Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo

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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio
· 10 h ·


Il PROBLEMA NON È L'INFLAZIONE MA IL SUO CONTRARIO: LA DEFLAZIONE. LE TASSE E LA SCARSITÀ DI DENARO CIRCOLANTE FANNO CROLLARE I CONSUMI, IL CHE PORTA LE AZIENDE A LICENZIARE, CREANDO DISOCCUPAZIONE;

I CONSUMI IN CONSEGUENZA DIMINUISCONO ANCORA DI PIÙ, LA MERCE RESTA INVENDUTA, I PREZZI CALANO. ALTRE AZIENDE LICENZIANO, MOLTE CHIUDONO. PIÙ GENTE A CASA CHE NON GUADAGNA E NON PUÒ SPENDERE, PIÙ LA RECESSIONE SI ESPANDE, FINO A INGHIOTTIRE TUTTO IL PAESE

GRAZIE ALLA MONETA UNICA STIAMO MORENDO DI DEFLAZIONE



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mercoledì 7 marzo 2018 - Accedi




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GLOBAL TRADE WAR!
Scritto il 7 marzo 2018 alle 07:29 da icebergfinanza

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Da sempre suggerisco che per osservare da vicino le future dinamiche economico/finanziarie globali bisogna guardare all’America, a quello che accade in America, la crisi del 2008 è nata li, la prossima crisi nascerà negli Stati Uniti d’America, come sempre è stato nella storia del mondo occidentale. L’episodio delle elezioni italiane per il momento è semplicemente un episodio qualunque, una tempesta in un bicchiere d’acqua per il momento.

La scintilla che ha fatto crollare ieri i mercati americani intorno alla mezzanotte italiana è tutta qui…

Cohn lascia la Casa Bianca, Wall Street torna a temere i dazi di Trump
Il consigliere economico del presidente Usa voleva fargli cambiare idea sulle tariffe su acciaio e alluminio America 24



Cohn, l’uomo di Wall Street ha fallito, la linea protezionista ha vinto!

“A volte le guerre commerciali non sono così male”, ha spiegato Trump senza tanti giri di parole, ribadendo con forza: “Metteremo i dazi su acciaio e alluminio, non abbiamo altra scelta per proteggere i nostri lavoratori e le nostre imprese. Per decenni altri Paesi si sono avvantaggiati a discapito degli Stati Uniti, ora basta”.

In una conferenza stampa congiunta con il primo ministro svedese, Trump ha confermato che non ha ancora cambiato idea, ribadendo che “stiamo preparando i dazi sull’acciaio.”






Durante la conferenza, Trump ha anche colpito di nuovo l’Europa, dicendo che il vecchio continente è stato “particolarmente duro” con gli Stati Uniti nel commercio e ha suggerito che l’Europa potrebbe “fare un accordo” per evitare i dazi.

Nella sostanza pure rivolgendosi a Canada e Messico, per riscrivere l’accordo NAFTA, Trump sta cercando di imporre nuovi accordi.

L’attacco più violento però è riservato alla Cina e al suo acciaio.

In serata però le dimissioni di Cohn suggeriscono che Trump non ha affatto cambiato idea anzi. Come riporta Bloomberg..

L’amministrazione Trump sta considerando una stretta senza precedenti sugli investimenti di Pechino negli Stati Uniti e l’imposizione di dazi su una larga fetta delle importazioni dalla Cina. L’obiettivo sarebbe quello di punire il paese guidato da Xi Jinping, accusato di furto sul fronte dei diritti di proprietà intellettuale. Lo riporta l’agenzia Bloomberg citando fonti vicine al dossier.

La risposta non si fa attendere…

La Cina pronta a reagire ai dazi: risponderemo a Trump con le “misure necessarie”…
“Dazi sui prodotti agricoli Usa” La Cina minaccia Trump

Il segretario americano al Tesoro, Steven Mnuchin, tenta di rassicurare spiegando che “gli Stati Uniti non vogliono guerre commerciali”.

Le voci che circolano a Washington, parlano di oltre 1000 miliardi di dollari colpiti dai dazi, una cifra in grado di far collassare l’intero commercio globale, anche se si esagera visto che gli Usa importano dalla Cina 450 miliardi di dollari al massimo.

Per chi guarda solo all’America suggerisco di osservare pure l’Europa che non è immune da responsabilità in una eventuale guerra commerciale…

Cina: Ue proroga dazi antidumping su tubi acciaio
BRUXELLES – La Commissione Ue ha deciso di prorogare per altri cinque anni i dazi antidumping già in vigore sui tubi d’acciaio inossidabile senza saldature provenienti dalla Cina. Le misure, imposte nel 2011 e che vanno dal 48,3% al 71,9%, sono state estese dopo l’indagine avviata da Bruxelles a dicembre 2016 che ha dimostrato che, senza dazi, il mercato europeo sarebbe di nuovo stato inondato dall’acciaio cinese con danni soprattutto per i produttori di Francia, Spagna e Svezia. Sono 53 in totale le misure Ue in piedi per proteggere la siderurgia europea, di cui 27 contro prodotti cinesi.

Come ovvio c’è molta preoccupazione in America da parte delle imprese che potrebbero essere colpite dalla guerra commerciale, come ha suggerito più volte in questo ultimo anno il nostro Machiavelli…

I produttori americani di alluminio sono “profondamente preoccupati” dalla volontà del presidente Donald Trump di introdurre dazi generalizzati del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio. Per questo, attraverso la Aluminum Association hanno scritto una lettera al leader Usa consigliandogli di cambiare piani e offrendogli delle alternative. Tra queste, ci sono misure mirate contro la Cina ed esenzioni per Canada e, tra gli altri, i Paesi europei.

“Temiamo che le tariffe proposte possano fare più male che bene”, recita la missiva scritta da Heidi Brock, Ceo e presidente dell’associazione che raggruppa 114 produttori e altre aziende tra cui Alcoa, Vulcan e Rio Tinto Alcan che complessivamente danno lavoro a 713.000 persone in Usa.

“Sfortunatamente le tariffe proposte faranno ben poco per affrontare il problema fondamentale di un eccesso enorme di capacità produttiva di alluminio in Cina, ma avranno conseguenze per la filiera produttiva con partner commerciali vitali che rispettano le regole”, continua la lettera.

Si tratta di un commento che echeggia quello diffuso da Alcoa la settimana scorsa, quando Trump preannunciò la mossa. Alcoa “apprezza” l’attenzione ricevuta dall’amministrazione Trump ma che crede che “partner commerciali vitali” come il Canada debbano essere esclusi dai dazi.

Il produttore di motociclette americano, Harley-Davidson, sostiene che le ritorsioni di altri paesi sui dazi che Donald Trump vuole imporre su alluminio e acciaio potrebbero avere “un impatto notevole” sulle proprie vendite. La settimana scorsa, la Commissione europea ha minacciato dazi sulle importazioni delle moto simbolo degli Stati Uniti per rispondere alla decisione di Trump.

Harley in una nota ha fatto sapere di essere a favore del libero mercato e che i dazi voluti dal presidente americano faranno salire i costi della produzione di beni in alluminio o in acciaio. Secondo quanto annunciato la settimana scorsa, nei prossimi giorni il presidente Usa firmerà un documento per imporre costi in ingresso del 10% per l’alluminio e del 25% per l’acciaio prodotto fuori dagli Stati Uniti. America 24

Nel frattempo in Italia si incomincia a guardare alle possibili soluzioni di coalizione per un nuovo Governo in questa analisi con intervista del Corriere della Sera …

Un italiano su tre favorevole all’intesa tra M5S e Lega. Il 51%: nuovo voto.
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Più o meno ci siamo, quello che la logica dice, ovvero quello che ha maggiore probabilità di accadere lo vediamo in questa analisi del professor Lanny Martin che insegna scienze politiche alla Bocconi…



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Ovviamente l’intesa più probabile e forse naturale è quella tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega, che avrebbe durata massima di due anni, secondo il modello, per noi giusto il tempo di un governo programmatico che si impegni a cancellare il Pareggio di Bilancio dalla Costituzione, il vincolo anacronistico del 3 %, cambiare la legge Fornero e cancellare il JobsAct ripristinando l’articolo 18, con semplificazione fiscale e nuova legge sull’immigrazione, che guardi all’accoglienza ma con criteri ben definiti.

State sintonizzati, EPIC MOMENT 2018 è solo all’inizio!
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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio
· 6 h ·


Stiamo attenti perché di solito va a finire così. La storia è ciclica. Quando la gente è al limite, il Potere, per evitare di essere esautorato ed impiccato in pubblica piazza, concede qualche crosta di cibo in più, fingendo grandi manovre e facendo pensare al branco che finalmente qualcuno si sta dando da fare per il bene pubblico. Si fa piovere qualche manciata di briciole sul pavimento, si allarga un po’ la gabbia, magari si ridipingono le sbarre di un bel bianco pulito...... si fa capire che “più di così non è possibile”... “c’è il debito! Ve lo ricordate? Il debito! Abbiamo fatto tutto quel che potevamo.”

La gente festeggia, fa a gara per raccogliere croste e briciole, guarda le nuove sbarre ridipinte, senza imperfezioni, lucide come uno specchio, rassicuranti, dal design raffinato, ora molto più tecnologiche ed efficienti nel mantenere ciò per cui sono state progettate: imprigionare. Ma a questo, la gente proprio non pensa

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· [URL='https://it-it.facebook.com/LaNostraIgnoranzaELaLoroForza/posts/1800993076590883']Ieri alle 11:25 ·
Riprendendo un articolo di Scott Shane sul New York Times – definito come “una scioccante dimostrazione di relativa indipendenza dal controllo post-Operazione Mockingbird dei media da parte della Central Intelligence Agency”, l'analista Wesley Madsen scrive su The Strategic Foundation come la CIA non si è mai intromessa nelle elezioni straniere allo scopo di estendere le tradizioni democratiche ad altre nazioni. Lo scopo principale era quello di privare gli elettori e i partiti politici di sinistra e progressisti, assicurare l'imposizione della "democrazia" nei paesi totalitari e proteggere gli interessi delle basi militari statunitensi e delle multinazionali statunitensi.



Nelle rare occasioni in cui gli sforzi della CIA per falsare un'elezione fallirono - come in Guatemala nel 1950 e in Cile nel 1970 – l'agenzia, prosegue Madsen, ha poi organizzato semplicemente sanguinosi colpi di stato per rimpiazzare con giunte militari i presidenti eletti democraticamente che avevano sconfitto i candidati sostenuti dalla CIA. Nel 1954, l'operazione PBSUCCESS della CIA rovesciò il governo guatemalteco del presidente Jacobo Arbenz, eletto nel 1950 su una piattaforma di riforma agraria che avrebbe migliorato la vita dei contadini guatemaltechi, molti dei quali schiavizzati dalla Fruit Company. La giunta cilena che sostituì il presidente socialista Salvador Allende, eletto nel 1970 nonostante le massicce interferenze della CIA, trasformarono il Cile in un banco di prova per il capitalismo predatorio ideato dai "Chicago Boys" - un gruppo di economisti cileni che studiarono sotto l'economista neo-conservatore Milton Friedman all'Università di Chicago. Friedman ha definito le massicce politiche di laissez-faire del libero mercato istituite dal regime del generale Augusto Pinochet il "Miracolo cileno".


Nel 1990, l'interferenza della CIA in Nicaragua ha assicurato una vittoria per l'opposizione al governo Sandinista. Questo tipo di ingerenza è stata ripetuta nelle elezioni serbe del 2000, che hanno visto il presidente Slobodan Milosevic espulso dal potere. L'estromissione di Milosevic ha visto la prima cooperazione tra la CIA e il magnate George Soros. Nel 2009, la CIA ha tentato di sconfiggere il presidente afghano Hamid Karzai per la rielezione.



I file della CIA declassificati, prosegue Madsen, sono pieni di esempi di interferenze da agenzia nelle elezioni straniere, comprese le elezioni statali in India e Germania Ovest e le elezioni provinciali in Australia, Canada e Giappone. Negli anni '50, la CIA ha fornito un massiccio sostegno ai democratici cristiani della Germania occidentale, guidati dal cancelliere Konrad Adenauer. Nel 1967, il ministro degli esteri indiano M. C. Chagla accusò la CIA di "essersi intromessa" nelle elezioni indiane, principalmente attraverso donazioni finanziarie a partiti in opposizione al partito al governo.



L'ex primo ministro canadese John Diefenbaker del partito conservatore accusò nel 1967 che i fondi della CIA erano stati usati per sostenere il Partito Liberale. La CIA ha fatto tutto il possibile per impedire la rielezione del Primo Ministro del Partito laburista neozelandese David Lange.



Tra il 1965 e il 1967, prosegue Madsen, la stazione della CIA in Brasile, in collaborazione con il sindacato AFL / CIO negli Stati Uniti e il suo braccio internazionale, l'American Institute of Free Labour Development (AIFLD), hanno interferito nelle elezioni sindacali in Brasile. L'ufficio di San Paolo dell'AIFLD, che non era altro che un fronte della CIA, ha effettuato pagamenti in contanti ai funzionari brasiliani per corrompere le elezioni sindacali nel settore petrolifero brasiliano. Un elenco dettagliato delle tangenti della CIA ai funzionari brasiliani è stato scoperto da un funzionario del sindacato di San Paolo: "Bonus a Jose Abud per la collaborazione - $ 156,25; Pagamento speciale a Dt. Jorge M. Filho del Ministero del Lavoro - $ 875,00; Viaggio per Mr. Glaimbore Guimasaes, il nostro informatore a Fegundes St. - $ 56,25; Fotocopie di libri e documenti della Petroleum Federation - $ 100,00; Assistenza a Guedes ed Eufrasio per sconfiggere Luis Furtado dell'Unione Suzano - $ 140,64 ".


Un memo della CIA datato 3 ottobre 1955 descrive il supporto della CIA per il filo-occidentale. Masjumi Party nelle elezioni indonesiane.


Se gli Stati Uniti, conclude Madsen, vogliono veramente fermare le interferenze straniere nelle elezioni, devono essere i primi a sostenere e aderire a tale politica. Proprio come con il trattato sul divieto di test nucleari, la convenzione per abolire le armi biologiche e chimiche e il trattato per proibire le armi nello spazio, gli Stati Uniti dovrebbero richiedere un trattato internazionale per vietare l'interferenza elettorale in tutte le sue forme - l'uso di attacchi informatici, propaganda, manipolazione dei social media e finanziamento di partiti politici stranieri. Senza un tale impegno, le proteste degli Stati Uniti riguardo all'intrusione delle elezioni continueranno ad essere un caso di "fai quello che dico, non come faccio io".

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Putin: Usa fermatevi, abbiamo missili iper-sonici ‘imparabili’

12/3 •

Scordatevi di passarla liscia, dopo aver colpito la Russia con un “first strike”, un attacco nucleare preventivo come quello lungamente accarezzato dai neocon annidati alla Casa Bianca sotto la presidenza Obama: Mosca dispone di armi nuovissime e micidiali, in grado di annullare l’intero arsenale balistico statunitense. Ha del clamoroso, il recente annucio di Putin: i russi hanno a disposizione armamenti fino a ieri inimmaginabili. Missili atomici intercontinentali fulminei, non intercettabili: viaggiano a una velocità pari a 20 volte quella del suono, e non in base a un’orbita prestabilita. I missili Avangard e Sarmat sono a guida remota, pilotati a distanza e diretti sul bersaglio, su cui piombano dopo un volo a bassissima quota. In più, la Russia annuncia di aver varato il primo drone sommergibile della storia, un natante senza pilota in grado di filare a 200 chilometri orari a grande profondità, anch’esso armato con missili atomici. «Non esiteremo a impiegare questi armamenti – avverte Putin – per difendere il suolo russo e anche i nostri più vicini alleati». Il che, tradotto, «significa una sola cosa: la protezione strategica russa si estende alla Cina», sostiene Giulietto Chiesa su “Pandora Tv”. Di colpo, l’annuncio del Cremlino vanifica 15 anni di continue provocazioni da parte degli Usa, che hanno sostanzialmente accerchiato la Federazione Russa.
Tutto comincia nel 2002, un anno dopo l’11 Settembre, quando George W. Bush decide di stracciare il trattato Abm stipulato nel 1975: impegnava Usa e Urss a non sviluppare difese strategiche contro i missili balistici, esponendo in tal mondo le due superpotenze, in modo simmetrico, alla rappresaglia incrociata – la famosa “pax nucleare”, fondata sulla reciproca deterrenza atomica. Dopo il crollo delle Torri Gemelle, in piena era Bush, gli Usa hanno avviato la loro “guerra infinita” col pretesto del terrorismo islamico, di fatto chiudendo l’ex Unione Sovietica in una sorta di assedio progressivo. Afghanistan e Georgia, estensione della Nato nell’Est Europa (violando la storica promessa fatta da Bush senior a Gorbaciov), quindi la clamorosa provocazione del golpe in Ucraina travestito da rivolta democratica, a ridosso della frontiera russa, e infine la guerra in Siria, per tentare di rovesciare l’alleato mediorientale di Putin, a capo dell’unico paese che ospiti una base militare di Mosca (quella di Tartus, nel Mediterraneo) situata fuori dai confini russi. Ultimo capitolo del piano pluriennale di accerchiamento: la tensione (pirotecnica) con la Corea del Nord. Obiettivo generale degli Usa, secondo Chiesa: posizionare truppe e missili a ridosso dei missili di Mosca, per poterli colpire al momento del lancio.
Di recente, aggiunge Chiesa, gli Stati Uniti hanno annunciato che tra 5-6 anni sarà pronto il loro “scudo spaziale antimissile”, progettato probabilmente per neutralizzare i vecchi armamenti russi. Le nuove super-armi di Putin invece sono già pronte, e l’annuncio del Cremlino (difficile che si tratti di un bluff) potrebbe avere conseguenze politiche inaudite: ristabilisce l’antica parità strategica infranta dagli Usa e mette anzi la Russia in posizione di vantaggio. Come dire: finiamola una volta per tutte, con questa corsa folle, perché nessuno potrà colpire l’altro senza rimetterci la pelle. I super-missili russi possono radere al suolo il Giappone e colpire l’America, ma è ovvio che nel mirino c’è soprattutto l’Europa (Italia in primis) trasformata in “fortezza” con decine di basi Nato: le installazioni missilistiche europee, par di capire, sarebbero le prime a essere colpite. La mossa di Putin, che aveva sperato invano nell’elezione di Trump per poter voltare pagina, ha un valore geopolitico inaudito. Fino alla vigilia delle sanzioni euro-atlantiche contro l’economia russia, all’epoca dei giochi olimpici di Sochi, Putin aveva ripetuto un messaggio chiarissimo: la Russia chiede rispetto e vuole essere un partner dell’Occidente, non un antagonista. Obama e la Clinton hanno risposto con la demonizzazione del Cremlino, trasformando l’Est Europa in una caserma Nato.
Ora, Putin rimette la palla al centro. Non provateci, è come se dicesse: non vi conviene. Bisogna cambiare politica: e se non basta la diplomazia, a pesare sarà la minaccia dei super-missili. E’ di enorme portata, osserva Chiesa, il passaggio in cui Putin avverte: reagiremo anche se a venir colpita fosse la Cina, che evidentemente non è ancora in grado di schierare armi analoghe: rivela la profondità dell’alleanza difensiva russo-cinese, maturata in risposta all’offensiva americana. Inoltre, aggiunge Chiesa, se queste armi sono già in funzione, la loro presenza cambia completamente il quadro strategico, sul piano militare: annulla, di colpo, la storica superiorità navale degli Usa, trasformando le portaerei in “barchette di carta”, «perché questi missili non sono “parabili”, attualmente: sono troppo veloci e imprevedibili». Di fatto, «va a farsi benedire l’idea stessa della guerra nucleare, così com’era stata concepita in tutti i decenni precedenti». Tramonta la storica superiorità strategica defli Stati Uniti? Implicazioni sconcertanti: archiviano «l’idea stessa della possibilità di uno scontro». E c’è di più: Russia e Cina si muoveranno insieme, nella conquista dello spazio. «Significa avere una proiezione prima impensabile, nel campo delle armi spaziali, grazie alla tecnologia russa e ai mezzi finanziari cinesi».
«Con questa mossa – aggiunge Giulietto Chiesa – la Russia comunica che la parte militare della “guerra ibrida” è ancora disinnescabile: una bomba ancora fermabile». Ma quella che Papa Francesco chiama “Terza Guerra Mondiale a pezzi” è appunto “ibrida” e pienamente in corso: guerra mediatica, guerra tecnologica, guerra biologica, guerra climatica, guerra finanziaria. Poi c’è una guerra ancora più invisibile, affidata ad armi segrete in fase di sperimentazione. «E in tutte queste guerre – dice Chiesa – ho l’impressione che la Russia sia in grande svantaggio: sicuramente l’immensa rete web è interamente in mani americane». Altro problema, per Mosca: l’energia. «I russi sono molto vulnerabili sotto il profilo energetico, perché l’intero mercato del petrolio è ancora nelle mani dell’Opec, cioè degli Usa. A stabilire il prezzo del barile sono 9 grandi banche internazionali, di cui 6 statunitensi, che possono infliggere colpi durissimi a chi non sta al loro gioco, cioè paesi come Venezuela, Iran e Russia». La guerra biologica, sottolinea Chiesa, è basata sulle nano-tecnologie, con esiti inimmaginabili: «Parliamo di strumenti di controllo e di previsione che hanno la dimensione di una molecola, inseribili in qualsiasi corpo». Quanto alla guerra climatica, è la stesa marina Usa ad annunciare che, nel 2025 gli Stati Uniti avranno il controllo del clima mondiale: potranno condizionare la vita di milioni di persone, in ogni continente.
«Tutto è aperto, ma questo quadro dipende comunque dalla realizzabilità di un attacco militare distruttivo e definitivo», conclude Giulietto Chiesa. «La Russia si conferma in questo momento una forza deterrente cruciale, anche se gli europei non l’hanno ancora capito. I cittadini sono fuori causa, dal momento che non sono informati: ma i dirigenti europei dei paesi Nato? Sono consapevoli del rischio che stiamo correndo, e della tendenza a uno scontro?». Il gruppo dirigente Usa puntava al “first strike” risolutivo entro 8-10 anni, che ora non è più pensabile: assisteremo quindi a un ragionevole cambiamento di strategia, o i gruppi che vogliono la guerra reagiranno invece con un’accelerazione? «Sfortunatamente, il sistema mediatico ha mascherato questa realtà: non l’ha fatta arrivare alle orecchie e agli occhi del grande pubblico occidentale. E’ tempo di rimettere al passo le lancette degli orologi, rendendoci conto di quello che sta davvero avvenendo». Dall’alto dei suoi nuovissimi missili supersonici, Vladimir Putin annuncia “cinque anni di tempo per rinsavire”.
Scordatevi di passarla liscia, dopo aver colpito la Russia con un “first strike”, un attacco nucleare preventivo come quello lungamente accarezzato dai neocon annidati alla Casa Bianca sotto la presidenza Obama: Mosca dispone di armi nuovissime e micidiali, in grado di annullare l’intero arsenale balistico statunitense. Ha del clamoroso, il recente annucio di Putin: i russi hanno a disposizione armamenti fino a ieri inimmaginabili. Missili atomici intercontinentali fulminei, non intercettabili: viaggiano a una velocità pari a 20 volte quella del suono, e non in base a un’orbita prestabilita. I missili Avangard e Sarmat sono a guida remota, pilotati a distanza e diretti sul bersaglio, su cui piombano dopo un volo a bassissima quota. In più, la Russia annuncia di aver varato il primo drone sommergibile della storia, un natante senza pilota in grado di filare a 200 chilometri orari a grande profondità, anch’esso armato con missili atomici. «Non esiteremo a impiegare questi armamenti – avverte Putin – per difendere il suolo russo e anche i nostri più vicini alleati». Il che, tradotto, «significa una sola cosa: la protezione strategica russa si estende alla Cina», sostiene Giulietto Chiesa su “Pandora Tv”. Di colpo, l’annuncio del Cremlino vanifica 15 anni di continue provocazioni da parte degli Usa, che hanno sostanzialmente accerchiato la Federazione Russa.
 
Home /Ultimi articoli/Perché Trump mette i dazi? Piccola lezione di macroeconomia agli ingenui difensori dell’euro (di Giuseppe PALMA)
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Economiamarzo 9, 2018
Perché Trump mette i dazi? Piccola lezione di macroeconomia agli ingenui difensori dell’euro (di Giuseppe PALMA)
A partire dal 23 marzo, cioè da quando saranno operativi i dazi su acciaio e alluminio messi da Trump, il mondo intero inizierà a ballare.

Mi spiego meglio.

Per riequilibrare il saldo commerciale (cioè il netto tra esportazioni ed importazioni), quindi per ridurre le importazioni, invece di contrarre la domanda interna attraverso ad esempio il consolidamento fiscale (come fece Monti nel 2011-2012), chi ha a cuore gli interessi della propria Nazione scarica parte del peso della competitività con l’introduzione dei dazi sui prodotti di importazione. Esattamente quello che ha in mente Trump negli Usa.

In tal modo, allo scopo di ritornare ad essere competitivi e riequilibrare il saldo commerciale, non si rende necessario comprimere i salari e i diritti dei lavoratori. Inoltre, aumentando con l’introduzione dei dazi i prezzi dell’acciaio e dell’alluminio da importare, i cittadini statunitensi saranno spinti ad una maggiore propensione al consumo nei confronti di acciaio ed alluminio prodotti negli Usa (sui quali ovviamente i dazi non si applicano), con conseguenti ripercussioni positive sull’occupazione e sui salari.

La formula della Domanda Aggregata, che misura sia il Pil che l’occupazione, è data da Consumi privati (C) + Investimenti privati (I) + Saldo commerciale netto, cioè esportazioni – importazioni (EX-IM). Qualora ciò non fosse sufficiente a creare piena occupazione, interviene la Spesa pubblica (G).

AD = C+I+G+EX-IM

Cosa accade invece in Eurozona?

A parte i parametri forcaioli previsti dai Trattati europei che obbligano gli Stati a mantenersi all’interno del tetto del 3% del rapporto deficit/Pil (anche se ormai siamo obbligati a tendere addirittura al perseguimento del pareggio di bilancio), con conseguente impossibilità di far leva sulla spesa pubblica (G), in un regime di cambi fissi (l’euro) la competitività la si riacquisisce scaricandone il peso sui salari e sulle garanzie contrattuali e di legge in favore del lavoratore, anche perché il neo-liberismo imperante in Ue non concepisce l’introduzione dei dazi, fatta eccezione quando servono come strumento di ritorsione internazionale (vedesi il caso Russia).

Tv e i giornaloni di regime non fanno altro che criticare Trump, facendolo passare per matto e pericoloso, ma The Donald non fa altro che tutelare gli interessi della sua Nazione e dei lavoratori statunitensi.

Dal 23 marzo in avanti si innescherà una guerra commerciale soprattutto tra Usa e Germania, essendo quest’ultima il maggior Paese europeo esportatore. Il guaio è che subito dopo viene l’Italia.

Noi, succubi dei tedeschi, seguiremo acriticamente la signora Merkel, che ci condurrà al massacro.

Tanto più che, dirigendoci verso la fine del Quantitative Easing, l’euro si è già adesso notevolmente apprezzato sul dollaro, mettendo nuovamente in difficoltà il comparto delle esportazioni nella comparazione globale Ue-Usa.

All’introduzione dei dazi si unisce la riforma fiscale che il Presidente americano ha firmato pochi mesi fa, con la quale ha ridotto d’un colpo la tassazione sulle imprese americane del 14%. La miscela esplosiva dovuta a questi tre fattori – vale a dire introduzione dei dazi e riforma fiscale di Trump, più la fine del QE della Bceporterà i Paesi dell’Eurozona sull’orlo del baratro.

E se anche Draghi continua imperterrito ad affermare che l’euro è irreversibile, se non vogliamo morire dovrà essere proprio l’euro a togliersi di mezzo.

Ecco perché il tema del ripristino della Sovranità è assolutamente centrale.

E come se non bastasse nel novembre 2019 alla Bce arriverà, al posto di Mario Draghi, un falco tedesco. E si ballerà… vedrete come si ballerà…

Giuseppe PALMA
 
lunedì 12 marzo 2018
QUARANTA (E PIU') ANNI DI RIVINCITA SULLA DEMOCRAZIA (SOSTANZIALE): IL VOTO...A PERDERE [/paste:font]

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Pensioni: una bomba sociale pronta a esplodere
Di Felice Roberto Pizzuti -
31 gennaio 2018
Reforms introduced by the 1990s in labor market and pension system (whose budget is significantly active) threaten social cohesion and growth. The increased part of workers currently penalized by modest and discontinuous wages will also have decreasing pensions compared to per capita GDP. Figurative contributions for verified unemployed could avoid a medium term coming social blow up.

Come capirete, l'immagine e l'articolo citato riassumono fenomenologicamente il post...

1. Alla luce dei vistosi risultati elettorali, proviamo a fornire alcuni elementi di non secondaria importanza per poter meglio rispondere alla seguente domanda:
fino a quando dovrebbe andare a ritroso un ripensamento critico adeguato, cioè aderente ai fatti, alle idee e agli effetti, che volesse ricostruire la sinistra? Francesco, nei commenti al precedente post, ha rammentato un'interessante "svolta" del PCI di Berlinguer, riportando i diretti contenuti della relativa enunciazione e proclamazione.
In simultanea, l'amico lim bo‏ @theBsaint, su twitter, ci ha fornito un'interessante fonte documentale (traendola dal suo "archivio" wikileaks), che di tale "svolta" risulta essere l'antecedente storico:

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2. Dunque, a dicembre 1977, l'ambasciatore Gardner "saggia" (evidentemente sta riferendo al "centro" della sua conversazione con La Malfa), le conseguenze operative di quel che Berlinguer aveva già lanciato come segnale nel maggio dello stesso anno (siamo in pieno compromesso storico, entro il governo Andreotti III), così come riportato nel citato commento di Francesco:
…abbandonare l’illusione che sia possibile perpetuare un tipo di sviluppo fondato su quella artificiosa espansione dei consumi individuali che è fonte di sprechi, di PARASSITISMI, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario.
Ecco perché una politica di austerità, di rigore, di guerra allo spreco è divenuta una necessità irrecusabile da parte di tutti ed è, al tempo stesso, la leva su cui premere per far avanzare la battaglia per trasformare la società nelle sue strutture e nelle sue idee di base
Una politica di austerità …deve avere come scopo – ed è per questo che essa può, deve essere FATTA PROPRIA DAL MOVIMENTO OPERAIO – quello di instaurare giustizia, efficienza e, aggiungo, una moralità nuova.
Concepita in questo modo, una politica di austerità, anche se comporta (e di necessità, per la sua stessa natura) certe rinunce e certi sacrifici, acquista al tempo stesso significato rinnovatore e diviene, in effetti, un atto liberatorio per grandi masse, soggette a vecchie sudditanze e a intollerabili emarginazioni, crea nuove solidarietà, e potendo così ricevere consensi crescenti diventa un ampio moto democratico, al servizio di un’opera di trasformazione sociale.

[In nota] In quegli anni ebbe notevole successo il cosiddetto “Club di Romasostenitore della crescita zero. Fu fondato nell’aprile del 1968 dall’imprenditore italiano Aurelio Pecci e dallo scenziato scozzese Alexander King, insieme a Premi Nobel, leader politici e intellettuali. Il nome del gruppo nasce dal fatto che la prima riunione si svolse a Roma, presso la sede dell’Accademia dei Lincei alla Villa Farnesina. Conquistò l’attenzione dell’opinione pubblica con il suo Rapporto sui limiti dello sviluppo, meglio noto come Rapporto Meadows, pubblicato nel 1972, il quale prediceva che la crescita economica non potesse continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali
” [Discorso di Enrico Berlinguer pronunciato all’Eliseo di Roma il 15 maggio 1977, ora in "Più Stato per tornare a crescere", S.C. BENVENUTI, Castelvecchi, 2017, 16-17].

3. La Storia italiana, com'è noto, prese poi altre strade, non linearmente, ma solo parzialmente, collegate a quella evoluzione.
Comunque, in quel maggio 1977, peraltro, Berlinguer ribadiva (p.1), - in termini di atteggiamento "responsabile" per l'appoggio a un governo che curasse la crisi con politiche deflazioniste-, quanto già anticipato in un'intervista all'Unità nel 1976: e rammentiamo come il governo Andreotti III, durasse dal 29 luglio 1976 al 16 gennaio 1978.
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In tale intervista del 1976, viene abbracciata, con toni enfatici, prima ancora che la "moralità nuova" e "liberatoria" (per le masse) dell'insostenibilità di una continua crescita "consumistica", l'idea einaudiana (qui: addendum) dell'inflazione come la più iniqua delle imposte; per la verità, a sua volta, questa idea, lo stesso Einaudi l'aveva traslata dalla Conferenza di Bruxelles del 1920 (qui, p.7), quella sponsorizzata dall'allora presidente della Fed Benjamin Strong (che poi elogiò la particolare efficienza del fascismo nel realizzarne le indicazioni) per restaurare il gold standard e rimettere ordine nell'Europa degli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale (cioè assicurarsi essenzialmente la restituzione dei vari crediti statunitensi).

4. Da segnalare, d'altra parte, che la revanche della "lotta all'inflazione"...nell'interesse della classe lavoratrice, ma calata dall'alto della sfera dei banchieri (che se ne avvantaggiano realmente, come evidenziava Galbraith nello stesso periodo), aveva trovato una sua proclamazione globale nel fondamentale super Report della Trilateral (nata giusto due anni prima), datato 1975: cioè, tra l'altro, appena l'anno precedente alla nascita dell'italico "compromesso storico"...
Un Report che, non casualmente, preannunziava quella "crisi della democrazia" della quale vogliono tutt'ora convincerci.
E ci vogliono convincere in modo finale, proprio perché non abbiamo ancora del tutto (e spontaneamente) rinunziato al suffragio universale - e alle inefficienze allocative (del potere e della ricchezza) pretesamente imputate alla "numerazione" dei voti.

5. L'inflazione e l'immorale consumismo dei "poveri", si possono risolvere quindi soltanto rinunciando anche alla minima traccia della stessa democrazia di cui veniva proclamata la "crisi" - sottointendendo, in realtà, la sua auspicata fine.
Ed infatti, come dimostrava una certa serie di vicende sudamericane praticamente coeve alla nascita della Trilateral, si riteneva preferibile una bella dittatura (dei mercati), secondo il noto teorema hayekiano.
E vale la pena di rammentare anche come il tema della lotta all'inflazione, assume immediatamente, in quella sede, una corrispondenza biunivoca con il problema della "governabilità".
In sintesi: ci si accorge che per imporre la "stabilità dei prezzi" e la connessa flessibilità salariale favorevole al lato dell'offerta, occorre un'opportuna cornice "moralistica", ora spaventando con l'inflazione, ora condannando il consumismo dei poveri e incentivando i loro "sacrifici" con la suggestione delle "risorse limitate", in modo da rendere inevitabile la rinuncia (spontanea) alla democrazia, intesa come forma di reale partecipazione del lavoro alle decisioni politiche di interesse generale: partecipazione pluriclasse alla formazione dell'indirizzo politico che viene, appunto assunta tou-court come "in-governabilità".

6. Ma anche allora, in quel 1975, la direttiva suprema "governabilità = deflazione" - o, il che è lo stesso, aggiornato alla successiva evoluzione €uropea, target di inflazione costante per mantenere in vita una moneta equivalente alla cornice gold standard...di Benjamin Strong - si impose non senza alcune perplessità, che taluno mostrò in un residuale omaggio alla logica elementare (che sarebbe poi stata travolta definitivamente dalla caduta del Muro di Berlino).
Ne abbiamo già fatto cenno, sottolineando come, - se pure il Report Trilateral fu edito in Italia con la prefazione di Gianni Agnelli -, i temi in questione videro come primo alfiere Giuliano Amato (qui, addendum):
"La governabilità: in Italia fu Amato, tanto per cambiare, ad annunciare che dopo il celebre rapporto della Trilaterale vi era stata "la scopertà della ingovernabilità come dramma epocale" (G. Amato, Una repubblica da riformare, Il Mulino, Bologna, 1980, pag. 26. Contiene saggi pubblicati fra il 1975 e il 1980).
In realtà bisogna leggerselo tutto il Rapporto: riserva sorprese. Per esempio a pag. 206, riferendo dei commenti durante la discussione del Rapporto a Montréal, si legge: “Uno o due partecipanti suggerirono che l'intera discussione sulla governabilità avesse distorto i problemi reali e che fosse espressione della preoccupazione propria soltanto di un'elite, a disagio con il declino della propria posizione nella società!
Questi sostennero che fattori quali un'inflazione crescente e la crescita della spesa pubblica in rapporto al GNP (PIL) (fattori visti da alcuni come cause od effetti dei problemi di governabilità) non avessero nulla a che fare con la governabilità e potessero, in effetti, aver prodotto in prevalenza benefici, inducendo una miglior distribuzione del reddito, attraverso il recupero del distacco (ndr: rispetto ai profitti) a favore dei salari e attraverso le erogazioni del social welfare.
”.

7. Ecco: ora, dopo oltre quaranta anni, siamo al punto che, cambiato qualcuno dei protagonisti, ma con molti pronti a raccoglierne la fiaccola, il lavoro deve essere finito. Tagli alla spesa pubblica, privatizzazione, misure dolorose, il peso dell'enoooorme debito pubblico, costituiscono ancora l'intreccio colpevolizzatore che legittima l'inutilità del vostro voto.
Una prospettiva terrificante?
Certo, ma solo se non siamo più in grado di riconoscere i termini del problema. Che pure Federico Caffè aveva indicato con precisione già nel 1978 (p.3).

8. Basterebbe che ognuno, OGGI, se ne ricordasse:
"Caffè (nel "fatidico" 1978), aveva contrastato l'idea dell'inflazione come la "più iniqua delle imposte" con un articolo il cui titolo oggi sarebbe più che mai attualissimo: "La vera emergenza non è il “populismo” ma una normalizzazione di tipo moderato". Vi riporto il passaggio fondamentale perché accosta la posizione di Berlinguer a quella di Hayek: e siamo nel 1978 (!):
"La riscoperta del mercato, che non è fenomeno esclusivamente italiano anche se nel nostro paese ha trovato conturbanti consensi perfino nelle forze politicamente progressiste, lascia sconcertati, in quanto appare immune da ogni ripensamento critico che sia frutto della imponente documentazione teorica ed empirica disponibile sui fallimenti del mercato: dalla sua incapacità di tutelare efficacemente il consumatore che dovrebbe esserne il sovrano, al suo assoggettamento alle forze che dovrebbero dipendere dalle sue indicazioni, al riconoscimento delle carenze che esso manifesta nella segnalazione di esigenze vitali, ma non paganti, della collettività.
I propositi di programmazione, d’altro canto, non si discostano ancora oggi dall’antica riserva mentale, di stampo einaudiano, che esorcizzava, a suo tempo, lo stesso termine di piano, sfumandolo in quello più blando di schema, o svuotandolo di una connotazione specifica, in quanto “tutti fanno piani”.
Questo arretramento culturale si traduce, fatalmente, in una deformazione nell’attribuzione delle responsabilità di una situazione che si conviene definire meramente di emergenza.
Che di arretramento culturale si tratti non dipende meramente dal ritorno all’antico: il ricupero di idee del passato che siano state a torto trascurate o che non siano state adeguatamente comprese a tempo debito, risulta generalmente valido.
Ma allorché Hayek ha, del tutto recentemente, scritto che “la causa della disoccupazione risiede in una deviazione dai prezzi e dai salari di equilibrio che si stabilirebbero automaticamente, in presenza di un mercato libero e di una moneta stabile”, si è di fronte non a una fruttuosa rielaborazione di idee che abbiano radici lontane, ma all’ennesima attestazione dell’atteggiamento del ritorno retrivo di chi non ha saputo niente apprendere e niente dimenticare.
L’informazione maggiormente in grado di influenzare l’opinione pubblica, i messaggi delle persone in posizione di potere e di responsabilità non differiscono da questa, in fondo patetica, incapacità di studiosi indubbiamente eminenti, come Hayek, di riconsiderare in modo nuovo antichi convincimenti".

In conclusione, ripropongo la domanda iniziale: fino a quando dovrebbe andare a ritroso un ripensamento critico adeguato, cioè aderente ai fatti, alle idee e agli effetti, che volesse ricostruire la sinistra?
 
AMATO: BATTERE MONETA E' LA SOVRANITA'. LA BEFFA DEL REFERENDUM DEL 1989 E L'EFFETTO "PLEBI POVERISSIME E POCO ISTRUITE" [/paste:font]


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"Vuoi dunque che ripercorriamo l'origine del diritto rifacendoci alla sua fonte stessa? Una volta scopertala non vi è dubbio che dobbiamo riportare ad essa quanto stiamo indagando".

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1. Come spesso capita, Francesco ci lascia nei commenti degli spunti fondamentali e poi...mi tocca elaborarli per conservarli alla conoscenza generale dei lettori e sistemarli nel complessivo filo conduttore del blog (naturalmente Francesco va ringraziato e questo non costituisce un rimprovero).
Cominciamo da un punto che riguarda la spiccata tendenza di Giuliano Amato a "dirci in faccia" i veri scopi e i veri effetti dei trattati €uropei e quindi del c.d. "vincolo esterno".
Le affermazioni di Amato che riportiamo più sotto, meritano di essere attentamente considerate e rammentate, proprio per avere chiaro, senza le interferenze cosmetico-propagandistiche che caratterizzano la c.d. "rivoluzione liberale", il quadro in cui l'Italia si è mossa, almeno a partire dall'Atto Unico, che predeterminava il successivo trattato di Maastricht e la fase operativa della stessa moneta unica.
Quella stessa unione monetaria la cui venuta in esistenza, come obiettivo fondamentale della costruzione europea, risale al trattato del 1957, (qui p.5.1-5.3), almeno come impegno pattizio, culminando puntualmente nel Rapporto Werner del 1971, mentre la sua teorizzazione in chiave federativa è enunciata da Hayek e Einaudi tra il 1939 e i primi anni '40 (qui, pp.6.3.-6.5) del secolo scorso.

2. Dunque lasciamo la parola ad un Amato che, nel 1989, (insieme naturalmente a Prodi), partecipa a un convegno sul tema "Moneta unica per l’Europa", (21 febbraio 1989, Roma, dibattito la cui registrazione trovate qui) e "non a caso" definisce senza mezzi termini la questione della sovranità e della sua cessione (non limitazione) irreversibile (almeno quanto, nelle intenzioni negoziali, e nelle recentissime dichiarazioni di Draghi, lo è l'euro):
Quando si insegna ad un ragazzino di primo anno all’università in che cosa consiste la sovranità, la prima cosa che gli si dice è “batter moneta”.
Quindi c’è niente popò di meno quel problema lì di mezzo. Una volta si diceva “batti moneta e dichiara le guerre”. Ora pudicamente si dice “batti moneta e poi paga pensioni, stipendi”. Batter moneta come caratteristica dello Stato sovrano continua ad essere la prima cosa che viene in mente. E non a caso…
”.
3. Le conseguenze di questa cessione di sovranità all'€uropa - e che l'€uropa reclama perentoriamente e senza mezzi termini -, perfettamente definita da Amato sul piano giuridico-costituzionale - che poi sia costituzionalmente anche legittima è tutto un altro discorso che Amato e...Prodi si guardano bene dall'affrontare- , sono contestualmente definite e preconizzate da Prodi:
… Questi sono i problemi più grossi che noi dobbiamo affrontare, insieme ovviamente al discorso dei costi relativi dell’inflazione. Ma su questo io non è che non ci stia perché non lo ritenga importante, ma perché è già stato così talmente sottolineato che non voglio aggiungere un’altra parola.
E’ stato talmente sottolineato da voler ricordare che, quando ci fu l’edesione italiana allo SME – me lo ricordo benissimo, perché coincise con quel quarto d’ora in cui sono stato Ministro dell’Industria (il problema non è durar molto, ma esserci negli appuntamenti storici!!) [risate] – quando ci fu quella discussione c’era perfettamente accordo, il Paese era d’accordo.

Il grosso problema era di trarne le conseguenze, cioè DI APPROFITTARE PER UNA IMMEDIATA NUOVA POLITICA DI TIPO SALARIALE, per quella che allora veniva chiamata, nella coda della terminologia, la “politica dei redditi” . Ma sull’accordo, sulla politica monetaria, il Paese già da allora era sostanzialmente d’accordo. Chi non lo era, era per paura, non perché non ci credesse. Diceva, “ma non ci indurre in tentazione”, cioè non esageriamo, insomma; ma l’Italia è stata sempre favorevole a questo.
Ed è abbastanza interessante perché, tutto sommato, nonostante non ci sia stato un adeguamento politico immediato…però successivamente l’adesione allo SME è stato quella specie DI FATTO CORROSIVO QUOTIDIANO CHE CI HA SPINTO AD AVERE POLITICHE LEGGERMENTE PIÙ SAGGE con il passare del tempo.

Quindi io non ritengo assolutamente che sia stato negativo, anzi CHE SIA STATO UN FATTO DI IMPORTANZA FONDAMENTALE. Anche se non ho dato mai importanza alla larghezza della “banda”, perché in materia monetaria quelle che contano sono le aspettative psicologiche. Per me l’idea che si debba litigare per avere la “banda” più larga degli altri, io non l’ho mai capita e non riuscirò mai a capirla, perché quando un Paese come l’Italia comincia a peggiorare, deve mollare il tutto, insomma…

Chiosa Francesco nello stesso suo intervento:
Tutti sapevano che cosa avrebbe significato l’€uro. Il vincolo esterno è stato utilizzato per condizionare la politica dei redditi, è stato cioè “il fatto corrosivo quotidiano che ci ha spinto ad avere politiche leggermente più sagge”. Politiche deflattive.

4. Il "fatto corrosivo quotidiano", cioè la cessione di sovranità, e quindi, come ci insegna Amato, del potere di "battere moneta", ha quindi prodotto i suoi effetti; e questi effetti sono stati esattamente quelli che discendono dal parallelismo funzionale della moneta unica rispetto al gold standard. In particolare Carli li aveva, a sua volta, pre-descritti in modo "scultoreo" (sempre qui, p.8):
"L’argine contro il dilagare del potere d’acquisto che movendo dagli Stati Uniti minaccia di sommergere l’Europa, si continua a sostenere, potrebbe essere innalzato esclusivamente mediante il ripristino del gold standard. In realtà, concezioni del genere incontravano, un tempo, un coerente completamento nelle enunciazioni che attribuivano al meccanismo concorrenziale il compito di realizzare, mediante congrui adattamenti dei livelli salariali, il riequilibrio dei conti con l’estero.
Insomma, il ritorno alla convertibilità aurea generalizzata implicava governi autoritari, società costituite di plebi poverissime e poco istruite, desiderose solo di cibo, nelle quali la classe dirigente non stenta ad imporre riduzioni dei salari reali, a provocare scientemente disoccupazione, a ridurre lo sviluppo dell’economia."

5. Non può e neppure deve stupire, quindi, che oggi i media mainstream registrino, in una giaculatoria senza memoria di questi antecedenti ben precisi e intenzionali del paradigma €uropeo, questa realtà:
Più povertà: 1 su 4 è a rischio, record storico dall'89. Bankitalia registra peggioramenti nei bilanci delle famiglie italiane

Aumentano le diseguaglianze. Il 5% dei Paperoni detiene il 30% della ricchezza italiana.
5.1. Si tratta naturalmente di una mezza verità, poiché nel 1989 la povertà non era assolutamente agli stessi livelli attuali: semplicemente il 1989 è stato l'anno in cui sono iniziate le relative rilevazioni statistiche omogeneamente confrontabili.
Perché non solo la povertà (assoluta e relativa) in Italia è giunta a livelli senza precedenti, almeno rispetto alla fine degli anni '80, solo a seguito dell'aggiustamento austero e credibile imposto dalla crisi del debito (commerciale, cioè da squilibri nei conti con l'estero) nell'eurozona, ma abbiamo pure assistito alla proliferazione del "nuovo", ma del pari voluto, fenomeno dei working poors (frutto naturale del "quotidiano fatto corrosivo" in cui sono consistite le politiche "più sagge" che additava Prodi):
Gli andamenti di lungo periodo dell’economia italiana | Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica
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Fig.2 Dinamica delle percentuali di popolazione a rischio di povertà nell’area Euro e in alcuni dei paesi 2007 - 2015
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Fonte: Eurostat giugno 2017
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6. Ma il 1989, non casualmente, è stato anche l'anno in cui Prodi e Amato auspicavano, come frutto di "politiche più sagge", esattamente questi effetti. "Sagge"...ma per chi?
...E il paese "era d'accordo" veramente? Come e quando è stato interpellato informandolo in modo comprensibile da tutti gli elettori (duramente) interessati?
I precedenti "referendari" non possono certo essere addotti come un argomento a sostegno, dato l'oggetto quantomeno opaco del quesito che fu posto nel mitico referendum sull'Europa del 1989, e, peraltro, anche l'inadempienza che ne seguì, rispetto agli esatti termini del pur opaco quesito, nei contenuti del successivo trattato di Maastricht (qui, pp. 6-9)!
Oggi, forse, il paese "scopre", votando, che non è, e non è mai stato, d'accordo: ma dipende da chi si debba ritenere legittimato a esprimere la volontà per tutto il paese.

7. Insomma, chi ha voluto, in un modo o nell'altro, lo ha fatto "al riparo dal processo elettorale".
E intende continuare a farlo...
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Mario Monti cita Stefano Feltri ...le leve del potere sono ormai INESORABILMENTE ALTROVE


Pubblicato da Quarantotto a 13:19 4 commenti: Link a questo post
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lunedì 12 marzo 2018
QUARANTA (E PIU') ANNI DI RIVINCITA SULLA DEMOCRAZIA (SOSTANZIALE): IL VOTO...A PERDERE [/paste:font]
 

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