Titoli di Stato area Euro Paesi Baltici ed Est Europa: news, info, analisi

Le oscillazioni tra novembre e dicembre sono state la norma.
Solo che, dopo, il club Med ha continuato ad oscillare,
mentre questi sono hanno incrementato costantemente.
Anleihen - SLOWAKEI EO-ANL. 2010(25) - Snapshot
Anleihen - POLEN, REPUBLIK EO-MEDIUM-TERM NOTES 2010(25) - Snapshot
Anleihen - KROATIEN, REPUBLIK EO-NOTES 2009(15) - Snapshot
Anleihen - TSCHECHIEN EO-MEDIUM-TERM NOTES 2012(22) - Snapshot
Analogamente per i Baltici,
forse la Lituania appena un po contrastata.

A novembre c'è stato lo spread bund/btp sopra i 500bp;
si è aperta una forbice tra i rendimenti miserrimi delle AAA
e il rischio che rappresentava il club Med, pur con rendimenti allettanti.
All'interno di questa divergenza si è aperta questa finestra:
paesi distanti dal nucleo della crisi dell'euro;
paesi con debiti pubblici contenuti;
paesi con rating accettabile (A-BBB)
che offrivano rendimenti interessanti per il rischio implicito.

Per quello che riguarda la Slovenia, da quello che ho capito,
la crisi riguarderebbe il sistema bancario;
qualcuno dice che l'analogia tra le sofferenze bancarie, perentualmente,
tra Spagna e Slovenia è preoccupante,
qualche altro dice che la Slovenia ce la potrebbe fare con il suo
ma è più comodo fare un leasing con l'ESM.
Con rendimenti dei tds che si alzano.
Si tratterebbe di capire quanto probabile sia un'intervento dell'ESM......
Se trovi altre news e le vorrai pubblicare
grazie in anticipo. :)
 
Lituania

Lituania/ Parlamento approva leggi per indipendenza energetica
Verrà costruito nuovo terminal gasiero

12 giu. Il Parlamento della Lituania ha adottato
oggi a larga maggioranza due leggi per garantire l'avvenire
energetico del Paese, che prevedono la creazione di un terminale
per il gas sul mar Baltico e l'allaccio della rete elettrica
lituana al sistema dell'Europa occidentale entro il 2020.

Vilnius al momento è fortemente dipendente dalla Russia per il
suo approvvigionamento energetico. Il terminal gasiero dovrebbe
cominciare a funzionare al più tardi il 3 dicembre 2014 e coprirà
almeno il 25 per cento del fabbisogno, diversificando le fonti
d'approvvigionamento. Per il gas, attualmente, la Lituania
dipende esclusivamente dalle forniture di Gazprom.

Vilnius e Gazprom sono in disaccordo sul prezzo del gas. Mosca
inoltre vede nei tentativi della Lituania di promuovere in sede
Ue una riforma del mercato del gas una minaccia al suo ruolo.
 
Polonia

Nuova emissione :)
 

Allegati

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Albania: nonostante la crisi, prosegue la crescita


lunedì 18 giugno 2012







Il Ministro delle Finanze albanese Ridvan Bode ha affermato nei giorni scorsi che l'economia albanese nel corso degli ultimi anni è riuscita a proseguire il suo cammino di crescita, nonostante gli effetti della crisi globale, in linea con quanto avvenuto nei Paesi del sudest europeo e dell'Asia Centrale.

Bode ha sottolineato in particolare il positivo andamento degli investimenti esteri diretti, il cui flusso è passato da un ammontare di 250 milioni di euro nel 2006 a 850 milioni nel 2011: la presenta di compagnie multinazionali nell'economia albanese ha influito in modo significativo sullo sviluppo economico: al momento tali compagnie sono inoltre i maggiori contribuenti alle entrate fiscali albanesi.

Marcello Berlich

(euregion.net)
 
A me risulta essere l'unico eurobond albanese.
Taglio minimo 50000euro.
Guarda il grafico ad un'anno, è meno squallido. :)
 
Estonia

Twitter match tra Paul Krugman e Toomas Hendrik Ilves, primo ministro estone. :)


IL MITO DELL’AUSTERITÀ ESPANSIVA E I FALSI MODELLI


23.06.2012Tra le forme assunte dagli accesi dibattiti su come affrontare la crisi dell'eurozona, un duello a colpi di tweet al vetriolo tra un Capo del Governo e un Premio Nobel per l'economia restava un inedito. Non lo è più dal 6 giugno scorso. Protagonisti dell'esilarante querelle, il Primo Ministro estone Toomas Hendrik Ilves e l'eminente economista Paul Krugman. Raffreddando l'entusiasmo degli ultraliberisti per il presunto 'miracolo baltico', Krugman ha ironizzato sull'entità della ripresa estone postando sul suo blog del New York Times un grafico raffigurante l'andamento del Pil reale dell'Estonia nell'ultimo lustro.
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Nel suo breve post, l'economista fa notare che non è opportuno parlare di 'trionfo economico' in circostanze dove il Pil reale è ancora ben lungi dal raggiungere il picco pre-crisi. Per comprendere la portata di queste affermazioni e l'interesse internazionale rivestito dal caso, occorre fare qualche passo indietro. Negli ultimi mesi, infatti, le politiche di austerità implementate da Tallinn sono assurte a modello tra i fautori del rigore fiscale. Gli esponenti della destra liberista americana ed europea sbandierano i successi straordinari conseguiti dal virtuosismo baltico e suggeriscono ai rispettivi governi di trarne ispirazione. L'orgoglioso statista estone, cresciuto nel New Jersey, educato alla Columbia University e visceralmente anti-comunista, non ha nascosto la propria irritazione per il sarcasmo neokeynesiano dell'economista di Princeton: "Ma sì, che ne sappiamo noi? Siamo solo stupidi, sciocchi est-europei. Non illuminati. Un giorno anche noi capiremo. Nostra culpa". In un altro tweet, Ilves dava a Krugman dello "sfrontato, arrogante e paternalistico", sfoggiando un aplomb tutt'altro che presidenziale. I paladini dell'austerità (da Anders Åslund ai falchi del Cato Institute) hanno difeso il Primo Ministro a spada tratta, ingenerando un avvincente dibattito sugli effetti dei tagli alla spesa pubblica sulla crescita, il cui interesse va ben al di là della fattispecie estone. David Mitchell, in particolare, ha accusato Krugman di selezionare solo i dati che gli facevano comodo, rilanciando con un grafico di più ampio respiro…
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… che mostrerebbe l'innegabile successo della repubblica baltica nella transizione dal comunismo all'economia di mercato. Oltre alla crescita sostenuta del reddito nazionale, trainata dalle esportazioni in settori di nicchia come l'alta tecnologia, un motivo d'orgoglio dell'Estonia è il suo debito pubblico al 6% del Prodotto Interno Lordo. In confronto, l'81% della morigerata Germania fa inorridire. Il Paese è poi riuscito a trasformare un rapporto disavanzo/Pil del 3% (nel 2008) in un surplus dell'1%, che ha mantenuto per due anni consecutivi[1]. Nel 2011 - anno di adozione della moneta unica - il Pil è cresciuto del 7,6%, mettendo a segno la performance migliore del continente, ben 5 volte sopra la media dell'Unione. In controtendenza rispetto ai partner dell'eurozona, l'Estonia ha visto il proprio rating promosso ad A+ (confermato a giugno da Fitch, con outlook stabile). Attualmente, l'Estonia ha un rischio d'insolvenza addirittura inferiore a quello di Danimarca e Paesi Bassi: il prezzo dei CDS estoni a 5 anni viaggia attorno ai 120 punti-base, superiore nell'eurozona solo a quello degli omologhi finlandesi e tedeschi.
E pensare che poco dopo la bancarotta di Lehman Brothers il debito sovrano di Tallinn era il terzo più rischioso in Europa e che il Pil estone si contraeva del 3,7% nel 2008 e di un vertiginoso 14,3% nel 2009[2]. Nel primo quadrimestre del 2010, il tasso di disoccupazione - tradizionalmente allineato al tasso frizionale del 3-4% - ha raggiunto il 19,8%[3]. Tra le cause scatenanti della crisi rivestirono particolare importanza l'improvvisa carenza di capitali esteri imputabile all'instabilità finanziaria internazionale e il crollo delle esportazioni, nonché la fragilità di un sistema creditizio compromesso da una discreta bolla immobiliare. Una situazione analoga, se non peggiore, si registrava in Lettonia e in Lituania. Krugman scommise che le vecchie tigri del Baltico sarebbero state costrette a svalutare per stimolare le esportazioni e ne paragonò le sorti a quelle dell'Argentina di dieci anni prima. Al contrario, i governi delle tre repubbliche difesero l'aggancio all'euro e promossero una politica di cosiddetta 'svalutazione interna', un eufemismo per indicare drastici tagli alla spesa statale - consistenti in una riduzione del 10% dei salari nel pubblico impiego, un inasprimento delle regole per ottenere sussidi di disoccupazione, un impressionante ridimensionamento del sistema sanitario e interventi invece piuttosto simbolici per abbattere i 'costi della politica' (ad esempio, una riduzione del 20% dello stipendio dei ministri). Il Governo Ilves ha inoltre innalzato l'età pensionabile e ha aumentato l'imposta sul valore aggiunto dal 18 al 20%, senza introdurre patrimoniali (peraltro, sia detto per inciso, il Paese ha un sistema di flat tax di cui Milton Friedman andrebbe fiero). Non solo gli estoni non hanno protestato, ma hanno persino rieletto il governo che ha adottato queste misure. Insomma, la piccola repubblica baltica è diventata un vero e proprio paradigma neoliberista e un terreno di scontro tra due scuole di pensiero economico contrapposte. Questo è il retroscena del twitter match tra Krugman e Ilves.
Quello che ci interessa è capire se l'Estonia sia realmente una success story dell'austerità espansiva e se possa davvero fungere da modello per l'Europa e per il mondo. Da un'analisi più attenta, emerge che le ragioni del successo baltico sono state largamente semplificate. Inoltre, la peculiarità dei fondamentali dell'economia estone impedisce generalizzazioni.
Innanzitutto, Krugman ha ragione a far notare che la ripresa estone è solo parziale. Il Pil si attesta infatti sul 91% del picco raggiunto nel 2007, ed esistono esempi di rimonte ben più entusiasmanti innescate da aumentidella spesa pubblica:
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Il grafico di sinistra - con cui Krugman ha ribattuto ai rabbiosi tweet presidenziali - raffigura l'andamento del Pil reale nell'America del New Deal. Quello di destra - proposto dall'Harvardiano Adomanis su Forbes - rappresenta la ripresa russa negli scorsi anni. Nonostante quest'ultima sia ben più efficace di quella estone, nessuno si è sognato di invitare i governi europei a emulare la politica economica di Putin.
In secondo luogo, è fondamentale sottolineare che l'Estonia non ha adottato politiche di austerità in risposta alla recessione del 2008. Al contrario, essa ha fatto il suo ingresso nella crisi con già alle spalle una tradizione di rigore fiscale ben rodata. A differenza di Krugman, non suggeriamo che tale rigore sia una concausa del collasso del Pil. Piuttosto, occorre ricordare che in Europa meridionale l'imperativo della crescita si pone in relazione al rigore fiscale in modo totalmente diverso. In contesti di elevato indebitamento come quello italiano è particolarmente opportuno che le misure di austerità siano accompagnate da stimoli alla crescita, perché in caso di stagnazione o recessione il rifinanziamento di un debito ipertrofico diventa insostenibile, dato che diminuendo il gettito fiscale si hanno meno risorse per pagare gli interessi. Per questo le scelte di rigore assoluto dell'Estonia - che non si è mai dovuta misurare con questo dilemma - sono difficilmente applicabili al nostro contesto.
Anche le esigue dimensioni dell'economia estone rendono difficile ogni trasposizione. L'Estonia ha la stessa popolazione del Comune di Milano e un Pil che è meno della metà di quello meneghino (chissà che Pisapia non possa trarre spunti interessanti per ripianare i debiti della sua città…), per cui una variazione relativamente modesta a livello di bilancia commerciale può avere un'incidenza consistente sull'economia. E si dà il caso che proprio un aumento delle esportazioni sia alla base della recente ripresa estone. Lo sbocco privilegiato dell'export estone è peraltro costituito da Paesi con congiunture favorevoli quali la Germania, la Svezia e la Finlandia. La Bulgaria, che ha seguito un analogo percorso di austerity ma che ha la sfortuna di confinare con la Grecia piuttosto che con un Paese scandinavo, non è infatti in una situazione altrettanto rosea.
Un altro elemento di unicità della congiuntura estone è la sua volatilità, tipica delle economie di transizione e semplicemente inconcepibile in sistemi più maturi. Risulta difficile accettare che Roma o Madrid possano permettersi di implementare politiche radicali come quelle di Tallinn, così come immaginare gli effetti su economie come quella italiana o spagnola di oscillazioni del Pil nell'ordine del ± 15% annuo o quintuplicazioni del tasso di disoccupazione. In questo senso, una crescita di quasi l'8% nel pieno di una recessione regionale è sicuramente un dato positivo - ma se letto alla luce del crollo di tre anni fa assume quasi la forma di una ripresa 'fisiologica'.
In ogni caso, il controargomento più convincente da twettare al Primo Ministro Ilves sarebbe il seguente: che il suo Paese cresce grazie alle ingenti allocazioni di fondi europei, che ammontano al 5% del Pil estone nel 2011 e nel 2012. Come mostra il grafico sottostante, senza queste spese (si badi bene al termine), la performance dell'Estonia sarebbe stata ben diversa…
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Fonte: Fondo Monetario Internazionale

… e i neoliberisti non sarebbero così fieri del loro piccolo eroe. Tra l'altro, è piuttosto irritante constatare che i trasferimenti europei ai PIIGS non superano l'1%, anche in considerazione delle reiterate lamentele della stampa estone per l'obbligo di Tallinn di contribuire con 200 milioni di euro (briciole, anche fatte le dovute proporzioni, rispetto al contributo italiano) al Fondo Europeo Salva-Stati. Trasferimenti a parte, dal grafico emerge un altro dato preoccupante, e cioè che la crescita del Pil estone subirà quest'anno un rallentamento drammatico (+1,7% a fronte del 7,6% dell'anno scorso), indotto principalmente da un calo delle esportazioni. La disoccupazione resta a doppia cifra (11,5%), al di sopra della media dell'Unione Europea, e l'inflazione supera il 5%, così che i salari reali hanno continuato a deteriorarsi nonostante un aumento di quelli nominali. Infine, un deficit superiore al 2% rifarà la propria comparsa nel 2012[4].
Putroppo l'austerità è spesso una scelta obbligata. Occorre tuttavia stare in guardia dal mito dell'austerità espansiva, e cedere alla tentazione di suggerire ricette che individuano nei tagli indiscriminati alla spesa pubblica la formula magica per tornare a crescere. Il fatto che gli ultraliberisti non abbiano da proporci un modello migliore dell'Estonia fa molto riflettere.
[1] Fonte: IMF

[2] Fonte: IMF.

[3] Fonte: Statistics Estonia (Statistikaamet).

[4] Tutti i dati di questo paragrafo sono tratti dall'IMF Country Report del Novembre 2011.
Autore: Luca Franza
 
Europa dell'Est

Europa dell'Est, la view di Raiffeisen

25 Jun 2012


La Polonia continua a credere, per il momento, a un'adesione all'euro. Avvicinamento in corso tra Ungheria e UE/FMI

Turchia
Il ritmo di crescita dell'economia turca continua a essere forte, però al momento non raggiunge affatto gli alti incrementi a due cifre dell'anno passato. Tuttavia, la produzione industriale di recente ha sorpreso positivamente. L'indice dei direttori d'acquisto ha superato la soglia dei 50 e indica quindi una leggera espansione dell'economia. L'inflazione è scesa in modo sorprendentemente forte e registra "soltanto" un 8,3% p.a. L'inflazione "core" (senza i prezzi dei generi alimentari e dell'energia) con un 7,7% si trova però ancora molto al di sopra del valore obiettivo di 5% stabilito della banca centrale. Come atteso, la Banca centrale ha lasciato invariato il tasso di riferimento, così come il corridoio dei tassi. La lira turca nel confronto mensile si è mostrata relativamente stabile e le obbligazioni turche hanno guadagnato a differenza degli altri paesi della regione. Il mercato azionario invece è stato più debole; l'indice ISE-100 ha ceduto l'8% circa. Sono stati messi sotto pressione soprattutto i titoli industriali.

Polonia
Sebbene i più recenti dati congiunturali mostrino un leggero rallentamento della crescita in Polonia, complessivamente, il quadro rimane abbastanza forte. L'economia polacca viene trainata ancora soprattutto dal consumo interno, il quale però ultimamente è cresciuto meno delle attese. La produzione industriale è invece cresciuta oltre le attese degli analisti. Con un aumento del 4%, l'inflazione si trova tuttora nettamente sopra il valore obiettivo della banca centrale (2,5%) – per cui quest'ultima tendenzialmente si trova costretta ad agire. Malgrado le turbolenze nella zona euro, secondo il Primo Ministro Tusk la Polonia deve continuare a impegnarsi a favore di un'adesione all'euro. L'indice azionario WIG20 a maggio ha subito una leggera correzione del 6,5% circa. Tra i perdenti si trovavano in particolare alcuni titoli edili e immobiliari.

Repubblica Ceca
I dati congiunturali nella Repubblica Ceca, soprattutto l'indice dei direttori d'acquisto, indicano un'economia ancora debole, in leggera recessione dagli ultimi due trimestri. La congiuntura nell'Europa occidentale, in primo luogo in Germania, sarà decisiva per il futuro andamento dell'economia ceca. Il tasso d'inflazione è relativamente alto - soprattutto a causa degli aumenti dell'imposta sul valore aggiunto e dei prezzi dell'energia. Attualmente il tasso d'inflazione annuo è del 3,5%. Non è tuttora in vista nessuna pressione inflazionistica dovuta alla domanda, per cui il tasso d'inflazione dovrebbe ben presto scendere nuovamente sotto il 2%. Per i prossimi mesi nella Repubblica Ceca ci si può dunque aspettare tassi di riferimento ancora più bassi. I rendimenti obbligazionari sono calati nel confronto mensile; a causa della corona più debole, gli investitori basati in euro hanno comunque dovuto, alla fin fine, fare i conti con una performance leggermente negativa. A maggio, la corona ceca ha risentito, come le altre valute della regione, delle nuove turbolenze legate alla crisi del debito sovrano in Europa. Il mercato azionario ceco ha perso l'8% circa a maggio – sono stati messi particolarmente sotto pressione i titoli finanziari e minerari.

Ungheria
Di fronte ai recenti dati - produzione industriale, vendite al dettaglio, indice dei direttori d'acquisto - il quadro congiunturale in Ungheria è ulteriormente peggiorato. A maggio erano però di nuovo in primo piano gli avvenimenti politici. Il tema dominante era rappresentato dai negoziati tra Ungheria da un lato e UE e FMI dall'altro sul sostegno finanziario al paese. A fine maggio, l'UE ha sospeso la procedura per deficit. Sembra che in cambio il primo ministro Orban ritirerà i discussi emendamenti (in particolare sulla banca centrale ungherese). La relativa votazione in parlamento è però stata rinviata, dato che le attuali proposte di modifica non sono ancora sufficienti secondo l'UE. Senza la prospettiva di un accordo con l'UE e il FMI, il rifinanziamento dell'Ungheria è in serio pericolo. Le obbligazioni e azioni ungheresi hanno sofferto relativamente molto in questo scenario negativo e con i nuovi problemi legati alla crisi del debito euro; nel confronto mensile solo il rublo era più debole del fiorino. Il mercato azionario ungherese ha perso il 12% circa. Tra i grandi perdenti troviamo oltre al gigante del listino MOL ancora una volta Magyar Telekom.
 
Russia

S & P promuove la Russia


Kirill Bezverkhij
27.06.2012, 19:30
L’agenzia Standard & Poor’s ha elevato il rating a breve termine della Russia. La capacita’ creditizia del paese, per quanto riguarda i prestiti in valuta estera, e’ salita di un livello, raggiungendo la categoria “A2”. Cio’ significa che adesso per i clienti russi, in primo luogo per le banche, sara’ piu’ facile ottenere prestiti dai creditori internazionali. Inoltre, secondo gli analisti, la promozione del rating della Russia dimostra ulteriormente l’efficienza della politica del governo russo.
La Russia, come anche gli altri paesi del mondo, ha dei suoi problemi, ma sullo sfondo delle altre economie la situazione di quella russa sembra decisamente migliore – e’ cosi’ che si puo interpretare il comunicato diramato da Standard & Poor’s in occasione della promozione del rating della Russia. Secondo gli esperti dell’agenzia, quest’anno il deficit di bilancio in Russia sara’ relativamente piccolo. Anche il debito estero della Russia e’ abbastanza esiguo: secondo il noto economistra Mikhail Khazin, cio’ costituisce un vantaggio della Russia che prevale su altri problemi dell’economia.
I debiti oggi sono il problema piu’ grande. Dal punto di vista formale, per quanto riguarda il debito sovrano, la nostra situazione e’ ottima, ma le nostre societa’ e cittadini privati hanno accumulato parecchi debiti. Eppure, paragonati agli altri, non siamo tra gli ultimi.
Secondo Standard & Poor’s, la promozione del rating a breve termine della Russia e’ dovuta alla revisione dei criteri che sono alla base della valutazione. In precedenza pero’, sempre per lo stesso motivo, parecchi paesi sono stati bocciati anziche’ venir promossi.
Secondo alcuni esperti, sulla decisione dell’agenzia di rating poteva influire anche la tempestivita’ con cui le autorita’ della Russia si sono preparate all’evoluzione negativa della situazione in Europa. Il ministro delle finanze russo, Anton Siluanov, ha dichiarato recentemente che nel caso del peggioramento della crisi in Europa la Russia potra’ stanziare, nell’anno in corso e nell’anno venturo, fino a 40 miliardi di dollari di aiuti all’economia.
 
Bulgaria: lancia sul mercato bond a 5 anni da 950 mln di euro
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 02 lug - La Bulgaria ha lanciato sul mercato del debito un'obbligazione a 5 anni per un importo complessivo di 950 milioni di euro. Lo riporta il settimanale economico bulgaro Capital secondo cui i bond vengono scambiati sulla base di un rendimento compreso tra il 4,5% e il 4,75%. Per gestire l'operazione, il ministero delle Finanze ha scelto come sottoscrittori Bnp Paribas, Hsbc e Raiffeisen. Per la Bulgaria si tratta del primo ricorso al mercato internazionale del debito da oltre dieci anni. I fondi raccolti con questa emissione permetteranno alla Bulgaria di rimborsare a scadenza, nel gennaio 2013, un bond emesso nel 2002 per 818 milioni di euro. Nel 2015 verra' a scadenza la seconda parte delle obbligazioni collocate dieci anni fa ed e' dunque da attendersi un nuovo ricorso al mercato. Nel 2002 il governo di Budapest aveva ristrutturato il suo debiti esterno verso il club di Parigi per 3,42 miliardi di dollari. cop (RADIOCOR) 02-07-12 16:57:27 (0309) 5 NNNN
 

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