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analisi economica del diritto.






























mercoledì 21 febbraio 2018
MEDIOEVO GLOBALE: IL FASCINO INDISCRETO DEL NEO-FEUDALESIMO €URO-MONDIALISTA [/paste:font]


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1. L'argomento che cercheremo di trattare è complesso, poiché si tratta anzitutto di definire dei concetti riassuntivi di una serie di tendenze del capitalismo mondialista, che, come tali, sono sì riducibili alla restaurazione dell'ordine internazionale del mercato, ma che, essendo proprie del neo-liberalismo, sono anche tipicamente offerte sotto varie versioni di "doppia verità" in modo da renderle accettabili (come globalizzazione buona e inevitabile), culturalmente e mediaticamente, all'opinione pubblica e di massa.
Per altro verso, poi, dato che l'ordine internazionale del mercato è un disegno politico intrinsecamente totalitaristico, queste idee, tendono anche a tradursi in un discorso tecnocratico, utilizzabile in versione pop, che serve a legittimare, in nome di una naturalità scientifica, il fondamentale livello sovrastrutturale, cioè quello delle ideologie ireniche e suggestive che caratterizzano ogni costruzione distopica del capitalismo, come evidenziava Basso (qui, p.3) e, prima ancora, Gramsci (qui, p.10) e, naturalmente, Rosa Luxemburg.

2. Il tema che tratteremo in particolare è quello della nostaglia per l'ordinamento giuridico "pluralista" medievale, ri-considerato in una sorta di funzionalismo adeguatore (delle coscienze dei cittadini comuni "riformati") e perciò intriso di una forte, quanto abilmente dissimulata, riscoperta nostalgica.
Una riscoperta nutrita di schematismi idealizzati (e còlti) costituisce, con evidenza, una forte suggestione strumentale ad un rinnovato assetto, gerarchico anzitutto ma anche incontestabile in quanto sorretto dall'idea (appunto neo-medievalistica) di una necessitata universalità.
Quest'ultima costituisce, appunto, un attributo idealistico implicito, (funzionale nel senso inteso dalla Luxemburg sopracitata), teso ad una nobilitazione morale del mondialismo capitalistico globalizzatore (un progresso inevitabile, TINA).
Una tale operazione, naturalmente, può riuscire solo se l'idealismo e la sua suggestione sono proposti nella sfera degli enunciati tecnocratici-naturalistici, come abbiamo sopra premesso, e dunque in quanto i cittadini non siano in grado di collegare questi enunciati alle concrete vicende delle loro vite: un'eloquente esemplificazione dell'importanza di tale "scollamento" della consapevolezza (indotto) è l'attualissima ed imbarazzante vicenda (in quanto sotto elezioni) del licenziamento con delocalizzazione, tutta interna all'Ue, dei dipendenti della Whirlpoll-Embraco.

3. Vediamo allora come questa costruzione (tecnocratica e ideal-funzionale al tempo stesso) dell'ordine giuridico "globale" ad ispirazione neo-medievalista viene teorizzato:
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Da notare, nella parte finale dell'estratto soprariportato, l'importanza della teorizzazione analogica che ne fa Cassese, citato nella parte finale e di cui ho evidenziato anche la nota 16.
Avevamo già incontrato l'elaborazione di Cassese in un recente post, laddove, nell'ambito della costruzione €uropea, ex parte populi, viene stigmatizzata la "visione domestica della democrazia, assumendo erroneamente che il popolo determini la legislazione" e considerando che "L’errore principale sta nell’aver dimenticato che la democrazia consiste in un sistema di limiti": questo ...ex parte populi. Laddove, invece, come traspare nell'estratto in questione, ci si ponga ex parte principis, cioè per quanto riguarda multinazionali e imprese internazionalizzate, in quanto "soggetti più abili", si può, senza limiti, scegliere il diritto (a sé) più favorevole (notare: grazie alla stessa natura e finalità essenziale dell'Ue).

4. Questa incombente evoluzione (neo-medievalista) dell'assetto giuridico-istituzionale, favorevole al dominio dei mercati, era stato già puntualmente prevista da Lelio Basso nel 1969 (perciò, ancora una volta, non costituisce una sorpresa per chi avesse usato la prospettiva della democrazia costituzionale):
“… il processo decisionale attraverso cui si arriva alla formazione delle leggi o ad altre manifestazioni importanti dell’attività statale, non è affatto quello previsto dall’ordine costituzionale, ma è un PROCESSO OCCULTO E INCONTROLLATO che ha il suo momento centrale nei rapporti fra gruppi d’interesse e potere pubblico … Il fenomeno non è naturalmente soltanto italiano…

L’indebolimento della sovranità, la colonizzazione dell’apparato di governo da parte di, colossali organizzazioni private, hanno ormai raggiunto proporzioni tali che una specie di neofeudalesimo può permettersi di ignorare le regole della competizione democratica senza timore di punizioni.
COME NEL FEUDALESIMO DEL MEDIO EVO I DUCATI E LE BARONIE D’OGGI PRETENDONO L’ASSOLUTA FEDELTÀ DEGLI INDIVIDUI E SI RIPARTISCONO LE FUNZIONI PUBBLICHE COME SI TRATTASSE DI LORO PROPRIETÀ.
MEGLIO, ESSI RIESCONO A CONVINCERE AMPI UDITORI CHE L’INTERESSE GENERALE COINCIDE CON I PRIVILEGI PARTICOLARI CHE ESSI DIFENDONO, TANTO PIÙ FACILMENTE LE LORO DECISIONI SOSTITUIRANNO QUELLE DEI PUBBLICI POTERI… In sostanza anziché ad organi democratici il potere appartiene a un’oligarchia in cui si saldano e si compenetrano le più alte gerarchie del potere politico, del potere burocratico e del potere economico, sia finanziario che tecnocratico, senza alcuna partecipazione non solo del popolo ma neppure dei suoi “rappresentanti” parlamentari…

I fenomeni più recenti … tendono a spostare importanti centri decisionali in sedi internazionali pubbliche (NATO, CEE, FMI, ecc.), o private (grandi imprese industriali o finanziarie che hanno la propria sede all’estero ma che occupano posizioni di notevole potere economico all’interno di un paese), disperdendo anche ogni residua parvenza di democraticità non solo dal processo decisionale ma anche dal controllo…

Il fenomeno di crisi della democrazia è quindi totale e tende ad aggravarsi: lungi dall’avanzare verso l’attuazione dello spirito democratico della Costituzione ce ne allontaniamo sempre di più, perché l’esercizio del potere è in realtà sempre più lontano dal popolo (a cui in teoria appartiene) e le vecchie istituzioni non garantiscono più possibilità reali di partecipazione.
Il problema che si pone oggi [è] quello di reimmettere in tutto il sistema dei rapporti politici e sociali del nostro paese quel soffio di vita democratica, senza il quale anche gli istituti meglio studiati e i meccanismi meglio congegnati possono facilmente decadere e arrugginire.

Come ha scritto Mendès France, “SE GLI UOMINI DEI PAESI OCCIDENTALI NON VOGLIONO TROVARSI UN GIORNO IN UNA DI QUELLE MOSTRUOSE SOCIETÀ DESCRITTE NEI ROMANZI AVVENIRISTICI, (...) SOCIETÀ D’INSETTI SPECIALIZZATI, GERARCHIZZATI E INDIFFERENTI (...), bisogna che procedano ad un vasto rinnovamento della loro concezione e della loro pratica della democrazia…”
[L. BASSO, Per uno sviluppo democratico nell’ordinamento costituzionale italiano, in Studi per il ventesimo anniversario dell’Assemblea Costituente, IV, Aspetti del sistema costituzionale, Firenze, Vallecchi, 1969, 10-36].

5. La visione cassesiana, d'altra parte, agisce di complemento con la convergente, e persino più articolata, elaborazione di Giuliano Amato che già nell'intervista, qui più volte citata, a Barbara Spinelli, aveva affermato:
"...perché non tornare all'epoca precedente a Hobbes? Il Medioevo aveva un'umanità ben più ricca e una pluri-identità che oggi può servire da modello.
Il Medioevo è bellissimo: sa avere suoi centri decisionali senza affidarsi interamente a nessuno. E' al di là della parentesi dello Stato nazione..." [G. AMATO, intervista a Barbara Spinelli su La Stampa, 13 luglio 2000, pag.3].
6. Ma Amato, - la cui affinità scientifico-politica con Cassese è attestata da una vasta serie di vicende-, ha dedicato al suo entusiasmo "scientifico" per l'ordine pluralista medievale una vasta trattazione.
Cerco di riportarvene i passi salienti (l'originale per esteso lo trovate nella serie di commenti consecutivi di Francesco che iniziano da qui) anticipando alcune evidenti affermazioni problematiche.
Anzitutto può constatarsi come il nucleo dei diritti salvaguardabili attraverso la iurisdictio, come nel medievo, prescinde totalmente dalla identificazione della tipologia e del contenuto degli stessi, e, di fronte ad un'astratta considerazione della Rule of Law (che notoriamente è in sé una mera formula organizzativa della iurisdictio), prescinde anche dall'identificazione del potere normativo che li possa enunciare e raccordare con la volontà popolare.
Problemi, questi, che Amato salta a piè pari, richiamando un diritto costituzionale globale senza Potere Costituente (almeno nell'attuale accezione democratica che è una conquista della civiltà giuridica successiva alla II guerra mondiale). Un diritto costituzionale globale, anzi, che appare modellabile sull'esempio del medioevo, cioè sull'auctoritas di non meglio precisate entità universali (i mercati? i tecnocrati illuminati che siedono nelle organizzazioni internazionali anche private?).
Insomma la "law" va accettata come processo occulto e incontrollato, esattamente come segnalava Basso, e il suo "Rule" (il suo "governare") pare perfettamente sposarsi con la legittimazione di colossali organizzazioni private capaci di compenetrarsi coi "pubblici poteri" (sovranazionali, in questa prospettiva) e di fissare il loro concetto di interesse generale, privo di qualunque limitazione popolare, ma elargito come frutto di una tecnocrazia benevolmente altruista che può, senza incontrare alcun limite legale (cioè tipicamente le Costituzioni nazionali) determinare sia i diritti che i titolari degli stessi.
In sostanza, il finale dove Amato, sulla scorta delle sue complessive premesse, parla di sottrazione della globalizzazione all'anarchia delle sue forze materiali, risulta una non nascosta petizione di principio, in totale contrasto con quanto aveva enunciato Lelio Basso:

"...2. Come inseguire e imbrigliare i poteri globali?
È proprio da qui che può partire la nostra ricognizione delle strade che si stanno battendo per inseguire e imbrigliare i poteri che sono cresciuti nell'arena globale.
LA PRIMA è appunto quella della forte torsione extraterritoriale del potere statale, tutte le volte che il potere da imbrigliare (in questo caso il potere privato) ha una radice in un contesto nazionale dalla quale non è in grado di staccarsi.
...

La seconda strada è la creazione di agenzie di regolazione da parte degli Stati, collocate ora dentro, ora fuori la complessa organizzazione delle Nazioni Unite. Troviamo quindi qui importanti istituzioni come l'Ilo o la Wto, o l'Icao (International Civil Aviation Organisation); oppure agenzie private o semi-private assai meno note, come l'Iso (International Organization for Standardization) o la più recente Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers).
Una tipologia molto variegata, che pone molteplici problemi: intanto la derivazione in qualche caso non pubblica ma privata delle regole, con tutte le conseguenti implicazioni. Poi l'efficacia delle regole o delle decisioni, che proprio nei casi maggiori di agenzie di derivazione statale (Wto e Ilo) non hanno efficacia diretta sui privati, ma sono indirizzate ai loro Stati. E infine i principi che le agenzie seguono nello svolgimento della loro attività, che dovrebbero rifarsi alle ragioni della trasparenza, del contraddittorio, della motivazione sindacabile, entrate, attraverso la rule of law, nei procedimenti di regolazione e decisione amministrativa degli Stati…
...
E questo ci porta alla terza strada, che è forse ad oggi la più proficua, quella che dalla PENETRAZIONE DELLA RULE OF LAW NELLE REGOLAZIONI E DECISIONI SOVRANAZIONALI…porta alla forza crescente del nucleo essenziale della stessa RULE OF LAW, che è in realtà il nucleo essenziale del costituzionalismo, vale a dire la salvaguardia dei diritti fondamentali della persona.
Dal caso Kadi deciso dalla Corte di giustizia europea nel 2008, al caso Saadi, deciso nello stesso anno dalla Corte di Strasburgo, emerge come la norma che salvaguarda i diritti abbia sempre la priorità…
Nella intricata rete di reti, in quello che Neil Walker ha chiamato il «global disorder of normative orders», questo, se si consolida, è uno sviluppo di cruciale importanza, che, se noi costituzionalisti fossimo come i nostri colleghi amministrativisti, dovremmo chiamare DIRITTO COSTITUZIONALE GLOBALE e avremmo tutte le ragioni per farlo.
È infatti così nella sostanza — i grundrechte che penetrano in ogni ambito nel quale è presente una regolazione legale che quindi da essi non può prescindere — e lo è negli svolgimenti — PERCHÉ È DAL MEDIO EVO SINO AD ARRIVARE AI CASI PRIMA CITATI CHE I DIRITTI HANNO IL LORO NATURALE VEICOLO NELLA IURISDICTIO CHE FRENA IL GUBERNACULUM.
...
Ma c'è la QUARTA STRADA, la più ambiziosa, che intende raccogliere e organizzare le strade precedenti in un'unica mappa, quella di un ASSETTO DI GOVERNO SOVRASTATALE, organizzato secondo le regole democratiche.
È la strada che stiamo percorrendo noi europei e che proprio oggi è oggetto di delusioni e addirittura di ripensamenti…Non abbiamo il tempo qui per rifare la storia della nostra Unione, ma certo merita riflettere sull'ambivalenza di ciò che uscì dal trattato di Maastricht, che ci dette il massimo dell'integrazione — la moneta unica con una banca centrale europeama l'affiancò non con strumenti «federali» di politica economica e finanziaria, bensì con il solo coordinamento delle politiche economiche e finanziarie nazionali. L'inadeguatezza di questa asimmetria è emersa nei guasti e nei rischi perduranti degli ultimi anni...
...

3. Verso una «Repubblica mondiale»
E’ allora possibile una democrazia globale, così come auspicato tante volte nel corso degli ultimi decenni e di recente da un «Manifesto per la democrazia globale», firmato da molti intellettuali di diversi paesi del mondo, nel quale si scriveva che «globalizzare la democrazia è l'unico modo di democratizzare la globalizzazione»… Qualche arcata già l'abbiamo che va in quella direzione. Considero il nucleo dei diritti la più importante ed importante è pure quell'embrione di opinione pubblica mondiale di cui ho già parlato… Ma si tratta di una iurisdictio e di una opinione pubblica che fronteggiano i tanti gubernacula operanti nel mondo. E il problema è tutto da questa parte.

La Repubblica mondiale era la prima tra le soluzioni caldeggiate da Kant per la pace perpetua. Ma già lui aveva escluso che la natura degli uomini consentisse di arrivarci e aveva proposto per questo una federazione di popoli, che ponesse come cuore del foedus la rinuncia alla guerra.


Che il pluralismo delle legalità, sottolineato da Walker, sia sottratto a un ambiente anarchico, in balia delle forze materiali della globalizzazione, è già un grande risultato. E lo è…se ne esce intanto un tessuto, FONDATO SUI PRINCIPI DELLA RULE OF LAW, che rende compatibili e fa così convivere e cooperare diversità altrimenti irriducibili…”
[G. AMATO, Il costituzionalismo oltre i confini dello stato, in Rivista Trimestrale di diritto pubblico, Giuffrè, fasc.1, 2013, 1].
 
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economici.itil mondo visto da un'altra angolazione

attualita' febbraio 24, 2018 posted by Fabio Lugano
BREAKING NEWS: LA BCE LIQUIDA DI FORZA UNA BANCA E RENDE INACCESSIBILI I CONTI CORRENTI. PER LA PRIMA VOLTA ANCHE I CORRENTISTI CONGELATI


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Cari amici,

se ricordiamo fra le varie proposte della BCE per “Migliorare la sicurezza” del sistema creditizio europeo vi era anche quella di congelare i conti correnti, liberandoli quindi poco alla volta ed in modo proporzionale ad indicatori di liquidità. Una cosa che farebbe chiudere domani le banche , se la gente ne capisse il significato….

Anche se questa proposta non è stata mai esplicitamente approvata come modifica del BRRD, comunque viene applicata. La Banca ABLV lettone, terza banca del paese baltico era stata accusata di aver coperto delle operazioni della Corea del Nord e bloccata negli USA dal Dipartimento di stato. A questo punto subentra la BCE che prima blocca gli asset ed i pagamenti della banca, quindi, dopo che lo European Single Resolution Board ha definito non sistemica la banca, ha eliberato per la sua liquidazione secondo le norme lettoni. Le autorità Lettoni, dato che la BCE non ha autorizzato o chiesto nessuna liberatoria, secondo il quotidiano IR ed altre testate locali, hanno CONGELATO I CONTI CORRENTI, rinviandone la liquidazione.

ECB: “ABLV Bank” tiks likvidēta atbilstoši Latvijas likumiem


Non si parla in nessun punto di moratoria sotto i 100 mila euro, ma di congelamento completo, confermato dal contenuto generale degli articoli.

La banca ha accusato BCE di aver preso una decisione esclusivamente politica e che la banca era liquida. Questo sarebbe confermato:

  • da notizie interne alla banca secondo le quali in quattro giorni sarebbero stati raccolti 1,36 miliardi di euro per far fronte, liquidi , a depositi per 2,88 miliardi di euro. Sarebbe interessante sapere quante banche europee sarebbero in grado di fare lo stesso;
  • nella liquidazione non sarà necessario l’intervento del fondo Lettone per la garanzia dei depositi, e questo, direi, per fortuna, visto che ha una capacità di soli 154 milioni di euro.
Se si applicassero gli stessi criteri applicati a ABLV a tutte le banche europee sarebbe interessante vedere quante risulterebbero “Liquide”, eppure la BCE ha deciso di procedere alla liquidazione per “Illiquidità”.Secondo la BCE ed il governo lettone non ci saranno ricadute economiche, anche se nella banca lavoravano 800 persone e l’istituto pagava 18 milioni di tasse allo stato, che in totale conta 2 milioni di abitanti e per il quale il valore dei depositi è pari al 7,5% del PIL.

Comunque, mi raccomando, voi abbiat sempre fiducia nell’imparzialità dell’operato della BCE e nella solidità del sistema bancario europeo. Con Draghi e Wiedmann siete sicuramente in buone mani.
 
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Le Istituzioni riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.































venerdì 23 febbraio 2018
LA QUESTIONE MEDIATICA TRA JUNCKER E LA ZIA D'ITALIA [/paste:font]

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Quando Reporters sans frontieres copre la CIA, di Thierry Meyssan

1. Siamo in quella peculiare fase finale della campagna elettorale in cui i sondaggi sono vietati e perciò tutti i partiti in corsa possono, anzi "gli corre l'obbligo di", fare professione di ottimismo, potendo, un po' tutti, autocertificare che la strategia comunicativa e il programma prescelti daranno buoni frutti di consenso. Anzi "ottimi e abbondanti".
Essendo, in generale, "inutile polemizzare con i fatti" (ammesso che i sondaggi possano considerarsi tali, e non piuttosto un fattoide di massa come pochi altri), è a maggior ragione inutile polemizzare con le autocertificazioni in assenza di...fatti (che le contraddicano).
Proveremo invece a riproporre alcune parti dell'approfondimento dedicato alla "questione mediatica" (ero in dubbio se ri-occuparmi del fenomeno dell'astensionismo e delle sue condizioni "ottimali" di efficienza antidemocratica: non escludo di tornarci sopra ma, più utilmente, nel dopo elezioni).
Della questione mediatica ci siamo occupati più volte ma trovo significativo riallacciarmi all'ultima occasione in cui abbiamo tentato di definirne la crescente criticità; cioè alla vigilia del referendum sulla riforma costituzionale.

2. Quella consultazione, nel suo contesto e nei suoi epifenomeni, infatti, presentava alcune inquietanti analogie con l'attuale campagna elettorale. Basta apportare gli opportuni aggiornamenti ai più recenti sviluppi.

2.1. Ma cominciamo col ricordare le premesse generali, giuridico-istituzionali e "di mercato" (peculiare ma pur sempre mercato) della questione mediatica.
La prima di tali premesse discende da una sintesi orwelliana (a) che si combina perfettamente con il più volte citato brano di Habermas (b):
(a) "Ogni singolo elemento dell'agenda dell'informazione mediatica è studiato per costituire un tassello della conservazione del potere oligarchico. Senza eccezione alcuna".

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La fisiologia della guerra, intrapresa dall'oligarchia, ha armi di combattimento adeguate per la conduzione di un conflitto continuo e ininterrotto: i media, - giornali, televisioni e, sempre più ovviamente, l'utilizzo del web- e il sistema finanziario di loro controllo totalitario.

(b) Nella definizione di Habermas si tratta di una guerra condotta in forma di d'assedio e quindi dell'uso di adeguate "macchine ossidionali".

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Sappiamo che il sistema di dispiegamento di queste armi "adeguate" e del loro controllo totalitario, assume, nella società globalizzata di massa, la forma del "pop", - quella che è più conveniente mantenere, perché ottiene la frammentazione strutturale di ogni possibile resistenza-, e si basa su alcuni principi:
a) la destrutturazione della funzionalità del sistema dell'istruzione pubblica;

b) la gestione, all'interno del sistema controllato dei media, dell'informazione e della controinformazione, in modo spesso indiretti ed occultati;

c) come conseguenza dei punti a) e b), il ferreo controllo dell'opinione pubblica ("ciò che gli uomini debbano credere e ciò per cui debbano affanarsi", nelle parole scolpite, da Hayek, sulla pietra tombale della democrazia sostanziale) che garantisce, al livello sottostante dell'opinione di massa (pop), una proiezione identificativa degli oppressi con gli oppressori, che ha come coagulante il senso di colpa (qui, p.2, b.) instillato nei primi.
Nelle attuali condizioni storico-politiche, questa proiezione identificativa assume il significato di "paradosso €uropeo".

3. Poiché, (purtroppo), soltanto per taluni, questi richiami a presupposti teorici essenziali risultino utili, scendiamo dunque nel concreto, per verificare la segnalata analogia con le vicende che precedettero il referendum costituzional-riformatore.
Proprio alla vigilia del referendum l'europarlamento se ne uscì con questa deliberazione:

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E il nostro Juncker, esattamente in quegli stessi giorni, si segnalò per questo curioso appello (suggerendo, con un nervoso "mettere le mani avanti" che il referendum costituzionale italiano fosse proprio...sull'€uropa):

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4. Puntuale, all'approssimarsi delle elezioni politiche, Juncker si "ripropone":


5. E il nervosismo di Juncker trova un puntuale riscontro interno con quello della Bonino, la (autodefinitasi) zia del Più Europa, che si inalbera con Travaglio dimostrando uno scarso livello di tolleranza alle "contraddizioni" più che al contraddittorio (che normalmente liquida con una serie di affermazioni apodittiche, e del tutto avulse dagli argomenti dell'interlocutore, che ritiene sacralizzate e come tali possibile oggetto soltanto di "venerazione". Questione di scarsa verifica dei presupposti teorici, storici, istituzionali e geo-economici sui quali si fonda il suo spinelliano atto di fede?):


6. E certamente la "zia degli italiani", gode di un'eccezionale dose di spazio televisivo per divulgare delle idee che in realtà sono ben note da molto e che, vorremmo rassicurarla, conosciamo benissimo:



7. Il problema della misteriosa iper-presenza mediatico-televisiva della Bonino - ma non solo sua, per la verità-, è tanto maggiore quanto minori risultavano le sue confessate incapacità di attrazione popolare in sede di presentazione della lista; tuttavia, tale problema, va esteso naturalmente a considerare tutta le serie di analoghe (e finanziariamente costose) super-visibilità, tutte in una c€rta direzione, e, non secondariamente, anche a considerare certi misteriosi oscuramenti; e tuttavia, questo problema, sembra passare inosservato.
Nondimeno è, dal punto di vista giuridico-costituzionale, molto rilevante:

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8. Ribadiamo perciò i termini costituzionali della questione, che si àncorano all'art.21 della Costituzione assunto nella sua intera formulazione e nella sua armonizzazione sistematica con l'intero dettato della Carta (qui, pp.5-7). Partiamo dalla interpretazione "autentica" che fornisce Lelio Basso:


Se democrazia significa sovranità del popolo, e quindi di tutti i cittadini, se pertanto in un regime democratico ogni cittadino deve essere posto in condizione di esercitare i diritti che gli derivano dalla sua partecipazione alla sovranità collettiva, se la nostra Costituzione (art. 3 cap.) riconosce che questa democrazia rimarrà una vuota parola fino a quando tutti i cittadini non saranno messi in condizione di poter partecipare di fatto alla gestione della cosa pubblica, mi pare che se ne possa concludere che la collettività ha l’obbligo di dare a ciascun cittadino la concreta possibilità di tale partecipazione.

Ora tale concreta possibilità non significa soltanto liberare ogni cittadino dagli assillanti problemi della fame, della miseria o della disoccupazione, non soltanto eliminare le stridenti disuguaglianze e gli squilibri perturbatori del tessuto sociale, MA ANCHE FORNIRE A CIASCUNO I MEZZI PER ESSERE IN GRADO DI APPREZZARE I VASTI E COMPLESSI PROBLEMI IN CUI SI ARTICOLA LA VITA COLLETTIVA.

E TALI MEZZI SONO TANTO SOGGETTIVI (adeguato livello di istruzione e di coscienza civile e democratica) quanto oggettivi (un’informazione per quanto possibile seria e imparziale). Sarebbe infatti impossibile concepire una democrazia reale, un effettivo governo di popolo, se al popolo non fossero dati gli strumenti per accedere alla conoscenza della vita associata che esso deve governare e dei problemi che ne risultano ch’esso deve risolvere.

Ad assolvere a questo compito non è certamente sufficiente la libertà della stampa e dell’informazione in generale: LA LIBERTÀ DELLA STAMPA È CERTO UNA GRANDE CONQUISTA DEL PERIODO LIBERALE che va strenuamente difesa anche oggi, in un regime democratico più avanzato, ma è ben lungi dall’esaurire la materia.


Essa infatti ha radice in una concezione individualistica della società e riflette il diritto di ogni individuo ad esprimere la propria opinione: riguarda di più cioè il diritto di chi vuole scrivere che quello di chi vuole leggere per essere obiettivamente informato, risponde assai più al concetto di libertà in senso tradizionale che a quello di servizio pubblico.

In altre parole, la libertà di stampa rappresenta il diritto del singolo cittadino di “fare” qualche cosa e il correlativo dovere dello Stato di “lasciar fare”, mentre il servizio pubblico dell’informazione rappresenta un dovere della collettività di “fare” essa positivamente qualche cosa e il correlativo diritto di tutti i cittadini di ottenere dalla collettività la prestazione dovuta.

...la libertà d’informazione ha oggi assunto un significato diverso che nell’Ottocento.

Che cosa significa parlare di libertà di stampa nel senso di riconoscere a ciascuno il diritto di fondare un giornale, quando si sa che in realtà solo pochi magnati, o un grandissimo partito, possono permetterselo?

Mi sembra più giusto parlare di un DIRITTO DEL CITTADINO ALLA VERITÀ, cioè all’informazione più ampia e spregiudicata che gli fornisca tutti gli elementi per FORMARSI UNA SUA IDEA DELLA VERITÀ: ciò significa soprattutto che i partiti, i sindacati, le organizzazioni civili devono avere libero e incontrollato accesso alla radio e alla TV, per un tempo che corrisponda alla loro reale rappresentatività. Questo mi sembra il modo migliore di garantire la libertà dell’informazione, almeno nel settore radio-televisivo …” [L. BASSO, Affinché il Paese migliori, Il Giorno, 12 ottobre 1974].

9. A queste considerazioni del 1974, ne vanno aggiunte altre che, peraltro, corrispondono alla stessa propensione di Basso a denunciare la struttura antidemocratica del mercato all'interno del paradgima capitalistico attuale. Ecco, questo la denunzia di questo paradigma trova necessaria, e sicuramente ancor più prioritaria, necessità rispetto al mercato dell'informazione, a proposito del quale Basso, nel 1979, parla di "imperialismo culturale" (qui, p.4):

"...senza capire la natura irresistibilmente oligopolistica dei "mercati", di qualunque settore, ogni disquisizione sulle "libertà" è una squallida pantomima.

E lo è più che mai laddove sia in gioco un mercato caratterizzato dal preminente pubblico interesse del bene/servizio offerto: la cosa sarebbe agevolmente risolvibile con una legge sull'informazione conforme all'art.21 Cost. Di cui abbiamo in passato indicato, su questo blog, alcuni principi irrinunciabili.

Ma poi vedendo che le "classifiche" internazionali (invariabilmente redatte da ONG "senza frontiere" che attaccano gli Statibrutti e ignorano i "mercati") fanno coincidere la "libertà di informazione" con il numero di operatori privati (in oligopolio!) e con l'assenza di interferenza statale su di essi, non rimane che una sola soluzione: vietare lo svolgimento di servizi di informazione privata da parte di chi non sia, in modo accertato con totale rigore, un editore PURO.
Cioè privo di qualunque altro interesse commerciale, industriale o finanziario, il cui titolare si ponga quale oligopolista concentrato, in qualsiasi settore, e, come tale, portatore di una rilevante frazione di potere politico de facto, cioè al di sopra e al di fuori dello Stato di diritto costituzionale, come avvertiva Calamandrei.

E non solo: si deve trattare di un editore puro che sia finanziato ESCLUSIVAMENTE da un istituto di credito specializzato di proprietà pubblica, nonché amministrato da funzionari imparziali, a requisiti di nomina rigorosamente predeterminati (su oggettive "competenze") e soggetti a scadenze non rinnovabili delle cariche, nonché sorteggiati da un elenco aggiornato costantemente.

Poi sull'entertainment, facessero quello che vogliono (nei limiti delle leggi penali) e massima apertura del mercato: compresi i "film di interesse culturale".
La precondizione per la loro produzione e distribuzione deve essere SOLO la diffusione della cultura, per tutti, da parte di un imparziale e rafforzato sistema della pubblica istruzione.

Pubblica istruzione, (forte e imparziale), libertà di informazione, (ontologicamente separata da interessi privati di altro tipo, compresa la reverenza verso la "morale dei banchieri"), e eguaglianza sostanziale, sono praticamente la stessa cosa vista in momenti e angolazioni differenti".

Pubblicato
 
Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio
· 23 h ·



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Ordine cronologico



Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio ha condiviso un post.
· 23 febbraio alle ore 12:29 ·
Questa signora e' annoverata tra i 32 scienziati migliori al mondo in nanopatologie.

La dottoressa Antonietta M. Gatti andrà a ritirarlo in Cina, a Chengdu, l'importante riconoscimento assegnatole della International Union of Societies for Biomaterials Science and Engineering.
Se in Italia lei e il marito Stefano Montanari si sono visti creare un inspiegabile cordone sanitario intorno alle loro ricerche sulle nanopatologie, gli scienziati di mezzo mondo (sia dell'UE che da C...anada, USA, Cina, Giappone, Corea, India, Australia) hanno deciso di premiare il suo contributo nel campo delle Scienze dei Biomateriali e di Ingegneria nominandola Fellow dello IUSBSE.

Dottoressa Gatti
http://www.affaritaliani.it/…/nanoparticelle-premio-interna…

Montanari/Grillo
http://www.stefanomontanari.net/…/images_pdf_ilgrillomannar…

Altro...


Lino Palma
23 febbraio alle ore 1:36 ·
Questa signora e' annoverata tra i 32 scienziati migliori al mondo in nanopatologie.

La dottoressa Antonietta M. Gatti andrà a ritirarlo in Cina, a Chengdu, l'i...mportante riconoscimento assegnatole della International Union of Societies for Biomaterials Science and Engineering.
Se in Italia lei e il marito Stefano Montanari si sono visti creare un inspiegabile cordone sanitario intorno alle loro ricerche sulle nanopatologie, gli scienziati di mezzo mondo (sia dell'UE che da Canada, USA, Cina, Giappone, Corea, India, Australia) hanno deciso di premiare il suo contributo nel campo delle Scienze dei Biomateriali e di Ingegneria nominandola Fellow dello IUSBSE.

Dottoressa Gatti
http://www.affaritaliani.it/…/nanoparticelle-premio-interna…

Montanari/Grillo
http://www.stefanomontanari.net/…/images_pdf_ilgrillomannar…

Altro...



Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio
· 23 febbraio alle ore 9:32 ·
http://www.ilprimatonazionale.it/…/torino-bombe-con-i-chio…/


Torino, bombe con i chiodi contro la polizia: gli antifascisti ormai sono fuori di testa
Solite scene di guerriglia urbana a Torino, contro l'evento di CasaPound. Sei feriti tra i poliziotti, colpiti dalle schegge di ordigni artigianali

ilprimatonazionale.it|Di Il Primato Nazionale

Rimuovi







Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio ha condiviso il post di Roberto Mastalia.
· 23 febbraio alle ore 5:45 ·
CORTE GIUSTIZIA EU CONFERMA: VACCINO "CONTRO" L'EPATITE B E "PRO" SCLEROSI A PLACCHE.
PREVIENE - FORSE - UNA PATOLOGIA CHE POTRESTI NON INCONTRARE MAI E TE NE SCATENA UNA BEN PIÙ GRAVE: UN ALTRO SUCCESSO DELLE VACCINAZIONI, NON C'E CHE DIRE!

LIBERTÀ !!!



Roberto Mastalia
23 febbraio alle ore 3:17 ·
CORTE GIUSTIZIA EU CONFERMA: VACCINO "CONTRO" L'EPATITE B E "PRO" SCLEROSI A PLACCHE.
PREVIENE - FORSE - UNA PATOLOGIA CHE POTRESTI NON INCONTRARE MAI E TE NE SCATENA UNA BEN PIÙ GRAVE: UN ALTRO SUCCESSO DELLE VACCINAZIONI, NON C'E CHE DIRE!

LIBERTÀ !!!
10 ·
 
febbraio 25, 2018 posted by Mitt Dolcino
Se chi usa la violenza nelle piazze sono gli antifascisti, ossia le sinistre (come ai tempi delle brigate rosse). Perché (ri)succede?


https://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2018/02/IMG_2833.jpg


Ai tempi delle brigate rosse erano le sinistre che mettevano a soqquadro l’ordine costituito, anche ammazzando i poliziotti nelle piazze. Pochi ricordano però che la di fatto sede delle sinistre combattenti europee era troppo spesso a Parigi (Hyperion) oltre al fatto che Mitterand, Giscard d’Estaing e soci – Giscard, quello dell’attacco francese di Ustica – difesero globalmente i brigatisti di sinistra che avevano fallito nella destabilizzazione italica, grazie al supporto americano.
Leggasi, la Francia da sempre punta a destabilizzare l’Italia, per impossessarsi delle sue ricchezze a mo’ di colonia.
Tale narrativa – fattuale, memento Cesare Battisti, l’assassino di sinistra protetto dalla Francia – andrebbe declinata in salsa attuale: Enrico Letta, ex primo ministro italiano vicino agli interessi francesi fin dal 2000, che oggi è sotto contratto con l’università dei servizi segreti d’oltralpe, è un caso o il frutto di un piano ben congegnato? Meglio detta, chi paga oggi le sommosse di piazza delle sinistre teoricamente antifasciste italiane? Sono potenze straniere? Sono i globalisti Dem, gli stessi grandi finanziatori delle proteste di piazza anti-Trump negli USA? E, specificatamente nel caso italiano, sono ancora i sevizi segreti francesi a cercare la destabilizzazione italiana, anche in veste di grandissimi “conoscitori” della magistratura meneghina? Tali destabilizzazioni sono collegate ai recenti, reiterati tentativi francesi di conquistare il substrato economico ed aziendale nazionale impedendo invece acquisizioni italiane in Francia?
Il seme del dubbio è stato gettato, aspettiamo che germogli….



Dunque, oggi il mondo ha un grave problema. E l’Italia – assieme alla Grecia in EU e agli USA con Obama – rischia di diventarne il simbolo: il fallimento delle politiche Dem globali sono state tanto profonde e gravi da giustificare azioni inconsulte pur di non far capire alle masse quanto accaduto. Basti pensare che Obama ha addirittura raddoppiato il debito federale in soli 8 anni, facendo fluire gran parte di detto smisurato incremento di debito – via crescita pilotata dei prezzi di borsa – nelle tasche delle elites che lo hanno fatto eleggere e che oggi sponsorizzano il caos. Da qui le proteste, anzi le violenze di strada. Faccio notare che è ormai assodato come le proteste negli usa siano pagate da gente come George Soros (movimento Antifa, BLM ecc.).. È lo stesso anche in Italia?
Appunto, l’Italia che grazie alle politiche EU-globali a partire dal 2011 ha smesso di sopravvivere autonomamente, ne è il perfetto simbolo. Oggi dunque che ci approssimiamo al cambio di regime per via elettorale e dunque democratica – per obiettiva incapacità dei partiti che si sono avvicendati dal golpe contro Berlusconi e Gheddafi -, dobbiamo considerare l’ipotesi che l’Italia sia oggetto di un tentativo di destabilizzazione pilotata (proteste, migranti, infinita crisi economica, austerità, …) ossia anche di un colpo di stato?
La risposta è si.



In una sospetta intervista ad un importante quotidiano tedesco alcuni anni fa, George Soros sembra abbia detto che gli USA sarebbero stati all’occorrenza destabilizzati dall’interno utilizzando le proteste di piazza, quasi una guerra civile (mentre grazie ad Anonymous ed alle varie emanazioni dei servizi segreti militari USA capitanati dal famoso generale Flynn, ci sono pochi dubbi sui finanziamenti sorosiani a mvimenti Antufa, BLM, ecc.). E la minoranza più accessibile per raggiungere lo scopo sarebbe stata quella nera. Oggi vediamo precisamente questo, non casualmente proprio quando gli USA tentano di dissociarsi del globalismo sfrenato che ha arricchito pochissimi ed affamato il 99% della gente. L’altro punto da enfatizzare è che sia proprio un ex collaborazionista dei nazisti che annuncia questo, parlando ad un giornale tedesco ossia al paese di Hegel, con tutto quello che implica la ricorrente estremizzazione delle teorie hegeliane.
Successe qualcosa di simile al culmine del precedente accumulo storico di ricchezza in mano di pochi, parlo del 1910. Poi ci fu la grande guerra.
Oggi che di nuovo vediamo lo stesso accumulo di ricchezza nelle mani di pochissimi, cosa succederà?



Il punto è che ai nostri giorni l’Italia rischia davvero di essere il terreno di scontro tra USA e globalisti transnazionali capeggiati ideologicamente dalla Germania in seno all’asse della seconda Vichy in salsa EU ossia sulla base degli stessi ideali che generarono il nazismo, oggi declinati in salsa politically correct ma comunque con le stesse caratteristiche di base, esperimento di classismo sociale finalizzato a produrre e concentrare ricchezza e potere nelle mani di pochi, con l’asse franco-tedesco al comando.


Un’Italia comunque ricca e troppo legata agli USA – certamente a livello militare – è un ostacolo al progetto e dunque va annichilita, da qui le destabilizzazioni continue e progressive. Attentati in tempi passati in Italia eventualmente organizzati oltreoceano erano sintomo di una ingerenza politica comunque barattata con un benessere concesso all’Italia tanto imponente da farla diventare la 4a potenza economica mondiale.
Va notato che con francesi e tedeschi al potere avremo COMUNQUE le destabilizzazioni e le violenze di piazza ma senza il complementare benessere concesso a compensazione: deve essere infatti chiaro a tutti che entrare/restare nell’orbita franco tedesca (EU, euro) comporterà povertà e neocolonialismo per l’Italia.
Ecco perché bisogna uscire dall’euro quanto prima. Ecco perché le elites transnazionali faranno di tutto per impedirlo. Peccato che costoro, le elites neofeudali, comandino l’informazione (ed in parte la magistratura): ci vorrà più tempo per sconfiggere il loro progetto.

Fantomas
 
associazione di idee
Scie chimiche: “A Malpensa tutti lo sanno ma nessuno parla”
Scritto il 26/2/18 • nella Categoria: segnalazioni Condividi


Aerei fantasma che spengono il Transponder e spariscono dai radar passivi delle torri di controllo. Voli civili che di colpo, varcato lo spazio aereo italiano, vengono configurati come voli militari. E ancora: velivoli che da qualche anno vengono caricati in modo anomalo, con i bagagli non più nelle stive di coda. Ma soprattutto: aerei che, una volta a terra, perdono liquidi strani, da misteriosi tubicini, appena il loro contenuto si scongela. Scie chimiche? Ebbene sì. Ne parla, in una clamorosa video-denuncia, un operatore aeroportuale di Milano-Malpensa. Si chiama Enrico Gianini, e sa che le sue dichiarazioni potrebbero costargli il posto di lavoro. E’ addetto al carico e scarico dei bagagli sugli aerei di linea. Si è convinto che i jet emettano scie chimiche, probabilmente miscelando acqua “addizionata” con cristalli minerali. Accusa: tutti sanno, a Malpensa. «Piloti, controllori di volo, meccanici. Persino la polizia aeroportuale». Tutti sanno, ma nessuno parla. Dice: ci sono di mezzo i servizi segreti, si rischia grosso. Premette: «Voglio fare un appunto a chi vedrà questo video e vorrà portarmi in tribunale. Noi lavoriamo 8 ore al giorno sotto quegli aerei. Siamo immersi in un bagno chimico, non sappiamo neanche di che cosa si tratta». Avverte: «Se qualcuno viene fuori con qualsiasi minaccia giuridica, io vi metterò in condizioni di dover spiegare, a tutti gli aeroportuali e al popolo italiano, come mai i vostri aerei sversano sostanze chimiche sul piazzale senza permesso. Non mi interessa il cielo: basta solo il piazzale».

Gianini lavora a Malpensa dal 1998. Nella questione è “inciampato” tra il 2004 e il 2005, prima ancora che Alitalia trasferisse la flotta a Fiumicino. «Ho cominciato a vedere che le scie erano davvero tante. Troppe. Chiedevo spiegazioni, in aeroporto, ma mi dicevano che il traffico era aumentato. La logica era: più aerei, più scie». Via web, contatta Rosario Marcianò, gestore del sito “Tanker Enemy” che documenta la presenza di scie anomale nei nostri cieli. «Ho cominciato a non dar retta più ai meccanici», racconta Gianini, nel video, caricato su YouTube. «Le loro spiegazioni erano prive di riscontri logici». Sugli aerei, spiega, ci sono speciali condotti per lo scolo delle acque di condensa che si formano tra i piani mobili delle ali. Sono posizionati in vari punti, soprattutto vicino ai reattori. Possono servire a convogliare l’acqua e i vapori dell’olio. «Spiegazioni che all’inizio avevo preso per buone», ammette Gianini. «Ma i cieli erano sempre più pieni di scie bianche». Un giorno, sulla piazzola di servizio arriva un Boeing 737 di una compagnia charter. «Su tutti e due i motori, all’interno, di fronte alle pale delle eliche del reattore, avevano installato dei Tubi di Pitot. Un accrocchio quasi artigianale, certo non una cosa uscita dalla fabbrica. E su quell’aereo ne ho trovati mi pare 4, di diverse misure e altezze». Una stranezza, che all’operatore non sfugge: a che servono, quei tubi?

Si stupisce, Gianini, che i tecnici controllino il consumo delle pale dei reattori, sugli Airbus 321, nella parte più vicina alla carena. «Mi si è accesa la lampadina: mi son ricordato dell’aereo che m’era arrivato in piazzola qualche settimana prima», il Boeing 737. «Guardo nel reattore e vedo due protuberanze, che loro dicono essere dei sensori antincendio del reattore. Ma non ha senso, perché l’antincendio dovrebbe essere nel corpo centrale del reattore, non sulle pale esterne. E il sensore cosa deve misurare? Lì l’aria passa a velocità allucinanti…». Il tecnico si allontana dall’Airbus, e Gianini ha via libera: «Metto la mano dietro questo sensore e sento tre buchi, larghi sui 6-7 millimetri. Allora, da lì ho detto: forse Rosario Marcianò ha ragione». Dai filmati su YouTube, l’operatore scopre che le scie bianche fuoriescono dai motori, in due punti ben distinti: uno sopra e l’altro sotto. «Torno a esaminare i motori sul piazzale. Sotto c’è davvero lo scarico dell’olio. Ma non c’è una legge che mi impedisce di far passare nello scarico dell’olio un’altra sostanza. Quindi: il buco c’è, e da lì esce qualcosa che non è olio, perché sui filmati si vede».

Poi ci sono i famosi scoli dell’acqua, che ricevono i liquidi di condensa, oppure la pioggia: acqua che l’aereo scarica dai piani mobili delle ali. «Solo che, per capire se esce qualcosa da quei tubicini, dovevo trovare delle giornate dove le condizioni meteo fossero state tali da non causare condensa col carburante residuo all’interno dell’ala». Funziona così: «L’aereo vola, il carburante raggiunge temperature sotto zero, poi atterra in una zona calda. Si forma della condensa, corre sull’ala e viene intercettata da questi tubi e scaricata». Esce liquido, d’accordo, ma non è la prova di niente. «Un giorno – racconta Enrico Gianini – mentre scarico un aereo proveniente da Londra, subito dietro arriva il “Charles de Gaulle”», volo proveniente da Parigi, 5 minuti dopo. «Il Londra grondava di brutto. Giornata serena, senza una nuvola, e veniva giù di tutto. Ho detto: ma dove l’ha presa, tutta quest’acqua? Per salutare un collega, sono passato sotto il “Charles de Gaulle”, che aveva fatto praticamente la stessa aerovia. Il “Charles de Gaulle” era asciutto».

Rilevare lo sgocciolamento di quei tubi è difficile, sostiene Gianini, perché – immagina – quello «è un lavoro che viene fatto in pressione, quindi il liquido non cola fuori ma viene spinto fuori e nebulizzato». Un gocciolamento lieve, una volta a terra, con poco materiale reperibile. «Ma in questo caso mi sono venuti in aiuto i tecnici», racconta. «Perché gli aerei, in quegli anni, non spruzzavano abbastanza. Allora hanno cominciato a trovare diversi sistemi, diversi uno dall’altro, da provare sul campo. Stiamo parlando di una tecnologia che non è stata progettata ad hoc per fare questo tipo di lavoro. E’ stata ingegnerizzata sul campo, a partire dal 2000», modificando cioè gli aerei in servizio. Oggi invece «escono già dalla fabbrica “a posto”, con tutti i i mezzi per fare questo tipo di lavoro: Airbus, Boeing, tutti. Ma siccome non è stato progettato, quel sistema lì, ha una falla. E quella falla mi ha permesso di reperire dei campioni», rivela Gianini. «Quando hanno aperto i buchi sotto la fusoliera degli Airbus, anche dei Boeing ma specialmente degli Airbus, non hanno calcolato (questa è la mia opinione personale) che nei tubi dove correva questo liquido potevano esserci dei fenomeni di congelamento. Poi quando l’aereo atterra il ghiaccio si scioglie, ed esce il liquido. E quindi ne abbiamo recuperato abbastanza per poter capire di che cosa si trattava».

Il liquido che fuoriesce da quei tubi, dichiara Gianini, «è una soluzione acquosa con dentro dei cristalli minerali». L’operatore aeroportuale si domanda «come facciano a caricare le polveri», perché invece l’acqua viene caricata in aeroporto: ogni velivolo ne accoglie «centinaia di litri». Deduzione: «Mi viene da pensare che loro carichino solo la polvere, che poi verrebbe miscelata addirittura a bordo. Questo – aggiunge – spiegherebbe anche la sindrome aerotossica: se quel sistema va in default, si rischia l’intossicazione del personale e dei passeggeri». Il problema, aggiunge, gli si è ripresentato sotto un’altra forma: la strana modalità di carico di bagagli e merci. «La prima volta che sono stato sul piazzale – ricorda – c’erano gli Md-80 di Alitalia», fabbricati da McDonnell Douglas. «Noi caricavano prima il bagagliaio nella stiva 5, che è la più posteriore, poi la 4, la merce alla 3, la posta alla 2. Nella 1, solo il bagaglio dell’equipaggio. Quello era il carico standard dell’Md-80 Alitalia, fino al de-hubbing». Di recente, a Gianini è capitato di occuparsi ancora di aerei Md-80, non più Alitalia ma di una compagnia charter, scoprendo che il sistema di carico è radicalmente cambiato: bagagli avanti, anziché in fondo.

«Le prime compagnie low cost (Volare, Air Europe) caricavano sempre il bagaglio a partire dalla coda, perché l’aereo deve viaggiare sempre col muso rivolto verso l’alto», dai 5 ai 10 gradi di inclinazione. «Se non viaggia così, i consumi aumentano in maniera considerevole, e una low cost che aumenta i consumi non ha senso». Inoltre, l’aereo diventa più stabile: «Se invece viaggia orizzontale, qualsiasi turbolenza lo fa beccheggiare». Fino agli Airbus 319, dice Gianini, gli aerei si caricavano a partire dalla coda. Sull’Airbus 320 invece no: «Tutto il peso è davanti. Perché?». Non ha senso, ragiona l’operatore. «Dietro è vuoto. Il 320 è più lungo del 319, e io devo mettere tutto il peso davanti». Idem, per le compagnie low cost che usano i Boeing 737-800, nonché i modelli superiori o inferiori: caricano quasi tutto davanti. «Anche le charter che fanno i voli che vanno in Africa prima caricavano a tappo la stiva dietro, adesso dividono il carico: ti dicono quanti bagagli dietro e quanti davanti. Mi dicono “80 bagagli dietro”, mentre prima erano 120. Quindi – conclude Gianini – emerge che questi aerei sembra che abbiano del peso, in coda, non dichiarato».
 

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