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analisi economica del diritto.
mercoledì 21 febbraio 2018
MEDIOEVO GLOBALE: IL FASCINO INDISCRETO DEL NEO-FEUDALESIMO €URO-MONDIALISTA [/paste:font]
1. L'argomento che cercheremo di trattare è complesso, poiché si tratta anzitutto di definire dei concetti riassuntivi di una serie di tendenze del capitalismo mondialista, che, come tali, sono sì riducibili alla restaurazione dell'ordine internazionale del mercato, ma che, essendo proprie del neo-liberalismo, sono anche tipicamente offerte sotto varie versioni di "doppia verità" in modo da renderle accettabili (come globalizzazione buona e inevitabile), culturalmente e mediaticamente, all'opinione pubblica e di massa.
Per altro verso, poi, dato che l'ordine internazionale del mercato è un disegno politico intrinsecamente totalitaristico, queste idee, tendono anche a tradursi in un discorso tecnocratico, utilizzabile in versione pop, che serve a legittimare, in nome di una naturalità scientifica, il fondamentale livello sovrastrutturale, cioè quello delle ideologie ireniche e suggestive che caratterizzano ogni costruzione distopica del capitalismo, come evidenziava Basso (qui, p.3) e, prima ancora, Gramsci (qui, p.10) e, naturalmente, Rosa Luxemburg.
2. Il tema che tratteremo in particolare è quello della nostaglia per l'ordinamento giuridico "pluralista" medievale, ri-considerato in una sorta di funzionalismo adeguatore (delle coscienze dei cittadini comuni "riformati") e perciò intriso di una forte, quanto abilmente dissimulata, riscoperta nostalgica.
Una riscoperta nutrita di schematismi idealizzati (e còlti) costituisce, con evidenza, una forte suggestione strumentale ad un rinnovato assetto, gerarchico anzitutto ma anche incontestabile in quanto sorretto dall'idea (appunto neo-medievalistica) di una necessitata universalità.
Quest'ultima costituisce, appunto, un attributo idealistico implicito, (funzionale nel senso inteso dalla Luxemburg sopracitata), teso ad una nobilitazione morale del mondialismo capitalistico globalizzatore (un progresso inevitabile, TINA).
Una tale operazione, naturalmente, può riuscire solo se l'idealismo e la sua suggestione sono proposti nella sfera degli enunciati tecnocratici-naturalistici, come abbiamo sopra premesso, e dunque in quanto i cittadini non siano in grado di collegare questi enunciati alle concrete vicende delle loro vite: un'eloquente esemplificazione dell'importanza di tale "scollamento" della consapevolezza (indotto) è l'attualissima ed imbarazzante vicenda (in quanto sotto elezioni) del licenziamento con delocalizzazione, tutta interna all'Ue, dei dipendenti della Whirlpoll-Embraco.
3. Vediamo allora come questa costruzione (tecnocratica e ideal-funzionale al tempo stesso) dell'ordine giuridico "globale" ad ispirazione neo-medievalista viene teorizzato:
Da notare, nella parte finale dell'estratto soprariportato, l'importanza della teorizzazione analogica che ne fa Cassese, citato nella parte finale e di cui ho evidenziato anche la nota 16.
Avevamo già incontrato l'elaborazione di Cassese in un recente post, laddove, nell'ambito della costruzione €uropea, ex parte populi, viene stigmatizzata la "visione domestica della democrazia, assumendo erroneamente che il popolo determini la legislazione" e considerando che "L’errore principale sta nell’aver dimenticato che la democrazia consiste in un sistema di limiti": questo ...ex parte populi. Laddove, invece, come traspare nell'estratto in questione, ci si ponga ex parte principis, cioè per quanto riguarda multinazionali e imprese internazionalizzate, in quanto "soggetti più abili", si può, senza limiti, scegliere il diritto (a sé) più favorevole (notare: grazie alla stessa natura e finalità essenziale dell'Ue).
4. Questa incombente evoluzione (neo-medievalista) dell'assetto giuridico-istituzionale, favorevole al dominio dei mercati, era stato già puntualmente prevista da Lelio Basso nel 1969 (perciò, ancora una volta, non costituisce una sorpresa per chi avesse usato la prospettiva della democrazia costituzionale):
“… il processo decisionale attraverso cui si arriva alla formazione delle leggi o ad altre manifestazioni importanti dell’attività statale, non è affatto quello previsto dall’ordine costituzionale, ma è un PROCESSO OCCULTO E INCONTROLLATO che ha il suo momento centrale nei rapporti fra gruppi d’interesse e potere pubblico … Il fenomeno non è naturalmente soltanto italiano…
L’indebolimento della sovranità, la colonizzazione dell’apparato di governo da parte di, colossali organizzazioni private, hanno ormai raggiunto proporzioni tali che una specie di neofeudalesimo può permettersi di ignorare le regole della competizione democratica senza timore di punizioni.
COME NEL FEUDALESIMO DEL MEDIO EVO I DUCATI E LE BARONIE D’OGGI PRETENDONO L’ASSOLUTA FEDELTÀ DEGLI INDIVIDUI E SI RIPARTISCONO LE FUNZIONI PUBBLICHE COME SI TRATTASSE DI LORO PROPRIETÀ.
MEGLIO, ESSI RIESCONO A CONVINCERE AMPI UDITORI CHE L’INTERESSE GENERALE COINCIDE CON I PRIVILEGI PARTICOLARI CHE ESSI DIFENDONO, TANTO PIÙ FACILMENTE LE LORO DECISIONI SOSTITUIRANNO QUELLE DEI PUBBLICI POTERI… In sostanza anziché ad organi democratici il potere appartiene a un’oligarchia in cui si saldano e si compenetrano le più alte gerarchie del potere politico, del potere burocratico e del potere economico, sia finanziario che tecnocratico, senza alcuna partecipazione non solo del popolo ma neppure dei suoi “rappresentanti” parlamentari…
I fenomeni più recenti … tendono a spostare importanti centri decisionali in sedi internazionali pubbliche (NATO, CEE, FMI, ecc.), o private (grandi imprese industriali o finanziarie che hanno la propria sede all’estero ma che occupano posizioni di notevole potere economico all’interno di un paese), disperdendo anche ogni residua parvenza di democraticità non solo dal processo decisionale ma anche dal controllo…
Il fenomeno di crisi della democrazia è quindi totale e tende ad aggravarsi: lungi dall’avanzare verso l’attuazione dello spirito democratico della Costituzione ce ne allontaniamo sempre di più, perché l’esercizio del potere è in realtà sempre più lontano dal popolo (a cui in teoria appartiene) e le vecchie istituzioni non garantiscono più possibilità reali di partecipazione.
Il problema che si pone oggi [è] quello di reimmettere in tutto il sistema dei rapporti politici e sociali del nostro paese quel soffio di vita democratica, senza il quale anche gli istituti meglio studiati e i meccanismi meglio congegnati possono facilmente decadere e arrugginire.
Come ha scritto Mendès France, “SE GLI UOMINI DEI PAESI OCCIDENTALI NON VOGLIONO TROVARSI UN GIORNO IN UNA DI QUELLE MOSTRUOSE SOCIETÀ DESCRITTE NEI ROMANZI AVVENIRISTICI, (...) SOCIETÀ D’INSETTI SPECIALIZZATI, GERARCHIZZATI E INDIFFERENTI (...), bisogna che procedano ad un vasto rinnovamento della loro concezione e della loro pratica della democrazia…”
[L. BASSO, Per uno sviluppo democratico nell’ordinamento costituzionale italiano, in Studi per il ventesimo anniversario dell’Assemblea Costituente, IV, Aspetti del sistema costituzionale, Firenze, Vallecchi, 1969, 10-36].
5. La visione cassesiana, d'altra parte, agisce di complemento con la convergente, e persino più articolata, elaborazione di Giuliano Amato che già nell'intervista, qui più volte citata, a Barbara Spinelli, aveva affermato:
"...perché non tornare all'epoca precedente a Hobbes? Il Medioevo aveva un'umanità ben più ricca e una pluri-identità che oggi può servire da modello.
Il Medioevo è bellissimo: sa avere suoi centri decisionali senza affidarsi interamente a nessuno. E' al di là della parentesi dello Stato nazione..." [G. AMATO, intervista a Barbara Spinelli su La Stampa, 13 luglio 2000, pag.3].
6. Ma Amato, - la cui affinità scientifico-politica con Cassese è attestata da una vasta serie di vicende-, ha dedicato al suo entusiasmo "scientifico" per l'ordine pluralista medievale una vasta trattazione.
Cerco di riportarvene i passi salienti (l'originale per esteso lo trovate nella serie di commenti consecutivi di Francesco che iniziano da qui) anticipando alcune evidenti affermazioni problematiche.
Anzitutto può constatarsi come il nucleo dei diritti salvaguardabili attraverso la iurisdictio, come nel medievo, prescinde totalmente dalla identificazione della tipologia e del contenuto degli stessi, e, di fronte ad un'astratta considerazione della Rule of Law (che notoriamente è in sé una mera formula organizzativa della iurisdictio), prescinde anche dall'identificazione del potere normativo che li possa enunciare e raccordare con la volontà popolare.
Problemi, questi, che Amato salta a piè pari, richiamando un diritto costituzionale globale senza Potere Costituente (almeno nell'attuale accezione democratica che è una conquista della civiltà giuridica successiva alla II guerra mondiale). Un diritto costituzionale globale, anzi, che appare modellabile sull'esempio del medioevo, cioè sull'auctoritas di non meglio precisate entità universali (i mercati? i tecnocrati illuminati che siedono nelle organizzazioni internazionali anche private?).
Insomma la "law" va accettata come processo occulto e incontrollato, esattamente come segnalava Basso, e il suo "Rule" (il suo "governare") pare perfettamente sposarsi con la legittimazione di colossali organizzazioni private capaci di compenetrarsi coi "pubblici poteri" (sovranazionali, in questa prospettiva) e di fissare il loro concetto di interesse generale, privo di qualunque limitazione popolare, ma elargito come frutto di una tecnocrazia benevolmente altruista che può, senza incontrare alcun limite legale (cioè tipicamente le Costituzioni nazionali) determinare sia i diritti che i titolari degli stessi.
In sostanza, il finale dove Amato, sulla scorta delle sue complessive premesse, parla di sottrazione della globalizzazione all'anarchia delle sue forze materiali, risulta una non nascosta petizione di principio, in totale contrasto con quanto aveva enunciato Lelio Basso:
"...2. Come inseguire e imbrigliare i poteri globali?
È proprio da qui che può partire la nostra ricognizione delle strade che si stanno battendo per inseguire e imbrigliare i poteri che sono cresciuti nell'arena globale.
LA PRIMA è appunto quella della forte torsione extraterritoriale del potere statale, tutte le volte che il potere da imbrigliare (in questo caso il potere privato) ha una radice in un contesto nazionale dalla quale non è in grado di staccarsi.
...
La seconda strada è la creazione di agenzie di regolazione da parte degli Stati, collocate ora dentro, ora fuori la complessa organizzazione delle Nazioni Unite. Troviamo quindi qui importanti istituzioni come l'Ilo o la Wto, o l'Icao (International Civil Aviation Organisation); oppure agenzie private o semi-private assai meno note, come l'Iso (International Organization for Standardization) o la più recente Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers).
Una tipologia molto variegata, che pone molteplici problemi: intanto la derivazione in qualche caso non pubblica ma privata delle regole, con tutte le conseguenti implicazioni. Poi l'efficacia delle regole o delle decisioni, che proprio nei casi maggiori di agenzie di derivazione statale (Wto e Ilo) non hanno efficacia diretta sui privati, ma sono indirizzate ai loro Stati. E infine i principi che le agenzie seguono nello svolgimento della loro attività, che dovrebbero rifarsi alle ragioni della trasparenza, del contraddittorio, della motivazione sindacabile, entrate, attraverso la rule of law, nei procedimenti di regolazione e decisione amministrativa degli Stati…
...
E questo ci porta alla terza strada, che è forse ad oggi la più proficua, quella che dalla PENETRAZIONE DELLA RULE OF LAW NELLE REGOLAZIONI E DECISIONI SOVRANAZIONALI…porta alla forza crescente del nucleo essenziale della stessa RULE OF LAW, che è in realtà il nucleo essenziale del costituzionalismo, vale a dire la salvaguardia dei diritti fondamentali della persona.
Dal caso Kadi deciso dalla Corte di giustizia europea nel 2008, al caso Saadi, deciso nello stesso anno dalla Corte di Strasburgo, emerge come la norma che salvaguarda i diritti abbia sempre la priorità…
Nella intricata rete di reti, in quello che Neil Walker ha chiamato il «global disorder of normative orders», questo, se si consolida, è uno sviluppo di cruciale importanza, che, se noi costituzionalisti fossimo come i nostri colleghi amministrativisti, dovremmo chiamare DIRITTO COSTITUZIONALE GLOBALE e avremmo tutte le ragioni per farlo.
È infatti così nella sostanza — i grundrechte che penetrano in ogni ambito nel quale è presente una regolazione legale che quindi da essi non può prescindere — e lo è negli svolgimenti — PERCHÉ È DAL MEDIO EVO SINO AD ARRIVARE AI CASI PRIMA CITATI CHE I DIRITTI HANNO IL LORO NATURALE VEICOLO NELLA IURISDICTIO CHE FRENA IL GUBERNACULUM.
...
Ma c'è la QUARTA STRADA, la più ambiziosa, che intende raccogliere e organizzare le strade precedenti in un'unica mappa, quella di un ASSETTO DI GOVERNO SOVRASTATALE, organizzato secondo le regole democratiche.
È la strada che stiamo percorrendo noi europei e che proprio oggi è oggetto di delusioni e addirittura di ripensamenti…Non abbiamo il tempo qui per rifare la storia della nostra Unione, ma certo merita riflettere sull'ambivalenza di ciò che uscì dal trattato di Maastricht, che ci dette il massimo dell'integrazione — la moneta unica con una banca centrale europea — ma l'affiancò non con strumenti «federali» di politica economica e finanziaria, bensì con il solo coordinamento delle politiche economiche e finanziarie nazionali. L'inadeguatezza di questa asimmetria è emersa nei guasti e nei rischi perduranti degli ultimi anni...
...
3. Verso una «Repubblica mondiale»
E’ allora possibile una democrazia globale, così come auspicato tante volte nel corso degli ultimi decenni e di recente da un «Manifesto per la democrazia globale», firmato da molti intellettuali di diversi paesi del mondo, nel quale si scriveva che «globalizzare la democrazia è l'unico modo di democratizzare la globalizzazione»… Qualche arcata già l'abbiamo che va in quella direzione. Considero il nucleo dei diritti la più importante ed importante è pure quell'embrione di opinione pubblica mondiale di cui ho già parlato… Ma si tratta di una iurisdictio e di una opinione pubblica che fronteggiano i tanti gubernacula operanti nel mondo. E il problema è tutto da questa parte.
La Repubblica mondiale era la prima tra le soluzioni caldeggiate da Kant per la pace perpetua. Ma già lui aveva escluso che la natura degli uomini consentisse di arrivarci e aveva proposto per questo una federazione di popoli, che ponesse come cuore del foedus la rinuncia alla guerra.
…
Che il pluralismo delle legalità, sottolineato da Walker, sia sottratto a un ambiente anarchico, in balia delle forze materiali della globalizzazione, è già un grande risultato. E lo è…se ne esce intanto un tessuto, FONDATO SUI PRINCIPI DELLA RULE OF LAW, che rende compatibili e fa così convivere e cooperare diversità altrimenti irriducibili…”
[G. AMATO, Il costituzionalismo oltre i confini dello stato, in Rivista Trimestrale di diritto pubblico, Giuffrè, fasc.1, 2013, 1].
mercoledì 21 febbraio 2018
MEDIOEVO GLOBALE: IL FASCINO INDISCRETO DEL NEO-FEUDALESIMO €URO-MONDIALISTA [/paste:font]
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1. L'argomento che cercheremo di trattare è complesso, poiché si tratta anzitutto di definire dei concetti riassuntivi di una serie di tendenze del capitalismo mondialista, che, come tali, sono sì riducibili alla restaurazione dell'ordine internazionale del mercato, ma che, essendo proprie del neo-liberalismo, sono anche tipicamente offerte sotto varie versioni di "doppia verità" in modo da renderle accettabili (come globalizzazione buona e inevitabile), culturalmente e mediaticamente, all'opinione pubblica e di massa.
Per altro verso, poi, dato che l'ordine internazionale del mercato è un disegno politico intrinsecamente totalitaristico, queste idee, tendono anche a tradursi in un discorso tecnocratico, utilizzabile in versione pop, che serve a legittimare, in nome di una naturalità scientifica, il fondamentale livello sovrastrutturale, cioè quello delle ideologie ireniche e suggestive che caratterizzano ogni costruzione distopica del capitalismo, come evidenziava Basso (qui, p.3) e, prima ancora, Gramsci (qui, p.10) e, naturalmente, Rosa Luxemburg.
2. Il tema che tratteremo in particolare è quello della nostaglia per l'ordinamento giuridico "pluralista" medievale, ri-considerato in una sorta di funzionalismo adeguatore (delle coscienze dei cittadini comuni "riformati") e perciò intriso di una forte, quanto abilmente dissimulata, riscoperta nostalgica.
Una riscoperta nutrita di schematismi idealizzati (e còlti) costituisce, con evidenza, una forte suggestione strumentale ad un rinnovato assetto, gerarchico anzitutto ma anche incontestabile in quanto sorretto dall'idea (appunto neo-medievalistica) di una necessitata universalità.
Quest'ultima costituisce, appunto, un attributo idealistico implicito, (funzionale nel senso inteso dalla Luxemburg sopracitata), teso ad una nobilitazione morale del mondialismo capitalistico globalizzatore (un progresso inevitabile, TINA).
Una tale operazione, naturalmente, può riuscire solo se l'idealismo e la sua suggestione sono proposti nella sfera degli enunciati tecnocratici-naturalistici, come abbiamo sopra premesso, e dunque in quanto i cittadini non siano in grado di collegare questi enunciati alle concrete vicende delle loro vite: un'eloquente esemplificazione dell'importanza di tale "scollamento" della consapevolezza (indotto) è l'attualissima ed imbarazzante vicenda (in quanto sotto elezioni) del licenziamento con delocalizzazione, tutta interna all'Ue, dei dipendenti della Whirlpoll-Embraco.
3. Vediamo allora come questa costruzione (tecnocratica e ideal-funzionale al tempo stesso) dell'ordine giuridico "globale" ad ispirazione neo-medievalista viene teorizzato:
Da notare, nella parte finale dell'estratto soprariportato, l'importanza della teorizzazione analogica che ne fa Cassese, citato nella parte finale e di cui ho evidenziato anche la nota 16.
Avevamo già incontrato l'elaborazione di Cassese in un recente post, laddove, nell'ambito della costruzione €uropea, ex parte populi, viene stigmatizzata la "visione domestica della democrazia, assumendo erroneamente che il popolo determini la legislazione" e considerando che "L’errore principale sta nell’aver dimenticato che la democrazia consiste in un sistema di limiti": questo ...ex parte populi. Laddove, invece, come traspare nell'estratto in questione, ci si ponga ex parte principis, cioè per quanto riguarda multinazionali e imprese internazionalizzate, in quanto "soggetti più abili", si può, senza limiti, scegliere il diritto (a sé) più favorevole (notare: grazie alla stessa natura e finalità essenziale dell'Ue).
4. Questa incombente evoluzione (neo-medievalista) dell'assetto giuridico-istituzionale, favorevole al dominio dei mercati, era stato già puntualmente prevista da Lelio Basso nel 1969 (perciò, ancora una volta, non costituisce una sorpresa per chi avesse usato la prospettiva della democrazia costituzionale):
“… il processo decisionale attraverso cui si arriva alla formazione delle leggi o ad altre manifestazioni importanti dell’attività statale, non è affatto quello previsto dall’ordine costituzionale, ma è un PROCESSO OCCULTO E INCONTROLLATO che ha il suo momento centrale nei rapporti fra gruppi d’interesse e potere pubblico … Il fenomeno non è naturalmente soltanto italiano…
L’indebolimento della sovranità, la colonizzazione dell’apparato di governo da parte di, colossali organizzazioni private, hanno ormai raggiunto proporzioni tali che una specie di neofeudalesimo può permettersi di ignorare le regole della competizione democratica senza timore di punizioni.
COME NEL FEUDALESIMO DEL MEDIO EVO I DUCATI E LE BARONIE D’OGGI PRETENDONO L’ASSOLUTA FEDELTÀ DEGLI INDIVIDUI E SI RIPARTISCONO LE FUNZIONI PUBBLICHE COME SI TRATTASSE DI LORO PROPRIETÀ.
MEGLIO, ESSI RIESCONO A CONVINCERE AMPI UDITORI CHE L’INTERESSE GENERALE COINCIDE CON I PRIVILEGI PARTICOLARI CHE ESSI DIFENDONO, TANTO PIÙ FACILMENTE LE LORO DECISIONI SOSTITUIRANNO QUELLE DEI PUBBLICI POTERI… In sostanza anziché ad organi democratici il potere appartiene a un’oligarchia in cui si saldano e si compenetrano le più alte gerarchie del potere politico, del potere burocratico e del potere economico, sia finanziario che tecnocratico, senza alcuna partecipazione non solo del popolo ma neppure dei suoi “rappresentanti” parlamentari…
I fenomeni più recenti … tendono a spostare importanti centri decisionali in sedi internazionali pubbliche (NATO, CEE, FMI, ecc.), o private (grandi imprese industriali o finanziarie che hanno la propria sede all’estero ma che occupano posizioni di notevole potere economico all’interno di un paese), disperdendo anche ogni residua parvenza di democraticità non solo dal processo decisionale ma anche dal controllo…
Il fenomeno di crisi della democrazia è quindi totale e tende ad aggravarsi: lungi dall’avanzare verso l’attuazione dello spirito democratico della Costituzione ce ne allontaniamo sempre di più, perché l’esercizio del potere è in realtà sempre più lontano dal popolo (a cui in teoria appartiene) e le vecchie istituzioni non garantiscono più possibilità reali di partecipazione.
Il problema che si pone oggi [è] quello di reimmettere in tutto il sistema dei rapporti politici e sociali del nostro paese quel soffio di vita democratica, senza il quale anche gli istituti meglio studiati e i meccanismi meglio congegnati possono facilmente decadere e arrugginire.
Come ha scritto Mendès France, “SE GLI UOMINI DEI PAESI OCCIDENTALI NON VOGLIONO TROVARSI UN GIORNO IN UNA DI QUELLE MOSTRUOSE SOCIETÀ DESCRITTE NEI ROMANZI AVVENIRISTICI, (...) SOCIETÀ D’INSETTI SPECIALIZZATI, GERARCHIZZATI E INDIFFERENTI (...), bisogna che procedano ad un vasto rinnovamento della loro concezione e della loro pratica della democrazia…”
[L. BASSO, Per uno sviluppo democratico nell’ordinamento costituzionale italiano, in Studi per il ventesimo anniversario dell’Assemblea Costituente, IV, Aspetti del sistema costituzionale, Firenze, Vallecchi, 1969, 10-36].
5. La visione cassesiana, d'altra parte, agisce di complemento con la convergente, e persino più articolata, elaborazione di Giuliano Amato che già nell'intervista, qui più volte citata, a Barbara Spinelli, aveva affermato:
"...perché non tornare all'epoca precedente a Hobbes? Il Medioevo aveva un'umanità ben più ricca e una pluri-identità che oggi può servire da modello.
Il Medioevo è bellissimo: sa avere suoi centri decisionali senza affidarsi interamente a nessuno. E' al di là della parentesi dello Stato nazione..." [G. AMATO, intervista a Barbara Spinelli su La Stampa, 13 luglio 2000, pag.3].
6. Ma Amato, - la cui affinità scientifico-politica con Cassese è attestata da una vasta serie di vicende-, ha dedicato al suo entusiasmo "scientifico" per l'ordine pluralista medievale una vasta trattazione.
Cerco di riportarvene i passi salienti (l'originale per esteso lo trovate nella serie di commenti consecutivi di Francesco che iniziano da qui) anticipando alcune evidenti affermazioni problematiche.
Anzitutto può constatarsi come il nucleo dei diritti salvaguardabili attraverso la iurisdictio, come nel medievo, prescinde totalmente dalla identificazione della tipologia e del contenuto degli stessi, e, di fronte ad un'astratta considerazione della Rule of Law (che notoriamente è in sé una mera formula organizzativa della iurisdictio), prescinde anche dall'identificazione del potere normativo che li possa enunciare e raccordare con la volontà popolare.
Problemi, questi, che Amato salta a piè pari, richiamando un diritto costituzionale globale senza Potere Costituente (almeno nell'attuale accezione democratica che è una conquista della civiltà giuridica successiva alla II guerra mondiale). Un diritto costituzionale globale, anzi, che appare modellabile sull'esempio del medioevo, cioè sull'auctoritas di non meglio precisate entità universali (i mercati? i tecnocrati illuminati che siedono nelle organizzazioni internazionali anche private?).
Insomma la "law" va accettata come processo occulto e incontrollato, esattamente come segnalava Basso, e il suo "Rule" (il suo "governare") pare perfettamente sposarsi con la legittimazione di colossali organizzazioni private capaci di compenetrarsi coi "pubblici poteri" (sovranazionali, in questa prospettiva) e di fissare il loro concetto di interesse generale, privo di qualunque limitazione popolare, ma elargito come frutto di una tecnocrazia benevolmente altruista che può, senza incontrare alcun limite legale (cioè tipicamente le Costituzioni nazionali) determinare sia i diritti che i titolari degli stessi.
In sostanza, il finale dove Amato, sulla scorta delle sue complessive premesse, parla di sottrazione della globalizzazione all'anarchia delle sue forze materiali, risulta una non nascosta petizione di principio, in totale contrasto con quanto aveva enunciato Lelio Basso:
"...2. Come inseguire e imbrigliare i poteri globali?
È proprio da qui che può partire la nostra ricognizione delle strade che si stanno battendo per inseguire e imbrigliare i poteri che sono cresciuti nell'arena globale.
LA PRIMA è appunto quella della forte torsione extraterritoriale del potere statale, tutte le volte che il potere da imbrigliare (in questo caso il potere privato) ha una radice in un contesto nazionale dalla quale non è in grado di staccarsi.
...
La seconda strada è la creazione di agenzie di regolazione da parte degli Stati, collocate ora dentro, ora fuori la complessa organizzazione delle Nazioni Unite. Troviamo quindi qui importanti istituzioni come l'Ilo o la Wto, o l'Icao (International Civil Aviation Organisation); oppure agenzie private o semi-private assai meno note, come l'Iso (International Organization for Standardization) o la più recente Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers).
Una tipologia molto variegata, che pone molteplici problemi: intanto la derivazione in qualche caso non pubblica ma privata delle regole, con tutte le conseguenti implicazioni. Poi l'efficacia delle regole o delle decisioni, che proprio nei casi maggiori di agenzie di derivazione statale (Wto e Ilo) non hanno efficacia diretta sui privati, ma sono indirizzate ai loro Stati. E infine i principi che le agenzie seguono nello svolgimento della loro attività, che dovrebbero rifarsi alle ragioni della trasparenza, del contraddittorio, della motivazione sindacabile, entrate, attraverso la rule of law, nei procedimenti di regolazione e decisione amministrativa degli Stati…
...
E questo ci porta alla terza strada, che è forse ad oggi la più proficua, quella che dalla PENETRAZIONE DELLA RULE OF LAW NELLE REGOLAZIONI E DECISIONI SOVRANAZIONALI…porta alla forza crescente del nucleo essenziale della stessa RULE OF LAW, che è in realtà il nucleo essenziale del costituzionalismo, vale a dire la salvaguardia dei diritti fondamentali della persona.
Dal caso Kadi deciso dalla Corte di giustizia europea nel 2008, al caso Saadi, deciso nello stesso anno dalla Corte di Strasburgo, emerge come la norma che salvaguarda i diritti abbia sempre la priorità…
Nella intricata rete di reti, in quello che Neil Walker ha chiamato il «global disorder of normative orders», questo, se si consolida, è uno sviluppo di cruciale importanza, che, se noi costituzionalisti fossimo come i nostri colleghi amministrativisti, dovremmo chiamare DIRITTO COSTITUZIONALE GLOBALE e avremmo tutte le ragioni per farlo.
È infatti così nella sostanza — i grundrechte che penetrano in ogni ambito nel quale è presente una regolazione legale che quindi da essi non può prescindere — e lo è negli svolgimenti — PERCHÉ È DAL MEDIO EVO SINO AD ARRIVARE AI CASI PRIMA CITATI CHE I DIRITTI HANNO IL LORO NATURALE VEICOLO NELLA IURISDICTIO CHE FRENA IL GUBERNACULUM.
...
Ma c'è la QUARTA STRADA, la più ambiziosa, che intende raccogliere e organizzare le strade precedenti in un'unica mappa, quella di un ASSETTO DI GOVERNO SOVRASTATALE, organizzato secondo le regole democratiche.
È la strada che stiamo percorrendo noi europei e che proprio oggi è oggetto di delusioni e addirittura di ripensamenti…Non abbiamo il tempo qui per rifare la storia della nostra Unione, ma certo merita riflettere sull'ambivalenza di ciò che uscì dal trattato di Maastricht, che ci dette il massimo dell'integrazione — la moneta unica con una banca centrale europea — ma l'affiancò non con strumenti «federali» di politica economica e finanziaria, bensì con il solo coordinamento delle politiche economiche e finanziarie nazionali. L'inadeguatezza di questa asimmetria è emersa nei guasti e nei rischi perduranti degli ultimi anni...
...
3. Verso una «Repubblica mondiale»
E’ allora possibile una democrazia globale, così come auspicato tante volte nel corso degli ultimi decenni e di recente da un «Manifesto per la democrazia globale», firmato da molti intellettuali di diversi paesi del mondo, nel quale si scriveva che «globalizzare la democrazia è l'unico modo di democratizzare la globalizzazione»… Qualche arcata già l'abbiamo che va in quella direzione. Considero il nucleo dei diritti la più importante ed importante è pure quell'embrione di opinione pubblica mondiale di cui ho già parlato… Ma si tratta di una iurisdictio e di una opinione pubblica che fronteggiano i tanti gubernacula operanti nel mondo. E il problema è tutto da questa parte.
La Repubblica mondiale era la prima tra le soluzioni caldeggiate da Kant per la pace perpetua. Ma già lui aveva escluso che la natura degli uomini consentisse di arrivarci e aveva proposto per questo una federazione di popoli, che ponesse come cuore del foedus la rinuncia alla guerra.
…
Che il pluralismo delle legalità, sottolineato da Walker, sia sottratto a un ambiente anarchico, in balia delle forze materiali della globalizzazione, è già un grande risultato. E lo è…se ne esce intanto un tessuto, FONDATO SUI PRINCIPI DELLA RULE OF LAW, che rende compatibili e fa così convivere e cooperare diversità altrimenti irriducibili…”
[G. AMATO, Il costituzionalismo oltre i confini dello stato, in Rivista Trimestrale di diritto pubblico, Giuffrè, fasc.1, 2013, 1].