Macroeconomia Quale Futuro per le banche?

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Guarda, personalmente sono convinto che se l'Italia dovesse fare patatrac mezza Europa ci verrebbe dietro (il nostro debito pubblico è in gran parte in mani estere ed è molto più grande di quello di Lehman...). D'altronde, non ho conti all'estero, per cui se veramente dovesse capitare il peggio, nulla vieterebbe di sequestrare cosucce come il mio dossier titoli et similia, o di imporre una patrimoniale al 50% per ripianare i debiti.
Per cui, tanto vale comprare italiano...
 
Guarda, personalmente sono convinto che se l'Italia dovesse fare patatrac mezza Europa ci verrebbe dietro (il nostro debito pubblico è in gran parte in mani estere ed è molto più grande di quello di Lehman...). D'altronde, non ho conti all'estero, per cui se veramente dovesse capitare il peggio, nulla vieterebbe di sequestrare cosucce come il mio dossier titoli et similia, o di imporre una patrimoniale al 50% per ripianare i debiti.
Per cui, tanto vale comprare italiano...

non parlavo del rischio italia,ma del fatto che anche i bond italiani hanno un certo grado di rischio vista la situazione int.le. - ed i mercati così fortemente correlati ...
Per il resto - se rendono bene - e magari si può seguire meglio l'emittente - perchè no .... buy italian:)
 
IL COMMENTO

LA PARTITA RIMANE APERTA

ALFONSO TUOR corriere del ticino,oggi

La decisione unilaterale della Svizzera di eliminare la differenza tra frode ed evasione fiscale e di accettare l’estensione dell’assistenza amministrativa e giudiziaria per tutti i reati fiscali è una mossa per guadagnare tempo. Essa infatti permetterà al nostro Paese di evitare di entrare nella lista nera dei paradisi fiscali che verrà stilata durante il vertice del G20 che si terrà a Londra il prossimo 2 aprile, ma non è destinata a risolvere il contenzioso aperto con i Paesi che chiedono che il segreto bancario non sia uno strumento usato per evadere il loro fisco. Concretamente, la Svizzera accetta lo standard definito dall’articolo 26 del modello dell’OCSE, che prevede la concessione dell’assistenza amministrativa per applicare il diritto fiscale di ogni Paese. Tale assistenza non sarà però automatica, ma subordinata a determinate condizioni, più precisamente le richieste di assistenza dovranno essere mirate e sostenute da comprovati elementi di sospetto. Il Consiglio federale con questa decisione garantisce di fatto il segreto bancario e cerca di spostare la vertenza con gli altri Paesi da una questione di sostanza ad una questione procedurale. Ora dato che gli Stati Uniti già si erano fortemente innervositi per le lentezze procedurali elvetiche e dato che anche i Paesi europei avrebbero posto questo problema, Berna si è premunita promettendo uno snellimento della procedura di assistenza amministrativa.


Questa decisione conferma la strategia negoziale seguita da tempo dal nostro Paese sulla questione del segreto bancario che è stata efficacemente sintetizzata in questa battuta: il segreto bancario è un istituto provvisorio, che è soggetto anche a mutamenti, ma che dura nel tempo.
In pratica il passo del Consiglio federale non ha alcun impatto reale. La realtà del segreto bancario cambia molto poco e quindi anche le conseguenze per la piazza finanziaria svizzera saranno minime, anche perché misure simili sono state adottate negli scorsi giorni da altri Paesi. Addirittura, sono state adottate - ed è una grande sorpresa - anche da Singapore e da Hong Kong. La piazza finanziaria elvetica non si troverà pertanto in una posizione di svantaggio rispetto ad altre piazze finanziarie.
Questa decisione non è però destinata ad accontentare i Paesi che chiedono che il segreto bancario non sia usato per evadere il fisco. Dunque è facilmente prevedibile che la vertenza internazionale non si chiuda con la mossa di ieri. Per questo motivo la decisione del Consiglio federale non può essere valutata solo per i risultati che otterrà a breve termine, ossia l’aver scampato il pericolo di far finire la Svizzera nella lista nera dei paradisi fiscali e di guadagnare un po’ di tempo. Essa dovrebbe essere analizzata anche in vista dei futuri negoziati nell’ambito OCSE e sulla revisione dei trattati sulla doppia imposizione fiscale. In questa prospettiva deve essere pure considerato il dato di fatto incontestabile che la crisi finanziaria ha cambiato il mondo e anche la sensibilità nei confronti di tematiche spinose, come quella dell’evasione fiscale.
Tenendo conto di questi fattori è discutibile la scelta di incamminarsi su una strada piena di insidie come quella della prevedibile battaglia sulle procedure dell’assistenza amministrativa e sulla definizione degli elementi di sospetto. La via imboccata non sarà priva di ostacoli a livello internazionale, ancor più oggi con una crisi economica che rimette in discussione i meccanismi di funzionamento dell’intero settore finanziario.
Questa via rischia dunque di essere un espediente tattico di corto respiro che addirittura potrebbe ritorcersi contro di noi. Sarebbe stato forse meglio e avrebbe soprattutto dato maggior peso negoziale alla Svizzera seguire la strada già imboccata con il Trattato sulla tassazione del risparmio concluso con l’Unione Europea. Come noto, questo accordo si basa sul principio che la Svizzera preleva una euroritenuta sui redditi da interessi conseguiti dai non residenti, che poi riversa all’Unione Europea. Sebbene questo trattato presenti numerose lacune, esso afferma implicitamente il principio che il segreto bancario è un istituto che ha il compito di difendere la privacy e non uno strumento per favorire l’evasione fiscale. Questa dovrebbe essere la strategia negoziale della Svizzera per raggiungere l’obiettivo di trasformare il segreto bancario da un istituto provvisorio in un istituto giuridico definitivo del nostro Paese, accettato anche dalla comunità internazionale.

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IL COMMENTO

svizzera E SEGRETO BANCARIO

TITO TETTAMANTI *SVIZZERA rapporti tra gli Stati sono basati sulla forza, ressi Ispecie in momenti di tensione e di difficoltà economiche. Ogni Stato cerca di fare gli intepropri, talvolta in modo molto miope. La crisi attuale preoccupa oltretutto per il riflusso di politiche protezionistiche. In tale realtà le cose non si mettono bene per la Svizzera. Siamo ricchi, e già per questo antipatici, i nostri soldi fanno gola anche all’UE di cui saremmo massicci contribuenti e noi cocciuti ci opponiamo a lasciarci assorbire. Il nostro sistema fiscale è migliore di quello dei vicini. La nostra piazza finanziaria, nonostante le penose figure recenti, fa concorrenza a Londra e New York.
In tempi grami si cerca sempre un capro espiatorio. Da qualche anno sembriamo essere il bersaglio ideale per Europa e USA. Dare la colpa di tutto a terzi serve anche a distogliere l’attenzione dai problemi di casa propria. Ed allora: dágli alla Svizzera. Il capo dei socialdemocratici tedeschi è dispiaciuto di non poter inviare i soldati (sic!) nei Paesi disobbedienti (viene da chiedersi se suo padre fosse membro del Partito nazionalsocialista). Il ministro delle Finanze germanico invita a prendere la Svizzera a frustate. Sarkozy e Brown minacciano sanzioni (come al tempo del fascismo) e liste nere. Gli USA, ben coadiuvati dall’insipienza dei dirigenti UBS, ci puntano la rivoltella alla nuca e considerano gli accordi che abbiamo carta straccia. Che in una così difficile situazione il nostro Consiglio federale con le sue roboanti dichiarazioni, ritirate precipitosamente, abbia ormai la credibilità di un imbonitore da fiera di paese non rende purtroppo le cose più facili.
In questa guerra economica, che come tutte le
guerre cerca giustificazioni moraleggianti, con il fronte interno indebolito dai collaborazionisti di turno (per paura o per fanatismo ideologico), il segreto bancario esce acciaccato. Taluni fanno gli struzzi dicendo che non è successo niente, alcuni considerano le sberle che ci siamo prese atti di intelligenza politica e abilità negoziale (sic!), altri poi, gli utili idioti come li definiva Lenin, sono beati di quanto sta succedendo. Quanto all’abilità negoziale del nostro Consiglio federale, è meglio stendere un velo pietoso. Oltre al danno le beffe pubbliche. Il ministro tedesco Steinbrück ci deride per il fatto che ci siamo impauriti così facilmente. Perché anticipare sempre zelantemente le richieste degli altri? Perché spaventati offrire concessioni che poi non bastano mai? Vediamo di capire cosa vuol dire «lista nera» (se arriva!), vediamo di calcolare più precisamente le conseguenze e poi decideremo il da farsi. Unico su questa linea il neoconsigliere federale Maurer. E se agli USA consegnassimo le chiavi dell’UBS americana con 30.000 potenziali disoccupati (assieme a quelle dell’Ambasciata di Cuba e Iran, dove rappresentiamo gli interessi di quel Paese), quali sarebbero le vere conseguenze economiche per la Svizzera? Comunque, dobbiamo partire realisticamente dalla situazione di fatto, gravemente compromessa, non farci illusioni che la pressione diminuisca. La vera urgente domanda riguarda la strategia per il futuro della piazza (non solo finanziaria) svizzera. Il segreto bancario non è fortunatamente l’unica nostra carta e neppure la più importante. Non siamo un’isola dei Caraibi. Importanti sono le condizioni quadro che possiamo offrire non solo per servizi o prodotti, ma anche a chi vuol venire a risiedere ed impiantare le proprie attività da noi.
Perché non deciderci ad introdurre la flat rate tax, perché non annullare la doppia imposizione dei redditi azionari (tassati prima nelle società e poi quali dividendi)? Come possiamo snellire ulteriormente i rapporti con l’amministrazione, i permessi di lavoro per quelle forze di cui abbiamo bisogno, destinare somme importanti alla ricerca scientifica ed alla formazione dei quadri? Ovviamente senza dimenticare i progressi necessari per migliorare la mobilità (trasporto), dare sicurezza, mantenere un ambiente che contribuisca alla qualità della vita.
Dicendo agli americani ed al senatore Levin che non vogliamo per nulla essere un Delaware (che gli USA si possono permettere senza essere criticati) dove, con un migliaio di dollari, uno si procura una delle centinaia di migliaia di società che, se non operano negli Stati Uniti, possono fare qualsiasi porcheria. Decidiamoci a dire ad Inghilterra e Stati Uniti che in materia di riciclaggio non sono sufficientemente severi, contrariamente a noi.
Ovviamente, per fare ciò bisogna avere un Governo, una classe politica e un establishment economico capaci di concepire un progetto di ampio respiro per il Paese e in grado di convincere le diverse componenti e classi sociali sull’opportunità di tale progetto. Le crisi sono talvolta fonte di opportunità. Certo che qualche perplessità, parlando di ampio respiro, esiste, se si considera quanto sia in affanno il Consiglio federale.

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posto l`articolo non perchè sia particolarmente interessante sotto il profilo tecnico

ma in quanto lascia percepire il mood nazionale nei confronti di UBS e di eventuali futuri interventi statali

in altro articolo odierno,anche li`, si stigmatizza maggiormente la dicotomia tra intervento statale,appena effettuato, e la epurazione di ca 100 posti di lavoro in ticino
importanti ,per un piccolo cantone,che di finanza vive

dal corriere del ticino

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IL COMMENTO

ALLA CASSA CHIAMATI I «SOLITI NOTI»

MARIO TETTAMANTILo hanno chiamato per rimettere in sesto la banca e Oswald Grübel non si è fatto pregare.


La ferrea strategia che intende seguire l’ha illustrata ufficialmente ieri nel corso dell’assemblea generale. Un’assemblea dal sapore di «cambio della guardia», necessaria per lasciare alle spalle un periodo che definire nero suona come un complimento.
Il nuovo direttore generale ha lasciato intendere di non voler ripetere l’errore commesso da Mario Corti quando era stato chiamato a salvare Swissair dal fallimento. Per Corti, mantenere in volo l’aerolinea significava salvare azienda, azionisti, obbligazionisti, impiegati, creditori, fornitori e tutto ciò che l’aviolinea significava per il paese. Per Grübel e i suoi predecessori, all’appello di chi va difeso ci sono tutti gli «stakeholder», ad eccezione, per il momento, di circa 15 mila impiegati. Quest’anno, solo in Svizzera, saranno soppressi 2.500 posti di lavori di cui circa 1.500 attraverso licenziamenti.
L’era Grübel, lo abbiamo capito ieri, ma si poteva intuirlo sin dal momento dell’assunzione del manager tedesco, sarà estremamente dolorosa per chi lavora all’UBS. Sarà un’era «socialmente poco sostenibile», per usare un termine che va di moda oggi, ma probabilmente efficace.
Per il nuovo direttore generale l’equazione è chiara: ricavi in calo, posizioni in portafoglio ancora ad alto rischio e costi fermi, condurranno ineluttabilmente l’azienda al fallimento. Non potendo incidere a corto termine sulle prime due voci, l’intervento dovrà essere fatto a scapito della terza, vale a dire i costi, tra i quali fanno bella mostra di sé gli impieghi.
Come mai i ricavi sono in calo? Per diversi motivi. Innanzitutto perché assistiamo a una pericolosa diminuzione delle commissioni dovute sia al calo degli asset della clientela (nel primo trimestre 2009 annunciato un deflusso di 23 miliardi di franchi), sia alle borse ancora sotto shock per la crisi finanziaria. All’appello mancano inoltre i pirotecnici ricavi dell’investment banking, tra i quali anche quelli derivanti dalla creazione di fantasiosi strumenti derivati, strutturati, Hedge Funds, fondi di fondi Hedge e così via. In calo pure i ricavi derivanti dal differenziale dei tassi d’interesse sui lauti prestiti agli Hedge Funds e ai fondi di private equity. Mancano poi i redditi artificiali e pericolosi dei titoli tossici (subprime) che la banca ha sottoscritto sul mercato americano, indebitandosi per centinaia di miliardi di dollari. Da ultimo vi è il pesante servizio del debito da pagare per il salvataggio in extremis della banca intrapreso attraverso l’emissione di 16 miliardi di franchi di obbligazioni convertibili a tassi d’interesse «impossibili», sottoscritte dal fondo sovrano GIC di Singapore e dalla Confederazione. Un servizio del debito che equivale (ed equivarrà per circa due anni ancora) a un «peccato originale» che incide negativamente sui conti annuali per circa 1,8 miliardi di franchi svizzeri. Ma i ricavi in diminuzione sono solo una parte del problema. Rimane aperta la ferita delle perdite legate alle posizioni a rischio ancora in bilancio. Posizioni e perdite «flessibili» che aumentano in correlazione diretta con la situazione dell’economia reale, per il momento contraddistinta dalla recessione. In cifre, il contributo negativo di queste posizioni a rischio ancora in portafoglio è stato nel primo trimestre dell’anno di circa 3,9 miliardi di franchi. È evidente che a questo punto il «cleaner» tedesco, chiamato per rimettere in sesto l’istituto nel più breve tempo possibile, abbia rivolto la sua attenzione ai costi del lavoro che, in una struttura di servizi come una banca, sono evidentemente importanti. Come succede spesso in queste situazioni, sono in molti ad essere chiamati a pagare per gli errori di pochi, accomiatati dall’istituto con bonus milionari. Nel caso di UBS, poi, a rimediare agli errori compiuti di là dell’Oceano sono anche coloro che lavorano assiduamente e senza colpe nel «ridotto» svizzero. Il Ticino è già stato colpito dalla prima ristrutturazione comunicata qualche settimana fa: da «regione autonoma», UBS Ticino è stata inserita in seno a quella definita «Svizzera orientale», alle dirette dipendenze di UBS San Gallo. La seconda tappa della ristrutturazione comporta, come abbiamo visto, la soppressione di 2.500 posti di lavoro a livello svizzero. Succede così che anche gli impiegati di UBS Ticino, da decenni lodevolmente impegnati a fornire utili alla centrale di Zurigo, rischiano di essere sacrificati sull’altare della ristrutturazione per colpe che altri hanno commesso.


A proposito di cifre, numeri e decisioni «socialmente sostenibili»: con i 2 miliardi di franchi di bonus distribuiti all’inizio dell’anno si potevano preservare 1.500 impieghi a 80 mila franchi l’anno per 17 anni.
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Il timing circa lo stress test per le banche USA...

Results of Bank Stress Tests To Start Emerging Next Week


Thursday April 16, 2009, 12:25 pm EDT
  • The Obama administration will disclose details about its banking stress tests and what capital participants may need in a two-stage process beginning next week, CNBC has learned
Here's what the timeline looks like, according to federal regulatory sources.

On April 24, the government will reveal the economic and financial assumptions involved in the tests, which are meant to determine an institution's ability to withstand a further deterioration in the economic environment. Such criteria would include a rise in the unemployment rate.

On May 4, actual results of the test will be released, including what steps may be needed to address a bank's capital needs.

During that time, the participating banks -- the nation's 19 largest -- will hold individual meetings with banking regulators as well as Treasury officials to discuss the results and remedies.

The govenment's plan has always called for providing federal financial aid to companies that cannot rasie the needed capital from the private sector, which is the preference.

The White House Wednesday tried to contain growing speculation about the tests: "Early in May you will see in a systematic and coordinated way the transparency of determining and showing to all involved some of the results of these stress tests," White House spokesman Robert Gibbs said.
The stress tests are part of the administration's multi-faceted financial stability plan, which include a public private-partnership for buying banks' toxic assets, mortgage market support and a business-consumer lending facility.

The assumptions include both base-case and worst-case scenarios, as well as adverse market shocks.

Banks will be given an opportunity to comment on the tests in the April 24-May 4 period.

The stress tests have been something of a hot potato for the Obama administration more than two months ago. Analysts have worried that the process might not be transparent enough for the markets and could have unintended consequences, such as creating a weak/strong division among the participants.

Others have said that the tests are nothing more than political theatre in that financial institutions are regularly subjected to such testing by bank examiners
 
Il futuro delle banche?

Il presente attuale che è uguale al passato prossimo e remoto.
Insomma: bisogna cambiare tutto, affinchè non cambi nulla...mica è mia è di Tomasi di Lampedusa .... regole regole regole .... e poi?
Come diceva Eduardo "addà a passa a nuttata" e poi nuovo giro, nuova corsa.

Scusate sarò cinico, ma tutto sto parlare di regole di divieti di stati canaglia in lista nera, no grigia, etc etc...
E l' inflazione che presto o poco piu' tardi arriverà, perchè DEVE arrivare, mica perchè serve a noi, anzi! Serve a bruciare un po' di debito...

Quindi il futuro: qualche ceo che guadagna forse meno, ma in compenso l' andazzo sarà come adesso.
 
Trecento miliardi di franchi
in fuga dai caveau svizzeri



Mauro Spignesi




Stavolta potrebbe essere un siluro.
Un siluro lanciato contro la portaerei bancaria svizzera da tre corazzate: Francia, Germania e Italia.

I tre paesi confinanti stanno preparando lo scudo fiscale.

E già si fanno ipotesi di fuga di capitali, e si calcola una perdita possibile attorno ai 200 miliardi di euro (circa 300 miliardi di franchi).

Come viene fuori questa cifra?

“Secondo gli orientamenti italiani l’aliquota da pagare sulle somme denunciate, dal 2,5 per cento dell’amnistia-Tremonti (2001-2003) potrebbe salire al 10 per cento.

A Bonn e Parigi la penale era più alta e qui potrebbe crescere ancora oltre il 20 per cento.

Inoltre non ci sarebbe più la possibilità di lasciare i soldi nelle banche estere, variabili da non sottovalutare”, spiega Ferdinando Bruno, docente di Fiscalità internazionale all’Università di Lugano.

La volta scorsa dalla Svizzera “riemersero” in Italia 49 miliardi di euro (su un totale di 77 nascosti in tutti i paradisi fiscali).

“Secondo me, azzardando, stavolta potrebbero arrivare 70-80 miliardi complessivamente: soldi di clienti italiani.

Altrettanti francesi e tedeschi. E la cifra triplicherebbe”. Si arriverebbe dunque a 200 miliardi di euro, circa 300 miliardi di franchi.

È possibile? “È pur vero che l’aliquota probabilmente tenderà a salire ma è altrettanto vero che la pressione contro gli evasori è aumentata e i paradisi fiscali stanno perdendo appeal.

Quindi chi ha soldi in nero è accerchiato e i correntisti all’estero sono più propensi a riportare i loro capitali, ecco perché calcolo cifre più alte dei precenti scudi fiscali.

Naturalmente - riprende Bruno - stiamo parlando di ipotesi, di certo, di scientifico, non c’è nulla”.

Ma 300 miliardi di franchi in fuga non sono pochi se si pensa che in Svizzera, dove vengono gestiti circa il 30 per cento dei patrimoni privati nel mondo (fonte associazione dei banchieri), i clienti privati stranieri possiedono depositi attorno a 2000 miliardi, non solo dei paesi Ue e non tutti soldi in nero.

In Ticino, invece, si stima una cifra complessiva vicino ai 400 miliardi di franchi, buona parte di clienti italiani.

Provando a disegnane uno scenario futuro c’è da tenere presente la politica dell’Unione europea. Bruxelles sostiene che 2000 miliardi di euro, provenienti dai suoi paesi, sono depositati nei paradisi fiscali di tutto il mondo: li rivuole indietro per tassarli.

E aggiunge che nel 2014 il segreto bancario dovrà necessariamente cadere. Nel passato, esattamente dal 2001 al 2003, gli appelli del ministro italiano Giulio Tremonti per denunciare i capitali in nero, a fronte di 500 miliardi di euro calcolati dai suoi esperti del Tesoro, ne fecero appunto affiorare complessivamente 77.

Ma 31 restarono nelle casseforti estere (il 71 per cento in Svizzera) dopo la regolarizzazione mentre 46 rientrarono materialmente in Italia (il 58 per cento dalla Confederazione), e nelle casse dell’erario di Roma arrivarono 2 miliardi di euro.


Per molti, non ultimo Hans Kaufmann, consigliere nazionale di Zurigo dell’Udc, la fuga di capitali, se avvenisse davvero, porterebbe alla perdita da 10 a 30 mila posti di lavoro.

Di questi il 20 per cento sarebbe su a Lugano e dintorni.

Un impatto, quindi, anche sul mondo del lavoro. Ma non tutti ci credono. Alessandro Pumilia, direttore generale della De Vittori, una delle fiduciarie internazionali più importanti in Ticino, avverte: “Io non penso che lo scudo fiscale possa intaccare più di tanto la Svizzera.

E questo perché il nostro sistema continua a essere il più competitivo, sicuro e affidabile. Al massimo qualcuno potrà dichiarare capitali perché ha necessità, per esempio, di acquistare una casa o di fare una spesa importante.

Questa d’altronde è una tendenza generalizzata che ho notato nelle diverse piazze dove lavoriamo”. Ma stavolta potrebbe arrivare più d’uno scudo fiscale.

E chi creerà più problemi, l’Italia, la Francia o la Germania? “Francamente – riprende Pumilia - qualche preoccupazione potrebbe arrivare da Berlino, perché i tedeschi sono più duri”.

[email protected]
 
Il timing circa lo stress test per le banche USA...

Results of Bank Stress Tests To Start Emerging Next Week



Thursday April 16, 2009, 12:25 pm EDT
  • The Obama administration will disclose details about its banking stress tests and what capital participants may need in a two-stage process beginning next week, CNBC has learned
Here's what the timeline looks like, according to federal regulatory sources.

On April 24, the government will reveal the economic and financial assumptions involved in the tests, which are meant to determine an institution's ability to withstand a further deterioration in the economic environment. Such criteria would include a rise in the unemployment rate.

On May 4, actual results of the test will be released, including what steps may be needed to address a bank's capital needs.

During that time, the participating banks -- the nation's 19 largest -- will hold individual meetings with banking regulators as well as Treasury officials to discuss the results and remedies.

The govenment's plan has always called for providing federal financial aid to companies that cannot rasie the needed capital from the private sector, which is the preference.

The White House Wednesday tried to contain growing speculation about the tests: "Early in May you will see in a systematic and coordinated way the transparency of determining and showing to all involved some of the results of these stress tests," White House spokesman Robert Gibbs said.
The stress tests are part of the administration's multi-faceted financial stability plan, which include a public private-partnership for buying banks' toxic assets, mortgage market support and a business-consumer lending facility.

The assumptions include both base-case and worst-case scenarios, as well as adverse market shocks.

Banks will be given an opportunity to comment on the tests in the April 24-May 4 period.

The stress tests have been something of a hot potato for the Obama administration more than two months ago. Analysts have worried that the process might not be transparent enough for the markets and could have unintended consequences, such as creating a weak/strong division among the participants.

Others have said that the tests are nothing more than political theatre in that financial institutions are regularly subjected to such testing by bank examiners



MPS Capital Services

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Secondo quanto riportato dal Wsj questa mattina, la Fed avrebbe annunciato a Citigroup e Bank of America la necessità di un aumento di capitale alla luce dei risultati preliminari ottenuti dagli stress test.

Per Bank of America la carenza di capitale sarebbe nell’ordine di alcuni miliardi di Dollari,
mentre non è chiaro l’ammontare per Citi.

Entro la metà di questa settimana le due banche dovranno depositare una risposta dettagliata circa eventuali obiezioni a tali risultati.

Il governo ha dichiarato che i risultati definitivi, previsti originariamente per il prossimo 4 maggio,
saranno annunciati nel corso di tale settimana in un giorno da determinare.

Sheila Bair, presidente del FDIC ha annunciato che l’istituzione dovrebbe avere il potere :eek::eek::eek: di chiudere anche le istituzioni considerate
"too big to fail", cioè vitali per il sistema finanziario.

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