Recentemente è stato imposto l'obbligo di inserire nei prospetti informativi dei fondi comuni di investimento la percentuale delle commissioni di "gestione" dei fondi che viene retrocessa alla reti di distribuzione degli stessi.
Stiamo parlando, si badi bene, non delle commissioni di sottoscrizione, bensì della commissione
continuativa che (almeno in teoria, a giudicare dal nome) dovrebbe coprire il servizio di gestione del denaro conferito.
Dai prospetti informativi si evince che la stragrande maggioranza di queste commissioni vengono rigirate ai venditori (sportelli bancari, reti di promotori finanziari, ecc.).
Nei casi dei grandi gruppi bancari, questa percentuale di retrocessione si aggira intorno all'80%.
In alcuni casi si arriva a superare il 90% (SanpaoloIMI Am ad esempio retrocede il 92,1%)! Per i gestori più "indipendenti" questa percentuale oscilla intorno al 60% (Anima: 62,%, Azimut 63,4%). Per la parte maggioritaria della cosi' detta industria del risparmio gestito, le commissioni di gestione, in larga maggioranza, non servono a gestire i soldi affidati dagli investitori ai gestori bensì a pagare i venditori che li hanno persuasi ad investire in quel fondo invece che in prodotti efficienti.
Un investitore che affida ad un fondo comune d'investimento, ad esempio, 100.000 euro pagherà, mediamente, circa 1.500 euro all'anno di commissioni, così dette, di "gestione".
Di questi, 1.500 euro all'anno, solo 300 euro andranno ai gestori (che dovranno pagare non tanto i gestori, quanto tutta la parte amministrativa della società di gestione), e 1.200 andranno ai distributori.
Quale servizio viene erogato dai distributori in cambio di questo esborso continuativo?
Nella maggioranza dei casi: nessuno o quasi.
Nel caso degli sportelli bancari (che hanno la quota più importante del mercato) il servizio è totalmente assente, nel caso dei promotori finanziari dipende molto dal caso specifico, ma mediamente si può affermare senza ombra di dubbio che non vi è un servizio di consulenza continuativa che possa, in qualche modo, giustificare la commissione annuale.
Si dimostra, ancora una volta, che la così detta industria del risparmio gestito si fonda su una colossale presa in giro dei clienti.
La "favola" della gestione professionale del risparmio è niente di più che una scusa per mettere le mani nelle tasche degli investitori, grazie alla loro ignoranza.
L'unica difesa, come diciamo sempre, è l'informazione.
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