Esperienza narrata da Teresita Veloso nel gennaio del 2000 in Filippine.
Io che all'epoca avevo 16 anni, insieme a mio padre Basilio, mia madre Maribel e il mio fratellino Rowell di 4 anni, fummo rapiti dai guerriglieri Islamici una sera nel settembre del 1982 mentre stavamo facendo lo studio di libro in casa nostra di nascosto a Bolong nel sud delle Filippine. In quel periodo mio padre stava studiando con un ragazzo. Questo ragazzo di nome Rommel lavorava nella Intelligence Filippina di Manila ma in quel periodo era a casa perchè ebbe un incidente e doveva stare a casa per 6 mesi e proprio in quel periodo mio padre gli predicò e iniziarono lo studio. Quella sera mio padre lo invitò a casa per assistere allo studio di libro. Era la prima volta che assisteva ad una adunanza dei Testimoni di Geova anche perchè in quel periodo dovevamo radunarci senza dare tanto nell'occhio.
Quando irruppero in casa nostra i guerriglieri Islamici il loro capo chiese chi era il padrone di casa. Mio padre si alzò e gli chiese chi erano i suoi famigliari. Per un attimo tentenno ma appena il capo dei ribelli sparò ad una gamba di un nostro caro fratello cristiano, mio padre elencò i suoi famigliari. Subito ci incappucciarono e insieme a quel ragazzo che studiava con mio padre ci portarono su un mezzo
Fù un viaggio interminabile. Quando finalmente arrivammo ci misero dentro una stanza buia solo noi senza il ragazzo. Dopo pochissimo tempo iniziammo a sentire morderci i piedi. Erano topi. Mio padre allora prese mio fratello in braccio mentre io mi misi sulle sue spalle e continuava a camminare per non essere morso. La stessa cosa faceva mia madre. Avevo perso la cognizione del tempo, però ricordo che ci volle tanto tempo prima che un guerrigliero venne a prendere mio padre. A quel punto mio padre disse che sarebbe venuto soltanto se a noi ci avessero cambiato stanza dove non c'erano topi. Il guerrigliero mise la canna della sua pistola in bocca a mio fratello e disse: “Se vuoi eliminiamo subito il problema così non ci pensi più.” Mia madre disse che quella stanza andava benissimo. Quando portarono via mio padre dissi alla mamma di prendere in braccio Rowell. Io invece avrei camminato con lei perchè ero pesante per lei. Mentre camminavamo nella stanza inciampai e sbattei contro la porta e questa si apri. Subito il soldato di guardia venne e richiuse la porta a chiave. Subito dopo lo sentii piangere mentre diceva ad un suo compagno di non dire nulla al capo, che lo chiamavano “Aso Karniborò” Cane Carnivoro. Ogni giorno sempre la stessa cosa. Venivano prendevano mio padre e lo riportavano ogni volta con una ferita in più. La cosa brutta è che non potevamo vedere nulla perchè la stanza era buia senza finestre e le poche volte che riuscivamo a vedere era quando aprivano la porta. Per mangiare ci davano una volta ogni due giorni, una pentola con del riso bollito senza sale e senza condimento. Mamma e papà tante volte non mangiavano per far mangiare me e mio fratello.
Come dissi prima avevamo perso la cognizione del tempo, comunque penso che passarono circa 30 giorni prima che ci fecero uscire tutti e 4 e ci portarono in una stanza piena di sedie e per la prima volta vidi in che condizioni era mio padre. Aveva delle ferite su tutte le gambe e le braccia che ormai erano infette. Sembrava che fosse stato preso a morsi, dopo di chè entrò colui che chiamavano Aso Karniborò. Ci chiese che grado di parentela avevamo con Rommel. Mio padre disse per l'ennesima volta che noi eravamo Testimoni di Geova e il ragazzo stava studiando la Bibbia con lui.
Aso Karniborò lo chiese anche a mia madre e non fece altro che ripetere le parole di mio padre. A quel punto Aso Karniborò le alzo una gamba e la morse staccandole un pezzo di carne. Ricordo ancora oggi le urla agghiaccianti di mia madre. Chiese pure a me chi fosse Rommel. Avevo paura, tanta paura ma pregai Geova e ripetei le stesse parole di mio padre e poi io da sola alzai la gamba aspettando il suo morso. Lo vidi rimanere fermo vedendo la mia azione poi si avvicino e mi disse: “Sei ancora cruda e aspetterò che maturi prima di mangiarti”. Capii subito il perchè lo chiamavano Aso Karniborò. I suoi prigionieri li trattava in quella maniera. Invece di dargli schiaffi pugni o bastonate, le prendeva a morsi. A mio fratello invece non chiese nulla. Dissero a mio padre di buttare in fuori la pancia come quando si fa un grosso respiro e nella maglia Aso Karniborò gli attaccò una corda con un ferretto. La corda passava per un buco nella stanza, però non riuscivo a vedere dove andava. Poi dissero a mio padre di respirare e lui respirò. Dall'altra stanza si sentì un colpo di pistola. Aprirono la stanza e Rommel era morto. La corda messa a mio padre era attaccata al grilletto della pistola, in modo tale che quando mio padre respirava, contraendo la corda, questa faceva sparare la pistola.
Aso Karniborò disse: “Visto cosa succede a dire le bugie!” e ci riportarono nella stanza buia.
Mio padre stava male lo sentivo piangere ma dopo poco venne da noi e inizio a pregare Geova.
Passarono ancora 30 giorni circa e mio padre ormai stava malissimo. Le ferite non gli davano tregua. Aveva la febbre scottava molto e mia madre era molto preoccupata. Presero mio padre dicendo che lo avrebbero portato dal dottore. Il giorno dopo vennero di nuovo e ci riportarono nella stanza piena di sedie. Quella volta Aso Karniborò cambiò domanda. “Cosa vi disse Rommel di noi ribelli?”.
Mia madre prima di rispondere volle sapere di mio padre. Lui gli si avvicino prese l'altra gamba sana e la morse ancora e poi urlando con la bocca insanguinata disse che doveva rispondere alla sua domanda. Mia madre urlando e piangendo dal dolore disse che Rommel non ci disse nulla del suo lavoro e tanto meno dei ribelli.
Lo chiese anche a me e pure io dissi che non ci parlò mai del suo lavoro. Aggiunsi anche che “noi Testimoni di Geova non ci interessiamo di quello che fanno le persone. Noi predichiamo a tutti perchè Geova vuole che tutte le persone si salvino e come lui noi amiamo il nostro prossimo ecco perchè non ci fermiamo davanti a persone di ogni sorta. Anche con lei dopo tutto questo che ci ha fatto se la trovassi in giro non mi fermerei dal predicarle la buona notizia ubbidendo al comando datomi da Geova di voler bene anche hai propri nemici”.
Anche in quella occasione lo vidi fermarsi e guardarmi fisso negli occhi. Sembrava quasi che non si aspettasse quelle mie reazioni. Subito dopo lui stesso attaccò la famosa corda nella pancia di mia madre. Avevo un brutto presentimento e mia madre non voleva respirare sapendo chi c'era nell'altra stanza. Aso Karniborò allora andò da mio fratello e si mise in bocca una sua gamba senza mordere e mia madre presa dalla disperazione urlò facendo un gran respiro. Si senti un colpo di pistola e quando aprirono la porta dell'altra stanza vedemmo mio padre legato su una sedia morto dal colpo di pistola.
Aso Karniborò si avvicino a me mi disse: “Anche adesso farai le cose che dicevi prima?” “Certo” gli risposi, “se Geova vuole che lei divenga un nostro fratello, chi sono io da non accettare? Geova ha promesso di darci la vita eterna in un paradiso terrestre dove non ci saranno più guerre, malattie e morte, dove tutti potremmo vivere in pace e amore, in più io avrò la gioia di riabbracciare il mio papà perchè Geova lo farà riscuscitare. Perchè lei vuole perdersi una cosa così bella?”
Rimase un'altra volta immobile guardandomi ancora fisso negli occhi. Non disse più nulla e ci fece rimettere in quella stanza.
Eravamo distrutti dal dolore per la perdita di mio padre, ma la mamma ci diceva sempre di pregare Geova. Ancora circa 30 giorni e ci ripresero. Dico 30 giorni perchè contavo le volte che i soldati russavano e quindi pensavo che in quel momento era notte.
Vennero a prendere mia madre perchè dovevano curargli le ferite alle gambe, ma non ci credetti. Il giorno dopo presero me e mio fratello portandoci un'altra volta nella stanza con le sedie. Mio fratello aveva gli occhi sbarrati non parlava più e non riusciva nemmeno a piangere. Era scioccato!
Aso Karniborò ci disse che se gli dicevamo che Rommel ci aveva detto alcune cose su alcuni piani dei ribelli, ci avrebbe liberato all'istante a noi e la mamma.