Ho un minuto per fare un discorso pedagogico-finanziario.
Dal complesso di quanto dico emerge in maniera inconfutabile la mia diffidenza nei confronti delle aziende italiane e conseguentemente il fatto che sono tendenzialmente restio ad acquistare azioni di società italiane.
Non e' esterofilia.
E non e' perché pensi che all'estero siano più bravi, più onesti ecc. tutt'altro.
E' come al solito una considerazione di carattere tecnico.
Espongo il concetto in maniera semplice.
Ponendo a 100 un ipotetico indice medio mondiale che misuri l'importanza che per il management riveste la crescita del valore di mercato dell'azione.
Dicevo, posto a 100 questo ipotetico indice, quello delle quotate italiane assume valore 5.
E i risultati si vedono.
Perché?
I motivi sono tanti e ora sarebbe lungo esporli.
Ma quello finale e' semplicemente legato al fatto che quando vengono nominati non ricevono nessun mandato in tal senso.
I manager di ENI, Enel, delle banche al più ricevono il mandato di pagare un buon dividendo al Tesoro, alle Fondazioni, di dare incarichi, finanziamenti agli amici e agli amici degli amici ecc.
Embe' direte Voi, questo avviene anche all'estero.
Nulla di più sbagliato, perché all'estero questo non sarebbe consentito perché un calo del titolo, legato a questo modo di gestire, comporterebbe l'immediata cacciata dei managers.
E l'abbiamo visto nel piccolo con Parmalat.
Bondi ha gestito benino, comunque meglio di tanti, ma non avendo pensato a
valorizzare il titolo viene cacciato senza tanti problemi, nonostante la campagna pelosa politico mediatica che si e' scatenata.
Così penso' e parlo' Salcatal.
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