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COS'E' IL REDDITO DI CITTADINANZA
Nel corso del tempo l’idea di reddito di cittadinanza ha assunto diverse forme e diversi modelli di applicazione.
La sua storia è cominciata nel 1797 con l'opera del filosofo inglese Thomas Paine, che l'ha proposta per la prima volta nel suo testo dal titolo La giustizia agraria.
E’ stata poi ripresa da filosofi ed economisti di diverse estrazioni politiche e culturali, da socialisti come Joseph Charlier a liberali come Milton Friedman e Friedrich von Hayek.

E' UN REDDITO INCONDIZIONATO
Il tratto comune a tutti i modelli proposti, almeno nelle sue versioni più moderne, è che il reddito di cittadinanza è
"un reddito erogato in modo incondizionato a tutti, su base individuale, senza alcuna verifica della condizione economica o richiesta di disponibilità a lavorare" (Basic Income Earth Network).

Per entrare un po' di più nel dettaglio vediamo quali sono le caratteristiche principali che l'idea di reddito di cittadinanza ha assunto nel corso del tempo:
  • prestazione monetaria elargita a scadenza regolare;
  • finanziato con le tasse;
  • non viene a sua volta tassato;
  • per riceverlo basta essere cittadini (o residenti regolari);
  • viene dato agli individui (e non alle famiglie, ad esempio);
  • viene erogato a prescindere da reddito del beneficiario;
  • non dipende dalla disponibilità a cercare un lavoro.

Il reddito di cittadinanza è quindi una prestazione monetaria, un trasferimento in denaro e non in natura,
dove con natura si deve intendere servizi come sanità, istruzione, eccetera.
Viene finanziato da una tassa sui redditi riformata, dove però non sono più possibili deduzioni o detrazioni fiscali.
In molte proposte l'aliquota marginale di imposta è costante (flat rate). Ma non viene a sua volta tassato.

NON E' OBBLIGATORIO PARTECIPARE A CORSI DI FORMAZIONE
Il reddito di cittadinanza viene elargito su base individuale in modo da accompagnare tutta la vita del beneficiario.
Per riceverlo non è necessario partecipare a nessun programma di reinserimento sociale o lavorativo.

Nelle sue forme più estreme il reddito di cittadinanza diventa un trasferimento unico,
nel senso che incorpora tutti gli altri tipi di trasferimento monetario dallo stato ai cittadini, sia di tipo previdenziale che assistenziale.
La pensione, ad esempio, sarebbe parte del reddito di cittadinanza.

E' stato anche chiamato reddito di base, nelle versioni che vogliono estenderlo anche ai non cittadini,
come ai residenti regolari da un numero prefissato di anni.
La locuzione reddito di base vuole appunto sottolineare l'estensione oltre la cittadinanza.


IN COSA SI DIFFERENZIA DAL REDDITO MINIMO GARANTITO
Il reddito di cittadinanza non deve essere confuso con il reddito minimo garantito.
Quest'ultimo è una forma di trasferimento economico che dipende dalle condizioni di reddito e/o di patrimonio del potenziale beneficiario.
E dalla disponibilità a intraprendere percorsi di reinserimento lavorativo.
Forme di sostegno al reddito con queste caratteristiche sono previste da quasi tutti i sistemi di welfare state.

In Italia, ad esempio, è stato da poco istituito il Reddito di Inclusione sociale (REI),
che dal 1° gennaio del 2018 è diventato lo strumento unico per la lotta alla povertà.
Il REI verrà assegnato a chi presenterà alcuni requisiti di tipo economico, la così detta prova dei mezzi.
E che accetterà di seguire programmi di integrazione lavorativa e sociale.
E' quindi uno strumento selettivo, una integrazione di reddito rivolta solo ad alcuni.

Altra forma di sostegno al reddito non universale sono gli Assegni familiari.

LA PROVA DEI MEZZI
Con prova dei mezzi si intende una serie di procedimenti che servono a verificare se le condizioni economiche
di un individuo o di una famiglia siano inferiori a un livello prestabilito.
Questo livello minimo è a sua volta definito da una serie di indicatori che riguardano di solito il reddito e il patrimonio.

Come ad esempio il reddito individuale e familiare, il patrimonio immobiliare (case e terreni) e mobiliare (titoli finanziari, conti bancari, eccetera).
Se dopo la prova dei mezzi risulta che la situazione economica del possibile beneficiario è inferiore al livello stabilito,
quest’ultimo avrà allora diritto alla prestazione prevista, che sia un trasferimento di denaro o la prestazione di un servizio.
 
Forse siamo arrivati al capolinea dei seggi .....

Com'è noto alle elezioni Politiche del 4 marzo hanno votato anche gli italiani residenti all'estero, scegliendo 12 deputati e sei senatori.

I risultati definitivi assegnano quattro parlamentari a due forze lontane dai radar della politica del Belpaese,
anche se non è la prima volta che si presentano alle urne.

Stiamo parlando di Maie (Movimento associativo italiani all'estero) e Usei (Unione sudamericana emigrati italiani).

Maie ha conquistato 104.538 voti alla Camera (9,68%), e 107.879 voti al Senato (10,88%). Questi voti gli hanno fruttato un deputato e un senatore.

Stesso risultato, in termini di seggi, per Usei, che però ha portato a casa meno voti: 65.363 alla Camera (6,05%) e 65.069 al Senato (6,56%).
 
Prove d'inciucio a livello locale........ 24 su 50....chissà dove cercherà i voti zingaretti che non ha la maggioranza .........chissà dove.....

Al momento si può tracciare una prima composizione di come dovrebbe essere il nuovo Consiglio regionale del presidente riconfermato:

Pd 18 consiglieri,
Lista Zingaretti 3,
LeU 1,
+Europa 1
Centro Sociale 1;

M5s 10;

FI 6,
Lega 4,
FdI 3
Noi con l'Italia 1
Energie per l'Italia 1;
Pirozzi 1
 
Eccolo qui. Intriso di panna montata..........c'avevi la tuta ? Chi sei per entrare.
Pure chi ha scritto l'articolo ......perchè questa E' una notizia ?

Piccola disavventura per Niccolò Moriconi, in arte Ultimo, il vincitore di Sanremo Giovani 2018 con "Il ballo delle incertezze".

Come lo stesso cantante racconta tramite Instagram, poche sere fa era in compagnia di alcuni amici.
Con l'intenzione di divertirsi e passare in allegria una delle poche serate che, ormai famoso, ha Niccolò,
il gruppo decide di andare in un locale, di cui non è specificato il nome, in via Nomentana, a Roma.
All'entrata però arriva la brutta sorpresa. Ultimo e il resto della compagnia non vengono fatti entrare. Respinti all'ingresso.

"Ci hanno detto che non potevamo entrare perché avevamo la tuta - spiega il 22enne di San Basilio, periferia Est della Capitale -
In quei locali mettono pure le mie canzoni, 'sto locale. Non le mettete più è meglio".
Da buon romano, il giovane talento decide di non prendere troppo seriamente la cosa e chiude la polemica con un liberatorio "Sti c***i".
 
Capisco che c'è libertà di pensiero ed espressione. Per carità.
Però io - fossi in Lei - mi asterrei da commentare. Cercherei l'anonimato.
Perchè se penso a quel che prende Lei di pensione, ma ancora di più alla figlia.......
il sangue ribolle dentro.

ROMA – A volte ritornano, purtroppo per gli italiani aggiungerei.
Dal baule dei brutti ricordi riaffiora Elsa Fornero, questa volta lo fa per attaccare Matteo Salvini
commentando
con “Fanpage” i risultati delle elezioni politiche del 4 marzo.

“Io ho sempre pensato che Salvini fosse il tipico imbonitore politico, quello che promette sapendo di non poter mantenere.
La società è un organismo estremamente complicato e chiunque andrà al governo si accorgerà di quanto sia difficile risolvere i problemi.
Spero di non vedere Salvini messo alla prova. Ma gli elettori si sono espressi e così funziona la democrazia.
Salvini dice ‘abolisco questo, abolisco quell’altro’, ma il suo è solo semplicismo e anche un ritorno al passato”.

Ovviamente l’attacco dell’ex ministro del Governo Monti non è casuale,
visto che tra i tre punti principali del programma leghista di Matteo Salvini c’è proprio l’abolizione della riforma che porta il suo nome.
La riforma del sistema previdenziale, quella Fornero, che aveva gettato nella disperazione più totale diverse migliaia di italiani
che vedevano il traguardo della pensione a portata di mano, ma che si sono ritrovati a dover allungare di alcuni anni.
 
La figlia del ministro Elsa Fornero, Silvia Deaglio, può vantare sicuramente un profilo prestigioso e una carriera accademica di tutto rispetto.

Nasce nel 1974, ed a 24 anni ancora incompiuti è già laureata in una delle facoltà più complesse da punto di vista degli studi in Italia, la facoltà di medicina.
Si laurea quindi con ben quattro anni di anticipo rispetto all’80% degli studenti italiani.

Nel 2002 la giovane ragazza si specializza in oncologia e nel 2006 ottiene un prestigiosissimo dottorato in genetica umana.

Tra le tante soddisfazioni ottenute in campo lavorativo, è da segnalare l’incarico ottenuto presso il noto
Beth Israel Deaconess Medical Center di Harvard, sicuramente tra i college più celebri di Boston.

Ma non è finita qui, diventata infatti, anche responsabile della ricerca alla Hugef, una fondazione che si occupa ed è specializzata nel campo della genetica.
Alcune delle sue ricerche sono state finanziate economicamente dalla Compagnia di Sanpaolo, che è la prima azionista della banca Intesa Sanpaolo,
di cui sua madre era vicepresidente.

Meritocrazia o raccomandazione?

Interrogata dai giornalisti la Deaglio ha risposto: “Il mio curriculum parla chiaro”.
 
Poverina. D'altra parte faceva parte dell'entourage dell'abbronzato.

Cosa ha determinato l’esito del voto anti-establishment italiano?
La serie infinita di flop della sinistra italiana?
Un’immigrazione senza controllo?
La disoccupazione giovanile?

Secondo i liberal americani la risposta viene ancora una volta dall’estero e precisamente dalla Russia.
Chi accusa Mosca di aver interferito con i nostri processi politici ed elettorali è Samantha Power,
personalità di spicco dell’amministrazione Obama nonché ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite dal 2013 al 2017.

Condividendo su Twitter un articolo del quotidiano spagnolo El Pais sul tema dell’immigrazione nel nostro Paese, l’esponente democratico scrive:

“L’Italia si accoda alla lunga lista di elezioni influenzate dalla Russia. Sputnik fa quello che deve fare Sputnik.
La domanda è: cosa faranno le nostre democrazie al riguardo? Gli elettori ripudiano i candidati che cercano di beneficiare dell’interferenza russa?”.

È l’ennesimo tassello di una strategia mediatica portata avanti dai democratici americani dal Russiagate in avanti.
 
L’articolo del quotidiano spagnolo condiviso da Samantha Power prende in esame i social media in Italia
e sostiene che Sputnik e presunti troll russi, a cui i democratici attribuiscono qualsiasi tipo di abilità,
compresa quella di imporre determinate tematiche al centro del dibattito politico,
abbiano radicalizzato l’opinione degli italiani sull’immigrazione.

Tesi che non tiene minimamente conto che il nostro paese che è la destinazione primaria dei migranti che partono dalla Libia attraverso il Mar Mediterraneo.
E non sono necessari troll russi per comprendere che il popolo italiano, lasciato solo dall’Europa nella gestione dei flussi migratori,
chiede maggiore sicurezza e delle politiche severe e stringenti sull’immigrazione.

La stessa Samantha Power, convinta sostenitrice degli “interventi umanitari” dalla Jugoslavia in avanti, non è affatto esente da responsabilità.

Durante il suo mandato come membro del Consiglio di sicurezza nazionale e successivamente presso l’Onu,
ha caldeggiato e supportato l’intervento militare contro la Libia di Gheddafi, destabilizzando l’intera area con conseguenza devastanti proprio per il nostro Paese.

L’esponente democratico ha inoltre sostenuto la necessità di armare le milizie ribelli in Siria,
aggravando una guerra per procura che dura da sette lunghi anni, con milioni di sfollati, ed era pronta a supportare un’invasione occidentale della Siria in stile Iraq.
 
Ops....che strano. Non trovo rilevanza a questa notizia dai giornalai di sinistra.

Chissà se è stato un colpo sfuggito di mano o un clamoroso errore di persona o cos'altro:
ma la bastonata che il 18 gennaio 2015 a Cremona spedì in coma il militante antagonista Emilio Visigalli va catalogata indubbiamente come «fuoco amico».

A colpire violentemente Visigalli (netturbino in provincia di Lodi, da sempre militante dell'ultrasinistra) sul lato destro del cranio,
rischiando di ammazzarlo, non fu un neofascista di Casa Pound ma uno dei suoi stessi compagni,
uno del gruppone del centro sociale «Dordoni» accorso per dare una lezione ai rivali.
Due sabati dopo, per «vendicare» Visigalli, la tranquilla Cremona fu messa a ferro e fuoco dagli autonomi calati da tutta la Lombardia.
Peccato che a colpire l'uomo fosse stato uno dei loro.

In tribunale a Cremona è in corso il processo a esponenti di entrambi i fronti: sul banco degli imputati siedono sia i «rossi» del «Dordoni» che i «neri» di Casa Pound.
Ed è nell'ultima udienza del processo che è stata interrogata una testimone oculare del pestaggio di Visigalli.
Era già stata sentita tre volte, durante le indagini preliminari e aveva sempre raccontato la stessa versione.
Ma ora il suo racconto fa irruzione nell'aula del processo rischiando di ribaltarne l'esito.

Tutto accade all'esterno del bar Matisse, vicino allo stadio di calcio.
Un gruppo di neofascisti, andando a vedere il derby Cremona-Mantova, passa di lì: e appiccica uno po' di adesivi di Casa Pound sulla porta (chiusa) del «Dordoni»,
il centro sociale che sta lì accanto, covo da anni dell'ultrasinistra.
Mentre si gioca la partita, tra i militanti del centro sociale parte il tam tam, la chiamata a raccolta per rispondere alla provocazione aspettando i «fasci» al termine della partita.
Così avviene. E a uscirne peggio di tutti è il non più giovane (cinquantun anni) Visigalli.
Che però, appena si riprende dal coma, prima ancora di venire dimesso dall'ospedale, si dà ad organizzare la rappresaglia: per questo finisce anche lui arrestato e sotto processo.

Martedì, in aula, arriva una donna che era allo stadio per i fatti suoi, una signora né di destra né di sinistra,
che quando scoppia il parapiglia si ritrova accanto ai contendenti. Il suo ricordo è netto:

«Ho visto quell'uomo, era a circa sette metri da me. A colpirlo con un bastone è stato uno con il casco integrale che era dietro di lui,
spostato un po' sulla destra, e infatti lo ha preso sul lato destro. Lui ha barcollato un po', poi è crollato».

Il dettaglio del casco è decisivo, perché a indossare i caschi erano solo quelli del centro sociale.
La testimone non sa dire se il colpo partì apposta o per sbaglio, ma sull'autore non ha dubbi.
 

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