Operatività Indici & Futures - Open - Cap. 2

Perché nelle cose del mondo la seconda legge che vige (la prima è quella di causa ed effetto) è l'impermanenza: tutto è mutevole.
Tutto è in continuo e costante mutamento.
 
Così in borsa un minimo "apparente" non è "fisso" fino a quando il "sufficiente" tempo non è trascorso.
Allora determiamo il sufficiente tempo in modo esatto?
Magari.
Chiedo: poiché il tempo è il motore della vita, determiniamo in modo esatto il tempo che dobbiamo vivere!
Possibile? Si. Ma altamente improbabile che si riesca a farlo.
Ma non è questo il punto.
Se sapessimo quanto abbiamo da vivere, che vita trascoremo?
Ogni tando mi sfugge la mente e corre verso il fine-vita. Un sintomo, un dolore fisico "diverso" e subito, influenzato dalle informazioni che mi arrivano, la mente cade su pensieri nefasti di neoplasie e o infarti senza possibilità di richiamo.
Sono squarci esistenziali.
Annichilimento del presente.
Attimi di terrore puro.
Poi la riprendo e la rimetto al suo posto (la mente).
Ma intanto un senso di estrianetà dal mondo perdura ancora per dei momenti che a volte durano più di qualche giorno.
 
Così in borsa non possiamo parlare di determinismo, ma di probabilità.
Nell'impermanenza come legge regolatrice delle cose del mondo parliamo di in-determinazione, ovvero di probabilità.
Donde la statistica e il salto quantico. Il quanto.
Quanto singifica: "nella misura che"; "nella quantità che"
 
introduciamo nella nostra mente la preposizione articolata "nella" e la congiunzione "che": "nella...che".
Ovvero abbiamo introdotto l'intedeteminazione: il "se".
Se succede questo allora accadrà quello.
Ed è parlare quotidiano di tutti noi.
Ergo pensiero.
Ergo come ragioniamo e come ci rapportiamo con le cose del mondo
 
questo modo di pensare portò, nella fisica, ad ammettere che non possiamo "misurare" in modo esatto tutti i componenti della materia, ma che dobbiamo accettare una "misurazione discreta", ovvero un "insieme discreto di valori multipli" di un valore non ulteriormente scomponibile: il quanto appunto.
Così abbiamo teorizzato i "livelli probabilistici" dell'elettrone.
Livelli di energia.
 
Sappiamo che l'elettrone esiste. Ma lo sappiamo perché se mettiamo le dita dentro la presa ne rimaniamo folgorati.
(Per chi vuole comprendere pensi alla folgorazione di Paolo sulla via di Damasco. Stessa cosa).
Ma non siamo in grado di darne una misurazione esatta.
Eppure c'è?
Si
Allora lo possiamo misurare?
No
Ma esiste?
Si
Allora dammi il suo valore energetico?
Non nono capace.
Allora non c'è?
Sei tordo? Ti ho detto che esiste.
Ma se non lo puoi misurare? Quello che non si misura non esiste.
Metti un dito in una 380 v e poi dimmi se c'è o no l'elettrone.
Mica son scemo, metto il dito crepo ed hai risolto il problema di un incredulone di nome Tommaso (ancora una volta il parallellismo...capite qs sugli antichi testi?)
Allora ammetti che esiste?
No, se non lo si pò misurare non esiste
Bene, sei arrivato al paradosso: siamo di fronte ad una cosa che l'evidenza afferma di esistere, ma che non siamo in grado di darne una dimostrazione\misurazione esatta.
Esiste, da qualche parte li fuori attorno al nucleo dell'atomo
 
E non è una questione da poco questa visto che ogni volta che premiamo un interruttore elettrico facciamo un atto di fede!!!
 

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