Oggi sono sessant'anni esatti dalla morte

giuseppe.d'orta

Forumer storico
Un eroe sconosciuto: il questore Giovanni Palatucci

Non seguiva ideologie o partiti e il suo desiderio era stato sempre quello
di difendere la dignità propria e altrui. Da solo evitò il lager a 5.000
ebrei prima di essere scoperto dai tedeschi e mandato a Dachau, dove non si saprà più niente di lui.
di Mariano Cavataio

Il nome di Giovanni Palatucci non è certamente nuovo per gli storici più
attenti: più volte è stato scritto, nelle pieghe dei libri ad altro
dedicati, che egli, questore di Fiume negli anni della Repubblica di Salò,
protesse e soccorse migliaia d'ebrei, fino ad essere arrestato e mandato a
Dachau, da dove non fece ritorno.
Nel 1953 il Governo d'Istraele, riconoscente, gli dedicò una via di Ramatgan, alle porte di Tel Aviv, e un boschetto a Gerusalemme. Ma il grande pubblico nulla di tutto questo sapeva.
Come spesso succede, la memoria di un grande eroe ritorna sempre a galla, così uno studioso di buona volontà che ha scavato, impiegando anni e sforzi, negli archivi più riposti, è riuscito a delineare un'attenta e commossa biografia. E' questi il prof. Goffredo Raimo che si è prodigato per fare ottenere dall'allora Presidente della Repubblica Italiana, il sinistrato Scalfaro, una medaglia d'oro a valor civile per il nostro eroe Palatucci.

La biografia del professor Raimo, A Dachau per amore, pubblicata con il
patrocinio della Società per gli studi fiumani di Roma, dedica molto spazio
all'ambiente familiare di Giovanni Palatucci. Gente solida, benestante,
timorosa di Dio: dieci congiunti erano religiosi, primo fra i quali l'allora
vescovo di Campagna, nel Salernitano, monsignor Giuseppe Maria Palatucci.
Mettendo a fuoco il periodo istriano del dott. Palatucci, possiamo dire che
era vicecommissario aggiunto quando giunse a Fiume nel 1937, trasferito
dalla questura di Torino dove non aveva fatto gran buona impressione ai
superiori, per una certa sua giovanile libertà di giudizio.
Voglio ricordare che Fiume era città di Frontiera e quindi in Istria e
Dalmazia, la comunità ebraica era storicamente forte, ma il suo numero
aumentò dopo il 1938, quando l'endemico antisemitismo della Germania nazista divenne, con l'approvazione di leggi repressive, una violenta epidemia.
Perché va detto a nostro onore che, sebbene Hitler aveva costretto Mussolini (che deprecava la persecuzione nazista degli ebrei) a stolidamente imitarlo con le leggi razziali, gli italiani, nell'animo loro non le capivano, non le condividevano affatto.

Il commissario Palatucci fu messo a capo dell'ufficio stranieri della
questura, probabilmente perché parlava il francese e un po' il tedesco, e
certamente incominciò subito ad applicare, nei confronti degli ebrei, leggi
e regolamenti con mano leggera, giungendo ad ignorarli del tutto, quando gli riusciva. In questo aveva fatto, potrei dire, società con quel brav'uomo di suo zio, il vescovo: il quale aveva organizzato nella propria diocesi un
campo di raccolta in cui le autorità governative mandavano appunto (e anche qui immagino connivenze a molti alti livelli) le famiglie ebree provenienti dall'estero.

Molti cittadini d'Istraele oltre i sassant'anni ricordano di essere stati
ospitati del campo in quel tempo, e tutti riconoscono di essere stati
trattati con grande civiltà. Raimo ha rintracciato parecchie di queste
questioni. Una precisa casistica è forse impossibile, ma è certo che gli
ebrei soccorsi, o con il semplice invio a Campagna, o con una diretta
attività clandestina, furono almeno cinquemila, e questa è la cifra ormai
storicamente consolidata.
L'impegno del commissario Palatucci si fece sempre più attivo, specifico e
pericoloso, con il passare del tempo. Non era il solo ad agire e il suo più
fedele collaboratore fu il brigadiere Pietro Capuozzo.
In Istria, come altrove, le cose precipitarono dopo l'8 settembre, quando
giunsero i tedeschi a fare da padroni e la polizia italiana venne in pratica
disarmata.

Ma il dott. Palatucci non cessò di occuparsi degli ebrei, sebbene ormai non
potesse più inviarli al campo dello zio. Sapendo che i nazisti li
arrestavano per mandarli nella risiera di San Sabba a Trieste, l'unico lager
italiano, o nei campi dell'Europa orientale, incominciò sistematicamente a
cancellarne i nomi dalle liste, a distruggere le loro pratiche, a farli
avvertire che si nascondessero, a trovargli egli stesso i rifugi: giunse
perfino a farli imbarcare su pescherecci che, clandestinamente, li portavano in salvo al sud, oltre le linee.

Quest'attività non poteva rimanere a lungo nascosta: i tedeschi ci misero
quasi un anno ad accorgersi che gli ebrei gli sparivano sotto il naso, e
forse, alla fine fu qualcuno a fare la spia.
Così, la notte del 13 settembre 1944, la Gestapo si presentò alla casa del
questore e lo porto via.
Purtroppo, eroi di questo calibro si possono contare nelle dita delle nostre
mani, che hanno sacrificato la loro vista per il bene della nostra cara
Italia e per unico senso di solidarietà come fece il Palatucci che rimarrà
per sempre rinascente nei nostri cuori.


03 novembre 2001

http://web.tiscali.it/comitatopalatucci/

http://www.poliziadistato.it/pds/primapagina/palatucci/
 

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