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ERF (European Redemption Fund) e MES (Meccanismo Europeo di Stabilità)
Pubblicato su 28 Agosto 2014 da frontediliberazionedaibanchieri in ECONOMIA
Questo articolo è a cura dell’Avvocato Giuseppe Palma del Foro di Brindisi. Appassionato di storia e di diritto, ha sinora pubblicato numerose opere di saggistica a carattere storico – giuridico.

ERF (European Redemption Fund) e MES (Meccanismo Europeo di Stabilità)
Nell’aprile di quest’anno ho scritto e pubblicato un breve articolo [1] attraverso il quale ho svolto alcune argomentazioni in merito alle principali conseguenze economico-sociali cui conduce (o, meglio, condurrà) il Fiscal Compact (Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria).
Ciò detto, se si considera che l’apparato eurocratico vuole introdurre un ulteriore meccanismo denominato ERF (European Redemption Fund, ossia Fondo Europeo di Redenzione), la situazione dell’Eurozona si fa ancora più preoccupante. Tale nuovo meccanismo, ben peggiore sia del Fiscal Compact che del MES (quest’ultimo lo vedremo più avanti), prevede che ciascuno Stato dell’Eurozona faccia confluire la parte eccedente il 60% del proprio rapporto debito pubblico/PIL in un apposito fondo, l’ERF.
In pratica, leggendola così, sembrerebbe una mano dal cielo (infatti l’Italia si vedrebbe liberata del 73% del proprio rapporto debito pubblico/PIL), ma l’inganno è dietro l’angolo.
Per quali motivi filantropici qualcuno dovrebbe garantire debiti pubblici altrui?
E soprattutto, come farebbe l’ERF a garantire cifre così alte?
Attraverso un intervento della BCE? Macché! Sarà sempre il popolo a pagare, e cerco di spiegare in che modo: ciascuno Stato dovrebbe garantire la propria parte di debito versata nel Fondo sia attraverso i propri asset pubblici sia tramite una percentuale di tasse riscosse a livello nazionale.
Tale Fondo, successivamente, emetterebbe bonds europei a scadenza ventennale, massimo 25 anni. In questo lasso di tempo tutti gli Stati aderenti avrebbero comunque l’obbligo di ridurre il proprio rapporto debito pubblico/PIL al 60%, quindi – usando una terminologia più semplice – ciascuno Stato, nell’arco di 20-25 anni, dovrebbe restituire al Fondo quanto in precedenza dal Fondo stesso garantito (si fa per dire, visto che le garanzie sarebbero comunque fornite dagli Stati stessi sia attraverso i propri “gioielli di famiglia” che tramite una parte delle tasse prelevate ai cittadini).
Quindi, qualora non fosse ancora chiaro il meccanismo dell’ERF, cercherò di essere più esplicito: l’Italia (ma anche altri Paesi soprattutto del sud Europa) si troverebbe costretta non solo a dare in pegno il proprio tesoro pubblico, ma addirittura a far confluire in questo Fondo comune una parte degli introiti derivanti dalla tassazione, con la conseguenza che – nell’ipotesi in cui non riuscissimo a ridurre il nostro rapporto debito pubblico/PIL in 20-25 anni dall’attuale 133% al 60%, ecco che l’ERF (ma in realtà chi ha deciso di acquistarci a prezzi stracciati) potrà prendersi gratuitamente i nostri pezzi migliori, dopo che magari si è già preso anche una parte consistente delle tasse che i cittadini hanno faticosamente pagato non per ricevere in cambio un servizio ma per compiacere, e garantire, gli interessi della nuova dittatura europea.
Per quanto riguarda il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità o altrimenti detto Fondo salva-Stati), esso nasce come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro e fu istituito nel marzo 2011 dalle modifiche al Trattato di Lisbona. La sua entrata in vigore, prevista inizialmente per la metà del 2013, fu anticipata dal Consiglio Europeo del 9 dicembre 2011 al luglio 2012.
Il fondo è stato creato sia per emettere prestiti sia per acquistare titoli sul mercato primario (tuttavia è prevista la possibilità di acquistare titoli anche sul mercato secondario) in favore dei Paesi che si trovino in maggiori difficoltà, con il fine di assicurare loro assistenza finanziaria. Il tutto a condizioni severissime tali da esautorare quasi del tutto la sovranità degli Stati che ne facessero richiesta. In pratica un pesantissimo strumento di “strozzinaggio” legalizzato.
Tale meccanismo chiede agli Stati membri di versare un anticipo complessivo di 80 miliardi di euro, partecipandovi ciascuno in base alla propria quota parte. La nostra è del 17,91% e quindi l’anticipo richiesto, da saldare in cinque tranche, è di ben 14,32 miliardi. Tuttavia, con grande velocità (che non viene altrimenti utilizzata per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione) l’Italia ne ha già pagati 10.
Il MES ha un capitale autorizzato di 700 miliardi di euro di cui solo 80 sono versati – a titolo di anticipo – dagli Stati membri: i rimanenti 620 miliardi saranno raccolti (se necessario) attraverso apposite emissioni di obbligazioni sul mercato. A tal proposito, ed è bene ricordarlo, l’Italia partecipa al MES con una sottoscrizione di capitale pari ad euro 125.395.900.000,00. Il Trattato istitutivo del MES prevedeva che il pagamento dell’anticipo del capitale (per noi 14,32 miliardi di euro) sarebbe dovuto avvenire in 5 rate annuali, ma l’eurogruppo – nella riunione del 30 marzo 2012 – decise che il pagamento deve essere completato entro la metà del 2014.
Ricorda il lettore la semi-finale del Campionato Europeo di calcio 2012 tra Italia e Germania? Bene, si ricorderà quindi anche i titoloni dei principali quotidiani nazionali e gli elogi che non si risparmiavano nei più accreditati talk-show televisivi per i due “super-Mario” nazionali, ossia Mario Balotelli per aver segnato due goal alla Germania e Mario Monti, all’epoca Presidente del Consiglio dei Ministri, per aver “ottenuto” al tavolo europeo che i fondi salva-Stati (e più nello specifico proprio il MES che andava a regime a luglio 2012 con una dotazione di 500 miliardi di euro) venissero utilizzati per ricapitalizzare le banche spagnole, inguaiate dallo scoppio della bolla immobiliare, e per sostenere i titoli di Stato sia italiani che spagnoli.
Peccato che in troppi si dimenticarono di evidenziare che l’allora nostro Presidente del Consiglio aveva promesso misure per la riduzione degli spread correnti, mentre riuscì ad ottenere soltanto che gli interventi si sarebbero potuti attivare solo in caso di peggioramento; inoltre, in parecchi omisero di dire anche che la procedura era (ed è) attivabile solo su richiesta dello Stato che ne avesse (ne abbia) eventualmente bisogno e non in modo automatico, quindi sarebbe stato (ed è) in ogni caso necessario sottostare a cosiddetti “memorandum d’intesa”.
Non è un caso, infatti, che l’Italia – nonostante avesse in quel periodo uno spread traballante al rialzo – sia sempre stata lontana dal farne richiesta, tant’è che il differenziale tra BTP e BUND si è ugualmente ridotto, e non di certo grazie al tavolo europeo dell’estate 2012. Ciò premesso, al fine di smascherare l’imbroglio dello spread, voglio ricordare che il differenziale tra il rendimento dei nostri BTP e il rendimento dei BUND tedeschi (che ha messo sotto ricatto il nostro Paese a partire dal giugno 2011), si forma esclusivamente sul mercato secondario, quindi in relazione a quei titoli di Stato già in circolazione (cioè transazioni tra privati che non influiscono direttamente sulla finanza pubblica) e non a quelli oggetto delle aste mensili indette dal Tesoro (mercato primario); con l’importantissima precisazione che il MES è stato creato per acquistare soprattutto titoli sul mercato primario (pur prevedendo la facoltà di acquistare titoli sul mercato secondario). E’ bene ricordare che i costi che lo Stato sostiene per il servizio del debito sono quantificati unicamente dalle aste mensili indette dal Tesoro (mercato primario), quindi tutta la vicenda legata allo spread meritava sicuramente un approfondimento scientifico più ampio e, sicuramente, più oggettivo!
Avv. Giuseppe Palma del foro di Brindisi

[1] Giuseppe Palma, Il Fiscal Compact. Forse non tutti sanno che…, Rivista giuridica elettronica denominata “Diritto & Diritti” – sezione Diritto Internazionale –, articolo pubblicato il 10 aprile 2014 e reperibile sul sito internet: IL FISCAL COMPACT Forse non tutti sanno che? :: Diritto & Diritti
 
Wall Street e le fonti finanziarie del Nazionalsocialismo
di Roberto De Mattei, dalla rivista "Cristianità" nr. 28-30 del 1977
Troppo spesso gli storici sembrano dimenticare le origini anche finanziarie dei movimenti e delle organizzazioni politiche di cui affrontano lo studio. La letteratura così abbondante, e talvolta inutile, fiorita attorno ai due maggiori fenomeni rivoluzionari di questo secolo - il comunismo e il nazionalsocialismo -, è estremamente avara di elementi in proposito; e la negligenza appare tanto singolare da essere sospetta, quando tale studio lascia emergere imprevedibili e sconcertanti ascendenze finanziarie convergenti tra realtà politiche e culturali che si vorrebbero irriducibilmente antitetiche. Più esplicitamente: alla nascita e allo sviluppo del nazional-socialismo risultano strettamente legati gli stessi uomini e gruppi finanziari che offrirono il sostegno economico decisivo alla Rivoluzione d'Ottobre.
IL SUPERCAPITALISMO INVADE L'ECONOMIA DI WEIMAR
Va premesso che al prof. Sutton mancano le grandi linee del quadro che vede lo scontro decisivo della nostra epoca nella lotta tra le forze della Rivoluzione e quelle della Contro-Rivoluzione (2). Ma il pregio della sua opera è costituito dalla serietà documentaria, dal rigore scientifico, dal tono equilibrato, dalla prudenza nel giudizio: qualità assolutamente necessarie per affrontare problemi tanto facilmente fuorvianti. Le pagine di Sutton offrono dunque un contributo circoscritto ma prezioso alla storia "occulta" dell'espansione rivoluzionaria nel nostro secolo. Nella prima parte del suo volume lo studioso americano dimostra che l'ascesa del nazionalsocialismo, il suo consolidamento e il suo stesso imponente sforzo bellico sono strettamente legati all'assistenza economica e tecnologica offerta fin dagli anni Venti da Wall Street alla Repubblica di Weimar.Wall Street organizzò, non disinteressatamente, i due programmi di prestiti noti sotto i nomi di "piano Dawes" (1924) e "piano Young" (1928). Non a caso, osserva Sutton, i negoziati per la "ricostruzione" videro al tavolo delle trattative, da una parte banchieri come Charles Dawes e Owen Young, notori esponenti dell'Establishment supercapitalista, dall'altra il presidente della Reichsbank Hjalmar Horace Greeley Schacht (3). legato all'Establishrnent da vincoli familiari, l'uomo che si rivelò il "legame chiave tra l'élite di Wall Street e il circolo più chiuso di Hitler" (4).

Accanto a quello dei "cartelli" tedeschi, non va dimenticato il ruolo delle multinazionali americane, come la General Electric, la Standard Oil of New Jersey è la International Telephone and Telegraph (l.T.T.). La General,Electric, che controllava in Germania la Allgemeine Elektricitäts Gesellschaft (A.E.G.) e la Osram, negli stessi anni in cui si assicurava il monopolio della produzione elettrica sovietica, offriva il suo contributo determinante allo sviluppo dell'industria elettrica nazional-socialista. La Standard Oil of New Jersey assicurava all'industria nazionalsocialista la sua assistenza per la produzione della benzina sintetica, che avrebbe risolto gran parte dei problemi logistici tedeschi durante la guerra; la I.T.T., oltre a una partecipazione di quasi il 30% nell'industria aeronautica Focke-Wolfe, alla quale si devono alcuni tra i migliori aerei da combattimento tedeschi della seconda guerra mondiale,attraverso il banchiere nazional-socialista Kurt von Scröder, che curava gli interessi della multinazionale americana in Germania, finanziò regolarmente, dal 1932 al 1944, lo stesso Himmler e l'ambiente economico legato alle SS.
Fino al 1944 gli stabilimenti dell'A.E.G. e delle altre industrie collegate con le multinazionali americane (Sutton riporta statistiche ed esempi, come gli impianti dell'A.E.G. a Koppelsdorf o a Norimberga)furono misteriosamente risparmiati; con l'ovvia conseguenza di un continuo incremento della produzione elettrica tedesca.

In tutto, un totale di tre milioni di marchi, sottoscritto da importanti imprese e uomini di affari tedeschi, ma soprattutto dalle multinazionali tedesco-americane, fu versato,attraverso la Delbruck Schickler Bank, al Nationale Treuhand,amministrato da Rudolf Hess e da Hjalmar Schacht. Lo stesso Schacht aveva organizzato lo storico incontro del 20 febbraio 1933, in casa di Goering, allora presidente del Reichstag, in cui Hitler aveva presentato i suoi piani agli esponenti dell'alta finanza tedesca. La maggiore sovvenzione (circa il 30% del totale) fu versata dall'I.G.Farben:500 mila marchi, a cui si possono aggiungere altri 200 mila marchi,versamento personale di un suo dirigente, A. Steinke della Bubiag. Vale la pena ricordare che l'I.G. Farben, creata da Herman Schmitz nel 1925 grazie ai prestiti americani, contava tra i suoi dirigenti negli Stati Uniti alcuni tra i più influenti uomini di Wall Street, come Edsel B. Ford della Ford Motor Company, C. E. Mitchell della Federal Reserve Bank di New York e Walter Teagle, della Federal Reserve Bank di New York e della Standard Oil Company of New Jersey,amico e consigliere del presidente Roosevelt.Ma il capitolo più interessante del volume di Sutton è forse quello dedicato a un misterioso volumetto su Le fonti finanziarie del nazional-socialismo (7)apparso in Olanda nel 1933 sotto il nome di Sidney Warburg e poi improvvisamente scomparso dalla circolazione. Sutton è riuscito a rintracciarne una delle sole tre copie apparentemente sopravvissute e ce ne offre un articolato riassunto. Il libro, che si presenta come una sorta di "diario" di un esponente di Wall Street deluso dagli intrighi del mondo supercapitalista, è diviso in tre capitoli, rispettivamente intitolati "1929", "1931" e "1933".
Il primo descrive una riunione segreta dell'alta finanza, americana svoltasi nel giugno del 1929.
Il problema sul tappeto era quello delle pesanti richieste francesi di riparazioni di guerra che ostacolavano la cooperazione economica tra la Repubblica di Weimar e Wall Street. Secondo i presenti, per liberare la Germania dal ricatto economico francese si sarebbe dovuto ricorrere a una rivoluzione,comunista o nazionalista. In una riunione successiva si optò per la seconda soluzione e a un giovane banchiere israelita presente, "Sidney Warburg", venne affidato l'incarico di stabilire un contatto con l'uomo politico prescelto: Dopo alcune difficoltà iniziali,riuscì a incontrare Hitler a Monaco. Wall Street offrì al leader nazional-socialista, tramite Warburg, dieci milioni di dollari. La somma fu pagata attraverso la banca Mendelsohn di Amsterdam, che emise assegni in marchi incassati da dirigenti nazionalsocialisti in dieci diverse città tedesche.
Qualche settimana dopo la stampa americana cominciò a interessarsi del nazionalsocialismo e il New York Times iniziò a pubblicare regolarmente brevi resoconti sui discorsi di Hitler (8). Il secondo capitolo del libro descrive un'altra riunione dell'alta finanza,svoltasi nell'ottobre 1931 in seguito a una richiesta di aiuto economico dello stesso Hitler. Le opinioni, questa volta, furono discordanti. Mentre alcuni finanzieri (tra cui Rockefeller) si dimostrarono favorevoli alla nuova sovvenzione, altri, tra cui Montagu Norman della Banca d'Inghilterra,si dissero contrari, sostenendo che Hitler non sarebbe mai riuscito a impadronirsi del potere. Fu stanziato, tuttavia, un nuovo finanziamento e Warburg riprese la strada della Germania. A Warburg Hitler disse che si presentavano per il suo movimento due possibili vie di conquista del potere: una via rivoluzionaria, che avrebbe avuto bisogno di tre mesi di tempo e sarebbe costata 500 milioni di marchi, e una via legale,che avrebbe richiesto tre anni e 200 milioni di marchi. Wall Street preferì la seconda via, assicurando un finanziamento di 15 milioni di dollari, pagati anche in questo caso da banche diverse, in città diverse, per disperderne ogni traccia.

Il terzo capitolo del libro riferisce l'ultimo incontro di Warburg con Hitler,la notte dell'incendio del Reichstag. Hitler informò il suo interlocutore dello sviluppo del suo partito e chiese un nuovo finanziamento di 7 milioni di dollari, pagato attraverso i consueti canali.Fin qui il contenuto del volume, che si conclude con note amare sul mondo di Wall Street e sul futuro di Hitler da parte del presunto Sidney Warburg. Dico "presunto" perché, poco dopo l'apparizione dei libro, il 24 novembre 1933, una nota sul New York Times smentì categoricamente che l'autore delle pagine fosse Felix Warburg o altro appartenente alla nota famiglia di banchieri tedesco-americani. L'"inesistenza" dell'autore fu, apparentemente, il motivo che portò al ritiro dalla circolazione del volume, la cui storia non è comunque esaurita.L'apparizione, dopo la guerra, di due libri, Spanischer Sommer (9) di René Sonderegger e Lieber Euere Feinde (10) di Werner Zimmermann, in cui si rievocava il misterioso volumetto, provocò una nuova reazione dei Warburg. James Paul Warburg, figlio di Paul, in un affidavit, in una testimonianza giurata pubblicata in appendice alle Memorie di Franz von Papen (11), pur ammettendo di conoscere il volumetto solo dal resoconto di Sonderegger e Zimmermann, smentì nuovamente l'esistenza dell'autore e il presumibile contenuto.A questo punto però, anche ammesso che Sidney Warburg non sia mai esistito, il che è probabile, resta straordinaria attinenza dei particolari rivelati nel libro, certamente sconosciuti al grande pubblico nel 1933, con risultati delle ricerche di Sutton. Resta, osserva lo stesso Sutton,"l'incontrovertibile evidenza che alcuni Warburg, compreso il padre di James Paul [...] furono dirigenti dell'I.G. Farben e si sa che la I.G. Farben ha finanziato Hitler. Se Sidney Warburg è un mito, i direttori della Farben Max e Paul Warburg non lo sono" (12). Resta, infine, il mistero, osserva ancora Sutton, del motivo per cui un ebreo come James Paul Warburg abbia deciso di smentire a quindici anni della sua apparizione, un libro che afferma di non avere letto, scegliendo come veicolo proprio le memorie di un noto gerarca nazional-socialista come von Papen (13).
Va aggiunto, a titolo informativo, un particolare ricordato da Sutton.

LA CHIAVE NELLE ORIGINI "ESOTERICHE" DEL NAZIONALSOCIALISMO?
La lettura del libro di Sutton stabilisce alcune certezze e pone molti interrogativi. Le certezze sono le conclusioni di Sutton: il socialismo sovietico, il New Deal socialista e il nazionalsocialismo, versioni diverse del collettivismo moderno, furono finanziati da uno stesso "clan" supercapitalista. Gli interrogativi riguardano le vere origini, la natura e i reali fini di questo "clan", che sembra inadeguato ridurre a una personificazione dei "profitto" nei tempi moderni. Lo stesso Sutton,nella prefazione al suo volume, ci offre tuttavia uno spiraglio, scrivendo che il ruolo di questa élite finanziaria dovrebbe essere esaminato in rapporto a un aspetto del nazionalsocialismo nei confronti del quale confessa la sua incompetenza: le origini "mistiche" ed "esoteriche". "Un elemento tanto importante - sottolinea Sutton - quanto quello delle origini finanziarie " (15).
L'affermazione colpisce proprio perché proveniente da uno scrittore così poco incline, per mentalità, a questo tipo di interessi e offre nuovi e inconsueti stimoli agli storici vogliano fare luce sul vero volto dei fenomeni rivoluzionari del nostro tempo.

ROBERTO DE MATTEI

NOTE
(1) Cfr. ANTONY C. SUTTON, Wall Street and the Rise of Hitler, 1976 Press, Seal Beach (California) 1976. Gli altri due volumi che completano la trilogia sono Wall Street and the Bolshevik Revolution, Arlington House, New York 1974, e Wall Street and Franklin Delano Roosvelt, Arlington House New York 1975.
L'unica segnalazione italiana del volume, a quanto mi risulta, si deve a Luciano Marrocco, Come Wall Sireet finanziò Hitler, in L'Alternativa, 25-4-1977.
Marrocco fa peraltro riferimento a una recensione del volume apparsa nel numero di marzo di quest'anno della rivista australiana The New Times.
(2) Cfr. PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, Rivoluzione e ControRivoluzione,3a ed. it. accresciuta, Cristianità, Piacenza 1977.
(3) Hjalmar Schacht, "massone di alto grado" (cfr. J. FEST, Hitler,tr. it.,Rizzoli Milano 1976, p. 530), fu governatore della Reichsbank dal 1924 al 1929,poi ministro delle finanze di Hitler dal 1936 al 1939, per ritornare infine alla guida della Reichsbank. Fu assolto a Norimberga. Sutton ne ricorda il secondo nome "Horace Greeley", per sottolinearne l'origine americana (la famiglia di Schacht era legata alla Equitable Trust di Wall Street). Può essere interessante ricordare che Horace Greeley, affiliato alla setta degli Illuminati di Baviera,fu uno dei finanziatori del Manifesto di Marx (cfr. tra l'altro J. BORDIOT, Le pouvoir occulte fourrier du communisme, Editions de Chiré, Parigi 1976, pp. 132, 140).
(4) ANTONY C. SUTTON, op. cit., p. 18.
(5) CARROLL QUIGLEY, Tragedy and Hope, The MacMillan Company, New York 1966, p. 324.
(6) Sul ruolo dei Warburg nel finanziamento della Rivoluzione d'Ottobre, cfr. ROBERTO DE MATTEI, Rivoluzione d'Ottobre e supercapitalismo, in Cristianità,Piacenza aprile 1977, anno V, n. 24.
(7) Cfr. SIDNEY WARBURG, De Geldbronnen van Het NationaalSocialism (Drie Gesprekken Met Hitler), Van Holkema e Wacendorf, Amsterdam 1933.
(8) Da allora, il New York Times non smise di mostrare particolare "propensione" nei confronti di Hitler. Testimonianza preziosa è un commento all'attentato del 20 luglio e alla congiura antihitleriana, pubblicato il 9 agosto 1944,in cui si fa notare che i dettagli del fatto ricordavano "l'atmosfera del tenebroso mondo del crimine" più che quella che "ci si attenderebbe normalmente nel corpo degli ufficiali di uno stato civile". Per un anno intero, sottolineava il giornale
dell'Establishment in tono di rimprovero, alcuni dei più alti ufficiali dell'esercito tedesco si erano occupati di piani "per imprigionare o per uccidere il Capo dello Stato e il Comandante supremo dell'Esercito".
Alla fine organizzarono il loro piano "con una bomba, l'arma tipica del mondo dei delinquenti..." (cfr. HANS ROTHFELS, L'opposizione tedesca al nazismo, trad. it., Cappelli, Bologna 1963, p. 256).
(9) Cfr. RENE SONDEREGGER, Spanischer Sommer, Aehren Verlag, Affoltern (Svizzera) 1948.
(10) Cfr. WERNER ZIMMERMANN, Lieber Euere Feinde, Frankhauser Verlag,Thielle-Neuchatel 1948.
(11) Cfr. FRANZ VON PAPEN, Memoires, E. P. Dulton, New York 1953 (cfr.per l'affidavit, pp. 593-602).
(12) ANTONY C. SUTTON, op. cit., p. 135.
(13) Ibid., p. 146.
(14) L. FRY, in Woman Voice, 27-8-1953, cit. in H. COSTON L'alta finanza e le rivoluzioni, trad. it., Edizioni di Ar, Padova p. 36.
(15) ANTONY C. SUTTON, op. cit., p. 14.

 
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RETROSCENA FULMINANTE: LE RAGIONI CHE HANNO PORTATO GERMANIA, POLONIA E NORD EUROPA A ''VOLERE'' ALLA FINE LA MOGHERINI

mercoledì 3 settembre 2014
C'è una storia piuttosto interessante che circola in rete riguardo ai veri motivi per cui Federica Mogherini e' stata nominata agli affari esteri UE, data la sua mancanza di qualifiche per ricoprire l'incarico.
Quindi, abbiamo deciso fosse opportuno vederci chiaro in questa storia cosi' da dare uno spunto di riflessione a tutti coloro che stanno soffrendo per le politiche antirusse di una signorina senza arte nè parte improvvisamente "accettata" nell'incarico PESC dopo mesi di bordate contro di lei da Polonia, Germania e altri Stati nord europei.
E difatti sembra che ci sia una ragione subdola ed estremamente grave che ha spinto la Germania a fingere di cedere sulla questione della nomina Mogherini per dare a Renzi i 15 minuti di gloria che Andy Warhol aveva previsto per ogni uomo.
Questa ragione riguarda l’approvazione del pacchetto legislativo per la tutela della sicurezza dei prodotti all’interno del quale sono contenute le norme a tutela del cosiddetto “Made in” che nel nostro caso è Made in Italy.
Tale pacchetto rappresenta un passo fondamentale per la competitività delle nostre imprese, per la tutela dei consumatori e della salute e per la lotta alla contraffazione, ma e' fortemente opposto dai paesi nordici ed in particolare della Germania che da anni prova a fare di tutto per cancellarlo dato che è una barriera alla delocalizzazione selvaggia.
Già quattro anni fa, nel 2010, il Parlamento europeo aveva approvato un regolamento al riguardo, che poi fu ritirato dalla Commissione Europea* e chiuso in un cassetto, senza dare troppe spiegazioni, violando la scelta dell’unica istituzione europea espressione della volontà dei cittadini.
Il regolamento intendeva introdurre l’obbligo di specificare su un prodotto proveniente da fuori l’Ue il luogo di produzione in modo da fornire al consumatore una chiara indicazione. Indicazione, ovviamente, premiante per quei produttori europei non avvezzi a delocalizzare con un “made in” riconosciuto ed apprezzato nel mondo.
Il 16 Aprile 2014 però, è arrivata la batosta per la Germania e per i paesi nordici su questo fronte: ll Parlamento europeo ha approvato** ancora una volta e con 485 voti a favore, 130 contrari e 27 astensioni, le norme per rendere obbligatorie le etichette “Made in” sui prodotti non alimentari venduti sul mercato comunitario.
La questione ovviamente non finisce qui ed ora passa al Consiglio europeo durante la presidenza italiana. Sulla carta questo dovrebbe significare, a rigor di logica, la sconfitta definitiva della Germania e l’approvazione finale del regolamento che salverebbe il nostro paese, le nostre industrie, i nostri artigiani, il nostro commercio e la nostra stessa identità nel mondo.
Ma il diavolo si nasconde nei dettagli. La Germania ha deciso di organizzarsi seriamente senza lasciare nulla al caso: ha appoggiato alla presidenza del Consiglio europeo il Premier polacco Donald Tusk. La Polonia guarda caso era l’unico paese che era rimasto neutrale nella passata votazione del regolamento*** e quindi potrebbe fare la differenza. Tusk inoltre è un ultra liberista.
L’Italia ora dovrebbe opporsi, ma Renzi col via libera tedesco e polacco alla Mogherini è "in debito" con la Germania.
Il delicatissimo regolamento sul "made in" passa ad un Consiglio europeo presieduto da un uomo sostenuto dalla Merkel e premier dell’unico paese rimasto in passato neutrale sulla vicenda. A tutto questo si aggiunge che i cittadini italiani non ne sanno assolutamente nulla e se perdiamo la partita del “Made in” non rimarrà più niente dell’identità e dell’orgoglio del nostro paese.
Ecco che, quindi, questa trama diabolica che nasconde interessi economici giganteschi potrebbe spiegare il reale motivo per cui Federica Mogherini è diventata Miss PESC.
GIUSEPPE DE SANTIS
Fonti delle notizie riferite nell'articolo:
* Made in: la Commissione europea ritira il regolamento
** Etichettatura: si riprova con il made in obbligatorio
*** Made in: la partita è ancora Italia-Germania
 
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MICROMEGA AFFONDA DEFINITIVAMENTE L'EURO E IL ''RIGORE'': ''BANKITALIA DEVE TORNARE A STAMPARE DENARO O ARRIVA LA GUERRA''

giovedì 4 settembre 2014
Ha molto contribuito al disastro economico attuale un falso storico e ideologico. Quando in Italia e in Germania alla fine degli anni ‘70 si adottarono le politiche liberiste e si definì come prioritaria la lotta alla inflazione, fu spesso usato il monito che essa era all’origine del fascismo e soprattutto del nazismo. Falso. L’ascesa del fascismo da noi con l’inflazione non c’entra nulla e con quella del nazismo ancora meno. L’iper-inflazione degli anni ‘20 in Germania, usata come babau per giustificare tutto, persino lo statuto della Banca Centrale Europea, fu domata in pochi mesi dai governi di centrosinistra di quel paese e dal banchiere Schacht. Fu invece la disoccupazione di massa dopo la crisi del ‘29 a far crescere a dismisura il consenso ai nazisti, che fino ad allora era stato in percentuali bassissime. E quel consenso si alimentava del fatto che i governi democratici affrontavano la crisi con le politiche del rigore e dell’austerità, esattamente come oggi.
Sulla base di questo falso storico le politiche deflazionistiche, che al massimo possono essere usate come emergenza per brevi periodi, sono diventate da più di trenta anni la politica economica ufficiale di tutti i paesi europei, Italia e Germania in testa. Da questo punto di vista, tutta la classe dirigente dovrebbe esultare per il fatto che ora l’obiettivo è stato raggiunto: l’inflazione è stata soppressa e al suo posto abbiamo la stagnazione o il calo dei prezzi. La precarizzazione e la flessibilità del lavoro, le privatizzazioni, tutte le politiche economiche e sociali attuate senza distinzioni da tutti i governi fino a quello attuale, son state giustificate nel nome della lotta all’inflazione. E ora abbiamo 6 milioni di disoccupati.
Ora è immaginabile che parta il solito coro delle litanie auto giustificanti, mentre si continuerà a proporre in concreto la continuità di queste politiche trentennali, corretta solo dalla iniezione di un poco di liquidità nel sistema. Che fallirà nel proposito di far ripartire la crescita.
Non si é sentito nessun effetto economico, ma non quello elettorale, degli 80 euro di Renzi. Draghi, che probabilmente aveva suggerito quella misura al presidente del Consiglio, ora fa capire che vuol introdurre liquidità nel sistema finanziario. Se glielo lasceranno fare il risultato sarà uguale a quello degli ottanta euro, zero. Perché alla base della crisi attuale sta proprio la continuità delle politiche liberiste e deflazionaste che durano da 35 anni. E se quelle non vengono messe in discussione alla radice, le iniezioni periodiche di liquidità sono acqua sparsa nel deserto.
Qui però sta la difficoltà vera. Perché le classi dirigenti economiche, politiche e sindacali sono state selezionate in questi anni sulla base della priorità della lotta all’inflazione. Un’altra politica non la vogliono e neppure la sanno fare. Come ben dimostra l’ottusa tracotanza del ministro del Tesoro Padoan, che tranquillamente ha affermato di aver sbagliato tutte le previsioni, ma che ne sta preparando altre.
Anche l’opinione pubblica è stata educata al tabù della lotta all’inflazione. Per cui oggi spera nelle riforme liberiste e autoritarie di Renzi, che, se realizzate effettivamente, aggraveranno la crisi. Per cambiare ci vuole una rottura di fondo. Ci vuole il ritorno alla gestione pubblica della moneta, con una banca centrale che la stampi invece che ricorrere alla finanza internazionale. Ci vogliono grandi investimenti pubblici in deficit e politiche di pubblicizzazione e non di privatizzazione. I salari devono crescere senza il vincolo-capestro delle produttività e della redditività d’impresa. Il lavoro deve riconquistare sicurezza e dignità rompendo la gabbia della precarietà.
Queste sono le politiche non convenzionali necessarie, le stesse che presero gli Stati dopo gli anni Trenta del secolo scorso dopo il fallimento del rigore. Queste politiche romperebbero sicuramente gli equilibri e i poteri della globalizzazione, ma lo farebbero dal lato della pace. L’alternativa è che la globalizzazione salti per aria comunque, ma dal lato della guerra, come ci ricorda il Papa.
Non c’è niente da fare, o si mettono in discussione i cardini della politica deflazionistica di questi decenni o la crisi si aggraverà sempre più, trasferendosi dal campo economico a quello sociale e da questo al campo della democrazia e della stessa convivenza, come la storia insegna a chi da essa vuole imparare.
Articolo scritto da Giorgio Cremaschi per Micromega - che ringraziamo.
 
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5 ore fa


L'azienda farmaceutica Merck ha tradizionalmente iniettato il virus micidiale (SV40 ed altri) capace di provocare il cancro, nella popolazione di tutto il mondo. Si spiegherebbe infatti l’aumento dell’insorgenza dei tumori negli ultimi 50 a...nni.:rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek::eek:

Tra poco arriva l'influenza, e con essa i consigli degli spot RAI: "vaccinatevi, vaccinatevi tutti"

http://m.affaritaliani.it/cronache/ammissione-dell-azienda-farmaceutica-cancro-trasmesso-vaccini110913.html?refresh_ce Altro...


Clamorosa ammissione dell'azienda farmaceutica: "Cancro trasmesso coi vaccini" - Affaritaliani.it
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Un’azienda farmaceutica ha confessato: la tragedia mondiale che sembrava frutto di una mente squilibrata purtroppo invece è una realtà con cui bisognerà confrontarsi. L’azienda ha ammesso di aver inoculato il cancro per mezzo dei vaccini.Video/ Operato per frattura: era un tumore Un’azienda farmaceutica ha confessato: la tragedia mondiale che sembrava frutto di una mente squilibrata purtroppo invece è una realtà con cui bisognerà confrontarsi. L’azienda ha ammesso di aver inoculato il cancro per mezzo dei vaccini.
La scioccante intervista ovviamente censurata, condotta dallo studioso di storia medica Edward Shorter per la televisione pubblica di Boston WGBH e la Blackell Science, è stata tagliata dal libro “The Health Century” proprio a causa del suoi contenuti, l’ammissione che la Merck ha tradizionalmente iniettato il virus micidiale (SV40 ed altri) capace di provocare il cancro, nella popolazione di tutto il mondo. Si spiegherebbe infatti l’aumento dell’insorgenza dei tumori negli ultimi 50 anni.


Video/ Operato per frattura: era un tumore

Un’azienda farmaceutica ha confessato: la tragedia mondiale che sembrava frutto di una mente squilibrata purtroppo invece è una realtà con cui bisognerà confrontarsi. L’azienda ha ammesso di aver inoculato il cancro per mezzo dei vaccini.
La scioccante intervista ovviamente censurata, condotta dallo studioso di storia medica Edward Shorter per la televisione pubblica di Boston WGBH e la Blackell Science, è stata tagliata dal libro “The Health Century” proprio a causa del suoi contenuti, l’ammissione che la Merck ha tradizionalmente iniettato il virus micidiale (SV40 ed altri) capace di provocare il cancro, nella popolazione di tutto il mondo. Si spiegherebbe infatti l’aumento dell’insorgenza dei tumori negli ultimi 50 anni.
Questo filmato, contenuto nel documentario “In Lies we trust: the CIA, Hollywood and Bioterrorism”, prodotto e creato liberamente dalle associazioni di tutela dei consumatori e dall’esperto di salute pubblica, Dott. Leonard Horowitz, caratterizza l’intervista al maggior esperto di vaccini al mondo, il Dott. Maurice Hilleman, che spiega perché sono state diffuse l’Aids, la leucemia ed altre terribili malattie. Nei vaccini venduti al terzo mondo si è scoperto che questi contenevano l’ormone B-hCG, un anti fertile se immesso in un vaccino. La Corte Suprema delle Filippine ha scoperto che oltre 3 milioni e mezzo di donne e ragazze hanno assunto questi vaccini contaminati, così
 
da frontediliberazionedaibanchieri in POLITICA
Wikileaks ha rivelato di due incontri segreti della Mogherini con un funzionario della Cia, che è anche braccio destro del senatore McCain, anima nera e segreta della diplomazia Usa.

di Franco Fracassi
«E poi quando mi dicono che la Mogherini è inesperta gli dico di chiedere cosa ne pensa Kerry». Quando il presidente del consiglio Matteo Renzi rispose in questo modo durante una conferenza stampa in tanti pernsarono a una richiesta di referenze rivolta al segretario di Stato Usa. In realtà c’era di più. Popoff in passato ha rivelato dei pericolosi legami che intercorrono tra Renzi e la destra repubblicana. Accennando, tra l’altro, a due riunioni segrete a cui la ministra degli Esteri dell’Unione europea (Federica Mogherini) quando era ancora una semplice funzionaria dei Democratici di sinistra partecipò insieme a sconociuti personaggi inviati da Washington. Oggi Popoff è in grado di rivelare il nome di almeno uno di questi funzionari. Si tratta di Kurt Volker, braccio destro del senatore dell’Arizona John McCain, l’ambasciatore ombra della Casa Bianca, l’uomo che ha organizzato la primavera araba, l’uomo che ha dato il via alle guerre civili in Libia e in Siria, l’uomo che ha organizzato la rivolta di Maidan in Ucraina, l’uomo che ha creato e poi scatenato lo Stato islamico del Levante (Isil).

Si legge in un cablo inviato dall’allora ambasciatore Usa a Roma Ronald Spogli al segretario di Stato Condoleezza Rice (reso pubblico da Wikileaks): «Kurt Volker l’8 e il 9 maggio ha incontrato “una campionatura” di rappresentanti politici e del ministero degli Esteri e ha enfatizzato l’importanza della continuata collaborazione su Iraq, Iran, Afghanistan, Balcani e altre questioni globali ai rappresentanti del governo italiano. Ha detto che l’Italia potrebbe rimanere un importante alleato ma occorre che ci sia attento coordinamento e nessuna sorpresa, in particolare su Iraq, Iran e il conflitto israelo-palestinese.
 Gli italiani hanno ribadito il concetto e hanno aggiunto che la nuova coalizione di governo di centro-sinistra non cesserà il suo impegno in Iraq, ma lo trasformerà in ricostruzione e addestramento delle forze di sicurezza irachene.
Hanno, inoltre, aggiunto che il nuovo governo sarà più critico verso Russia, Cuba e Venezuela di quanto lo sia stato Berlusconi».
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«All’incontro con Volker hanno partecipato Carlo Baldocci (consigliere diplomatico del ministro delle Finanze Giulio Tremonti), 
Bisogniero (direttore generale per le Americhe del ministero degli Esteri), 
Marco Carnelos (consigliere diplomatico del presidente del consiglio), 
De Cardona (direttore ufficio Balcani del ministero degli Esteri),
 Federica Mogherini (in rappresentanza dei Ds), 
Oliva (direttore generale per l’integrazione europea del ministero degli Esteri),
 Antonio Polito (in rappresentanza della Margherita),
 Scarantino (consigliere capo ufficio degli affari del Medio Oriente del ministero degli Esteri),
 Terzi (direttore generale Affari Politici ministero degli Esteri),
 Luciano Vecchi (in rappresentanza dei Ds),
 Gianni Vernetti (in rappresentanza della Margherita)», prosegue l’informativa segreta.

Che a quest’incontro abbiano partecipato rappresentanti del ministero degli Esteri di allora ci può stare. Meno comprensibile la presenza di Antonio Polito, Gianni Vernetti e Federica Mogherini.

Ancora più strano quando il nome della Mogherini appare in un’altra riunione (sempre con Volker) e con «un ufficiale politico non nominato che sovrintende all’incontro».

Grazie alle rivelazioni di Wikileaks, da quello che è emerso finora, queste riunioni gli uomini inviati da Washington le facevano solo con persone riconosciute come «fedeli agli Stati Uniti» e «di sicura fiducia».

Volker ha fatto carriera nella Cia. Dal 1997 (continuando a essere uomo dell’Agenzia) è divenuto il braccio destro di John McCain. Il senatore repubblicano dell’Arizona lo ha piazzato prima al dipartimento di Stato (è stato assistente del segretario di Stato Condoleezza Rice, uno dei falchi dell’Amministrazione Bush). Poi lo ha fatto nominare dal presidente George Bush ambasciatore Usa presso la Nato. Infine, lo ha piazzato come direttore esecutivo del McCain Institute for International Leadership, i cui obiettivi sono: «Attraverso la sua ricerca politica, eventi, programmi associati e altre attività, l’Istituto si propone di informare, riunire, addestrare e assistere attuali e futuri leader degli Stati Uniti e esteri.
Guidati dai valori che hanno ispirato la carriera del Senatore John McCain, l’Istituto è impegnato a sostenere la leadership globale dell’America».
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IL SENATORE REPUBBLICANO DELL’ARIZONA JOHN MCCAIN, UOMO OMBRA DELLA DIPLOMAZIA USA.


Di McCain Popoff ha scritto molto, svelando i suoi intrighi e le sue amicizie pericolose (“Il patto Isil-Usa in una foto”). Quello che finora non è stato detto è che il senatore era stato scelto nel 2004 dall’allora candidato democratico alla Casa Bianca John Kerry come prima scelta per essere il suo vice presidente in caso di vittoria. Entrambi veterani del Vietnam, la loro amicizia è sempre stata così solida che quando Kerry decise di candidarsi al posto di governatore del Massachusetts McCain si rifiutò di fare campagna per il suo avversario repubblicano. Da due anni, poi, lavorano in tandem. Kerry dirige la politica estera Usa alla luce del giorno, mentre McCain si occupa di quella segreta, quella che non si può raccontare all’opinione pubblica.
I legami americani della Mogherini non fanno altro che confermare le rivelazioni di Popoff circa l’asse Renzi-ultra destra repubblicana (“Renzi nelle mani della destra repubblicana Usa, realizzato il Piano di Gelli”). Particolarmente solida l’intesa tra il nostro presidente del consiglio e Michael Ledeen, altro uomo nero della diplomazia statunitense. Ledeen è implicato in molte delle operazioni sporche della Cia e del Pentagono nel mondo (scandalo Iran-Contra, traffico di cocaina dalla Colombia, repressioni in Nicaragua ed El Salvador, caso Moro, guerre contro Panama, Iraq, Afghanistan, di nuovo Iraq, tentativo di guerra all’Iran).
Tratto da:http://popoffquotidiano
 
Bancaria e il Signoraggio
6 ore fahttps://www.facebook.com/pages/Abba...-e-il-Signoraggio/208622872545749?fref=photo#
ALCUNE IMPORTANTI COSE CHE NON CI DICONO DELLA RUSSIA

Come è noto l'epoca di Eltsin, attraverso politiche di deregolamentazione di ispirazione Usa, aveva condotto la Russia verso una catastrofe economica. Nell'immaginario di molti europei ...è sopravvissuta, da quei tempi, l'immagine ormai completamente inadeguata di un paese decaduto e impoverito.

Sembra che molti non si rendano conto di quali e quanti cambiamenti siano stati prodotti nel corso dei 15 anni in cui la guida del paese è stata condotta da Vladimir Putin.

Basti confrontare alcuni dati significativi del 1999 con quelli del 2013: Il pil è passato da 195 mld $ a 2.113 mld, corrispondente ad un pil individuale medio da 1320 $ a 14.800, mentre l'inflazione è scesa dal 35,5% ad appena il 6,5%.

Le riserve auree nazionali sono salite da un valore di 12,6 mld $ a 511 mld, mentre il debito è sceso dal 78% del pil ad appena l'8%.
La pensione media è salita da 499 rubli a 10.000, il reddito medio da 1522 rubli a 29940.

Nel contempo, la Russia ha stretto una solida alleanza economica con i paesi dei Brics, che includono quattro potenze nucleari, ed ora anche la costituzione di un fondo monetario indipendente, che segna la fine del monopolismo planetario dell'Fmi e del dollaro.

Tutto questo mentre in Europa ed Usa si è sviluppata una crisi strutturale ancora irrisolta, che ha abbassato notevolmente il tenore di vita del cittadino medio.

Questi dati dimostrano perlomeno che:

1) E' possibile, con politiche economiche accorte, risollevare, ed anche di parecchio, le condizioni di una economia in difficoltà. Quello russo può essere definito un nuovo "miracolo economico.

2) Le linee economiche Usa producono impoverimento dei paesi che le adottano (servono infatti a sostenere il sistema parassitario statunitense), mentre rendersene indipendenti offre opportunità di sviluppo e ricchezza.

3) La risalita russa è avvenuta simultaneamente al decorso dell'eurodisastro, che per la cocciutaggine degli economisti di regime sta conducendo alla catastrofe l'Europa, già in difficoltà per la perenne crisi Usa.

4) Che i politici italiani, europei e statunitensi avrebbero molto da imparare da quelli russi.

5) Che siccome nella loro testarda cocciutaggine occidentale non vogliono farlo, e conducono i loro paesi verso la fame, bisogna cacciarli tutti e sostituirli.
(Vincenzo Zamboni) Altro...






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