Manca il progetto
di uno sviluppo diffuso
Lillo Alaimo
Assolutamente in controtendenza. E se così proseguirà, rischierà grosso.
Ci spieghiamo.
Dopo il fallimento del modello di crescita imperniato sulla corsa al consumo e l’indebitamento, le economie di mezzo mondo stanno cercando nuove strade per uno sviluppo diffuso e sostenibile.
Come molte altre, l’economia svizzera è alle soglie di un profondo mutamento strutturale, avverte uno studio fresco fresco di Credit Suisse.
E fra i settori con il miglior rapporto opportunità-rischi, quello bancario e finanziario non è ai primi posti.
Nonostante i forti scossoni, la piazza finanziaria elvetica ha retto bene; ma se gli occhi guardano avanti, sono altri i settori messi meglio. Potenzialmente messi meglio.
Per numerose banche – e citiamo nuovamente Credit Suisse, il responsabile Global Research – si prevedono ancora ingenti perdite, che assorbiranno buona parte dei loro utili nell’arco dei prossimi dieci anni.
La finanza globale sta cambiando pelle e nessuno se la sente di scommettere sul peso che essa avrà in futuro.
Le banche americane ed europee in passato sono riuscite a riprendersi dalle difficoltà finanziarie. Sono cadute e tornate a crescere.
Non è però certo, si ammonisce dall’interno degli stessi colossi bancari, che sia così anche stavolta.
Eppure…., eppure in pericolosa controtendenza il Ticino sfodera le sue carte, i suoi uomini, la sua rabbia, la sua passione politica per scendere in campo e far quadrato attorno alla piazza finanziaria luganese.
È sotto attacco, si dice, dello scudo fiscale italiano. Di un ministro, Tremonti, reo di aver fatto eseguire accertamenti in una settantina di banche svizzere in Italia (beh, dopo le scorrerie americane di Ubs, qualche preoccupazione è legittima!) e di aver fotografato le targhe di quanti, italiani, varcano la frontiera italo-svizzera
(francamente una sciocchezza che si sarebbe dovuta evitare).
In verità, ciò che alla piazza finanziaria luganese fa tremare le vene ai polsi, è la partenza di miliardi di euro depositati in Svizzera da frodatori ed evasori fiscali italiani.
Del resto, cioè degli italiani spiati in dogana e delle alte imposte romane, alla Svizzera nulla importa.
Anzi! Più alte sono, più “evasione” verso l’estero ci sarà.
Detto così, tanto per scrollarsi di dosso un po’ di ipocrisia. Per esempio anche quella dei molti che in queste settimane fanno a gara, dal Ticino, a dare lezioni di economia e finanza all’Italia.
Una task force!
È stata addirittura costituita una task force per rispondere (“duramente”, si annuncia) a Roma.
Bellinzona andrà nei prossimi giorni a Berna.
Si metterà a punto una strategia. In estremo ritardo, dato che in primavera – quando in Italia già si parlava di scudo – la piazza finanziaria luganese faceva spallucce. Ora chiede aiuto allo Stato. E lo Stato corre!
Ed eccoci al punto, alle riflessioni iniziali.
A noi piacerebbe vedere tanto fermento - cioè uguale a quello che in queste settimane ha caratterizzato la rabbia ticinese verso l’Italia - attorno ad un progetto di nuovo sviluppo. Sì, proprio così, magari un nuovo “Libro Bianco” (ricordate quello di Masoni?!). Un tentativo - condivisibile o meno, forse carico di errori o forse no - di guardare oltre l’orizzonte di domani e dopodomani.
Ci piacerebbe veder costituire una task force, non per trattenere ad ogni costo i miliardi evasi e frodati dai Brambilla italiani, ma per realizzare un nuovo modello di crescita, fatto di uno sviluppo diffuso (c’è dell’altro oltre le banche e le finanziarie); uno sviluppo cosciente del prezioso ruolo-ponte del Ticino tra nord e sud e consapevole della vicinanza di uno dei più importanti poli produttivi d’Europa, la Lombardia.
A noi piacerebbe che Berna nominasse un consulente ticinese non, come ha fatto, per studiare come calamitare a Lugano i soldi sottratti dagli evasori all’erario italiano, ma per creare un filo diretto tra la capitale e il Ticino, soprattutto ora che le ripercussioni della crisi economica e finanziaria determineranno profondi cambiamenti strutturali. E non solo nella piazza finanziaria.
Una “piazza” che deve saper dimensionarsi per vivere senza capitali neri.
Passati gli ultimi scampoli di recessione, la somma dei disoccupati, dicono gli analisti, seguiterà a crescere.
E in futuro, ad assorbire il “sangue” dei senza lavoro provocato da una folle e scriteriata finanza, non sarà certo e non sarà più una piazza bancaria capace di crescere solo se da sud arrivano capitali nascosti al fisco.
Ma sarà con altri comparti produttivi, ancora troppo negletti agli occhi della politica, e con una piazza finanziaria capace di offrire competenza e servizi di qualità (cosa che già fa); ma solo a chi il denaro non lo sottrae al fisco e, di conseguenza, agli onesti cittadini che le imposte le pagano regolarmente.
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