NON HO TEMPO DI ODIARE CHI MI ODIA...

Ecco il testo della Legge Bilancio 2022 Legge 30 dicembre 2021 n. 234
pubblicato nel supplemento n.49 della GU Serie Generale 310 del 31 dicembre 2021.

Il testo è stato approvato in via definitiva dalla Camera nella seduta del 30 dicembre 2021,
senza
apportare modifiche rispetto alla versione passata in Senato.

Come si legge nella Relazione illustrativa, lo scenario macroeconomico e di finanza pubblica
nell’ambito del quale sono definite le previsioni di bilancio per il prossimo triennio
risente delle conseguenze della pandemia da virus COVID-19
,
pur in un contesto in cui si apprezzano gli effetti positivi delle misure di sostegno assunte dal Governo nel pieno dell’emergenza pandemica.

Il 30 aprile 2021 è stato presentato alla Commissione europea il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR);
con esso, al fine di accedere ai fondi del Next Generation EU (NGEU),
lo Stato italiano ha presentato un piano contenente progetti, misure e riforme per l’attuazione di interventi da realizzare nel periodo 2021- 2026
in specifiche aree riconducibili agli obiettivi strutturali fondamentali del Piano,
prevedendo investimenti pari a 191,5 miliardi di euro, a cui si aggiungono ulteriori 30,6 miliardi di risorse nazionali,
confluiti nel Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR,
approvato con il decreto legge n. 59 del 6 maggio 2021, convertito con modificazioni dalla legge 1 luglio 2021, n. 101.

Con l’obiettivo di cogliere appieno le opportunità fornite dalle risorse comunitarie,
il disegno di legge di bilancio prevede una serie di misure di carattere strutturale che,
tenuto conto di quanto già finanziato mediante il PNRR
e il Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR,
garantiscono un’adeguato livello di spese per investimenti da parte dello Stato nel corso del tempo.

La legge di bilancio per il 2022 si muove sulle coordinate delineate dalla Nota di aggiornamento al Def,
che prevedono la prosecuzione di una politica di bilancio espansiva al fine di sostenere l’economia
e la società nelle fasi di uscita dalla pandemia da Covid-19 e di aumentare il tasso di crescita nel medio termine,
rafforzando gli effetti degli investimenti e delle riforme previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
 
Alcune delle misure fiscali previste
Nel corso dell'esame del testo al Senato
sono state apportate numerose e profonde modifiche alle norme fiscali,
che coinvolgono in primo luogo l'assetto della tassazione delle persone fisiche:
  • vengono ridisegnati i lineamenti fondamentali dell'Irpef, in primo luogo mediante interventi sulle aliquote:
    • viene soppressa l'aliquota del 41%,
    • la seconda aliquota si abbassa dal 27% al 25%;
    • la terza passa dal 38 al 35% ricomprendendovi i redditi fino a 50.000 euro,
    • mentre i redditi sopra i 50.000 euro vengono tassati al 43%;
  • riorganizzate e armonizzate le detrazioni per redditi da lavoro dipendente e assimilati, da lavoro autonomo e da pensione (commi 2-4).

  • esenzione da Irap dal periodo d'imposta 2022 (più precisamente dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame)
  • per le persone fisiche esercenti attività commerciali e quelle esercenti arti e professioni (commi 8 e 9).
Tra le altre misure fiscali e quelle di sostegno alle imprese, segnaliamo sinteticamente:
  • differimento della plastic tax e la sugar tax al 2023,

  • riduzione dal 22% al 10% dell’Iva su prodotti assorbenti per l’igiene femminile,

  • proroga al 2022 della detassazione ai fini IRPEF dei redditi dominicali e agrari dichiarati dai coltivatori diretti e imprenditori agricoli;

  • proroga del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali «Transizione 4.0»
  • e del credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative.
Misure previste in materia di agevolazioni edilizie

Rimodulata e modificata
la disciplina delle agevolazioni fiscali in materia edilizia.

In particolare, il disegno di legge, notevolmente arricchito dalle modifiche apportate al Senato, in particolare si prevede:
  • proroga generalizzata delle detrazioni per recupero edilizio, ecobonus, sismabonus e bonus verde, con scadenze differenziate:

    • Bonus facciate confermato fino alla fine del 2022 ma con una riduzione dell'aliquota di detrazione,
    • per le spese sostenute nel 2022, la detrazione sarà pari al 60% (fino al 31 dicembre 2021, rimane del 90%).

    • in vigore fino al 2024 il Bonus mobili, ma, a partire dal 1° gennaio 2022,
    • la spesa massima ammissibile dall’attuale 16.000 euro passerà a 5.000 euro, ovvero con le modifiche al Senato,
    • anche per il 2022 l'importo massimo detraibile è fissato in 10.000 euro, mentre scende a 5.000 euro per gli anni 2023 e 2024 (comma 37);

    • proroga fino al 2024 del Bonus verde, l'agevolazione fiscale inerente la sistemazione a verde di aree scoperte di immobili privati a uso abitativo.
    • L'agevolazione consiste nella detrazione dall'imposta lorda del 36% della spesa sostenuta,
    • nel limite di spesa di 5.000 euro annui e - pertanto - entro la somma massima detraibile di 1.800 euro.

    • proroga agli anni 2022, 2023 e 2024 della facoltà dei contribuenti
    • di usufruire delle detrazioni fiscali concesse per gli interventi in materia edilizia ed energetica,
    • alternativamente, sotto forma di sconto in fattura o credito d'imposta cedibile
    • anche a banche e intermediari finanziari e al 31 dicembre 2025 la facoltà di optare per la cessione del credito o per lo sconto in fattura,
    • in luogo della detrazione fiscale, per le spese sostenute per gli interventi coperti dal cd. Superbonus.

    • Riproducendo le disposizioni del DL n. 157/2021, si introduce l'obbligo del visto di conformità
    • anche in caso di opzione per la cessione del credito o sconto in fattura
    • relativa alle detrazioni fiscali per lavori edilizi diversi da quelli che danno diritto al Superbonus 110%
    • e l'obbligo di asseverazione della congruità di prezzi, da operarsi a cura dei tecnici abilitati.

    • Rientrano tra le spese detraibili anche quelle sostenute per il rilascio del visto di conformità,
    • nonché delle asseverazioni e attestazioni in parola, sulla base dell'aliquota di detrazione fiscale pervista per ciascuna tipologia di intervento.

    • È stato escluso l'obbligo del visto di conformità per le opere di edilizia libera
    • e per gli interventi di importo complessivo non superiore a 10.000 euro,
    • eseguiti sulle singole unità immobiliari o sulle parti comuni dell'edificio,
    • fatta eccezione per gli interventi relativi al cd. bonus facciate (comma 29);

    • Per quanto riguarda il Superbonus 110% in breve sintesi per i condomini, le persone fisiche
    • (al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione) e, secondo una modifica introdotta al Senato,
    • per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale,
    • viene prevista una proroga al 2025 con una progressiva diminuzione della percentuale di detrazione dal 110%
    • per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023,
    • fino al 65% per quelle sostenute nell’anno 2025, ovvero nella misura:
      • del 110% per le spese sostenute fino alla fine del 2023,

      • del 70% per le spese sostenute nel 2024

      • del 65% per le spese sostenute nell’anno 2025.

      • La disposizione proroga la possibilità di avvalersi della misura per le cooperative di abitazione a proprietà indivisa (fino al 30 giugno 2023).
      • Per gli stessi soggetti, qualora siano stati effettuati lavori (al 30 giugno 2023) per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo,
      • la detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023 (analogamente a quanto già previsto per gli IACP).

      • La norma, secondo le modifiche introdotte al Senato, sopprime altresì i termini specifici previsti
      • per l’applicazione della detrazione al 110 per cento nei casi di installazione di impianti solari fotovoltaici (31 dicembre 2021)
      • nonché per gli interventi di installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici (30 giugno 2022).

      • Viene soppressa inoltre la norma introdotta nel disegno di legge
      • che riconosceva la detrazione per le spese sostenute da alcuni soggetti entro il 31 dicembre 2022
      • solamente in presenza di determinate condizioni (comunicazione CILA e titolo ricostruzione edifici).

      • Si prevede anche che per gli interventi effettuati su unità immobiliari dalle persone fisiche,
      • l’agevolazione fiscale spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022
      • a condizione che alla data del 30 giugno 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell'intervento complessivo (senza più riferimento al valore ISEE).

      • Con una norma introdotta al Senato si chiarisce che le proroghe stabilite dal comma 8-bis si applicano anche per la realizzazione degli interventi trainati.

      • Nel corso dell'esame al Senato sono state trasfuse nel provvedimento le norme del DL n. 157 del 2021
      • che estendono l'obbligo del visto di conformità anche al caso in cui il c.d. Superbonus
      • sia utilizzato in detrazione nella dichiarazione dei redditi,
      • fatta eccezione per il caso in cui la dichiarazione è presentata direttamente dal contribuente,
      • attraverso l'utilizzo della dichiarazione precompilata predisposta dall'Agenzia delle entrate
      • ovvero tramite il sostituto d'imposta che presta l'assistenza fiscale;
      • dispongono che per stabilire la congruità dei prezzi, da asseverarsi da un tecnico abilitato,
      • occorre fare riferimento anche ai valori massimi stabiliti, per talune categorie di beni,
      • con decreto del Ministro della transizione ecologica.

      • Si fissa al 110 per cento l'ammontare della detrazione fiscale ammissibile relativamente alle spese sostenute,
      • entro il 31 dicembre 2025, nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici dal 1° aprile 2009 (comma 28);
Queste sono solo alcune delle misure previste.
 
Cico', sei diventato un antisociale:d:
Oppure sei andato lungo da marzo 21 e non ti frega più un capzo di nessuno:d:,sempre Tu ne avessi di bisogno.....
Spargi il tuo sapere, che qua si naviga a vista :-D
Sempre tante belle cose... sta' bene
Buon anno caro Grigione. In effetti ho latitato perché ho ricevuto la grazia della conversione e trovo inutile e privo di interesse tutto il resto (che è rumore) che è fuori la Preghiera ed il Vangelo; quindi, appaio sporadicamente solo per salutare vecchi amici e dire: Pace e Gioia nel nome di Gesù e Maria!
 
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Questo Sindaco arriva pure a "toccare" i bambini dell'asilo.

“Non essendoci dpi sui bambini, il rischio concreto è che gli alunni vengano sottoposti a una quarantena dietro l’altra
perché a ogni caso positivo vengono lasciati a casa, non essendo vaccinati.
Vorrebbe dire fare settimane ancora senza scuola materna.
Su questo si era parlato di test salivari settimanali nelle materne,
ma al di là di una sperimentazione a Casatenovo è poi tutto caduto nel nulla.
Sarebbe la soluzione più semplice e nemmeno troppo dispendiosa, oltre che ben poco invasiva per i bambini.
Certo, avrebbe un 10% circa di margine di errore, ma sarebbe già una bella scrematura per uno screening.
Chiedo dunque una risposta urgente da parte di Ats e Conferenza dei sindaci .
Non possiamo più permetterci intere classi a casa, con problemi per gli stessi bambini, le famiglie e di conseguenza le attività produttive”.
 
Chi vuole avviare un’attività per conto suo
deve decidere quale rapporto avere da quel momento in poi con il Fisco.

In base al suo «status» (professionista, titolare di una piccola ditta o di un’azienda di dimensioni più grandi, lavoratore autonomo, ecc.)
ci sarà un approccio diverso con l’Agenzia delle Entrate.

Una delle scelte più importanti è quella che riguarda il regime fiscale:
bisognerà aderire al regime ordinario o a quello forfettario.

Quest’ultimo comporta dei vantaggi ma anche degli svantaggi rispetto al primo e non è riservato a tutti:
ci sono dei limiti che riguardano i ricavi e il reddito familiare e che annullano le detrazioni.


Ma si paga lo stesso per appartenere ad un regime piuttosto che all’altro?

Per quanto concerne la partita Iva forfettaria, costi fissi e tasse sono tanto diversi rispetto a quella ordinaria?


C’è da premettere che, come vedremo, aprire una partita Iva forfettaria non comporta alcun costo:
si paga per mantenerla e, ovviamente, per corrispondere con la dovuta frequenza l’imposta sul valore aggiunto.

Vediamo, allora, chi può avere questo tipo di partita Iva,
quali sono i costi fissi
e quanto deve pagare al Fisco chi appartiene a questo regime.


Partita Iva forfettaria: cos’è?

Tanto per cominciare ad inquadrare l’argomento, il regime forfettario è quello che nel 2019 ha sostituito il precedente regime dei minimi.
Da quel momento in poi, è aperto a chi non supera la soglia di 65mila euro di ricavi all’anno.

Pertanto, la partita Iva forfettaria può essere aperta da chi non supera quel limite,
che si tratti di professionisti o di ditte individuali operanti in qualsiasi settore.

Ci sono, inoltre, altri due requisiti importanti: può aprire una partita Iva forfettaria
chi non va oltre i 30mila euro di reddito annuo da lavoro dipendente o assimilati.

Restano esclusi da questa soglia i lavoratori dimessi o licenziati.

Infine, non deve superare i 20mila euro lordi per le spese che riguardano il personale.


Riassumendo: la partita Iva forfettaria può essere aperta da qualsiasi persona fisica che:

  • eserciti un’attività d’impresa, arte o professione oppure sia a capo di un’impresa familiare;

  • non superi i 65mila euro annui di ricavi;

  • non superi i 30mila euro di reddito da lavoro dipendente o assimilati;

  • non superi i 20mila euro lordi per le spese per il personale dipendente o lavoro accessorio.
Non può aprire una partita Iva forfettaria chi:

  • è titolare di quote in società di persone con qualsiasi percentuale;

  • è titolare di quote che consentono il controllo di Srl e associazioni;

  • ha avuto una partita Iva negli ultimi due anni per la stessa tipologia di attività.
Partita Iva forfettaria: quanto si paga di tasse?

Tra i vantaggi di avere una partita Iva forfettaria c’è il capitolo dedicato alle imposte.

In pratica, è possibile beneficiare di una tassazione agevolata del 15% e di una riduzione sui contributi Inps.

In questo modo, si ha un’imposta sostitutiva unica al posto di quelle previste nel regime ordinario, come Irpef e Ires.


Altro elemento importante:
il professionista o titolare dell’attività appartenente al regime forfettario non deve addebitare l’Iva in fattura al cliente:
così facendo, sarà esonerato dai relativi adempimenti, cioè non dovrà presentare la dichiarazione Iva o registrare corrispettivi e fatture.

Non è finita: per i primi cinque anni di attività, il 15% di tassazione agevolata si riduce al 5%, a patto che:

  • non sia stata svolta alcuna attività artistica, professionale o d’impresa nei tre anni precedenti all’apertura della partita Iva forfettaria;

  • l’attuale attività non sia la prosecuzione di quella svolta in precedenza come dipendente o come autonomo;

  • l’ammontare di un’attività rilevata da un soggetto terzo sia in linea con i requisiti richiesti dal regime forfettario
  • (non più di 65mila euro di ricavi annui, non più di 20mila euro di spese legate al personale, ecc.).
Se ha avuto diritto alla riduzione delle tasse per i primi cinque anni, dal sesto anno di attività in poi, il contribuente comincerà a versare l’aliquota del 15%.


Partita Iva forfettaria: quali sono i costi fissi?

Oltre ai costi relativi alle tasse, la partita Iva forfettaria ha dei costi fissi.

Come detto all’inizio, per l’apertura non occorre pagare alcunché.

Va, invece, corrisposta l’eventuale iscrizione all’Inps o al Registro delle imprese.


A ciò si aggiungono i contributi previdenziali
ed i costi per mantenere aperta la partita Iva forfettaria, in particolare quelli del commercialista.

Quanto?

Difficile stabilire una cifra perché può variare in base all’età e del sesso del professionista
o del titolare dell’impresa o della città in cui ha la sua sede.

Mediamente, però, si possono calcolare tra 400 e 1.000 euro tenendo conto delle citate variabili.


Partita Iva forfettaria: cosa fare per aprirla?

Come per il regime di tassazione, anche per la sua apertura la partita Iva forfettaria ha una procedura semplificata.

Occorrerà presentare la domanda presso la sede dell’Agenzia delle Entrate competente per territorio e comunicare l’avvio dell’attività.

Va fatto entro e non oltre i 30 giorni dalla data in cui è partita l’attività.


La richiesta va fatta tramite modello AA9/7, allegando un documento di identità.

Di solito, gli autonomi hanno la loro partita Iva forfettaria nell’arco di 24 ore,
mentre le ditte individuali potrebbero attendere qualche giorno in più,
ma non oltre la settimana dal giorno di presentazione.
 
Spesso, si sente dire che «la legge non ammette ignoranza»,
riferendosi al fatto che, in caso di reato, non ci si può discolpare dicendo di non sapere che il fatto fosse vietato dalla legge.

Insomma, ognuno paga le conseguenze della propria ignoranza in materia legislativa.

In realtà, questo principio non è sempre vero.

Con questo articolo vedremo quando l’ignoranza della legge è scusabile.


Come diremo, la giurisprudenza ritiene che l’errore inevitabile del precetto di legge
giustifica la condotta della persona che ha infranto la norma,
con la conseguenza che non potrà scattare alcuna sanzione.

Questa condizione, però, ricorre solamente in rarissime ipotesi;
non deve dunque pensare che ci si possa sempre giustificare opponendo la propria ignoranza: sarebbe davvero troppo semplice.

Ignoranza della legge penale: cos’è?

Nel Codice penale [1], c’è una norma che dice testualmente:
«Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale».

In pratica, secondo questa disposizione, nessuno può farla franca
accampando come scusa di non essere a conoscenza che il fatto che ha commesso costituisca reato.

Se una persona crede di poter conservare in casa una pistola senza licenza e senza farne denuncia ai carabinieri,
non può poi difendersi dall’accusa di detenzione abusiva dicendo di non conoscere nel dettaglio la legge che disciplina le armi.

Ignoranza della legge: cos’è il dovere di informazione?

Secondo la legge, anche se l’ignoranza è reale, cioè se davvero l’autore del reato non era a conoscenza della norma incriminatrice,
essa comunque non giustifica il soggetto agli occhi della legge.
Questo perché in capo a ogni cittadino c’è un generico dovere di informarsi delle leggi vigenti nel proprio Paese.

Non a caso, quando una nuova legge è promulgata, essa viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale
perché tutti possano averne conoscenza, e non entra in vigore prima di 15 giorni,
cosicché ogni cittadino possa avere il tempo di informarsi.


Ignoranza inevitabile della legge: cos’è?

La Corte Costituzionale, con una storica sentenza del 1988 [2],
ha dichiarato costituzionalmente illegittima la norma (sopra richiamata)
secondo cui nessuno può giustificarsi dicendo di non conoscere la legge,
nella parte in cui non prevede che possa scusare l’ignoranza inevitabile.

In pratica, secondo la Corte Costituzionale,
l’ignoranza assolutamente inevitabile della legge può essere invocata come giustificazione del crimine commesso.

Ignoranza inevitabile significa dunque ignoranza scusabile.



Ignoranza della legge: quando è scusabile?

Quando ricorre l’ignoranza inevitabile della legge?

Essenzialmente nelle seguenti circostanze:

  • quando il soggetto, a causa di una totale mancanza di socializzazione,
  • non ha potuto in alcun modo avere conoscenza della legge che poi ha infranto.
  • Si pensi a colui che ha vissuto per anni isolato da tutti, senza alcun tipo di contatto col mondo esterno;

  • nel caso in cui il grado culturale dell’autore del reato sia talmente inferiore alla media
  • da escludere la coscienza di commettere un’azione delittuosa,
  • circostanza che ricorre soprattutto se il soggetto è straniero e da poco integrato nella società;

  • quando vi sia una completa oscurità del testo legislativo, così grave da non poterne comprendere la portata.
  • È il caso di una norma scritta talmente male da generare dubbi sul suo significato;

  • in presenza di un orientamento giurisprudenziale che induca a interpretare male la legge e, di conseguenza, a commettere reato.

Ignoranza inevitabile: alcuni esempi

Chiarito che l’ignoranza assolutamente inevitabile è l’unica che possa scusare la commissione di un crimine,
vediamo alcuni esempi in cui la mancata conoscenza della legge può comportare un’assoluzione.

Ad esempio, è scusabile l’ignoranza della legge da parte dello straniero che,
da poco in Italia e incapace di comprendere la lingua, chieda assistenza a professionisti del settore giuridico
e, ciononostante, commetta reato perché mal consigliato.

Ovviamente, l’ignoranza inevitabile che scusa la persona agli occhi della legge non vale solo per gli stranieri.

Secondo la giurisprudenza [3], il medico, detentore di due pistole regolarmente denunciate,
che si presenta alle forze dell’ordine per denunciarne una terza, non commette reato se le autorità
lo rassicurano circa la correttezza della sua condotta, nonostante la legge proibisca
di detenere più di due armi da sparo senza la licenza di collezione rilasciata dal questore.

In questo caso, il medico, pur essendo una persona integrata e culturalmente preparata,
non è esperto del settore e si è affidato alle forze dell’ordine affinché lo aiutassero.
Egli quindi ha agito dietro consiglio di persone qualificate, ignorando totalmente di violare la legge.


Diverso sarebbe stato se lo stesso errore fosse stato commesso da un avvocato o da un’altra persona esperta di diritto:
in un’ipotesi del genere, l’ignoranza della legge penale non può scusare,
in quanto si presume che il professionista legale abbia conoscenza delle norme dell’ordinamento italiano.


Deve ritenersi inevitabile (e perciò scusabile) l’ignoranza del comune cittadino, sfornito di conoscenze specifiche,

che ha assolto il proprio dovere di informarsi con l’ordinaria diligenza,

attraverso la corretta utilizzazione dei mezzi di informazione, di indagine e di ricerca dei quali dispone, e ciononostante ha commesso reato [4]
.


Ancora, è scusabile (perché inevitabile) l’ignoranza di colui che,
dimesso dall’ospedale dopo mesi di ricovero in terapia intensiva,
commette un reato che è stato introdotto solo da pochi giorni
e del quale non aveva potuto avere conoscenza a causa delle sue precedenti condizioni di salute.


Ignoranza della legge: quando non è scusabile?

Come ricordato nel precedente paragrafo, l’ignoranza non è scusabile
quando il soggetto svolge un’attività in uno specifico settore rispetto alla quale ha il dovere di informarsi con diligenza sulla normativa esistente [5].


Di conseguenza, chi svolge attività nel campo della gestione dei rifiuti
non può invocare, a propria giustificazione, la complessità della legge inerente alla tutela dell’ambiente e alla raccolta dell’immondizia [6].


La Cassazione ha ritenuto non scusabile l’ignoranza in materia di coltivazione domestica della cannabis [7].
Nel caso affrontato dalla Corte, alcuni ragazzi si difendevano dall’accusa di spaccio
sostenendo che, all’epoca dei fatti, era diffuso l’orientamento giurisprudenziale che affermava la liceità della coltivazione domestica di cannabis,
indirizzo ampiamente pubblicizzato dai media così da ingenerare nei giovani la convinzione che coltivare droghe leggere per uso personale non fosse reato.


Secondo la Cassazione, in caso di giurisprudenza non conforme o di oscurità del dettato normativo sulla regola di condotta da seguire,
non è possibile invocare la scusa dell’ignoranza inevitabile poiché, in caso di dubbio, sorge un obbligo di astensione dall’intervento.

In pratica, per la Cassazione, se c’è un dubbio sulla legalità o meno di una condotta,
ogni cittadino ha il dovere di astenersi, in quanto chi agisce, accettando il rischio di commettere un atto illegale, non può invocare l’ignoranza inevitabile.

Al contrario, l’ignoranza è inevitabile se indotta da un pacifico orientamento giurisprudenziale
che abbia convinto il soggetto ad agire in modo contrario al dettato normativo [8].
 
Se l'articolo sopra citato ha "dell'oscuro" , questo ci riporta a qualche mese fa
ed a me sembra ancora più "oscuro" ciò che è accaduto ........ possibile che non
ci sia un Costituzionalista che abbia detto "beh" ?



È dal 31 gennaio 2020 che l’Italia è ufficialmente in stato di emergenza a causa del coronavirus.

Per il primo mese e mezzo non ce ne siamo accorti:
nessuno ci aveva detto granché sulla minaccia in arrivo che avrebbe cambiato le nostre vite.

Ai primi di marzo, ecco l’epidemia, tramutata presto in pandemia e poi in pandemonio.


Il Governo decise di prendere la situazione in mano per avere la possibilità di stabilire dall’oggi al domani, senza passare dal Parlamento,
come ci dovevamo comportare e che cosa non potevamo fare.

Lockdown duro, mascherine, guanti, Amuchina a litri, poi riapro, poi richiudo per poi riaprire ancora.

Proroghe su proroghe dello stato di emergenza.

Pasqua con i tuoi, Natale pure, e via restringendo e riaprendo in un movimento a fisarmonica che ha finito per esasperare gli animi di tutti.


È cambiato il Governo ma non l’impostazione: meglio mantenere la situazione in mano e prorogare lo stato di emergenza.

Ma fino a quando è legale?



Sfogliando le leggi, ne troviamo solo una a cui fare riferimento.

È un decreto legislativo del 2008, il numero 1, approvato prima che arrivasse la Befana.

Formalmente, si tratta del Codice della Protezione civile.

Ed è l’unico che parla di come ci si deve comportare con lo stato di emergenza.

All’articolo 24, comma 3, si legge:

«La durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi,
ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi»
.

I conti sono subito fatti: lo stato di emergenza non può durare più di 24 mesi.

Il che significa che non potrà essere prorogato oltre il 31 gennaio 2022.


Prima del Covid (e dopo la guerra), lo stato di emergenza era stato decretato
per intervenire su situazioni territoriali devastate da alluvioni o terremoti
o da gravi disastri, come il crollo del ponte Morandi di Genova.


Gli eventi che lo determinano vengono classificati in tre categorie:
  • la categoria A i cui interventi vengono gestiti a livello comunale;

  • la categoria B che coinvolge Province e Regioni;

  • la categoria C che comporta una direzione degli interventi a livello nazionale.
Il caso della pandemia da Covid rientra, ovviamente, in quest’ultima categoria.


Che cosa può succedere, dunque, da qui ai prossimi mesi, cioè fino alla fine di gennaio 2022?

Può succedere che il Governo ricorra ad ulteriori Dpcm
(un anno e mezzo fa, una parte degli italiani nemmeno sapeva cosa fossero i decreti del presidente del Consiglio dei ministri,
oggi sono entrati nel linguaggio comune).

Più probabile, comunque, che Mario Draghi, a differenza del suo predecessore Giuseppe Conte,
continui a prediligere i decreti legge che hanno efficacia immediata ma devono passare, comunque, dal Parlamento.


Lo stato di emergenza mantiene inoltre vive :

le competenze del commissario straordinario per il Covid

e del Comitato tecnico scientifico,

così come le disposizioni che riguardano l’eventuale decisione sulla didattica a distanza,

dello smart working,

il divieto di licenziamenti,

le quarantene per chi viene trovato positivo (o certe volte anche falso positivo)

e per chi rientra dall’estero, ecc.

Che cosa succederà, invece, con l’avvicinarsi della fatidica data del 31 gennaio 2022?

Il citato decreto legislativo dice in astratto al comma 6:

«Alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti,
subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti».

Significa che Regioni e Comuni riprendono appieno i propri poteri «commissariati» dal Governo nei territori di spettanza.


Ma Draghi potrebbe tirarla ancora in là?

Sarebbe lecito prorogare ancora lo stato di emergenza?


Dipende da quale emergenza si parli.

Basterebbe dire che oggi non c’è più una minaccia nazionale del coronavirus
così come l’abbiamo conosciuto agli inizi del 2020
ma che c’è il serio rischio epidemiologico nazionale della variante Delta, Lambda o Ypsilon del Covid
in grado di creare una nuova pandemia.


Il che consentirebbe al Governo di ricominciare daccapo la conta del 24 mesi.

Come è accaduto.
 

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