NON HO TEMPO DI ODIARE CHI MI ODIA...

Ecco parte dell'intervista al Prof. VAIA dello Spallanzani.
Andate sul sito di Quarta repubblica e trovate il video.


"Per me questa litania quotidiana del bollettino è da eliminarsi assolutamente.

Non serve a nulla, tranne che a spaventare le persone.”


Lo dice il professor Francesco Vaia, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani,
ospite di Nicola Porro nella puntata di lunedì 20 dicembre di Quarta Repubblica su Rete4.


"Si dovrebbero monitorare con attenzione ospedalizzazioni e terapie intensive, invece di concentrarsi solo sui contagi."


“Quello che dobbiamo osservare sempre di più sono le ospedalizzazioni,

in particolare quelle con degenza per malattia grave” afferma Vaia,

e denuncia la mancata predisposizione di personale per le necessarie terapie domiciliari

di tutti coloro che sono risultati positivi al covid ma potrebbero evitare di recarsi in ospedale.


“Per esempio, nel Lazio, abbiamo messo in campo una task force per fare le terapie che facciamo in ospedale a casa.

In questo modo, le persone non sono costrette ad andare in ospedale e possono essere curate a casa con i monoclonali".



Non esiste solo il vaccino, dunque.

“Abbiamo due strumenti, non alternativi ma complementari.

Il vaccino s’è dimostrato uno strumento importante e va utilizzato”

ma esistono delle alternative, ad esempio i monoclonali o il plasma iperimmune.


“Spaventare paga di più!” incalza Porro da studio, e il professore chiarisce :

“Abbiamo bisogno di serenità ed equilibrio. La scienza deve guidare questo percorso, e convincere senza spaventare.

Certo, se i vaccini a disposizione non sono “aggiornati” e proteggono soltanto dalle varianti “vecchie”, non basteranno.

Abbiamo bisogno di un vaccinato aggiornato!”
 
Considerazioni di sistema:
conviente a tutto il sistema bancario che,
con i casi aperti di Mps da privatizzare
e di Popolare di Bari da riportare su un sentiero di redditività,
la vicenda Carige trovi una soluzione.

E anche a livello di banca singola
: la conquista della cassa genovese consentirebbe infatti a Bper
di porre un tassello decisivo al progetto di quel terzo polo su cui da tempo si ragiona
e che tanto piace al primo azionista del gruppo guidato da Piero Montani.


Scaduto il termine per la concessione dell'esclusiva con il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fidt)
con il veicolo presieduto da Salvatore Maccarone che, secondo quanto riporta il Sole 24 Ore,
ieri ha accompagnato la formalizzazione all’istituto emiliano della propria “bocciatura” della proposta di acquisizione per un euro
(a fronte della ricapitalizzazione da un miliardo a proprio carico)
richiamando oltre all'articolo 35 dello statuto del Fondo anche la clausola del "minor onere"
(il costo di un intervento preventivo su una banca in difficoltà realizzato mediante la ricapitalizzazione preventiva
non può essere più costoso rispetto a quello di un’eventuale liquidazione),
la palla per la partita Carige torna nella metà capo della banca modenese.



Oggi è in calendario una riunione del Cda di Bper (già convocato per gli affari ordinari) che potrebbe rivelarsi decisiva,
con il gruppo che a questo punto dovrà decidere se abbandonare definitivamente il dossier
oppure rilanciare con una nuova offerta.

Se il Fidt, da parte sua, anche per il pressing delle grandi banche come Intesa e UniCredit favorevoli a chiudere il dossier,
ha manifestato comunque una posizione di apertura (parlando di "manifestazione di interesse" con "termini e condizioni da approfondire"),
secondo alcune fonti bancarie lo stesso gruppo guidato da Montani
potrebbe fare un passo verso il closing ridimensionando le proprie richieste.


Secondo quanto riporta Milano Finanza,
anche le autorità di Vigilanza avrebbero accolto positivamente il progetto di Modena.


Bper così potrebbe limare l'offerta, ridimensionando le proprie richieste iniziali,
per esempio abbassando a 650-700 milioni il contributo del fondo, come stimano gli analisti di Equita sim.

Considerando anche 400 milioni di crediti fiscali, scrive sempre MF,
la dote complessiva supererebbe comunque il miliardo di euro per un istituto che oggi capitalizza appena la metà.

E verrebbe incontro all'esborso massimo del Fitd che per limite statutario
(può attestarsi in prima battuta al 50% delle contribuzioni versate dal sistema nell’anno precedente, cifra elevabile di un altro 20% in casi eccezionali),
può arrivare fino 6-700 milioni circa.

Un "ultimo miglio", viene definito, su cui lavorare.



Meno probabile in questa fase è che il Fitd faccia dei passi per avvinarsi a Bper modificando lo statuto:
i tempi sono lunghi e la revisione delle regole del Fondo appena approvata all'inizio di quest'anno
è stata introdotta per limitare gli esborsi del sistema bancario
(come con PopBari l'assegno staccato è stato complessivamente di 1,2 miliardi).


Intanto, in una giornata moderatamente positiva per il listino di Piazza Affari, nella prima parte delle contrattazioni,

il titolo Bper appare più tonico portando a casa l'1,3% a 1,755 euro.

Anche Carige fa il bis: dopo il nuovo rally di ieri (+6,3%),

il titolo del gruppo aministrato da Francesco Guido porta a casa quasi un punto percentuale a 0,739 centesimi.
 
Siete pronti ? Perchè le sparano a raffica. Gli esperti ed i giornaloni del terrore.

L'Italia rischia il passaggio in zona arancione
e lo spettro di un Capodanno come quello del 2020 aleggia su tutto il Paese.

A confermarlo nel suo intervento al programma Mezz'ora in più è Guido Rasi,
consulente scientifico del commissario straordinario per l'emergenza Covid del generale Figliuolo.


Per quanto riguarda un possibile Capodanno zona arancione
è difficile dire quali saranno le regole da rispettare,
fermo restando che il coprifuoco è stato definitivamente abolito,
ma si possono fare delle ipotesi sulla base del decreto Natale del 2020:
  • Si potrà uscire dalla propria abitazione
  • (possibile il limite di 2 persone alla volta per andare a trovare amici o parenti esclusi bambini e disabili)
  • ma è vietato spostarsi in entrate e in uscita dal Comune di residenza
  • ad eccezione di località con meno di 5mila abitanti entro un raggio di 30 Km.
  • I capoluoghi restano comunque esclusi anche se compresi nei 30 Km
  • Negozi aperti fino alle 21
  • Sospese attività di ristorazione (bar, ristoranti, gelaterie, pub, pasticcerie)
  • ma consentita la consegna a domicilio fino alle 22 e asporto con divieto di consumare sul posto e nelle adiacenze.

La Lombardia invece potrebbe ritrovarsi in zona gialla dal 27 dicembre
mentre per Natale sembra ci sarà ancora la massima liberà concessa dalla zona bianca.

"Siamo ancora in una situazione abbastanza sotto controllo, per ora i numeri non ci penalizzano ancora.
Invieremo i numeri martedì, tutto dipenderà dai prossimi due giorni,
ma credo che ci siano buone possibilità di rimanere in bianco ancora per qualche tempo".
 
Il prezzo della benzina e delle bollette legate al consumo di energia è salito a livelli catastrofici.

Tra le soluzioni che si leggono in questi giorni, la più concreta – ed è tutto dire –
è l’annuncio dell’entrata in funzione di un impianto dimostrativo per la produzione di energia tramite la fusione nucleare.

L’impianto, progettato dalla canadese General Fusion, entrerà in funzione nel 2025 a Culham, nel Regno Unito.

La General Fusion è finanziata dal magnate Jeff Bezos e ha trovato un accordo con la Uk Atomic Energy Authority (Ukaea),
l’agenzia governativa che si occupa di fusione nucleare.

Sarebbe una svolta epocale come l’invenzione del motore ad acqua,
perché il nucleare da fusione è sicuro e non inquina, anche se non è ancora dietro l’angolo.

Comunque sia, nei Paesi nordici e anglosassoni la ricerca nel campo delle nuove energie non è ferma ai pannelli fotovoltaici cinesi, come avviene in Italia.


A proposito dei rincari del prezzo dell’energia,
tema che riguarda i conti di ognuno come la politica internazionale,
Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia, uno dei pochissimi nel nostro Paese in grado fare chiarezza.


Presidente Marsiglia, la Casa Bianca ha raccomandato ai petrolieri americani di produrre di più.
In Italia, il ministro Cingolani dichiara che

“non si tratta di trivellare di più, ma di usare giacimenti esistenti, che sono chiusi e possono essere riaperti in un anno”.

Aggiunge Chicco Testa:

“Non si può pensare che lo Stato continui a stanziare miliardi di aiuti per gli aumenti delle bollette e del carburante”.

Senza nuovi investimenti nell’estrazione o un ritorno al nucleare civile non ne usciamo.

Cosa propone FederPetroli?



La situazione è molto semplice: in Italia ci sono pozzi a olio e gas già perforati e “tappati”.

Vuol dire che basta aprire il famoso rubinetto e possono entrare in produzione
facendo transitare gas che arriva nelle nostre case e olio diretto alle raffinerie.

Tutto questo porterebbe a oltre il 45 per cento di diminuzione di costo sulla bolletta energetica delle famiglie italiane.

La situazione Usa è corretta: nonostante la politica green di Joe Biden,
non si trascura un’industria che ancora oggi è fondamentale
e dà vita economica e fabbisogno energetico all’America, quella dell’Oil & Gas.

Le politiche di Transizione sono delicate e vanno curate,
altrimenti si entra in situazione di crash, con enormi danni alle aziende e all’occupazione.


Si possono compensare i rincari migliorando i contratti e le relazioni coi Paesi più vicini, cioè Libia e Algeria,
anche se hanno problemi politico-sociali drammatici, in Libia come in Algeria?
Sono previsti nuovi oleodotti, nuovi contratti?



Compensare i rincari con la politica estera è anti-economico e fuori da qualsiasi disciplina finanziaria.

Ben venga il consolidamento dei rapporti esteri, della cooperazione e delle relazioni internazionali
ma ogni Stato deve curare la propria Politica energetica da sé,
senza ovviamente far mancare quell’approvvigionamento estero che permette di avere materie prime diverse.

Nuovi progetti e linee di collegamento come le pipeline sono condizionati dagli assetti politici e interni dei Paesi ospitanti.

È di qualche giorno fa la notizia che in Libia un gruppo armato minaccia alcuni politici,
ottenendo così il conseguente sabotaggio delle elezioni politiche.

FederPetroli Italia non ha mai nascosto il suo appoggio a Saif Gheddafi,
addossandosi le accuse di voler fare una
“politica petrolifera di terrorismo e appoggiando personaggi poco cristallini all’estero”.

Vediamo cosa succederà.


Sono d’accordo: ci vuole realismo, e se aspettiamo un San Giovanni presidente della Libia
vuol dire che non ci rendiamo più conto della realtà…
La Germania vuole “mettere in pausa” Nord Stream 2, in relazione alla crisi in Ucraina,
forse anche per fare pressioni sulla Russia sul prezzo delle forniture energetiche.
Si possono ipotizzare altre forme di pressione sui Paesi produttori,
anche se questi non sono più riuniti in organizzazioni monolitiche come l’Opec di una volta?



La storia del Nord Stream 2 non è nuova alle cronache: un continuo tira e molla tra Germania e Russia.

Meglio starne fuori, problemi politici tra di loro.

I Paesi produttori restano forti e solidi, specialmente quando si parla dei paesi arabi, grandi produttori.

Con Opec o Opec+ è evidente che la politica petrolifera che regna è quella mediorientale.



È vero che i tempi e i modi della transizione energetica anti Co2 hanno prodotto gli attuali rincari, e in che modo?

È vero che ogni Transizione genera dei costi, e più veloce si va e più i costi aumentano.

Ci siamo dovuti in breve tempo adeguare a una nuova situazione mondiale, non parlo solo dell’Oil & Gas ma di tutti i settori.

Sì a una fase di Transizione ma con regole, leggi, e politiche chiare, altrimenti anche le date dei vari Cop26 resteranno vane.


Nonostante i proclami, ancora oggi la Germania
produce la maggior parte della sua energia col carbone: 450 g per Kw/h contro i 100 della Francia.

Non parliamo di Cina e India.

La Norvegia invece, nonostante abbia grandi riserve di idrocarburi, ha i parchi eolici più imponenti d’Europa.

Da noi siamo fermi alla mitologia dei pannelli fotovoltaici, per niente competitivi col petrolio.

Ora sembra che si possano fare, in zone ventose come la Sardegna, offshore.

Come conciliare politiche per l’ambiente e insieme permettere a fabbriche e famiglie di avere energia, luce e calore invernale?



La cosa più importante è quella di saper sfruttare nel migliore dei modi il mix energetico,
ovvero tutte le energie disponibili che possano interagire tra di loro.

Una corretta e definita Strategia energetica nazionale.

Il grande problema dell’Italia è quello di voler usare, il più delle volte solo per una propaganda politica,
solo un tipo o massimo due di forme energetiche.

Tutto questo non è politica energetica ma ignoranza.

Si sarà sempre in perdita.

Se alcune zone del nostro Paese sono idonee all’eolico ben venga, come altre forme di energia.

La Sardegna per posizione geografica ha sempre avuto grandi potenzialità energetiche.

Un passo importante nel settore è la collaborazione estera della nostra azienda energetica nazionale Eni
che con la nuova nata Plenitude e Copenhagen infrastructure partners (Cio) che sarà impegnata per le gare nell’eolico offshore in Polonia.


Il Sole 24 Ore scrive: “Il ministero dell’Ambiente – oggi della Transizione ecologica –
aggiorna periodicamente il Catalogo dei Sad e dei Saf ,
cioè i Sussidi ambientalmente dannosi e i Sussidi ambientalmente favorevoli.
La catalogazione di 171 voci nasce dal presupposto etico (ideologico?) secondo l’effetto che viene attribuito.

Per esempio, benzina e gasolio sono penalizzati da disincentivi fiscali pesantissimi
(circa il 200 per cento rispetto al costo industriale), ma il disincentivo che colpisce il gasolio
è definito “sussidio” pari a 5,15 miliardi perché è un po’ meno severo dell’accisa che penalizza la benzina,
ed è raggruppato fra quelli che danneggiano l’ambiente
(il motore diesel emette meno Co2 ma più polveri fini rispetto al motore a benzina).

Come contrastare l’ambientalismo “social” che non capisce che l’Iva al 10 per cento sul metano per uso domestico
non è un incentivo all’inquinamento, ma permette alle famiglie più povere di scampare,
senza doversi indebitare per comprare cucine a induzione e pannelli fotovoltaici?

Ora dicono che lo sgravio fiscale è un finanziamento e un incentivo a chi inquina...



Mi viene in mente un periodo di un bel po’ di tempo fa,
quando la Commissione europea licenziò degli incentivi agli agricoltori per la produzione del latte
mentre un’altra divisione della stessa Commissione stanziò incentivi a chi avesse contribuito a una razionalizzazione nella produzione di latte.


Era il periodo delle “quote latte” con mille manifestazioni nel Paese.

Due mani che fanno l’esatto contrario, si chiama “controsenso”.

Un po’ quanto esposto nella sua domanda.

Gli oneri di sistema sono una Tachipirina ma non una soluzione al male.

Bisogna riconoscere che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, sta facendo di tutto per non fare una brutta figura.

Qui si tratta di Politica, niente più e niente meno.

Non si gioca con le famiglie italiane e le imprese per prendere qualche voto in più in Parlamento.

Non è giusto.

La discussione sui sussidi è ancora troppo articolata e confusa.

Ribadiamo che per noi e per le compagnie petrolifere ci vogliono leggi e decreti chiari, altrimenti è solo propaganda.


Meglio i carburanti fossili tradizionali. Punto e a capo: lo dicono fonti pro-Transizione ecologica.


La dichiarazione del Ceo di Toyota è stata chiara.

Il petrolio inquina,

anche l’elettrico inquina

e se andiamo a guardare tutte le forme energetiche hanno un loro gap.

Anche il cemento inquina ma questo non vuol dire che da qui al 2026 vivremo tutti in palafitte.
 
00:15 L’editto bulgaro di Mattarella: silenziate i no vax

03:45 Virologi canterini alla radio pubblica.

05:00 Governo nel caos su tamponi. E c’è l’incubo lockdown.

06:23 Repubblica tifa mascherine all’aperto. Roba demenziale.

07:33 Quirinale, Cerasa sul Foglio dice che i king maker sono Berlusconi e Grillo.

08:55 Csm, difendiamo le donne afghane (!). Una barzelletta.

09:27 Le borse crollano? Colpa della politica, non del covid
 
Non spaventatevi se ciò che leggerete in queste righe è qualche cosa oggigiorno di impopolare (all’apparenza).

Tanto impopolare quanto però importante per guidare le scelte tecnologiche del futuro rispettando e difendendo le economie.

In particolar modo quella italiana con le filiere automotive costruite lungo la interna nostra penisola in questi anni
e che da qui servono le più grandi, blasonate e conosciute case automobilistiche di tutta Europa con la loro componentistica.


È recente la notizia che l’Europa vuole arrivare nel 2035,
quindi in 14 (quasi 13 anni), a emissioni zero con le automobili, convertendo così tutti i mezzi all’elettrico.


Una notizia sicuramente entusiasmante per l’opinione pubblica!


Rimanendo pragmatici è innanzitutto

impossibile pensare di riuscire a strumentare tutte le nostre arterie stradali e autostradali in 13 anni per renderle fruibili ai mezzi elettrici

In numeri, abbiamo una rete stradale (strade statali, regionali, provinciali, comunali)
di 837.493 km e una rete autostradale di 6.757 km.

Impossibile pensare che la rete elettrica possa assorbire richieste di carichi energetici di queste dimensioni.

L’infrastruttura non è adeguata.

Questo è comunque il “problema minore” che il nostro Paese si troverà a fronteggiare
e affrontare se si confermerà la linea dello stop alla produzione di auto a benzina, diesel e metano.


In soli 13 anni dovremo pensare di convertire un immenso settore di produzione, che in Europa parla Italiano.


Programmare un'uscita di un comparto produttivo di questa magnitudo
non si può pensare di farlo sulla base di proclami e comunicati.

Un processo che necessita di tempi e di metodi diversi rispetto a quelli che conosciamo e siamo abituati a vedere e sentire.

Questo approccio rischia di creare forti scompensi sociali nel nostro Paese
che, come dicevo poche righe sopra, è la fabbrica d’Europa per la componentistica automobilistica delle auto “tradizionali”.

Il 2035 non è un tempo tale da permettere alle aziende di creare una filiera produttiva alternativa atta a convertire le produzioni.

Riqualificazione che sarebbe stata possibile raggiungere se la deadline fosse stata al 2050 come da precedenti linee programmatiche.


In numeri l’emorragia si attesterà in 73.000 posti di lavoro persi

nella galassia delle 2.203 imprese produttrici di componentistica automotive,

con conseguenti drammi per persone e famiglie,

con il concreto rischio di un aumento della povertà.



Ricordo comunque, che dopo Cop26 di Glasgow l’Italia
non ha firmato il documento finale sullo stop alla produzione di motori termici in Europa.

Questo perché è assolutamente necessario fare i conti con la realtà.
 
Se non approfittiamo di questo momento, non riusciremo mai ad uscire dal pantano EU


Una diatriba che va avanti da dieci anni, quella tra l’Italia e l’Europa per le nostre spiagge.

E che ha per oggetto la famigerata direttiva Bolkestein,
che prevede che le concessioni vengano periodicamente sottoposte a un’asta pubblica
così da aumentare il grado di concorrenza nel settore.

Bruxelles vorrebbe obbligarci al rispetto di questa normativa,
tra le proteste di tante famiglie italiane che rischiano di vedersi improvvisamente private
della loro principale fonte di entrate dopo anni di sacrifici.

Mentre lo scontro prosegue, i primi effetti della linea dura Ue iniziano, purtroppo, già a farsi sentire.


Il colosso austriaco Red Bull, regina delle bevande energetiche e leader nel mondo della Formula Uno,

ha infatti acquisito il controllo della Marina Hannibal di Monfalcone
.


Come riportato dalla testata News Balneari, gli austriaci hanno concluso l’affare per circa 9 milioni di euro.

Oltre ai 65.000 metri quadrati di proprietà della Marina,
dei 60.000 metri in concessione,
dei 300 posti barca e dell’ampio cantiere nautico,
Red Bull ha anche chiesto nell’incontro “un accesso diretto al mare aperto.
Il Comune ha subito servizievolmente abbozzato, offrendo 400 metri di litorale sull’isola dei bagni”.


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Una parte della spiaggia, dunque, sarà sottratta ai bagnanti,
con il manager austriaco Hans Peter Steinacher che si è affrettato a chiarire:

“Non vogliamo che la nuova Marina diventi un’enclave nautica tedesca”.

Il solo fatto che abbia subito messo le mani avanti,
lascia chiaramente intendere quanto concreto sia, invece, il pericolo.

La conferma, purtroppo, della ferocia con cui le multinazionali
sono pronte a saltare al collo degli imprenditori italiani in crisi,
approfittando del primo momento di debolezza per costringerli a svendere le proprie attività fuori dai confini.

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Tra gli allarmi lanciati a seguito dell’acquisizione, c’è quello di Fabrizio Licordari di Assobalneari:

“Non è lontano il tempo in cui anche le nostre spiagge subiranno lo stesso trattamento da parte del capitale tedesco,

che da molto tempo cerca di utilizzare il controllo delle istituzioni europee per fare man bassa dei nostri stabilimenti,

chiedendo a più riprese che siano messi a gara.

Pronti ovviamente a fare delle nostre spiagge quello che abbiamo già visto in Grecia”.



Con la benedizione di un governo Draghi tutt’altro che determinato a difendere gli italiani,
pronto piuttosto a regalare spiagge, litorali e porticcioli ai grandi gruppi che,
forti della loro liquidità, possono facilmente dettare legge nelle aste.
 
La solita malagestione del governo ha bruciato il turismo italiano delle feste natalizie.

La prospettiva di un aumento dei contagi (E CONTAGIATI NON VUOL DIRE MALATI)
e la possibilità sempre più concreta che il governo decida di varare ulteriori misure di contenimento
(visto il flop dei vaccini in questo senso) per far fronte alla nuova ondata, arresta le partenze.

Come spiega Andrea Gagliardi su Il Sole 24 Ore,

“ben 8 milioni gli italiani ad oggi hanno deciso di rinunciare a viaggi e vacanze
per i giorni di Natale e Capodanno e alla fine di rimanere a casa”.


Demoskopika lancia dunque l’allarme per il settore del turismo
già messo a dura prova dal Covid e dalle politiche di gestione dell’emergenza.

“Poco più della metà degli italiani (52%)
avrebbe deciso di andare in vacanza per le festività di fine anno,
con il 24% che ha già prenotato.

Al netto di chi è ancora indeciso (15%), quelli pronti a fare le valigie
sarebbero 18 milioni e 9 su 10 sceglieranno mete nazionali.

Poi ci sono 24 milioni di persone che hanno scelto di non partire (48%):
il 12,4% perché «pur volendo ha ancora timore a viaggiare» a causa della pandemia
ed il 16% (ben 8 milioni) ha addirittura cancellato la prenotazione”.


Gli operatori del settore del turismo sono sconvolti.

“In questi giorni si registra una tendenza alle disdette
che potrebbe anzi addirittura aumentare se verranno introdotte altre restrizioni.
Tanto che le previsioni più pessimiste rimbalzate nelle ultime settimane
tra gli operatori del settore arrivavano a prevedere già da qualche giorno fino a 11 milioni di rinunce”.


Federalberghi qualche giorno fa aveva pubblicato una durissima nota contro il governo Draghi
per l’obbligo di tampone anche ai turisti vaccinati che avevano scelto di venire in Italia.

Anche in quel caso, dopo l’annuncio del governo,
si è registrato un gravissimo boom di cancellazioni e disdette,
mandando a zampe all’aria miliardi di fatturato.


Ed ora chi aiuterà il settore turistico?
 
Ma dai. Ma non ci posso credere. Ahahahah chissà come mai solo Pfizer......


Svezia e Danimarca dicono stop alla somministrazione del vaccino Moderna ai giovani.

La Svezia sospenderà in via precauzionale l’uso di Moderna per i nati dopo il 1991,

in Danimarca, a seguito dei dati preliminari di un nuovo studio che sembrano evidenziare rischi di miocardite,

si è deciso invece per la sospensione agli under 18.


A seguito delle segnalazioni di possibili effetti collaterali, come la miocardite,
le autorità scandinave hanno preso questa decisione.

In Svezia le persone di età compresa tra 12 e 15 anni riceveranno solo il vaccino Pfizer.


Come riporta Quotidiano Sanità,

l’agenzia sanitaria danese ha affermato che i dati indicano un aumento di miocardite e pericardite

tra i giovani e i giovani adulti che erano stati vaccinati.


“La connessione è particolarmente chiara quando si tratta del vaccino Spikevax di Moderna, specialmente dopo la seconda dose”,
 

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