sassipaolo
Chesenso's way
Originariamente Scritto da hommequipleure in altro Forum:
L’ipotesi di risoluzione «soft» ; Sole24ore
di Laura Serafini
La risoluzione entra tra le ipotesi al vaglio della vigilanza
italiana, di quella europea e del ministero dell’Economia, per risolvere
la crisi delle banche venete.
Va premesso subito che l’opzione allo studio non implicherebbe
il bail in e, anzi, avrebbe un carattere piuttosto innovativo.
E questo perchè il percorso che si sta immaginando - non è
ancora chiaro se alternativo o complementare a un intervento
di sistema - prevede un accostamento sinora mai tentato perchè
non esplicitamente previsto dalle norme europee sulle
crisi bancarie, e in particolare dalla direttiva Brrd. Il progetto,
in estrema sintesi, prevede l’entrata in risoluzione delle due
banche venete, che dovrebbe essere valutata (dopo il primo
caso avvenuto per l’operazione Banco Popular-Santander) dal
Single resolution board. Ma di pari verrebbe consentito anche
l’intervento dello Stato a scopo preventivo (early intervention)
attraverso un aumento di capitale da 4 miliardi.
L’ingresso nella procedura di risoluzione servirebbe, in buona
sostanza, per poter attivare il fondo di risoluzione già utilizzato
per il caso delle quattro banche finite in risoluzione prima
che entrasse in vigore la direttiva Brrd sul bail in. Oggi per
autorizzare l’utilizzo del fondo su casi diversi dalle quattro banche
va aperta una procedura di risoluzione che deve essere autorizzata
dal Srb sulla base di una serie di fattori (stabilità finanziaria,
costi per il sistema, rischi per l’intermediario e così
via). L’attivazione del fondo di risoluzione risolverebbe in un
sol colpo la questione di reperire i fondi privati per coprire
quell’eccedenza di perdite su crediti deteriorati quantificata
dalla vigilanza europea in 1,25 miliardi. Il fondo è obbligatorio
e il contributo pro-quota delle banche sarebbe inesorabile.
L’intervento privato dovrebbero andare a coprire le perdite pregresse
sui crediti, anche quelle cumulate nel corso dei 6 mesi
trascorsi tra l’autorizzazione di Bruxelles all’intervento pubblico
nelle banche in crisi (a partire da Mps), arrivata il 23 dicembre,
e questi giorni. Tempo che si è perso nelle more delle sempre
nuove richieste messe sul piatto dalla vigilanza europea: è anche
sulla base di questa considerazione che il governo italiano sta
negoziando per ottenere una consistente riduzione dell’importo
richiesto da parte dei privati. E la vigilanza Ue, d’altro
canto, sta mostrando un’apertura proprio perchè i privati non
sarebbero più un’entità ineffabile ma sono il sistema bancario
nazionale. La disponibilità di questi fondi renderebbe non necessario
il ricorso al burden sharing, ovvero il coinvolgimento
di investitori e risparmiatori nella procedura. La possibilità
di combinare a questo step a una successiva ricapitalizzazione a
matrice pubblica va ricercata, però, nelle pieghe delle norme
europee. Un esercizio che in verità è tutt’altro che semplice, ma
è una strada che si sta vagliando. Alla domanda se sia possibile
combinare una procedura di risoluzione con un intervento
preventivo di ricapitalizzazione pubblica, Vitor Constancio,
vice presidente della Bce, ha risposto a Il Sole 24 Ore: «Non
voglio entrare nei dettagli. Ma le norme europee ci sono e, come
abbiamo visto già altri casi, esistono varie modalità per applicarle».
Anche Fabio Panetta, vice direttore della Banca
d’Italia, a proposito della possibilità che fosse vagliata la risoluzione
ha commentato: «sono ipotesi allo studio».
Ma, ammesso che questa strada si rivelasse percorribile,
cosa accadrebbe alle banche venete?
È ormai evidente che un nuovo piano industriale, che
passi attraverso una ristrutturazione, andrebbe predisposto. Il
business, anche alla luce di un innesto di capitali, non è più sostenibile.
La direttiva Brrd prevede alcuni percorsi precisi per
poter imboccare la strada della risoluzione: la cessione a un’altra
banca, come accaduto con il Banca Popular, la costituzione
di una bad bank o il bail in. Oppure, il trasferimento temporaneo
delle attività e passività a un’entità (bridge bank) costituita e
gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti,
in vista di una successiva vendita sul mercato. Non c’è alcuna
indicazione al momento che la strada possa essere questa.
Quello che però sembra trapelare da quanto affermato da alcuni
banchieri contattati dal ministero dell’Economia per sondare
un eventuale interesse o disponibilità a essere coinvolti
sul caso delle banche venete è che queste consultazione - almeno
su una parte di questi banchieri - non sono tanto mirate a
portare fuori dall’emergenza immediata le due banche, ma a
cosa farne un domani, forse tra 6-12 mesi. «Per ora solo un’interlocuzione.
Se ci chiamano ascolteremo, non costa nulla»
ha commentato ieri Giulio Magagni, presidente di Iccrea, la
banca destinata a divenire una capogruppo del credito cooperativo
con un patrimonio di oltre 10 miliardi. Il direttore generale
Leonardo Rubattu ha aggiunto: «Siamo molto sensibili
all’evoluzione delle popolari venete che hanno la nostra stessa
vocazione. Siamo aperti a valutarla quando ci sarà chiarezza
sulle condizioni». Cosa c’entra la vocazione col mettere solo un
contributo pro-quota? Forse l’interesse è per rilevare qualcosa
un domani, magari sportelli. L’ipotesi spezzatino delle banche
(chi compra sportelli, chi Npl...) magari non è poi da considerare
così remota.
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se fanno una RISOLUZIONE in questo modo, le SUB vengono azzerate , NON convertite BS style
che dite?