Parliamo di libri

"La legge dei padri"
(P. Jean - ed La Bussola)

Nel 2009 esce nelle sale francesi il documentario scioccante "Domination masculine" del regista belga Patric Jean.
Per realizzarlo, egli si inserisce sotto copertura in alcuni gruppi maschilisti in cui sono presenti anche dei condannati, dei pregiudicati e degli imputati per diversi tipi di violenza endofamigliare, del Québec dove viene a contatto con concetti, terminologia, distorsioni giudiziarie, invenzioni spacciate per scientifiche che fanno paura ma che ritiene talmente palesemente ridicole e fasulle che mai e poi mai potrebbero avere un impatto reale sulla società.
Lo scopo di questi gruppi è quello di ripristinare un ordine sociale "dei padri", in cui l'uomo/marito/padre è al vertice della gerarchia famigliare e sociale, essi rimpiangono i tempi in cui il padre/uomo dominava e possedeva moglie e figli, inventano neologismi e odiano. Odiano le donne, specialmente quando si sottraggono al loro potere e soprattutto le femministe, colpevoli, per loro, di tutte le nefandezze odierne.

Quello che l'autore non avrebbe mai immaginato, è che qualche anno dopo, teorie inventate ad hoc per difendere la pedofilia e le violenze domestiche e portate avanti da movimenti maschilisti dai nomi e dai (finti) scopi ripuliti e presentabili, si diffondessero ovunque: dagli USA al Québec, dalla Francia al Belgio con una propaganda martellante ed efficace. Complici i media totalmente asserviti a questa propaganda, professionisti senza scrupoli che basano imperi di potere e denaro su queste teorie, con agganci in politica, negli alti vertici istituzionali, queste associazioni hanno creato un sistema per zittire le giovanissime vittime di violenze in famiglia, anche di matrice incestuosa e sessuale e le loro madri che cercano di proteggerli. E persino scovando strategie per impedire ai medici che riscontrano gli abusi sessuali sui bambini, di segnalarli all'autorità.
Ristabilendo, di fatto, la legge dei padri.

Con note che riportano scrupolosamente i documenti e le prove delle sue affermazioni, Patric Jean svela verità che nessuno sospetta.

Andrebbe insegnato, letto e consigliato ad avvocati, giudici, assistenti sociali, periti, politici, psicologi ecc anche in Italia.
Conosco, ahimé, per esperienza diretta come funziona in Italia ed è la stessa, lurida, melma, con gli stessi agganci politici, lo stesso potere, lo stesso, immenso, giro di denaro. Con poche variazioni: in Francia si proteggono più facilmente i pedofili, in Italia i mariti/compagni violenti in famiglia, come alcuni recenti casi di cronaca nera (doppio femminicidio di Vicenza, a giugno) dimostrano bene.
Per la situazione italiana, consiglio: "Rompere il silenzio" di A. Coffari (Laurana Editore)
Entrambi i testi, coraggiosamente, fanno nomi e cognomi dei professionisti dell'orrore.

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Ultima modifica:
Uno dei protagonisti del libro che sto leggendo è un biologo e, con il fratello, riflette sul fatto che , dice che molte delle previsioni del "Mondo Nuovo" di Huxley (1932) si stanno realizzando (o si stavano realizzando all'epoca dell'uscita del libro).
Mi colpisce il fatto che lo scienziato dica, in modo asettico, che i progressi nel campo della salute sono stati rallentati dalla nascita del nazismo: alcuni studi dell'epoca erano troppo in linea con le teorie sul miglioramento della razza.

Il che mi farebbe voglia di lèggere quel testo (o qualcos'altro di quell'autore), ma in coda al libro francese dovrei anche lèggere "La versione di Barney".

E' un mondo difficile
Voialtri conservatori che leggete i libri di carta non potete mica comprarli e iniziare a leggerli mentre siete in treno.
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"L'incendio del bosco grande"
(Monica Pais - ed Longanesi)

Che l'autrice ami alla follia la sua Isola (la Sardegna) e gli animali (è una nota veterinaria) si evince in tutta la prima parte del libro ("Sulla montagna: nel bosco grande"), dove parla in prima persona dello scoppio dell'inferno di fiamme sul Montiferru nel luglio 2021, e dove racconta l'infanzia di una piccole Volpe (dandole voce).
Incantevoli scorci verde azzurri sul mare, i profumi della natura, i giochi di una volpina, la natura e la frescura del bosco e del ruscello.
E poi l'angoscia e il fumo, l'inferno in terra, la fuga, il rosso, il fuoco: l'incendio.
La seconda parte in cui la piccola Volpe - battezzata Metà - è curata e tenuta in degenza in clinica, emoziona assai meno.
Ma è un libro ambientalista e animalista in modo autentico e fin nel midollo.
Senza fare la morale.

Si legge in poche ore.

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"La Mennulara"
(Edizione rivista e accresciuta.
S. Agnello Hornby - ed Feltrinelli)

Chi era la Mennulara, ovvero Maria Rosalia Inzerillo?
La protagonista di questo straordinario romanzo, infatti, è già morta quando si inizia la lettura.
La sua immagine appare misteriosa, via via che i personaggi di questa narrazione corale ne parlano.
Scaltra amministratrice delle fortune della famiglia Alfallipe di Roccacolomba, si dice goda della protezione mafiosa. Per alcuni Santa, per altri imbrogliona e ladra, la sua figura ci viene svelata dalle chiacchiere degli abitanti del paese, via via che la trama procede.
Ed è una figura maestosa, eroica e tragica, lucida e intelligentissima. Con la Mennulara, si svela anche la Sicilia degli anni '60. Ancorata alle classi sociali, ad una economia rurale e "feudale", con la società piramidale del patriarcato e degli uomini d'onore, con le chiacchiere di paese.
Personaggi e paesaggi vividi e ben delineati, una trama avvincente che si snoda in brevi capitoli e tiene gli occhi incollati alle pagine, come un appassionante giallo, a tratti divertente in modo elegante.
Pare di viverlo in prima persona.
Superbo.

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L'istituto del "papa emerito" - giuridicamente - non esiste e, da nove anni, Benedetto XVI ripete: «Il papa è uno solo»... ma non spiega mai quale sia dei due. Nella Declaratio con cui si "dimise" nel febbraio 2013, autorevoli latinisti individuarono subito errori e imperfezioni di sintassi, ma papa Ratzinger ha affermato, tre anni dopo: «Ho scritto la Declaratio in latino per non commettere errori». Possibile che tutte queste stranezze provengano da un teologo coltissimo e adamantino, nonché raffinato latinista? E se davvero papa Benedetto avesse voluto abdicare, perché continuare a vivere in Vaticano, vestendo la talare bianca, conservando il nome pontificale e altre prerogative da pontefice regnante? Dopo due anni di inchiesta, pazientemente svolta dall'autore attraverso più di 200 articoli sulle testate Libero, ByoBlu, RomaIT, questo gigantesco mosaico è stato lentamente ricomposto, tessera per tessera. Lo scenario che si configura è scioccante, di importanza millenaria, e non è stato smentito da nessuno, nemmeno dal Santo Padre Benedetto XVI in persona. Attraverso la sua sottile forma di comunicazione logica, il "Codice Ratzinger", il papa ci riconcilia con il Logos, la ragione che svela la verità, e fa comprendere la sua situazione canonica che avrà effetti dirompenti. Un libro-inchiesta destinato a laici e credenti, a tutti coloro che sono innamorati della verità.
 
"Madame Bovary"
(G. Flaubert - Crescere edizioni)

Avevo di questo romanzo un orribile ricordo liceale, ma, a dimostrazione del fatto che i gusti cambiano, che le imposizioni di lettura impediscono di goderne, che la maturità raggiunta consente maggior comprensione, ho divorato le pagine e ho amato la storia.
Soprattutto, a dire il vero, ho amato quello che per me è il tema principale trattato dall'autore nel romanzo: il fallimento della borghesia come ne era uscita dal secolo dei lumi.
Infatti, più che la stridente differenza tra quanto si desidera e la realtà, il romanzo mette in luce una borghesia meschina, a tratti ridicola, sovente macchiata di pochezza, quando non palesemente pericolosa (in particolare il personaggio di Homais, il farmacista).
Neppure Emma, la protagonista, si salva da questo spietato ritratto della classe borghese, con l'aggravante di essere anche imprigionata nella tipica impotenza di tutte le donne, in un sistema sociale di stampo patriarcale.
Non la si inquadra nemmeno come appassionata eroina romantica, dal momento che ha passioni fugaci, immature e frivole e che, soprattutto, viene condotta all'estremo gesto finale, non dall'amore, ma banalmente da debiti di denaro.
Estremamente moderno, come tutti i grandi classici della letteratura che hanno sempre respiro universale.

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"Cento poesie d'amore"
(Adonis - Ed Guanda)

Adonis è lo pseudonimo di Ali Ahmad Sarid Esber, un poeta/scrittore di origine siriana, nato nel 1930 e ancora vivente.
La sua vita, segnata dall'impegno pubblico, dall'esilio e dalla formazione tra Siria, Libano e Francia, ne fa la voce del mondo cd "arabo", a mio avviso più interessante.
Non voglio certamente scrivere un trattato su questo autore, ma due parole sulla sua poetica, e soprattutto su questa raccolta di poesie d'amore le vorrei spendere.
Nostalgia, sensualità, libertà, cammini, foreste e corpi, un vago senso del divino anche.
L'esilio per Adonis è un destino ineluttabile per il poeta. La parola è contemporaneamente la sua casa (il poeta trova se stesso in essa) e il suo esilio perché la stessa parola fallisce in ciò che egli desidera dire. Esiste inoltre una realtà percepibile (i corpi, i volti, ecc.) e una invisibile, profonda e ricca che il poeta va cercando senza sbocchi condannandosi ad una sorta di esilio.
Venendo all'amore in queste 100 poesie, scritte tra il 1999 e il 2000, lo vediamo.unito spesso all'erotismo tenero e all'emozione.
Per Adonis, amore e poesia sono legati indissolubilmente: la poesia e l'amore si "sentono", si "provano".
Se non si può vivere senza amore, Adonis sostiene di non poter vivere neanche senza poesia perché essa lo definisce.
La poesia - afferma - è il più intimo dell'uomo, è l'anima del popolo.
Le atmosfere di queste poesie d'amore "suonano" quasi antiche in alcuni versi, in altri estremamente moderne, un miscuglio di culture europee e arabe, a tratti ci ho rivisto la poesia greca, a tratti richiami del deserto palestinese, a tratti, quasi, scorci da "le mille e una notte", a tratti moderne riflessioni "filosofiche" e stridenti - contemporanee - solitudini.
Adonis è riuscito a portare avanti una poesia araba, influenzata dal patrimonio culturale islamico, ma anche quello più antico orientale, senza nazionalismi o fanatismi religiosi, ma aperta ad altre culture e alla modernità.

"Finiamo cominciamo
senza calcolo né piano,
così, nell'abbraccio della natura,
e dall'indole umana come il vento
che spira e si placa"

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"Cento poesie d'amore"
(Adonis - Ed Guanda)

Adonis è lo pseudonimo di Ali Ahmad Sarid Esber, un poeta/scrittore di origine
siriana, nato nel 1930 e ancora vivente.
La sua vita, segnata dall'impegno pubblico, dall'esilio e dalla formazione tra Siria, Libano e Francia, ne fa la voce del mondo cd "arabo", a mio avviso più interessante.
Non voglio certamente scrivere un trattato su questo autore, ma due parole sulla sua poetica, e soprattutto su questa raccolta di poesie d'amore le vorrei spendere.
Nostalgia, sensualità, libertà, cammini, foreste e corpi, un vago senso del divino anche.
L'esilio per Adonis è un destino ineluttabile per il poeta. La parola è contemporaneamente la sua casa (il poeta trova se stesso in essa) e il suo esilio perché la stessa parola fallisce in ciò che egli desidera dire. Esiste inoltre una realtà percepibile (i corpi, i volti, ecc.) e una invisibile, profonda e ricca che il poeta va cercando senza sbocchi condannandosi ad una sorta di esilio.
Venendo all'amore in queste 100 poesie, scritte tra il 1999 e il 2000, lo vediamo.unito spesso all'erotismo tenero e all'emozione.
Per Adonis, amore e poesia sono legati indissolubilmente: la poesia e l'amore si "sentono", si "provano".
Se non si può vivere senza amore, Adonis sostiene di non poter vivere neanche senza poesia perché essa lo definisce.
La poesia - afferma - è il più intimo dell'uomo, è l'anima del popolo.
Le atmosfere di queste poesie d'amore "suonano" quasi antiche in alcuni versi, in altri estremamente moderne, un miscuglio di culture europee e arabe, a tratti ci ho rivisto la poesia greca, a tratti richiami del deserto palestinese, a tratti, quasi, scorci da "le mille e una notte", a tratti moderne riflessioni "filosofiche" e stridenti - contemporanee - solitudini.
Adonis è riuscito a portare avanti una poesia araba, influenzata dal patrimonio culturale islamico, ma anche quello più antico orientale, senza nazionalismi o fanatismi religiosi, ma aperta ad altre culture e alla modernità.

"Finiamo cominciamo
senza calcolo né piano,
così, nell'abbraccio della natura,
e dall'indole umana come il vento
che spira e si placa"

Vedi l'allegato 667896
Da questa recensione si potrebbe chiamarlo pronto per venire in occidente ad insegnare un po' di mascolinità
Mi hai incuriosito lo leggerò
 
Da questa recensione si potrebbe chiamarlo pronto per venire in occidente ad insegnare un po' di mascolinità
Mi hai incuriosito lo leggerò
Ma sai... è vero che ci sono poesie che colpiscono alla sola lettura e piacciono... ma secondo me leggere poesia senza conoscere l'autore è difficile.
Infatti io non ho saputo apprezzare "Scusate l'amore" di M. Cvetaeva, proprio perché del tutto ignorante della sua opera, poetica, linguaggio, Weltanschauung...

Non saprei se consigliartelo...

Magari sai tutto di lui.
 
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"LTI - La lingua del Terzo Reich - Taccuino di un filologo"
(V. Klemperer - ed Giuntina)

È molto difficile condensare questo libro pubblicato per la prima volta nel 1947 in poche righe.
Klemperer, professore tedesco di origine ebraica, di Dresda, deve la vita al fatto di aver sposato una donna "ariana", ma questo non ha impedito che subisse, durante il nazismo, persecuzioni, discriminazioni, violenze e ingiustizie, divieti e limitazioni gravi.
Quando agli Ebrei viene vietato persino di leggere "libri non ebrei", quando perde casa, lavoro, libertà, inizia a scrivere dei "Diari" che saranno poi pubblicati e su cui basa questo libro che non ha la pesantezza di un manuale di filologia, ma sta in mezzo tra, appunto, un saggio e un diario di vita.
Analizzando il linguaggio e le parole proprie del Terzo Reich, Klemperer vuole non solo raccontarne la povertà e la monotonia (ogni regime dittatoriale ha un linguaggio povero, perché appiattisce, impedisce la profondità di riflessione), la violenza intrinseca di alcuni lemmi, ma vuole anche cercare di spiegare/mostrare che la lingua che si usa non è neutra, ma incide profondamente nello spirito di chi abita quell'epoca e/o quel Paese.
Così la lingua nazista, fatta di parole reinventate, di parole arcaiche, di termini estratti da contesti diversi da quelli in cui nascono (l'ambito sportivo per parlare di guerra, è solo uno dei tanti esempi), di parole germanizzate dall'estero, ecc., permeano la Società intera, ne formano la cultura, lo "spirito", ne creano la visione del mondo. Tutti e tutte sono immersi dunque nella LTI (Lingua Tertii Imperii) e ognuno diventa, in questo modo, complice di quanto avviene in quegli anni terribili del dominio di Hitler e della seconda guerra mondiale.
Lo scopo della propaganda nazista, orchestrata da Goebbels, vero "Maestro" nel creare la (sub)cultura del periodo, grazie alla LTI è raggiunto appieno. Fiducia acritica e "religiosa" nel Führer, avallo delle leggi razziali, delle discriminazioni, dello sterminio degli Ebrei e mancanza di qualsivoglia opposizione e autonomia di pensiero.

Alcuni capitoli, per i non Tedeschi, non sono di semplicissima comprensione.
Occorre una base culturale abbastanza forte per capire e apprezzare questo libro. Bisogna conoscere bene la storia, anche un po' la letteratura tedesca e francese, avere almeno un'idea del sionismo e di lingua tedesca.
Ma il testo nel suo complesso cattura, avvince come un romanzo, apre ai nostri occhi l'epoca brutale in cui vive Klemperer, ne mostra la tragicità a volte venata di ridicolo, l'autoreferenzialità, ma, soprattutto, ci rimanda chiaro e cristallino che il linguaggio, la lingua che usiamo, i termini impiegati e i modi di narrare non sono una questione di forma, ma di sostanza.
Ricordiamoci della potenza della LTI, e di quello che ha contribuito a creare, quando ci prendiamo gioco di coloro che usano i femminili delle professioni, ad esempio. Dobbiamo diventare curiosi, ogni volta che leggiamo i giornali: la visione che la cronaca narrata, attraverso le parole scelte, i titoli, le foto a corredo, sono "neutre"?
Chiediamocelo. Sempre.
 

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