Macroeconomia Quale Futuro per le banche? (1 Viewer)

piergj

Forumer attivo
Penso sia meglio imparare qualche tecnica di coltura degli ortaggi.

Braccia tolte all'agricoltura, anche le mie

Saluti

PJ
 

ilfolignate

Forumer storico
CRISI: PROFUMO, SOSTEGNO A PMI E' IN INTERESSE BANCHE
(ASCA) - Roma, 4 mar -

''Il 24% delle imprese alle quali, a gennaio, abbiamo dato credito sono in perdita e il 39% ha un ritorno sul capitale al di sotto del 2%''.
Lo ha detto l'amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, intervenendo a Impresa Italia.
Secondo Profumo e' nell'interesse delle banche ''accompagnare le imprese ed avere un tessuto che continui a crescere'' perche' l'Italia ''e' fatta di
piccole e piccolissime imprese e se chiudiamo i rubinetti il sistema crolla. Viviamo - ha aggiunto - in un paese che non cresce piu':
la nostra industria e' totalmente correlata all'andamento del Pil e se il Pil non cresce, il nostro valore non cresce.
Dunque e' nel nostro interesse accompagnare le imprese ed avere un tessuto che continui a crescere.
Questo credo che sia elemento fondamentale''.
 

mostromarino

Guest
COMMENTO
Sorpresa, indignazione, riflessione
Tito Tettamanti *
Siamo rimasti tutti basiti, quando nell’ottobre del 2007 l’UBS ha annunciato la sua prima perdita legata ai subprime (4 miliardi di franchi).
L’UBS era un simbolo di solidità, di sicurezza, di prudenza magari un po’ arrogante, del successo svizzero nel mondo. Poi ai miliardi si sono aggiunti altri miliardi sino a diventare quaranta, più l’intervento della Confederazione, pure nell’ordine di decine di miliardi. All’onda della sorpresa ha fatto seguito quella più violenta e rabbiosa dell’indignazione determinata non solo da stupefacenti errori di strategia e gestione, ma anche dal risentimento popolare dinanzi al tema dei bonus, vale a dire del modo con il quale si ha l’impressione che dirigenti si siano appropriati di cifre astronomiche ed immeritate su utili velocemente trasformatisi in voragini di perdite.
All’onda lunga dell’indignazione deve però far seguito una fondamentale riflessione per la quale la razionalità deve prendere il sopravvento sull’emotività. La riflessione urgente e fondamentale riguarda il futuro del settore finanziario svizzero che contribuisce per più di 60 miliardi al PIL della Svizzera, rappresentandone il 12% (o forse più con ulteriore indotto) e che dà lavoro a circa 200.000 persone. Se il settore finanziario dovesse uscire ridimensionato da questo disastro ne soffriremmo tutti: risparmiatori, debitori, collaboratori, consumatori, imprenditori, enti pubblici per il minor gettito fiscale, beneficiari di numerosissime sponsorizzazioni.
La riflessione è tanto urgente quanto le soluzioni non facili, anche per l’odierna realtà di crisi e pesante competizione. Sarebbe ingenuo dimenticare che dietro gli attacchi americani ed inglesi vi è la concorrenza tra piazze finanziarie. Inoltre, a paesi carichi di debiti e ad alta tassazione non par vero con il vecchio gioco della proiezione sociologica (quella usata da Hitler con gli ebrei) di distrarre l’attenzione dalle magagne di casa propria inveendo contro gli svizzeri, il loro sistema fiscale ed il segreto bancario che dissanguerebbero le casse dei loro Stati.
Sappiamo quanto di pretestuoso ci sia in tutto ciò, ma sarebbe errato crogiolarsi nella posizione della vittima di macchinazioni, di incomprensioni e dimenticare una percezione diffusa purtroppo a livello di opinione pubblica straniera. La percezione è quella che è, e la nostra immagine ne soffre. La difesa deve partire da una lucida ed impietosa analisi della situazione e dei nostri errori. Elenco alcuni dei punti sui quali riflettere:
1) Il fallimento del modello «gigantobanca», banche universali che vogliono essere presenti in ogni campo. Senza diffonderci, basterà ricordare che quasi tutte le «gigantobanche» sono in crisi e più o meno nazionalizzate. Citybank, Bank of America (inoltre negli USA tre delle cinque grosse banche d’affari: Bear Stern, Lehman, Merryl Linch sono fallite o assorbite per evitare il fallimento), Royal Bank of Scotland, Lloyd’s Bank (con HOBS) negli UK, Commerzbank praticamente dello Stato dopo la fusione con Dresdner, fusione che è costata solo nel 2008 circa 7 miliardi di euro alla grossa assicurazione Allianz che si era illusa con il modello «Allfinanz» (vi ricordate Credit Suisse - Winterthur?). Aggiungiamo nel Benelux ABN, ING, Fortis. Meno colpite le grosse banche francesi, spagnole ed italiane perché per fortuna loro non erano riuscite ad imporsi nel settore dell’investment bank. Questo elenco credo imponga il riesame da parte di UBS e Credit Suisse di un modello il cui fallimento non è più da provare.
2) L’espansione geografica ed il rischio rappresentato dalle due «gigantobanche» per la Svizzera. Fortunatamente lo scorso anno si è evitato il peggio con l’UBS, ma se ciò non fosse stato mi chiedo dove la Banca Nazionale Svizzera sarebbe andata a trovare per il salvataggio la montagna di dollari e di altre valute necessarie. Come si può far fronte a questa concentrazione di rischio internazionale sproporzionato alle nostre dimensioni nazionali? Forse le proposte Blocher meriterebbero un approfondimento.
3) Il segreto bancario. Facile oggetto di critica, ancor più dopo l’atteggiamento incomprensibile (per evitare aggettivi più pesanti) dell’UBS.
Anche una conoscenza superficiale degli USA e del suo sistema ci deve far capire quanto la forza primeggi sul diritto. Le famose campagne dei procuratori pubblici (con l’ambizione di diventare governatori) e la protervia con la quale si ottengono transazioni vessatorie sono note. In una tale realtà il gioco di fare la ligia banca locale e nel contempo partecipare a favorire dubbi schemi di ottimizzazione fiscale (nell’interpretazione più favorevole) è demenziale.
Purtroppo abbiamo mancato nel passato (quando la tempistica sarebbe stata meno sospetta) di far capire che il segreto bancario ha molto più a che fare con la privacy che non con le banche e contribuisce alla salvaguardia delle libertà del cittadino. Le uova sono rotte, non arrocchiamoci in formule dichiaratorie come fa un Consiglio federale più forte in dichiarazioni (anche con l’UE) che con gli atti. Prendiamo atto di cosa è ancora salvabile, chiediamoci se si possa ancora difendere la distinzione tra sottrazione e frode fiscale (distinzione che esiste nella cultura di Paesi liberali) e non dimentichiamo che anche altre condizioni quadro possono favorire la piazza finanziaria.
4) Chi paga? La coesione sociale futura e i prezzi che verranno chiesti dipendono anche dal come si ripartiranno gli oneri per l’indispensabile salvataggio della piazza finanziaria. Io che parteggio per Schumpeter ritengo che i primi a sopportare i danni debbano essere gli azionisti e poi gli obbligazionisti (sia pure tenendo conto di possibili impatti internazionali) e non il contribuente.
Altro capitolo sul quale le forze sociali del Paese dovranno curvarsi per giungere a soluzioni condivise e senza l’amaro del privilegio.
Su questi e su molti altri punti è necessaria una corale, spregiudicata opera di approfondimento. L’abbandono della piazza finanziaria, artificiali distinzioni tra economia reale e finanza, bucoliche visioni di ritorno alla pastorizia non giovano agli interessi di nessuno svizzero.
* Finanziere
 

stockuccio

Guest
che titolone

Unicredit, la crisi dell'Est può costargli 100 mld

Venerdí 06.03.2009 10:20
La crisi e UniCredit: per l’istituto guidato da Alessandro Profumo (ancora per quanto? Almeno finchè la crisi non sarà superata, si risponde da tempo nei salotti buoni di Milano e Roma) l’attuale congiuntura dei mercati ha significato un brusco ridimensionamento delle ambizioni a livello europeo, qualche amaro “mea culpa” da parte del top management e l’assistere impotenti alla trasformazione di quello che sembrava il sogno dalla “Nuova Europa” in un incubo.
Che sia un incubo lo dicono le cifre: nei confronti dei paesi dell’Europa dell’Est Profumo continua a dichiararsi fiducioso, ma l’esposizione del gruppo è di circa 90-100 miliardi, una cifra che fa rabbrividire e che da sola rappresenta quasi il 70% dei 130 miliardi che un economista come Alessandro Penati giudica necessari per coprire il rischio cui sarebbero sottoposti nel loro complesso gli istituti bancari italiani.
UniCredit a fine terzo trimestre 2008 ha registrato un utile operativo di 2.589 milioni di euro; di questi 323 milioni erano imputabili alle attività in Polonia, 136 alla Turchia, 117 alla Russia, 92 alla Croazia, 78 all’Ucraina, 58 alla Repubblica Ceca e 56 milioni al Kazakhistan. Contando anche le presenze in mercati minori si arrivava a 1.026 milioni di euro realizzati in 22 mercati emergenti, ossia a quasi il 40% dell’utile operativo del gruppo oltre che il 12% dei ricavi (dato a fine 2007).
Se finora le svalutazioni sono state tenute sotto controllo (si è passati dai 97 milioni di euro del terzo trimestre 2007 ai 137 milioni di fine settembre scorso) è chiaro che eventuali default rischierebbero di peggiorare drasticamente la situazione. Al momento secondo alcune fonti a rischiare maggiormente sarebbero l’Ungheria e la Slovacchia, più che la Polonia o la Repubblica Ceca, il che tutto sommato è un bene per Profumo e per i suoi soci, visto il differente peso di questi paesi sui bilanci del gruppo.
Resta tuttavia il delicato nodo austriaco: qui la banca è presente attraverso Bank Austria – Creditanstalt (ereditata nel 2005 con l’acquisizione della tedesca HVB) che con 2.163 milioni di euro di utile operativo segnati nel terzo trimestre 2008 (in calo del 9% su base annua) era di gran lunga la principale banca austriaca, con quasi metà delle proprie attività (229,8 miliardi di asset) a sua volta presenti in paesi dell’Europa dell’Est con singole quote di mercato tra il 20% e il 65%.
Insomma, in caso di default austriaco (o anche solo di uno o più paesi dell’Est maggiormente legati a Vienna) l’istituto di Profumo si troverebbe in prima fila. Una spada di Damocle sulla testa del gruppo che equivale, tutto considerato, a 90-100 miliardi di euro di asset a rischio, una autentica “bomba a tempo” nascosta nel bilancio del gruppo che potrebbe minarne gravemente la patrimonializzazione.
Per questo per Profumo l’andamento delle quotazioni del titolo, che in borsa oscilla ormai sotto gli 85 centesimi di euro per azione, è decisamente seccante, ma non è il primo pensiero, al momento. Lo è invece la decisione se ricorrere o meno ai Tremonti-bond, una decisione per poter prendere la quale occorrerebbe potersi fidare fino in fondo delle cifre iscritte in bilancio ad est del Danubio.
In alternativa il banchiere di origine genovese potrebbe dare via ad una stagione di dismissioni, ad esempio partendo dal Mediocredito Centrale ereditato acquisendo Capitalia. Peccato che con questi mercati non è certo che Profumo riesca a trovare un acquirente disposto a pagargli le cifre necessarie per puntellare il bilancio.
Luca Spoldi
 

Imark

Forumer storico
Cresce il timore che i bondholders siano chiamati a prendere parte al salvataggio delle banche USA subendo misure che riducano il valore della loro posizione, quali haircuts sul nominale o swap che modifichino i bond in essere sostituendoli con altri a cedola molto più contenuta.

Anche alcuni parlamentari USA cominciano ad invocare la partecipazione alle perdite bancarie dei creditori obbligazionisti.

Per ora sono i particolare i bond subordinati emessi dalle banche a subire le conseguenze del timore di misure che intacchino gli obbligazionisti, mentre gli strumenti di capitale Tier 1 riflettono l'aspettativa di un assorbimento di perdite molto marcato, al limite di un possibile azzeramento dell'investimento per talune banche in evidenti gravi difficoltà.

Banks’ Bondholders May Be Next to Share Bailout Pain (Update3)


By David Mildenberg and Bryan Keogh

March 11 (Bloomberg) -- Citigroup Inc. and Bank of America Corp.’s bond prices are sliding on concern that owners of debt issued by U.S. financial firms will be forced to swallow losses if the industry needs another bailout.

U.S. bank debt has lost 7.6 percent and yields have jumped to record levels compared with benchmark rates in the past month, even after taxpayers committed more than $11.6 trillion to prop up financial firms.

With shareholders almost wiped out at banks like Citigroup and lawmakers resisting more rescues, holders may be asked to swap bonds for new debt that offers reduced interest rates or lower face values, analysts said. :cool:

“The bond market is getting more scared every day,” said Gary Austin of PDR Advisors in Charlotte, North Carolina, who manages $450 million in fixed-income securities. “At some time, the government is going to say enough is enough, the only way we will give you more cash is if the bondholders have to be hit.”

Debt investors are an attractive target because of the size of their holdings -- more than $1 trillion just at the four largest U.S. banks -- and because they’ve emerged almost unscathed so far. Since any reduction in debt at a bank helps boost capital ratios, members of Congress including U.S. Representative Brad Sherman, a California Democrat, say it’s time for bondholders to share the pain.

These banks can go into receivership, shed their shareholders, shed or reduce the amount they owe to their bondholders and come back out much stronger institutions,” said Sherman, who sits on the House Financial Services Committee, in a statement to Bloomberg News. More U.S. capital might be offered as part of the package, he said.

Record Spread

Yields relative to benchmark rates on bank bonds average a record 8.23 percentage points, 3.65 percentage points more than industrial companies’ debt, according to Merrill Lynch index data. Before August 2007, when the credit crisis began, bank bonds paid spreads less than industrial-related debt.

Standard & Poor’s, which cut Bank of America’s credit rating this month to A from A+, expects the Charlotte, North Carolina-based company to break even this year because it’s hobbled by losses on credit cards and home loans. If it posts a loss this year, more government assistance may be required, raising “the possibility that debt holders could then be required to participate,” S&P said in a report.

“It’s only intuitive that the government would contemplate the thought, ‘Why are we only putting this on the taxpayer?’” S&P credit analyst John Bartko said in a telephone interview.

Sagging Prices

Scott Silvestri of Bank of America and Danielle Romero Apsilos of Citigroup declined to comment. Bank of America won’t need further government assistance, Chief Executive Officer Kenneth Lewis said in a Feb. 25 interview. The U.S. government is examining ways to further stabilize New York-based Citigroup if needed, the Wall Street Journal reported yesterday, citing people it didn’t identify.

The concern among debt holders is reflected in Citigroup’s $789 million outstanding in 7.25 percent subordinated notes due in October 2010, which fell 7 cents today to 70 cents on the dollar and have lost 23.7 cents in the past three weeks, according to Trace, the bond-pricing service of the Financial Industry Regulatory Authority. That puts the spread over Treasuries of similar maturity at 32.7 percentage points. Bank of America’s 7.4 percent senior subordinated debt due in January 2011 rose 3.4 cents, to 83.5 cents on the dollar. They traded at 98.9 cents about a month ago.

‘Worthless’

Trust-preferred shares of Bank of America and Citigroup were trading at less than 30 cents on the dollar and yielding more than 25 percent because investors anticipate restructuring, said Tim Anderson, chief fixed-income officer at Riverfront Investment Group in Richmond, Virginia.

“The current prices imply that the companies’ equity is worthless, the government’s investment is worthless and subordinated debt holders will lose some of their investment,” said David Darst, an analyst at FTN Equity Capital Markets in Nashville, Tennessee.

Citigroup, once the world’s biggest bank by market value, dropped below $1 in New York trading for the first time on March 6. The bank jumped 38 percent yesterday in New York Stock Exchange composite trading after saying it was having its best quarter since 2007. The stock added 6.2 percent today to $1.54, and Bank of America rose 2.9 percent to $4.93.
GMAC Debt Swap

Investors have been losing confidence that Citigroup can fully recover after more than $37.5 billion in losses and a government rescue involving $52 billion in preferred shares to boost capital and $301 billion of guarantees on mortgages, junk- grade loans and subprime-tainted securities. The Treasury on Feb. 27 agreed to convert the preferred stock it owned in Citigroup to common shares, gaining a 36 percent stake.

The sell-off in senior bank debt is “completely baseless,” according to Tim Bond, head of global asset allocation at Barclays Capital, who told clients in a note today that prices are reacting to “inchoate, illogical and poorly reasoned fear of political risk.” Prices are “cheap,” creating an opportunity to lock in attractive yields on senior bank debt that has been made more creditworthy than a few weeks ago because of the added government support, he wrote.

Any so-called “haircut” to bondholders might be patterned after the $38 billion debt swap at GMAC LLC last December, in which investors including Dodge & Cox accepted as little as 60 cents on the dollar. Reducing the debt was supposed to boost the auto and home lender’s capital ratios so it could qualify to become a bank and get access to federal bailout funds.

Debt Holders

The debt swap achieved only part of its goal after some holders refused to participate, betting correctly that the U.S. would save the Detroit-based lender anyway because its auto loans were needed to keep General Motors Corp. in business.

Most U.S. bank debt is held by insurers and foreign investors, with a small portion owned by mutual funds, said FTN’s Darst. The Investment Company Institute, a trade group representing mutual funds, doesn’t keep statistics on fund ownership of bank debt, spokeswoman Ianthe Zabel said.

Investors shouldn’t increase holdings that lack explicit government guarantees because “extreme losses” could force senior creditors to share in bailout costs, JPMorgan Chase & Co. said in a March 6 report by Srini Ramaswamy. While the scenario remains remote, owning the banks’ senior debt isn’t attractive when there’s concern about systemic risk, Ramaswamy wrote.

“We’re seeing the start of the next leg of the crisis and that’s going to be financial bondholders taking a haircut as lenders default,” Mehernosh Engineer, a London-based strategist at BNP Paribas SA, said this week. “There’s been a perception that banks’ senior bondholders are untouchable, but that’s going to change.”

Systemic Stress

Contracts on the Markit iTraxx Financial index of credit- default swaps linked to the senior debt of 25 banks and insurers were more expensive today than the Markit iTraxx Europe corporate index. That hasn’t happened since Lehman Brothers Holdings Inc. went bankrupt in September and, before that, JPMorgan’s takeover of Bear Stearns, according to BNP Paribas. It reflects “systemic stress” in the financial system. :)cool:)

Forcing bondholders to take losses could drive the cost of capital higher for banks, said Thomas Atteberry, a portfolio manager at First Pacific Advisors in Los Angeles with $3.5 billion in fixed-income assets. That’s not all bad, he said, because it may help ensure banks don’t do the same kind of “sloppy” underwriting that set off the credit crisis.

Investors who choose to lend money to banks like Citigroup, which Atteberry said was poorly run, “should share the pain of a business that’s having to write things off,” he said.
 

Yunus80

Del PIG non si butta nulla
Facciano... così finalmente faranno capire a tutti noi che bond americani non vanno comprati.
Credo che una volta chiusi i conti con ML e GE, mi sposterò sull'italiano al 100% dall'80% attuale, e spero che siano in molti a fare altrettanto.
Loro tolgono regole e controlli, loro si assegnano rating stratosferici, loro fanno casino e noi alla fine dobbiamo pagare?
Fiat. Ma spero che dopo questa, smettano di vedere soldi europei per almeno vent'anni. A questo punto, tanto vale prestarli a Chavez, la serietà è quella...
 

TheLondoner

Forumer storico
Facciano... così finalmente faranno capire a tutti noi che bond americani non vanno comprati.
Credo che una volta chiusi i conti con ML e GE, mi sposterò sull'italiano al 100% dall'80% attuale, e spero che siano in molti a fare altrettanto.
Loro tolgono regole e controlli, loro si assegnano rating stratosferici, loro fanno casino e noi alla fine dobbiamo pagare?
Fiat. Ma spero che dopo questa, smettano di vedere soldi europei per almeno vent'anni. A questo punto, tanto vale prestarli a Chavez, la serietà è quella...

straquoto...alla fine stanno dando molta enfasi alle condanne varie di Madoff ..ma è un'intera classe dirigente Usa e non solo che dovrebbe seguire Bernie...
Su Ge poi, siamo rimasti incagliati praticamente tutti...anche se sono convinto che si risolverà tutto bene.
Sul tuo switch vs l'italia... beh ... starei anche qui un po' attento...;)
 

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