Parliamo di libri

"Volevate il silenzio, avete la mia voce"
(P. Cadau - Amazon)

Patrizia parla.
Racconta tutto.
Spiega, sviscera e illustra come un fiume in piena cosa sia la violenza domestica e lo fa inquadrandola - correttamente - nella dimensione pubblica e sociale, perché la violenza maschile agita in casa da un uomo sulla donna (e i figli) che lui dice di amare, ha certamente un lato privato e individuale ma è parte di un contesto storico, sociale e culturale che appartiene a chiunque. E può avvenire ovunque.
E allora Patrizia smaschera il "suo" violento ma, facendolo, li smaschera tutti e mette sul banco degli imputati tutti (e tutte) coloro che hanno fatto e fanno il gioco dell'uomo abusante.
Patrizia racconta la paura perché l'ha vissuta, la sofferenza, i silenzi, I lividi, le minacce, i grugniti, le fughe, gli sputi, le parolacce, le pistole, la solitudine, le strategie del violento.
Ad ogni parola - testimonianza viva - cresce una strategia di liberazione, recupero del sé, un fiore di solidarietà, un suggerimento di protezione e una speranza.
Un libro a diga aperta che investe, indigna, testimonia, salva e trascina sulle emozioni vivissime.
Un libro per certi versi "scomposto", emotivo che deve schiaffeggiare indifferenti, negazionisti, violenti, maschilisti, lecchini e lacchè e che stanno ovunque nella cerchia del violento ma anche nelle istituzioni.
Patrizia ha fatto la differenza per se stessa e i suoi figli e per moltissime donne che la vedono come un esempio e invita tutte e tutti a fare la differenza per le donne che ne hanno bisogno.
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"Luigi 'Bigì' Vecchi"
(S. Danna - Agnetti editore)

Scrivere di questo libro non è facile perché si tratta di un pezzo di storia della mia famiglia e la stessa autrice fa parte della mia famiglia, dunque sono emotivamente molto coinvolta.
Luigi Vecchi era lo zio di mio nonno, il padre di mia madre.
Nato alla fine dell'800, umilissimo di origine, con la sola quarta elementare e penalizzato da un fisico poco prestante, lo "zio Bigì" aveva però una mente brillante, una voglia di emergere, un brillante talento, un certo savoir faire e molta intraprendenza. Aveva, inoltre, una certa predisposizione alla modernità e uno spirito assai arguto.

Poliedrico e intelligente studiò da solo e divenne attore, regista del cinema (nato da poco), scrittore e giornalista. Si occupò di arte, turismo, poesia e sport. Fondò anche un giornale e lo diresse fino alla chiusura. Non cedette mai al ricatto di farsi la tessera partito fascista per poter lavorare e, anzi, si fece parte attiva nella Resistenza, pur senza mai abbracciare le armi.
Fu una figura di assoluto spicco nella cultura bresciana del suo tempo, nonostante le sue povere origini.

Il libro (ricco di foto e documenti originali) intreccia la vita e le opere di Luigi Vecchi con la storia bresciana ma non solo, degli anni tra le due Guerre mondiali, e nasce da un minuzioso lavoro di studio dei documenti originali, conservati in famiglia e non, da parte della giovane autrice, mia cugina.

Un personaggio originale che sono fiera di aver avuto in famiglia.
E come dice l'autrice:
"conoscendo mio nonno e le sue abilità innate, penso di poter confermare che il sangue di artista mattacchione sia una caratteristica comune del ramo Vecchi e di quello dei cugini Gatti, tutti pittori, scrittori e musicisti amatoriali: mio nonno sapeva suonare pur non avendo mai studiato musica ed era un ottimo scrittore e pittore, aveva la stessa prontezza di spirito di suo zio e so per certo dai suoi racconti che pure suo padre era un compagnone e pure un ottimo atleta".
Il nonno era "scrittore, pittore, musicista, attore, mago. Il nonno dalle mille storie" e, a quanto pare, anche suo zio Luigi.

Da leggere, specialmente se Bresciani, se siete appassionati di storie di vite originali dimenticate che nei libri scolastici non trovano spazio.
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Tra qualche ora torno a Milano in treno.
Ho il Kindle.
Credo che rileggerò qualche capitolo della Storia della Filosofia Occidentale, che fa sempre bene.
 
Spiega, sviscera e illustra come un fiume in piena cosa sia la violenza domestica e lo fa inquadrandola - correttamente - nella dimensione pubblica e sociale, perché la violenza maschile agita in casa da un uomo sulla donna (e i figli) che lui dice di amare, ha certamente un lato privato e individuale ma è parte di un contesto storico, sociale e culturale che appartiene a chiunque. E può avvenire ovunque.


Un giorno fonderò un Partito che avrà, nel suo programma, il ritorno del verbo "agire" alla propria natura di verbo intransitivo.

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(Sì, rompo le balle anche a quelli del Personale, anzi EicAr, che mi chiedono di valutare i comportamenti agìti dai miei collaboratori).
 

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