Banche venete: ipotesi ingresso 4 fondi, anche Poste pronta a entrare per evitare bail-in
Spuntano nuove opzioni per salvare le due banche venete senza ricorrere al bail-in, dopo che il fondo Atlante si è tirato indietro. Secondo alcune indiscrezioni di stampa, sarebbero infatti spuntati alcuni fondi di private equity disposti a intervenire. Non è escluso nemmeno un ingresso di Poste Italiane.
Secondo Il Corriere della Sera, che cita fonti anonime vicine al dossier, forse già oggi una delegazione italiana con rappresentanti del Tesoro potrebbe presentarsi a Bruxelles con una lettera di impegno di quattro operatori di private equity per un ingresso nella Popolare di Vicenza e Banca Veneto. I fondi sarebbero: Atlas, Centerbridge, Warburg Pincus in cordata con il fondo hedge Baupost. Secondo il quotidiano, non sarebbero state ancora definite le modalità di ingresso di questi quattro fondi. Si parla di un prestito obbligazionario convertibile o di altri strumenti partecipativi.
Non solo. La Repubblica ha avanzato oggi l'ipotesi di un intervento di Poste Italiane. Qui le opzioni possibili sarebbero due: il gruppo potrebbe entrare nel capitale mancante con un importo ancora da definire; oppure potrebbe acquistare il "sistema Cattlica" attraverso Poste Vita, così da ridurre il fabbisogno di capitale di Vicenza di 250 milioni di euro.
Intanto il governo sta continuando a lavorare sul caso. Secondo Il Messaggero il Tesoro non esclude tra le opzioni la ricapitalizzazione precauzionale, con un ingresso dello stato nel capitale delle due banche venete. Il quotidiano romano spiega che l'iniziativa andrebbe legittimata con un decreto del governo. In questo modo però l'Italia si esporrebbe al rischio di una procedura di infrazione, nel caso in cui il negoziato tra Roma e Bruxelles non si sbloccasse entro la fine di giugno.
Il possibile bail-in delle due banche venete potrebbe scatenare disastrose conseguenze per il sistema finanziario italiano e non solo, paragonabili a un default della Grecia. Ne è convinto l'amministratore delegato della Popolare di Vicenza, Fabrizio Viola, secondo il quale "gli effetti di una crisi non risolta delle due banche venete non sarebbero molto inferiori a quelli generati dal default della Grecia". La procedura di bail-in, spiega Viola, imporrebbe il rientro di impieghi a tutela dei depositi e questo richiamo creerebbe "uno sconquasso tremedo" in una delle aree, quella del Nord Est, tra le più importani per l'economia italiana. La Popolare di Vicenza e Banca Veneto devono rafforzare il proprio patrimonio con 6,4 miliardi di euro, ma la Commissione Ue ha richiesto che oltre 1 miliardo arrivi da risorse private.