PIAZZA FINANZIARIA
IL TICINO DOPO LO SCUDO DI TREMONTI
ALFONSO TUOR
C'è ancora vita dopo lo scudo fiscale.
Con que­sta battuta si possono descrivere le conseguenze del­la sanatoria fiscale italiana sul­la piazza finanziaria ticinese.
È fuor di dubbio che lo scudo fi­scale ter, che molto probabil­mente verrà prorogato fino al prossimo 30 aprile con una pe­nale più elevata, ha avuto un successo superiore ai due pre­cedenti.
Infatti, stando alle no­tizie che filtrano dai ranghi del­la maggioranza parlamentare italiana, i capitali regolarizzati dovrebbero superare i 110 mi­liardi di euro (circa 165 miliar­di di franchi) e quindi supera­re abbondantemente i 73 mi­liardi dei primi due scudi mes­si assieme.
È pure evidente che i capitali regolarizzati proven­gono da molti Paesi (da San Ma­rino a Monaco, dall'Austria al Lussemburgo ecc.), ma è facil­mente ipotizzabile che la mag­gior parte sia stata regolarizza­ta a partire dalla Svizzera (ben l'80%, stando a fonti imprecisa­te citate dal quotidiano «Il Sole 24 Ore»).
Sempre secondo que­ste fonti, il 60/70% dei capitali emersi ha seguito la via del rim­patrio fisico, mentre il rimanen­te si è suddiviso tra rimpatri giu­ridici e regolarizzazioni. Un quadro preciso lo si avrà solo nei prossimi giorni grazie ai da­ti definitivi che verranno comu­nicati dal Ministero dell'econo­mia italiano.
Si impongono dunque alcune prime riflessio­ni sulle cause del successo del­lo scudo fiscale, sulle conse­guenze e soprattutto sulle pro­spettive della piazza finanzia­ria ticinese.
Il successo dell'amnistia del mi­nistro Giulio Tremonti è sicura­mente da ascrivere a numerosi fattori.
In estrema sintesi si può dire che la Svizzera e soprattut­to il Ticino sono stati stretti in una tenaglia costituita, da una parte, dagli attacchi internazio­nali contro il segreto bancario svizzero, dall'affare UBS negli Stati Uniti, dalla trasmissione a Washington dei nomi dei clien­ti americani della maggiore banca svizzera e dalla conse­guente modifica delle norme sul segreto bancario e, dall'altra parte, dalla campagna condot­ta dalla stampa italiana e dalle intimidazioni del Governo Ber­lusconi.
Gli strepiti di parte del mondo politico ticinese e di al­cuni esponenti del mondo ban­
cario non hanno assolutamente inciso su questo quadro genera­le sfavorevole.
Lo stesso vale per la tardiva discesa in campo del­la Confederazione che ha sospe­so i negoziati tra Italia e Svizze­ra sulla doppia imposizione fi­scale, che in ogni caso l'Italia sta­va cercando di tirare per le lun­ghe per non ostacolare lo scudo fiscale.
Con una battuta, che si­curamente non piacerà a molti, si è alimentato il clima di rissa voluto da Giulio Tremonti anzi­ché concentrare l'attenzione sul­la realtà delle finanze pubbliche italiane, che non vengono risa­nate grazie alle entrate dallo scu­do e che costringeranno ben pre­sto il Governo Berlusconi ad agi­re sui prelievi tributari.
I risultati dello scudo non posso­no essere comunque imputati unicamente a questo quadro di fondo.
Vi sono sicuramente an­che altre cause da tenere in con­siderazione.
Come abbiamo sempre sostenuto, per la piazza finanziaria ticinese il successo o l'insuccesso non si sarebbe do­vuto misurare sull'entità dei ca­pitali regolarizzati, ma sulla per­centuale di questi ultimi che han­no scelto di beneficiare del rim­patrio giuridico, ossia di benefi­ciare della sanatoria fiscale ita­liana, ma attraverso la formula della fiduciaria statica o della po­lizza assicurativa di continuare ad usufruire dei servizi finanzia­ri svizzeri e ticinesi.
Ebbene, an­che a questo riguardo i dati uffi­ciali non sono ancora disponibi­li, ma dalle informazioni filtrate le percentuali dei rimpatri giu­ridici variano molto da istituto a istituto e dovrebbero (la cautela è d'obbligo) aggirarsi mediamen­te a poco più di un terzo dei ca­pitali scudati.
Il quadro molto va­riegato dei rimpatri giuridici ri­flette abbastanza fedelmente il tipo di approccio seguito dai di­versi istituti nella gestione patri­moniale.
In particolare la per­centuale diminuisce man mano che il servizio offerto diviene me­no personalizzato e soprattutto fondato principalmente sulla vendita di prodotti strutturati e in fondi di fondi Hedge, in cui spesso il cliente ha accusato per­dite consistenti.
In parole pove­re, gli istituti più penalizzati sem­brano essere quelli che hanno maggiormente alterato le carat­teristiche tradizionali del Priva­te Banking elvetico, che era ba­sato sulla privacy e soprattutto su un servizio personalizzato che privilegiava l'investimento in strumenti finanziari conosciuti e comprensibili in base alla pro­pensione al rischio del cliente.
I più penalizzati appaiono dun­que coloro che hanno usato il lo­ro Private Banking come canale di vendita di prodotti finanziari sofisticati (e soprattutto molto redditizi per la banca) e che non hanno continuato a porre gran­de attenzione al rapporto tra con­sulente e cliente.
Questo scudo fiscale non è una sconfitta per la piazza finanziaria ticinese, ma è sicuramente un campanello d'allarme che è au­spicabile non venga trascurato.
È evidente che lo scudo ha fatto di­minuire i capitali in gestione in Ti­cino e che quindi è probabile che vi siano conseguenze sui livelli oc­cupazionali e anche sulla redditi­vità nei prossimi anni delle ban­che (non quest'anno, poiché pa­radossalmente le operazioni re­lative allo scudo hanno sicura­mente generato un importante in­cremento delle commissioni ban­carie).
È pure patente che la piaz­za finanziaria ticinese continue­rà a gestire consistenti capitali ed è molto probabile che molti clien­ti che hanno scelto di rimpatria­re i loro averi possano ritornare sui loro passi o ricostituire al­l'estero nuove disponibilità. Quindi, vi sono ancora ottime prospettive per la piazza finan­ziaria ticinese dopo questo scu­do fiscale.
Queste dipenderanno comunque dall'evoluzione del quadro normativo del segreto bancario e soprattutto da un rim­pensamento delle attività connes­se con la gestione patrimoniale, con l'obiettivo di far sì che il Tici­no sviluppi le sue potenzialità nel­l'offerta di servizi personalizzati di alta competenza.
Se si seguirà questa strada, lo scudo fiscale ita­liano potrà essere considerato co­me un evento benefico che ha creato i presupposti per una nuo­va fase di crescita duratura della piazza finanziaria ticinese.
Alfonso Tuor
corriere del ticino oggi