata, nervosa. Io le risposi: "Ma cosa dici, guarda che domani ti preparo una pastasciutta". So che lei, adesso, non vorrebbe farla finita. Quella volta disse così perchè spinta dall’emozione e dalla paura. Ma io conosco bene mia figlia. È sempre stata una ragazza piena di vita; aveva diciassette anni, era una studentessa discreta e molto bella».

Sara ora ha 24 anni e tra meno di un mese, il primo marzo, ne farà 25. Sarà un giorno come tanti altri, la vita continuerà a scorrere. Un fiume diventato rigagnolo, ma che Flavio non intende interrompere. E continua a parlare anche di Eluana, non riesce a capacitarsi che possa morire.

Flavio non è un integralista, ma una persona pratica che accanto al dolore vive ogni giorno. Fatica a capire anche chi scende in strada per manifestare contro la morte di Eluana o chi passa la notte davanti all’ospedale di Udine con i cartelli in mano: «Lo dico a tutti: perchè queste persone che manifestano non traducono le loro azioni in qualcosa di veramente utile? Perchè non aiutano famiglie come la mia? L’altro giorno vedevo in televisione le persone che all’una e mezza di notte si mettevano davanti all’ambulanza che trasportava Eluana in clinica. La volevano fermare. In casa mia, a quell’ora, ci eravamo alzati già un paio di volte per guardare Sara. Quella gente, invece di protestare, potrebbe aiutarci: se lo facesse si sentirebbe meglio».
 
Purtoppo l'uomo non ti fa trovare pace neanche nella morte.


Quando entra nel merito della vicenda di Eluana Englaro, cita il francese Jean Baudrillard. Da 17 anni, per Reale, Eluana Englaro sopravvive a prezzo della vita. «La tesi portata avanti da molti uomini della Chiesa, e ora anche del governo, è sbagliata e va corretta — dice il filosofo —. Nel caso di Eluana vedo un abuso da parte di una civiltà tecnologica totalizzante, così gonfia di sé e dei suoi successi da volersi sostituire alla natura. Si è perduta la saggezza della giusta misura. La Chiesa, e il governo insieme a lei, sono vittime di questo paradigma culturale dominante».
[...] Se il diritto alla vita perde la precedenza su tutti gli altri valori, sa anche lei quale potrebbe essere il prossimo passo: parlare in termini meno ideologici di eutanasia. «Errore. Io non lascio aperto nessuno spiraglio all'eutanasia. Non dico: fammi morire. Ma: lasciami morire come ha stabilito la natura. Né io, né tu. La natura. Prendiamo il caso di Piergiorgio Welby, che ho seguito da vicino. Welby sostanzialmente non disse: staccate la spina. Ma: lasciate che la natura faccia il suo corso, non fatemi restare vittima di una tecnologia che costruisce qualcosa di sostitutivo e artificiale rispetto alla natura. È un'affermazione identica a quella che si dice abbia fatto Giovanni Paolo II: lasciatemi tornare alla casa del Padre».
http://www.youtube.com/watch?v=BQylkvcGCbw
 
Bellissima intervista al teologo tedesco Hans Kung da parte dell'Annunziata oggi pomeriggio su questa vicenda e sul pontificato di Benedetto XVI...

Il link per chi la volesse vedere. Mezz'ora spesa bene come poche.

http://www.rai.tv/mpplaymediageneric/0,,RaiTre-In1-2h%5E0%5E184211,00.html


Aggiungerei anche questo articolo di Barbara Spinelli sulla Stampa (giornale che per altro si è inventato una intervista a Di Pietro e da lui smentita).

BARBARA SPINELLI
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Solo in apparenza c’è contraddizione fra l’enorme caduta di autorità manifestatasi ai vertici della Chiesa in occasione della riabilitazione dei vescovi lefebvriani e il potere non meno grande che il Vaticano ha esercitato, e sta esercitando, sul caso Englaro e sullo scontro tra istituzioni in Italia. Nel lungo periodo il primo caso finirà forse col pesare di più: i libri di storia racconteranno nei prossimi secoli quel che è accaduto nella Santa Sede, quando un Pontefice volle metter fine a uno scisma, tolse la scomunica ai vescovi di Lefebvre, e mostrò di non sapere bene quello che faceva. Mostrò di ignorare quel che la setta sostiene, e quel che un suo rappresentante, il vescovo Williamson, afferma sul genocidio nazista degli ebrei: genocidio che il vescovo nega («gli uccisi non furono 6 milioni e non morirono in camere a gas») e che non giustificherebbe il senso di colpa della Germania. Un papa tedesco inconsapevole di quel che Williamson divulga da anni fa specialmente impressione.

I libri di storia racconteranno com’è avvenuto il ravvedimento, non appena il cancelliere Angela Merkel gli ha chiesto d’esser «più chiaro»: i giornali tedeschi, impietosi, descrivono il suo cedimento alla politica, la sua caduta nel peccato (è un titolo della Süddeutsche Zeitung), la fine di un’infallibilità che è dogma della Chiesa dal 1870, per volontà di Pio IX. Il rapporto con il caso Eluana c’è perché anche quando esercita poteri d’influenza sproporzionati, nei rapporti con lo Stato italiano, la Chiesa pare agire come per istinto, senza calcolare a fondo le conseguenze: interferisce nelle leggi del potere civile, sorvola su sentenze passate in giudicato, disturba gravemente lo scabro equilibrio fra Stato italiano e Vaticano. Difende l’idea che lo Stato debba essere etico, e che solo il Vaticano possa dire l’etica. Dopo essersi rivelato impotente di fronte al mondo - impotente al punto di «piegarsi» sulla questione lefebvriana - è come se il Vaticano si prendesse una rivincita locale in Italia, esibendo una forza che tuttavia è più apparente che reale. È apparente perché le questioni morali poste dalla Chiesa sono usate dai politici per scopi a essa estranei.

Nell’interferire, la Chiesa non mostra autorità né autentica forza di persuasione. Mostra di possedere quel che viene prima del potere di governo (prima di quello che nella Chiesa è chiamato donum regiminis, un carisma da coniugare col «dono della contemplazione»): esibisce pre-potenza. Proprio questo accadde nel 1870: il Papa stava perdendo il potere temporale, e per questo accampò l’infallibilità spirituale. La prepotenza ecclesiastica verso Eluana e verso chi dissente dalla riabilitazione dei vescovi sembra avere tratti comuni. Ambedue i gesti hanno radici nella superficialità, e in una sorta di volontaria, diffusa incoscienza. Riconciliandosi con la setta, non mettendo subito alcune condizioni irrinunciabili e accennando enigmaticamente a una «comunione non ancora piena», il Papa ha trascurato molte altre cose, sostenute nelle confraternite da decenni. Gli scismatici non si limitavano a dire la messa in latino, volgendo le spalle ai fedeli. Si opponevano con veemenza alle aperture del Concilio Vaticano II, e soprattutto alla dichiarazione di Paolo VI sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane (Nostra Aetate, 1965). Totale resta la loro opposizione al dialogo con chi crede e pensa in modo diverso.

Granitica la convinzione, contro cui insorge la dichiarazione di Paolo VI, che gli ebrei non convertiti siano gli uccisori di Cristo. Nostra Aetate non parla solo dell’ecumenismo cristiano. Parla di tutti i monoteismi (Ebraismo, Islam) e anche di religione indù e di buddismo. Apre a altri modi di credere, non ritenendo che la Chiesa romana sia unica depositaria della verità e della morale. Rispondendo a Alain Elkann, monsignor Tissier de Mallerais della confraternita San Pio X dice: «Noi non cambiamo le nostre posizioni ma abbiamo intenzione di convertire Roma, cioè di portare il Vaticano verso le nostre posizioni» (La Stampa, 1-2-09). L’atteggiamento che la Chiesa ha verso l’autonomia dello Stato di diritto in Italia non è molto diverso, nella sostanza, da alcune idee lefebvriane. Il diritto e la Costituzione tengono insieme, per vocazione, etiche e individui diversi. Il dubbio su questioni di vita e morte è in ciascuna persona, e proprio per questo si fa parlare la legge e si separa lo Stato dalle chiese.

È quello che permette allo Stato di non essere Stato etico, dunque ideologico. Nell’ignorare la necessità di questi vincoli il Vaticano non si differenzia in fondo da Berlusconi, oscurando quel che invece li divide eticamente. L’interesse o la morale del principe contano per loro più della legge, della costituzione. Il particolare, sotto forma di spirito animale dell’imprenditore-re o di convinzione etica del sacerdote-guida, non si limita a chiedere un suo spazio d’espressione e obbedienza (com’è giusto), ma esige che lo Stato rinunci a fare la laica sintesi di opinioni contrarie. La laicità non è un credo antitetico alla Chiesa, ma un metodo di sintesi. Su questi temi sembra esserci affinità della Chiesa con Berlusconi e perfino con i lefebvriani, favorevoli da sempre al cattolicesimo religione di Stato. I vertici del Vaticano si sono rivelati in queste settimane assai deboli e assai forti al tempo stesso. Deboli, perché per ben 14 giorni Benedetto XVI è apparso prima ignaro, poi male informato, infine - appena seppe quel che faceva - paralizzato.

Il cardinale Lehman ha accennato a errori di management e comunicazione, ma c’è qualcosa di più. Aspettare l’intervento della Merkel è stato distruttivo di un’autorità. Nei libri di storia alcuni parleranno di clamoroso fallimento di leadership. Una leadership così scossa, è cosa triste recuperarla su Eluana. La Chiesa ha solo aiutato un capo politico (Berlusconi) a disfarsi con fastidio di leggi e vincoli. Non si capisce come questo aiuti la Chiesa. Condannando Napolitano, la Chiesa non sceglie la maestà della legge e la vera sovranità: dice solo che le leggi di uno Stato pesano poco, e invece di usare la politica ne è usata in maniera indecente. La questione Englaro non divide religiosi e non religiosi, fautori della vita e della morte. Divide chi rispetta la legge e chi no; chi auspica rapporti di rispetto fra due Stati e chi ritiene che lo Stato vaticano possa legiferare al posto dell’italiano. Sono ministri del Vaticano che hanno attaccato Napolitano: dal cardinale Martino presidente del consiglio Pontificio Giustizia e Pace al cardinale Barragan, responsabile per la Sanità nello Stato della Chiesa.

Il loro dovere istituzionale sarebbe stato quello di tacere, come laicamente ha deciso di fare, unico e solitario nella maggioranza, Gianfranco Fini Presidente della Camera. Come difendere la Chiesa, ora che non ha più potere temporale e che vacilla? La questione sembrava risolta: non lo è. Non si tratta di seguire l’opinione dominante: sarebbe autodistruttivo, proprio in questi giorni il Papa ne ha fatto l’esperienza. Si tratta di ascoltare il diverso, di documentarsi su quel che dicono i tribunali e la scienza, come rammenta Beppino Englaro. Sull’accanimento terapeutico e l’alimentazione-idratazione artificiale si possono avere opinioni diverse e si hanno comunque dubbi, per questo urge una legge sul testamento biologico: non discussa precipitosamente tuttavia. Non perché una maggioranza, adoperando il povero corpo vivo-morto di Eluana, accresca i suoi poteri. Non annunciando che «Eluana può generare figli» come dice, impudicamente, Berlusconi. Prima d’annunciare e sparlare occorre informarsi, studiare, capire. È il dono di governo e contemplazione che manca tragicamente sia in chi conduce la Chiesa, sia in chi governa la Repubblica.
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http://www.lastampa.it/blog/blog_giornalisti.asp
 
Bellissima intervista al teologo tedesco Hans Kung da parte dell'Annunziata oggi pomeriggio su questa vicenda e sul pontificato di Benedetto XVI...

L'ho vista anch' io. Mi ha ricordato il passato. Lui rappresenta una opportunità che, in un momento di scelte, non è stata colta. Anzi è stata proprio scartata.
 

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