Parliamo di libri

grazie ricambio ;)


Grazie, ma diffido di chi pronunzia il nome di Satana invano.
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"Elianto"
(S. BENNI - FELTRINELLI)

Romanzo pubblicato nel 1996. Come tipico della produzione di Benni, si muove tra satira, parodia e denuncia sociale, con uno stile ricco, barocco e profondamente ironico.
La storia ruota attorno a Elianto, un ragazzino ricoverato in un ospedale, attorno al quale si muove un gruppo di amici decisi a salvarlo. Tuttavia, l’ambientazione non è un’Italia riconoscibile, bensì un mondo distorto e grottesco chiamato Tristalia, in cui dominano il potere, la burocrazia, la corruzione e il culto dell'apparenza. I giovani protagonisti intraprendono un viaggio quasi mitico, che fonde elementi di fantascienza, fantasy, mitologia e favola moderna.
Benni usa una scrittura giocosa, inventiva, e iperbolica. Il linguaggio è ricco di neologismi, giochi di parole, allitterazioni, citazioni parodiche e trovate lessicali che creano un mondo tutto suo. C’è un gusto evidente per l’esagerazione e per il comico, ma non fine a se stesso: serve a costruire un mondo grottesco che rifletta quello reale, in modo deformato e quindi riconoscibile.
La satira di "Elianto" è potente e trasversale: colpisce la politica, la religione, la medicina, l’economia, la società dei consumi, la scuola e i media. Ogni elemento del mondo di Tristalia è una caricatura di realtà italiane e occidentali degli anni ’90, ma molte delle critiche sono ancora attuali.

Benni denuncia l’alienazione, la perdita di senso critico, la mercificazione della vita, l’autoritarismo mascherato da efficienza. Ma lo fa attraverso l’immaginazione, l’assurdo, il comico, senza mai perdere una certa leggerezza narrativa, quasi fiabesca.
Il tono alterna momenti di leggerezza e comicità surreale a passaggi più intensi e commoventi, mantenendo sempre una vena critica e disincantata. Il mondo dei bambini (o comunque dei "puri") si contrappone a quello degli adulti corrotti e folli, in una tensione tra fantasia e disillusione.
"Elianto" è un romanzo che, dietro la facciata giocosa e immaginifica, nasconde una riflessione amara sul mondo contemporaneo. Il linguaggio è la sua forza e il suo marchio di fabbrica: leggere Benni è come entrare in un carnevale linguistico che diverte e fa pensare allo stesso tempo.
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"Vivere con gli uomini. Che cosa ci insegna il caso Pelicot"
(M. Garcia - Einaudi)

Questo non è solo un libro. È un atto di denuncia, un grido filosofico e politico che attraversa una delle ferite più profonde della società contemporanea: la normalizzazione della violenza maschile. Manon Garcia, filosofa femminista già nota per "La femme soumise", sceglie di confrontarsi con la realtà più brutale – quella di un processo giudiziario, il caso Pelicot – per smascherare un sistema che tollera, minimizza, giustifica.

Il caso in questione non è un’eccezione mostruosa, ma un sintomo. Dominique Pelicot ha drogato per anni la moglie Gisèle, permettendo che venisse violentata da decine di uomini, molti dei quali non si sono mai chiesti se ciò che stavano facendo fosse violenza. Garcia siede tra i banchi dell’aula, osserva, ascolta, prende appunti e riflette. Il risultato è un libro che non racconta solo un fatto, ma mostra il volto spietato di una cultura che forma uomini incapaci di vedere la donna come soggetto.

La domanda che Garcia pone – “È possibile vivere con gli uomini?” – è radicale perché non chiede come punire, ma come trasformare. Trasformare la giustizia, il linguaggio, la percezione comune.

Nel raccontare il processo, Garcia non si limita a descrivere: decostruisce. Mostra come la giustizia stessa, pur riconoscendo la colpa, non riesca a nominare pienamente la violenza. Come i media tendano a ridurre, semplificare, mettere tra virgolette. Come la società continui a pensare che la sottomissione femminile sia una zona grigia, un’eccezione “di coppia”, e non un disastro culturale.

Il cuore del libro è proprio qui: la violenza contro le donne non è una devianza, ma una possibilità consentita dal modo in cui sono costruite le relazioni, i ruoli, le aspettative. È questa la critica sociale di Garcia: ci mostra che la convivenza tra i generi è ancora segnata da un disequilibrio strutturale, spesso invisibile, ma profondamente reale.

Non c’è accademismo in questo libro. C’è pensiero vivo, che nasce dallo sguardo, dall’ascolto, dalla presenza. Garcia non si chiama fuori: è parte del mondo che analizza. E chiede al lettore – a lettrici e lettori, soprattutto uomini – di interrogarsi senza alibi.

Che cosa significa “consenso”?
Che cosa significa “responsabilità”?
Come può un uomo “non sapere” di stare violentando?
Come si forma una maschilità così cieca da non riconoscere la donna come umana?

Sono domande che non servono solo per “capire” il caso Pelicot: servono per capire chi siamo, come costruiamo le relazioni, quanto ancora la libertà delle donne sia condizionata dalla paura e dal dominio.

Leggere "Vivere con gli uomini" significa affrontare lo scandalo del presente. Non basta dire “è un caso estremo”. Garcia ci invita a vedere ciò che preferiamo non vedere: che esistono centinaia, migliaia di storie che restano sommerse, che non arrivano in tribunale, che non fanno notizia e che pure abitano le case, i letti, i rapporti.

Questo libro è importante perché rompe il silenzio su quello che ci sembra normale, perché ci costringe a chiederci cosa sia davvero la convivenza tra uomini e donne in una società che tollera la sottomissione, anche quando non la legittima apertamente.

Garcia non dà soluzioni facili. Ma apre un varco. Ci costringe a guardare in faccia la questione più difficile: come si vive con gli uomini, quando il patriarcato li ha resi potenzialmente pericolosi anche senza cattive intenzioni?

È una domanda enorme. Ma è anche la più urgente.
E questo libro, necessario, disturbante, lucidissimo, è un passo fondamentale per cominciare a porla seriamente.

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"Vivere con gli uomini. Che cosa ci insegna il caso Pelicot"
(M. Garcia - Einaudi)

Come può un uomo “non sapere” di stare violentando?

Quella storia è surreale.
Dato che al giorno d'oggi ci sono centinaia di feticismi diversi, io che sono moderno e aperto posso anche capire che un tizio dica ad uno sconosciuto incontrato nel web "facciamo un gioco erotico: a mia moglie piace fare finta di dormire quando fa sesso".

Posso capire che lo sconosciuto si presenti e si accoppi con la dormiente.

Ma che lo sconosciuto poi se se ne vada senza accorgersi che la donna non fingeva di dormire, è inverosimile anche per uno moderno e aperto.

Al limite, un limitato numero di casi di sconosciuti rimbambiti ci può essere, ma che nessuno degli sconosciuti abbia avuto un sospetto... boh, io non ci credo.
 
Quella storia è surreale.
Dato che al giorno d'oggi ci sono centinaia di feticismi diversi, io che sono moderno e aperto posso anche capire che un tizio dica ad uno sconosciuto incontrato nel web "facciamo un gioco erotico: a mia moglie piace fare finta di dormire quando fa sesso".

Posso capire che lo sconosciuto si presenti e si accoppi con la dormiente.

Ma che lo sconosciuto poi se se ne vada senza accorgersi che la donna non fingeva di dormire, è inverosimile anche per uno moderno e aperto.

Al limite, un limitato numero di casi di sconosciuti rimbambiti ci può essere, ma che nessuno degli sconosciuti abbia avuto un sospetto... boh, io non ci credo.
Ma infatti lo sapevano tutti
 
Non leggo libri da almeno 15 anni, da quando volevo far la figura da intellettuale con una mia ex che ci teneva tanto ai libri di baricco e fabio volo
 

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