"All'inizio, lei era"
(L. Irigaray - Bollati Boringhieri)
“All’inizio, lei era”, pubblicato da Luce Irigaray nel 2013, è un testo filosofico e poetico che invita a ripensare radicalmente le fondamenta della cultura occidentale, mettendo in discussione l’ordine simbolico maschile che ha storicamente dominato il pensiero, la religione e il linguaggio. Il titolo stesso è una chiara provocazione nei confronti dell’incipit biblico tradizionale “In principio era il Verbo”, che Irigaray reinterpreta alla luce di una genealogia femminile rimossa, dimenticata o mai pienamente riconosciuta. La scrittura si muove tra la riflessione teorica e un tono lirico e talvolta quasi mistico, in un dialogo serrato con la filosofia classica, la religione cristiana e la psicanalisi.
Il cuore del libro è un’esplorazione del femminile come principio originario, non subordinato al maschile né derivato da esso. Irigaray non propone un’inversione dei ruoli o una rivendicazione femminista semplice, ma un cambiamento più radicale: riconoscere che l’essere, la soggettività e il pensiero non possono più essere concepiti a partire da un unico punto di vista, quello maschile. In questo senso, il “lei” del titolo non è solo la donna, ma anche un altro modo di relazionarsi con l’altro, con il mondo, con la parola. Il femminile diventa qui simbolo di un inizio possibile, di una nuova nascita del pensiero.
Luce Irigaray è una delle figure più influenti del pensiero femminista e filosofico contemporaneo. Nata in Belgio nel 1930, ha una formazione interdisciplinare: filosofa, linguista, psicoanalista, ha studiato con Jacques Lacan ma se ne è poi distaccata criticamente, proprio a partire dalla sua riflessione sul linguaggio e sulla sessualità femminile. La sua opera ha attraversato il pensiero di Platone, Aristotele, Freud, Heidegger, mettendo in luce le omissioni e le distorsioni nei confronti della donna, spesso ridotta a specchio dell’identità maschile o a semplice corpo naturale. Tra i suoi testi più noti ci sono Speculum. L’altra donna, Éthique de la différence sexuelle e Ce sexe qui n’en est pas un, opere che hanno segnato profondamente il pensiero della differenza sessuale.
In “All’inizio, lei era”, Irigaray prosegue questa lunga riflessione, ma lo fa con un linguaggio più accessibile e meditativo, sebbene sempre complesso, che non rinuncia alla profondità concettuale ma cerca un dialogo più ampio, anche spirituale, con il lettore. Il testo è ricco di riferimenti biblici e teologici, reinterpretati alla luce di un’etica del due, della relazione, della co-originarietà. L'autrice invita a concepire il divino non come principio unico e trascendente, ma come ciò che si manifesta nella relazione tra i due, nella differenza che non si annulla ma si riconosce e si custodisce.
Il libro è una proposta filosofica e politica, ma anche un esercizio spirituale. Irigaray non offre soluzioni immediate, né un sistema chiuso, ma apre uno spazio: quello in cui il femminile può finalmente parlare, pensare, amare senza essere costretto a imitare modelli che non gli appartengono. La sua scrittura, a tratti enigmatica, richiede attenzione e disponibilità, ma sa anche restituire un senso di profondità e di possibilità che pochi testi filosofici contemporanei riescono a evocare.
“All’inizio, lei era” è dunque un’opera intensa, necessaria, capace di far riflettere non solo chi si interessa di filosofia o di studi di genere, ma chiunque senta che la nostra civiltà ha bisogno di ripensare le proprie radici, per ritrovare il senso della relazione, della differenza e di una parola che sappia generare, invece che dominare.