Mario Seminerio 22 gennaio 2018 Economia & Mercato,
Esteri,
Unione Europea
Le Sparkassen tedesche e la pistola fumante che non lo era
Le Sparkassen tedesche e la pistola fumante che non lo era
Nei giorni scorsi la
Banca centrale europea ha pubblicato un bollettino di ricerca in cui si fornisce evidenza di un comportamento politico, indirettamente riconducibile allo
spoils system, da parte delle banche di risparmio tedesche nell’investimento in bond sub-sovrani, cioè quelli dei Laender. Interessante evidenza del fatto che i tedeschi sono umani, dopo tutto, ma che da noi ha suscitato reazioni lievemente sopra le righe.
La
nota di ricerca, a firma dell’economista
Alexander Popov, afferma che
le banche locali tedesche, controllate dagli enti locali, tendono ad incrementare gli investimenti in titoli emessi dal proprio Land quando, in conseguenza di un’elezione, i governi del Land e della contea (traduzione inglese del termine tedesco
Kreis) cambiano colore politico. Tale condotta, secondo gli studi di Popov, non è coerente né con esigenze regolatorie né con la tendenza a comprare titoli privi di rischio quando una banca è in condizioni di pre-dissesto, né a pressione politica esplicita.
La tesi è che, in caso di cambio di colore politico di un Land e di una contea/distretto,
le banche usano acquisti di bond sub-sovrani, cioè regionali, per mantenere aperti i canali di comunicazione con i nuovi “padroni” politici, cioè attuano una sorta di lobbying.
Per inquadrare i termini della questione: la Germania è una federazione, consistente di 16 stati federali e 438 contee/distretti. In questi livelli di governo si svolgono elezioni ogni 4-6 anni ma non in modo sincronizzato, per cui tendono a verificarsi disallineamenti nella composizione delle coalizioni al potere, tra land e contea.
Oltre a ciò, serve sapere che circa un terzo del sistema bancario tedesco, in termini di attivi, è pubblico, formato da casse di risparmio locali (
Sparkassen) e istituzioni creditizie regionali (
Landesbanken), che operano a livello di stato regionale ed a volte su più stati. Questo assetto proprietario fa sì che un sindaco o un amministratore di contea sieda nel consiglio di vigilanza di queste istituzioni creditizie, e quindi il legame tra credito e politica sia diretto ed istituzionalmente esplicitato.
Poiché le elezioni a livello di Land e di contea, come detto, non sono sincronizzate, spesso vi sono situazioni di “disallineamento” politico, in cui cioè differenti coalizioni di partiti comandano a differenti livelli di governo regionale e locale. Il quadro va completato considerando che i titoli di debito statale, cioè dei Land, sono emessi mediante collocamento privato, cioè con prezzi e rendimenti non immediatamente conoscibili. La premessa di Popov è che questi
private placement possano rappresentare un momento di favore delle banche alla politica, mediante
sottoscrizione a rendimenti inferiori a quelli del mercato secondario.
Esaminando il comportamento di 455 banche pubbliche locali nel periodo 2005-2013, in cui vi sono state 32 elezioni statali e circa 600 di contea, Popov ha scoperto che
il “disallineamento politico” è positivamente e significativamente correlato alla propensione delle banche pubbliche locali a detenere debito emesso dal proprio Land. Un’elezione che rompa la connessione di una banca locale al colore politico del governo statale, determina un aumento medio del debito statale detenuto dalla banca del 42% rispetto a banche il cui colore politico è allineato a quello statale.
La conclusione, peraltro assai poco sconvolgente, è che esiste un’influenza della politica sulle banche locali, che dalla politica medesima sono controllate in modo esplicito e istituzionale. Ottimo, e quindi? Quindi ci serve un solo dettaglio: quantificare il fenomeno. I dati li troviamo -ovviamente-nel lavoro di Popov:
«Local savings banks collectively hold around 25 bln euro worth of German State bonds, which is ten times more than their holdings of German federal bonds»
Letto bene? Tutte le casse di risparmio locali, a controllo pubblico, detengono 25 (venticinque) miliardi di debito dei Laender, dieci volte più del possesso di debito federale (Bund).Ictu oculi, La cifra appare (e lo è) una quantità del tutto risibile. Per averne certezza, serve verificare a quanto ammonta l’investimento in bond statali sul totale degli impieghi delle Sparkassen. Lo vediamo sempre dallo studio di Popov: per banche “allineate” siamo tra lo 0,5% e l’1% degli attivi totali, per le “disallineate”, che pare debbano ingraziarsi il nuovo
dominus politico regionale, arriviamo sino al 2% a ben 12 trimestri di distanza dall’elezione.
Ora, anche prendendo per buona la significatività statistica dello studio di Popov e le motivazioni sottostanti, è
il quantum che è semplicemente risibile e non determinante di distorsioni rilevanti alla gestione delle banche. Parliamo di 25 miliardi e di 1% degli attivi. Se qualcuno, dopo essersi scandalizzato per questi
kattifi teteski che predicano bene e razzolano male, volesse guardare lo stock di titoli pubblici in portafoglio alle nostre banche e la loro incidenza su impieghi e capitale, si accomodi. Potrà verificare, se solo sapesse far di conto, che siamo nella classica modalità trave e pagliuzza, e la trave non è nell’occhio dei tedeschi bensì in una cavità corporea italiana.
L’esercizio di Popov in sé è suggestivo, ed anche rigoroso, nel senso che tenta di identificare e bacchettare la questione delle interferenze politiche nella gestione delle banche. Tema coessenziale alla natura umana, diremmo. E tuttavia, parliamo pur sempre di importi infimi, che sfuggirebbero senza problemi ad eventuali limiti, anche draconiani, posti al possesso di titoli sovrani o sub-sovrani. E se è vero che le Sparkassen sfuggono per ora alla supervisione Bce (e forse questo spiega l’interesse “tematico” di un economista dell’istituto di Francoforte a questo filone di ricerca), resta altrettanto vero che non siamo di fronte ad alcuna pistola fumante, perché l’entità della “distorsione” resta poco più che simbolica.
Ecco perché appare del tutto fuori luogo una titolazione come quella del
Sole, nel pezzo che ha riferito dello studio, che peraltro appare una
forzatura -parziale- del contenuto.
Se noi italiani evitassimo di lanciarci in queste crociate e di trasformarci in investigatori dei peccati altrui, sempre alla disperata ricerca di una pistola fumante che quasi sempre (come in questo caso) non esiste, forse risulteremmo complessivamente più credibili.