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A sostegno di questa tesi, Enrico Gianini aggiunge un racconto: «Quando la nostra azienda ha dato degli incentivi per “esodare” il personale, per fare un “refresh”, in un reparto di 20 persone, in 16 su 20 hanno chiesto l’incentivo per l’abbandono del posto di lavoro. E il reparto era Weight and Balance, il reparto di bilanciamento. Ammetterete che la coincidenza è davvero forte: se in 16 se ne vogliono andare via da un reparto che fa il bilanciamento dell’aeromobile, mi vien da pensare che dovevano tener conto di tolleranze che non erano dichiarate in maniera troppo cristallina». In aviazione le tolleranze in genere sono tre, riassume Gianini: una leggera, una più seria e una invalicabile. «La prima la posso superare in caso di necessità: avverto il comandante, che può “rognare” ma alla fine deve partire lo stesso. La seconda la posso superare se ho il permesso esplicito del comandante, perché vuol dire che vado a intaccare non dico la sicurezza dell’aeromobile, ma il lavoro della macchina, in maniera tale che il comandante lo deve correggere. Quindi è lui che deve decidere se vuol fare la correzione, se è possibile farla, e mi deve dare il nulla osta per farla. La terza tolleranza invece non si deve superare mai, perché è il margine di sicurezza».
Quando Alitalia ha fatto il de-hubbing, trasferendo la flotta da Malpensa a Fiumicino, di colpo è stata istituita una compagnia tedesca, chiamata Lufthansa Italia, che aveva in forza un congruo numero di Airbus 319. «Il bilanciamento di questi aeromobili veniva fatto da una società (mi dicevano, perché non ho potuto controllare) che risiedeva in Sudafrica», racconta Gianini. «Questa società ha creato enormi problemi a noi, sotto bordo, perché dava un bilanciamento spinto in una maniera… cioè, volevano 60 bagagli nella stiva anteriore del 319, quello che carichiamo ancora da dietro. Lufthansa Italia no, caricava tutto davanti. E volevano 60 bagagli (che non ci stanno – ce ne stanno al massimo 45-50). Volevano 60 bagagli davanti e assolutamente niente dietro. Cioè: c’era da rischiare di lasciare bagagli a terra, con la stiva dietro completamente vuota. Litigate infinite…». Per Enrico Gianini, questo del carico resta un giallo: c’è del peso non dichiarato, in coda? Ci sono serbatoi-fantasma? «Indipendentemente da dove arrivano, le scie, qualcuno mi deve spiegare perché la fisica, dal 2000 al 2018, è cambiata», se è vero che in coda non c’è peso non dichiarato, e quindi gli aerei volano benissimo, col muso all’insù, senza più dover appesantire la parte posteriore.
Con Rosario Marcianò di “Tanker Enemy”, Gianini ha parlato di un’ipotetica “pipeline Nato”, per il trasporto protetto di carburante destinato agli aeroporti. «Qui entriamo in un discorso di sicurezza nazionale, quindi dovete prendere per buono che il corridoio preferenziale c’è, ma non si sa bene qual è», premette l’operatore di Malpensa. «Noi abbiamo un oleodotto che parte dal porto di Genova e arriva fino alla raffineria di Trecate, che a mia memoria esiste da almeno 40 anni. Stranamente, nel 1990 – a 250 metri dalla raffineria – hanno aperto un pozzo di petrolio: vedi il caso», dice Gianini. «Addizionare i carburanti in aeroporto è praticamente quasi impossibile: non perché non si possa fare, ma perché le quantità in gioco sono talmente grandi che la cosa verrebbe all’occhio, diventerebbe visibile». Quindi, aggiunge, «mi sono dato questa spiegazione: che i maggiori componenti atti alla geoingegneria siano dentro il carburante, e sugli aerei vengano caricati solo i catalizzatori, che possono essere diversi, più le polveri (come ho visto io, nei liquidi sgocciolati dalla fusioliera)». Gianini ipotizza un’operazione «a più stadi». Impossibile sapere con precisione come funziona. «Se il componente aggiuntivo è più che altro acqua, io carico le polveri quando gli aerei sono in sosta e vanno in hangar per lamanutenzione ordinaria», e così «metto quell’aereo in condizione di lavorare sulla geoingegneria per una settimana, due. Alla terza lo ricovero un’altra volta, e vado avanti così».
«Guardate che a Malpensa succede così», conferma Gianini. «Non dico quale compagnia lo fa, però succede: vanno in hangar tutte le sere 2-3 aerei a rotazione. Sono 20 in tutto, 3 al giorno. Fate voi i conti. Però, ripeto, è un’ipotesi». Ma non è tutto: «Su una compagnia a lungo raggio, che usa i Boeing 737-800, più di una volta ho trovato acqua in stiva. M’è successo 3-4 volte. Ho chiamato i meccanici. E quando un meccanico accantona scuse, c’è qualcosa che non va. Quindi ho capito che quell’acqua non doveva essere lì». Secondo Enrico Gianini, questo alimenta un sospetto: «Vuol dire che i sistemi di irrorazione non sono perfetti, ogni tanto hanno qualche “bug”, e quando ci sono i “bug” i comandanti si arrabbiano tantissimo, perché i tecnici non glielo dicono mai. E allora io, che sono un bastardo, lo dico direttamente al comandante. Così scende, lo vede, s’incazza come una bestia, però dopo vola lo stesso: perché sa che non può fare altro». Secondo Gianini, il comandante del Boeing «si fida dei percorsi progettati nelle macchine per far percolare i fluidi. Però non dovrebbe volare in quelle condizioni. Ma vola lo stesso (perlomeno: quello ha volato lo stesso)».
Domanda ineludibile: chi è al corrente di queste stranezze? «Tutti i tecnici», secondo Enrico Gianini. «I controllori di volo lo sanno per un motivo molto semplice: non usano più i radar attivi, ma radar passivi. L’aereo deve trasmettere il segnale col Transponder. Ma se io spengo il Transponder e tu non hai più il radar attivo? Tu non mi vedi più. Se prendete “Fly Radar 24” e controllate tutti gli aerei che avete sopra la testa, ne troverete qualcuno che non vi appare. Però “Fly Radar 24” non usa il Transponder dell’aereo, usa un altro sistema – mi sembra che si chiami Adm. Ma nessuno mi impedisce di spegnere il Transponder, se ho il permesso dell’aeronautica militare. L’aeronautica mi vede perché ha i radar attivi». Dunque i militari gestiscono parte del traffico? Quello degli aerei di linea che “spariscono”? «Con “Fly Radar” sono riuscito a capire che davano ai voli degli identificativi farlocchi», continua Gianini. «Mi è capitato una volta di vedere due voli con lo stesso identificativo che viaggiavano in parallelo. Quelli sono errori secondo me voluti, per farci capire che c’è qualcosa che non va. Come fanno in America i piloti, che fanno le figure nel cielo. C’è qualcuno che ha disegnato degli organi genitali maschili, le faccine “smile”. Non si divertono, i piloti. Vi stanno dicendo: datevi da fare, perché noi non possiamo fare niente. Quindi: ci sono le elezioni? Rompete le palle a chi dovete votare. Chiedete di questa cosa, perché in aeroporto la sanno tutti».
Secondo Gianini «la sanno i controllori di volo, i piloti, e ovviamente chi fa il bilanciamento». Senza contare i tecnici: «Vuoi che i meccanici non lo sappiano? Lo devono sapere per forza. Perché se mi danno le spiegazioni sbagliate, e io capisco che sono sbagliate, vuol dire che lo sanno. In pratica è il segreto di Pulcinella. Lo sanno tutti, che il Re è nudo, ma qualcuno lo deve dire. Che io sappia, per adesso, sono il primo – il primo che lavora ancora lì, non so ancora per quanto (ma non mi interessa)». I colleghi “sordomuti”? «Capisco le pressioni: l’argomento è scomodo è molto pericoloso, perché di mezzo ci sono i servizi», afferma Gianini. «E quando di mezzo ci sono i servizi, il braccio armato del servizio segreto è sempre la mafia. Non si scappa: se fai una stupidata, presto o tardi la paghi. E quindi se ne stanno ben zitti, anche perché l’ambiente aeroportuale è teso al “cover up”», alla massima riservatezza d’ufficio, se non altro perché, oltretutto, «abbiamo problemi di terrorismo» e sicurezza in generale. In più c’è il codice deontologico: «Non possiamo trasgredire, pena il licenziamento. Sono tanti, i filtri. E alla fine, dopo, arrivi alle minacce. Penso che un meccanico, se si azzardasse a fare una dichiarazione del genere, verrebbe radiato in tempo zero». Conclude Gianini: «Non so cosa dire, è una cosa che c’è a livello globale. E una volta che lo sai, che fai? Lo dici alla polizia, anche se sai che gliel’hanno già detto? Io gliel’ho detto, alla polizia, però non han fatto niente. E ormai lo sanno da tanto».
A sostegno di questa tesi, Enrico Gianini aggiunge un racconto: «Quando la nostra azienda ha dato degli incentivi per “esodare” il personale, per fare un “refresh”, in un reparto di 20 persone, in 16 su 20 hanno chiesto l’incentivo per l’abbandono del posto di lavoro. E il reparto era Weight and Balance, il reparto di bilanciamento. Ammetterete che la coincidenza è davvero forte: se in 16 se ne vogliono andare via da un reparto che fa il bilanciamento dell’aeromobile, mi vien da pensare che dovevano tener conto di tolleranze che non erano dichiarate in maniera troppo cristallina». In aviazione le tolleranze in genere sono tre, riassume Gianini: una leggera, una più seria e una invalicabile. «La prima la posso superare in caso di necessità: avverto il comandante, che può “rognare” ma alla fine deve partire lo stesso. La seconda la posso superare se ho il permesso esplicito del comandante, perché vuol dire che vado a intaccare non dico la sicurezza dell’aeromobile, ma il lavoro della macchina, in maniera tale che il comandante lo deve correggere. Quindi è lui che deve decidere se vuol fare la correzione, se è possibile farla, e mi deve dare il nulla osta per farla. La terza tolleranza invece non si deve superare mai, perché è il margine di sicurezza».
Quando Alitalia ha fatto il de-hubbing, trasferendo la flotta da Malpensa a Fiumicino, di colpo è stata istituita una compagnia tedesca, chiamata Lufthansa Italia, che aveva in forza un congruo numero di Airbus 319. «Il bilanciamento di questi aeromobili veniva fatto da una società (mi dicevano, perché non ho potuto controllare) che risiedeva in Sudafrica», racconta Gianini. «Questa società ha creato enormi problemi a noi, sotto bordo, perché dava un bilanciamento spinto in una maniera… cioè, volevano 60 bagagli nella stiva anteriore del 319, quello che carichiamo ancora da dietro. Lufthansa Italia no, caricava tutto davanti. E volevano 60 bagagli (che non ci stanno – ce ne stanno al massimo 45-50). Volevano 60 bagagli davanti e assolutamente niente dietro. Cioè: c’era da rischiare di lasciare bagagli a terra, con la stiva dietro completamente vuota. Litigate infinite…». Per Enrico Gianini, questo del carico resta un giallo: c’è del peso non dichiarato, in coda? Ci sono serbatoi-fantasma? «Indipendentemente da dove arrivano, le scie, qualcuno mi deve spiegare perché la fisica, dal 2000 al 2018, è cambiata», se è vero che in coda non c’è peso non dichiarato, e quindi gli aerei volano benissimo, col muso all’insù, senza più dover appesantire la parte posteriore.
Con Rosario Marcianò di “Tanker Enemy”, Gianini ha parlato di un’ipotetica “pipeline Nato”, per il trasporto protetto di carburante destinato agli aeroporti. «Qui entriamo in un discorso di sicurezza nazionale, quindi dovete prendere per buono che il corridoio preferenziale c’è, ma non si sa bene qual è», premette l’operatore di Malpensa. «Noi abbiamo un oleodotto che parte dal porto di Genova e arriva fino alla raffineria di Trecate, che a mia memoria esiste da almeno 40 anni. Stranamente, nel 1990 – a 250 metri dalla raffineria – hanno aperto un pozzo di petrolio: vedi il caso», dice Gianini. «Addizionare i carburanti in aeroporto è praticamente quasi impossibile: non perché non si possa fare, ma perché le quantità in gioco sono talmente grandi che la cosa verrebbe all’occhio, diventerebbe visibile». Quindi, aggiunge, «mi sono dato questa spiegazione: che i maggiori componenti atti alla geoingegneria siano dentro il carburante, e sugli aerei vengano caricati solo i catalizzatori, che possono essere diversi, più le polveri (come ho visto io, nei liquidi sgocciolati dalla fusioliera)». Gianini ipotizza un’operazione «a più stadi». Impossibile sapere con precisione come funziona. «Se il componente aggiuntivo è più che altro acqua, io carico le polveri quando gli aerei sono in sosta e vanno in hangar per lamanutenzione ordinaria», e così «metto quell’aereo in condizione di lavorare sulla geoingegneria per una settimana, due. Alla terza lo ricovero un’altra volta, e vado avanti così».
«Guardate che a Malpensa succede così», conferma Gianini. «Non dico quale compagnia lo fa, però succede: vanno in hangar tutte le sere 2-3 aerei a rotazione. Sono 20 in tutto, 3 al giorno. Fate voi i conti. Però, ripeto, è un’ipotesi». Ma non è tutto: «Su una compagnia a lungo raggio, che usa i Boeing 737-800, più di una volta ho trovato acqua in stiva. M’è successo 3-4 volte. Ho chiamato i meccanici. E quando un meccanico accantona scuse, c’è qualcosa che non va. Quindi ho capito che quell’acqua non doveva essere lì». Secondo Enrico Gianini, questo alimenta un sospetto: «Vuol dire che i sistemi di irrorazione non sono perfetti, ogni tanto hanno qualche “bug”, e quando ci sono i “bug” i comandanti si arrabbiano tantissimo, perché i tecnici non glielo dicono mai. E allora io, che sono un bastardo, lo dico direttamente al comandante. Così scende, lo vede, s’incazza come una bestia, però dopo vola lo stesso: perché sa che non può fare altro». Secondo Gianini, il comandante del Boeing «si fida dei percorsi progettati nelle macchine per far percolare i fluidi. Però non dovrebbe volare in quelle condizioni. Ma vola lo stesso (perlomeno: quello ha volato lo stesso)».
Domanda ineludibile: chi è al corrente di queste stranezze? «Tutti i tecnici», secondo Enrico Gianini. «I controllori di volo lo sanno per un motivo molto semplice: non usano più i radar attivi, ma radar passivi. L’aereo deve trasmettere il segnale col Transponder. Ma se io spengo il Transponder e tu non hai più il radar attivo? Tu non mi vedi più. Se prendete “Fly Radar 24” e controllate tutti gli aerei che avete sopra la testa, ne troverete qualcuno che non vi appare. Però “Fly Radar 24” non usa il Transponder dell’aereo, usa un altro sistema – mi sembra che si chiami Adm. Ma nessuno mi impedisce di spegnere il Transponder, se ho il permesso dell’aeronautica militare. L’aeronautica mi vede perché ha i radar attivi». Dunque i militari gestiscono parte del traffico? Quello degli aerei di linea che “spariscono”? «Con “Fly Radar” sono riuscito a capire che davano ai voli degli identificativi farlocchi», continua Gianini. «Mi è capitato una volta di vedere due voli con lo stesso identificativo che viaggiavano in parallelo. Quelli sono errori secondo me voluti, per farci capire che c’è qualcosa che non va. Come fanno in America i piloti, che fanno le figure nel cielo. C’è qualcuno che ha disegnato degli organi genitali maschili, le faccine “smile”. Non si divertono, i piloti. Vi stanno dicendo: datevi da fare, perché noi non possiamo fare niente. Quindi: ci sono le elezioni? Rompete le palle a chi dovete votare. Chiedete di questa cosa, perché in aeroporto la sanno tutti».
Secondo Gianini «la sanno i controllori di volo, i piloti, e ovviamente chi fa il bilanciamento». Senza contare i tecnici: «Vuoi che i meccanici non lo sappiano? Lo devono sapere per forza. Perché se mi danno le spiegazioni sbagliate, e io capisco che sono sbagliate, vuol dire che lo sanno. In pratica è il segreto di Pulcinella. Lo sanno tutti, che il Re è nudo, ma qualcuno lo deve dire. Che io sappia, per adesso, sono il primo – il primo che lavora ancora lì, non so ancora per quanto (ma non mi interessa)». I colleghi “sordomuti”? «Capisco le pressioni: l’argomento è scomodo è molto pericoloso, perché di mezzo ci sono i servizi», afferma Gianini. «E quando di mezzo ci sono i servizi, il braccio armato del servizio segreto è sempre la mafia. Non si scappa: se fai una stupidata, presto o tardi la paghi. E quindi se ne stanno ben zitti, anche perché l’ambiente aeroportuale è teso al “cover up”», alla massima riservatezza d’ufficio, se non altro perché, oltretutto, «abbiamo problemi di terrorismo» e sicurezza in generale. In più c’è il codice deontologico: «Non possiamo trasgredire, pena il licenziamento. Sono tanti, i filtri. E alla fine, dopo, arrivi alle minacce. Penso che un meccanico, se si azzardasse a fare una dichiarazione del genere, verrebbe radiato in tempo zero». Conclude Gianini: «Non so cosa dire, è una cosa che c’è a livello globale. E una volta che lo sai, che fai? Lo dici alla polizia, anche se sai che gliel’hanno già detto? Io gliel’ho detto, alla polizia, però non han fatto niente. E ormai lo sanno da tanto».