News, Dati, Eventi finanziari sara' vero................

quantifichiamo per Nostradamus il signoraggio in cifre nella zone euro allo scorso anno si aggira dai 2500 ai 3000 miliardi di EURO..stima prudenziale di Goldman sachs, mancando il soggetto di studi monetari e privo di conoscenze tecnico giuridiche sulla moneta, quando viene letto un articolo , bisogno capirne i concetti, conoscerne gli aspetti e i numeri, altrimenti si parla a vanvera. il signoraggio va abbinato alla proprieta' della moneta,altro concetto di tutto evidenza nn conosciuto,ne' tanto meno il fatto che una posta attiva dell'istituto di emissione viene messo nello stato patrimoniale e nn nel conto economico ,e per di piu' fra le passivita', risulta banale che raddoppia la cifra e prende la via del nero,in quanto tutta la moneta emessa viene inserita nelle passivita' per il valore facciale della nota da banco, anziché per l'effettivo costo ,sostenuto per produrla,cioe 11 centesimi piu' iva, indebitanto la collettivita' per tutta la moneta di carta circolante:D
 
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SOROS " GLI STATI EUROPEI HANNO PERSO 3000 MILIARDI DI EURO DI SIGNORAGGIO" !
Pubblicato su 23 Agosto 2012 da frontediliberazionedaibanchieri in IPHARRA
Questa mi sembra proprio la conferma che il signoraggio esiste ed è vivo e vegeto. Non solo ci stanno depredando con questo ignobile sistema ma ci prendono pure per i fondelli. Sarebbe interessante chiedere a Monti a quanto ammonta la quota di signoraggio pagata dall'Italia, e ci accontentiamo solo di quella sugli interessi. Inondiamo di e-mail la casella postale della Presidenza del Consiglio chiedendo di sapere l'ammontare pagato. C.M. ( ndr )


di Daniele Di Luciano - L’articolo originale è apparso sul Financial Times. Ho trovato la traduzione su Investire Oggi. Soros dice: Le regole di bilancio dell’UE impongono agli Stati membri di ridurre il loro debito pubblico ogni anno di un ventesimo della somma che supera il 60 per cento del prodotto interno lordo. Propongo che gli Stati membri congiuntamente premino l’acquisizione di tale obbligo. Essi hanno trasferito alla BCE i propri diritti di signoraggio, per un valore che, secondo Willem Buiter di Citibank e la Huw Pill di Goldman Sachs, ammonta a circa 2000-3000 miliardi di euro. Immagino che Willem Buiter e la Huw Pill abbiano calcolato il signoraggio solo sugli interessi degli euro emessi. In realtà, aggiungendo anche il capitale, la cifra che i criminali della BCE hanno addebitato agli stati è molto più elevata. Ora che anche Soros lo ha ammesso, inizieremo a informarci e a far girare certe informazioni?
Fonte: losai.eu
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sta nella conoscenza dei fatti e cifre,capire certe cose, nella globalita delle cifre,sono bruscolini, pero' stante la gravita' giudicare 2000...3000miliardi di euro irrisoria ,la cifra,fa riflettere,poi se occorre un bicchiere x fare la lettera O,...........;)E PARLIAMO DI SOLI INTERESSI, NN DEL VALORE FACCIALE COME RIPORTA GS
 
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aoh ma vi parlate a distanza? e io che non capivo a chi capso si riferiva! LOL! State dicvendo la stessa cosa da due punti di vista differenti :D
 
CIAO TALLO, NN MI REGGE,gli parte l'embolo,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,da antica data,nn diciamo la stesse cose, manco per na' cippa, ne deve mangiare di pastasciutta prima sapere certe cose.:D:D:D:D ciaooooo
 
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25-10-2013, 10:36 #1 (permalink) mototopo
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debito pubblico ......moneta.....e nonna abelarda
EURODISASTRO – Se avessimo una Banca Centrale statale e non avessimo aderito all’euro il nostro debito pubblico sarebbe di soli 192 miliardi anziché 2000 miliardi!


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24 ottobre 2013 |
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Autore Redazione | Stampa articolo
Fonte: http://www.ioamolitalia.it/blogs/vivere-senza-l-euro/eurodisastro—se-avessimo-una-banca-centrale-statale-e-non-avessimo-aderito-all-euro-il-nostro-debito-pubblico-sarebbe-di-soli-192-miliardi-anziche-2000-miliardi.html
di Stefano Di Francesco
19/10/2013 19:04:13


Sarà poi vero che siamo un popolo di ladri, manigoldi, evasori, spendaccioni il cui unico scopo nella vita è rubare al prossimo? Sarà poi vero che solo noi, solo qui in Italia, abbiamo questa morale così incline alle furberie, alla corruzione, al malcostume?
Bèh..in parte è vero, non siamo sicuramente tra i più onesti e virtuosi del mondo, ma esistono popoli e nazioni dove la corruzione è molto maggiore che da noi, dove la tangente è la regola ed il malcostume quotidianità. Pensiamo ai paesi del sud-est asiatico: Cina, Corea, Filippine, Taiwan, … rubano anche lì, però le loro economie vanno a velocità dieci volte la nostra. Forse il problema non è lì.




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Ma che strano!! Il debito pubblico italiano se fosse stato monetizzato attraverso la Banca Centrale piuttosto che attraverso la vendita di titoli sul mercato finanziario sarebbe di soli 192 miliardi di euro, il 12,3% del PIL e non il 132% come oggi!!!
Possiamo quindi affermare che il debito è praticamente oggi composto di soli interessi e che non dipende dalla spesa, dalla mala gestione, dalla corruzione e tanto meno dall’evasione fiscale.
Si tratta di capire che sono state la sciagurata decisione di non consentire più alla Banca d’Italia di sottoscrivere il debito nazionale, l’emissione di BTP a tassi ben superiori all’inflazione, la necessità di innalzare detti interessi per collocare il debito sul mercato, l’adesione all’Euro ed alle tante troppe sovrastrutture che ci sono state imposte con la sua adozione, le cause del debito pubblico e non la mala gestione della cosa pubblica.
Sprechi ci sono stati, ci sono e probabilmente ci saranno anche in futuro. Ma è un dato di fatto che l’Italia da vent’anni a questa parte ha prodotto avanzi primari di bilancio per una cifra superiore a 730 miliardi di euro!!
Sono gli interessi passivi che lo Stato paga ogni anno ad aver trasformato questo avanzo in un deficit dopo l’altro, consentendo al debito pubblico di arrivare a quasi 2100 miliardi di euro!
Inoltre questi interessi fluiscono per circa il 90% nelle casse del sistema bancario globale (italiano ed estero). Trattasi di 70/80 miliardi che le banche incassano senza rischio e che si guardano bene dal reimmettere nel sistema economico, tant’è che riducono il credito di 50 miliardi l’anno al sistema Imprese -Famiglie! Che bel risultato !come sono efficienti i mercati finanziari!!
Dobbiamo tornare padroni del nostro destino, gli italiani decidano per l’Italia.


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#6 (permalink) mototopo
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PICCOLA CRONOLOGIA DELLA DECADENZA INDUSTRIALE ITALIANA, CON NOMI E COGNOMI:
Il sistema industriale italiano è stato molto forte. Era basato sulla cosiddetta ECONOMIA MISTA, cioè grandi aziende pubbliche, qualche grande azienda privata, tantissime piccome medie imprese.
Il sistema misto ha fatto la fortuna dell’Italia, portandoci al 5° posto tra le economie più industrializzate a fine anni ’80.
Mattei, fondatore dell’ENI, ha evitato che l’Italia dipendesse dalle forniture di energia della British Petroleum, della Exxon o della Total, con grandi drenaggi di soldi dall’economia italiana. E ormai si è capito che gli hanno presentato il conto…
Cosa ci ha fatto arretrare dai nostri interessi nazionali?
Le cause sono economiche, politiche, culturali ed esogene.
Innanzitutto prevalsero negli anni ’70 le idee “monetariste” di Milton Friedman secondo il quale l’inflazione dipende dalla quantità di moneta stampata, per cui occorre rendere indipendenti le banche centrali dalla politica (che chiede di stamparne troppa) e far si che gli Stati si finanzino a debito sui mercati (che poi sono le grandi holding finanziarie anglosassoni) anziché, almeno in parte, con le proprie banche centrali.
Kissinger diceva: “controlla il petrolio e controllerai gli stati; controlla il cibo e controllerai il popolo”. Potremo anche aggiungere: “controlla l’indebitamento degli stati e controlli tutto”.
In secondo luogo vennero accantonate le teorie Keynesiane, vincenti sin dagli anni ’30, della spesa pubblica in fase di recessione, in quanto l’inflazione galoppante degli anni ’70 la si attribuì alle spese pubbliche sul welfare degli stati avanzati e non, più correttamente, alla decuplicazione in 6 anni del prezzo del petrolio, risorsa alla base del costo di ogni bene-prodotto.
L’errore fu fatto in mala fede, perché la spesa pubblica non può generare inflazione non controllabile, finche ci sono fattori della produzione non occupati. Detto in altro modo, finchè ci sono disoccupati e imprese in crisi.
La saga si concluse negli anni ’90 con l’inizio di importanti “RIFORME” planetarie suggerite da FMI e Banca Mondiale, prime fra tutte quelle legate all’eliminazione dei divieti per le banche di occuparsi contemporaneamente della raccolta commerciale dei risparmi (intermediazione finanziaria) e di attività speculativa con prodotti innovativi a danno delle casse pubbliche e dei risparmiatori.
Vediamo allora di fare una breve cronistoria di quello che è stato il suicidio nazionale.
1 – 1981 – il divorzio tra Banca d’Italia (C.A. Ciampi) e Ministero del Tesoro (Beniamino Andreatta), ha fatto esplodere i tassi degli interessi sul debito pubblico in quanto la sovranità monetaria è rimasta solo formalmente, in quanto sostanzialmente lo Stato si poteva, da allora, finanziare solo a debito sui “mercati”. La conseguenza è stata il raddoppio del debito pubblico in 10 anni (dal 60% del 1981 al 120% del PIL nel 1991, proprio a causa della capitalizzazione degli interessi passivi). L’intento di Andreatta era di indebolire la politica, togliendogli il controllo della moneta. C’è riuscito ma siamo finiti in balia dei mercati.
2 – l’allievo di Andreatta, Romano Prodi, presidente dell’IRI, già nel 1984 stipula a trattativa privata, in compagnia di Cuccia, un pre contratto di vendita della SME (Cirio, Bertolli, De Rica, Motta, Alemagna, Autogrill, GS supermercati, Italgel) a Carlo De Benedetti per poco meno di 500 miliardi di lire. Nonostante l’appoggio di de Mita a De Benedetti, Craxi riesce a bloccare tutto con contro cordate (ad es. Barilla-Ferrero-Fininvest). Andrà a finire, dopo innumerevoli controversie giudiziarie, che Franco Nobili, nuovo presidente IRI, nel 1993 decide di privatizzare la SME spacchettandola in tre tronconi. Viene colpito e affondato da mani pulite e Prodi che subentra a Nobili tratta la vendita. Alla fine della giostra, l’Italia incasserà 2000 miliardi lordi (bisognava pagare le consulenze delle varie Goldman Sacks, JP Morgan ecc.) dalla cessione della SME. A chi? Bertolli va alla Unilever. La Italgel alla Nestlè. Benetton prende per 700 mld di lire GS e Autogrill. Dopo pochi anni vende i soli supermercati GS alla Carrefour per 5000 mld. Tiene immobili per 1500 mld.
3 – negli anni ’90, essendo riusciti (con il punto 1) a creare forti vincoli alla finanza pubblica, con la prospettiva dell’euro, si avvia la più imponente campagna di privatizzazione planetaria: si vende la Telecom (che nel 2013 passerrà agli spagnoli); si vendono le banche nazionali favorendo grandi gruppi in regime di oligopolio a danno dei risparmiatori; si smantella l’IRI; si vende la rete telefonica delle ferrovie (Infostrada) a Carlo De Benedetti per 740 mld di lire pagabili in 14 anni (!!!). De Benedetti cede poi Infostrada ai tedeschi di Mannesman per 14.000 mld (non a rate!!!).
Il risultato è quello che scrisse il politico francese Edouard Balladour: “gli italiani, nella loro follia moralizzatrice, stanno abbattendo tutte le loro querce più grandi”.
Il tutto condito allora da Manipulite, che decapitò i vertici di ENI, Ferrovie, ecc. e dall’uso suicida delle norme antitrust che parevano valere solo per impedire lo sviluppo di compagnie italiane come STET, Telecom, ENEL o dell’ENI, mentre non valevano per la svendita ai nostri grandi competitor internazionali.
Altro fattore di contesto era la prospettiva dell’euro (identificata erroneamente con l’Europa). Tutti volevamo sentirci “europei” e suicidammo con senso di inferiorità gli interessi (e le prospettive) nazionali, pur di entrare in un circolo, che alla luce dei fatti ha dato solo il grande vantaggio di non dover più andare a Parigi e cambiare lire con franchi.
Gli inglesi sono stati più fessi di noi. Si sono tenuti la “sterlinetta” ed hanno rifiutato, in tal modo, ingenti flussi finanziari nella loro borsa, o grandi flussi turistici o i tanti italiani che avrebbero acquistato case a 15.000 sterline a mq a Londra. Che fessi, si sono tenuti le loro leve sovrane e politiche, anziché accettare burocrati europei che arrivano a spiegargli il bene e il male.
Talmente fessi che nel 2012, anziché massacrare la propria economia con più tasse per 70 mld di sterline, hanno fatto riacquistare (riducendolo) debito pubblico alla Banca D’Inghilterra, per lo stesso importo. Che fessi…
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25-10-2013, 11:52
 
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PERCHE' LO STATO E IL POPOLO DEVONO FARSI PRESTARE IL DENARO DA UNA CORPORATION DI BANCHE PRIVATE?

L'EURO E' UNA MONETA PRIVATA, E' CHIARO QUESTO PUNTO?
L'EURO E' UNA TASSA.
...
IL DENARO CHE HAI IN TASCA NON E' TUO, E' DI PROPRIETA' DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA, E' SCRITTO SU OGNI BANCONOTA, CONTROLLA! SU OGNI BANCONOTA CHE PORTI IN TASCA C'E' ANCHE LA FIRMA DI UN PRIVATO CITTADINO, IL GOVERNATORE DELLA BCE: MARIO DRAGHI.

QUESTO SIGNIFICA CHE OGNI BANCONOTA E' UN DEBITO, NEL REALE SENSO PRATICO: QUELLA BANCONOTA CHE HAI TRA LE MANI E' UN DEBITO CHE LO STATO HA CONTRATTO CON LA BANCA CENTRALE ED IL CORRISPONDENTE VALORE VERRA' RESTITUITO DA TE E DAGLI ALTRI CITTADINI, APPLICANDO DEGLI INTERESSI, ATTRAVERSO LE TASSE.

SOVRANITA' MONETARIA:

VOGLIAMO UNA MONETA "A CREDITO" DI PROPRIETA' DEL POPOLO EMESSA LIBERAMENTE DALLO STATO IN FUNZIONE DELLE NECESSITA' DEL MOMENTO E DELLA NOSTRA, E RIPETO NOSTRA ECONOMIA.

VOGLIAMO UNA MONETA EMESSA LIBERAMENTE DALLO STATO, CHE SMETTA DI ESSERE STRUMENTO DI SFRUTTAMENTO MA ASSOLVA IL SUO COMPITO NATURALE DI MEZZO DI SCAMBIO SENZA GENERARE DEBITO.

VOGLIAMO UNA MONETA DI PROPRIETA' DEL POPOLO, EMESSA LIBERAMENTE DALLO STATO CHE NON COMPORTI AUMENTI DEL DEBITO, DELLE TASSE, DELLA CRISI, DEI FALLIMENTI, DEGLI ESPROPRI E DEI SUICIDI E LA SMETTA DI TRASFERIRE LE NOSTRE RICCHEZZE ALLA LOBBBY-CORPORATION DEI BANCHIERI, DI CUI I POLITICI CI HANNO RESI SCHIAVI, ATTRAVERSO MANOVRE DI ALTO TRADIMENTO DEL POPOLOVisualizza altro
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Fine dell’impero, la carta della ‘de-dollarizzazione’ di Cina e Russia

settembre 13, 2014 Lascia un commento

Tyler Durden Zerohedge 12/09/2014
La storia non è finita con la guerra fredda e, come Mark Twain ha detto, se la storia non si ripete spesso fa rima. Come Alessandro, Roma e Gran Bretagna cedettero il loro dominio globale assoluto, così sarà anche per gli Stati Uniti già in declino. Il dominio economico globale degli USA è in declino dal 1998, ben prima della crisi finanziaria globale. Gran parte di tale declino ha effettivamente poco a che fare con le azioni degli Stati Uniti, ma piuttosto con il dipanarsi di un’anomalia economica lunga un secolo. La Cina ritorna ad avere la posizione economica globale che aveva per millenni prima della rivoluzione industriale. Proprio come il dollaro è divenuto valuta di riserva globale mentre la sua potenza economica cresceva così, come il grafico sottostante indica, la crescente spinta alla dedollarizzazione del ‘resto del mondo isolato’, è una scommessa intelligente…
Come spiega Jim Reid di Deutsche Bank, “Nel 1950 la quota della Cina di popolazione mondiale era il 29%, la sua quota di produzione economica mondiale (su base PPP) era di circa il 5% (Figura 98). Per contro gli Stati Uniti era il contrario, con l’8% della popolazione mondiale detenevano il 28% della produzione economica”.
Dal 2008, l’enorme secolare ritardo economico della Cina era già sulla via del superamento (Figura 97).
Sulla base delle tendenze attuali, l’economia cinese supererà quella statunitense in potere d’acquisto, nei prossimi anni. Gli Stati Uniti non sono più l’unica superpotenza economica del mondo e in effetti la loro quota di produzione mondiale (su base PPP) è caduta a meno del 20%, storicamente utile per indicare la singola superpotenza economicamente dominante. In termini economici siamo già nel mondo bipolare. Stati Uniti e Cina di oggi controllano oltre un terzo della produzione mondiale (su base PPP). Tuttavia, come abbiamo già sottolineato, la dimensione economica di una nazione non è l’unico fattore determinante dello status di superpotenza. C’è un moltiplicatore “geopolitico” che deve essere contabilizzato, permettendo alle nazioni performance superiori o inferiori al loro potere economico sul piano geopolitico globale. Abbiamo già discusso di come la riluttanza degli Stati Uniti ad impegnarsi nel resto del mondo prima della seconda guerra mondiale, fece sì che sulla scena mondiale gli Stati Uniti non fossero una superpotenza a dispetto dell’enorme vantaggio economico, e come la capacità e la volontà dell’URSS di sacrificare altri obiettivi per assicurarsi lo status di superpotenza, le permettesse di competere con gli Stati Uniti per il potere geopolitico, nonostante la sua economia molto più debole. Guardando il mondo di oggi, si potrebbe sostenere che gli USA continuano a godere di un’influenza smisurata rispetto alle dimensioni della propri economia, mentre geopoliticamente la Cina non sfrutta la sua economia. Per usare il termine che abbiamo qui sviluppato, gli Stati Uniti hanno un moltiplicatore geopolitico maggiore di uno, mentre per la Cina è minore di uno. Perché?
Quasi un secolo di dominio economico e mezzo secolo di status da superpotenza degli Stati Uniti, hanno lasciato il segno sul mondo. Il potere lascia un’eredità. Primo, il “soft power” degli Stati Uniti rimane in gran parte senza rivali, la cultura degli Stati Uniti è onnipresente (si pensi a Hollywood, alle università della Ivy League e a McDonald), le maggiori imprese statunitensi sono giganti globali e la lista degli alleati USA è senza pari. Secondo, il presidente degli Stati Uniti continua ad avere il titolo di “leader del mondo libero”, e gli USA sono impegnati a difendere questo mondo. Anche se ultimamente delle domande si pongono, gli Stati Uniti sono l’unica nazione disposta ad intervenire per sostenere tale ordine del “mondo libero”, e la sua spesa militare fa impallidire quella del resto del mondo. La spesa militare degli USA è oltre il 35% del totale mondiale e i loro alleati coprono un altro 25%.
Il ritardo geopolitico cinese ha una serie di ragioni plausibili, per cui la Cina continua a non sfruttare la sua economia sulla scena mondiale. Prima di tutto ha le sue priorità. La Cina pone la crescita interna in cima a tutte le sue preoccupazioni, nonostante i recenti progressi, milioni di cittadini cinesi continuano a vivere in povertà. Così finora è stata disposta a sacrificare il potere globale sull’altare della crescita economica. Ciò probabilmente si riflette meglio sulla dimensione del bilancio militare, che in dollari è meno di un terzo di quello degli USA. In secondo luogo la Cina non ha lo stesso livello di soft power degli Stati Uniti. Il comunismo cinese non fu seducente come il comunismo sovietico ed oggi l’ascesa della Cina generalmente spaventa i vicini piuttosto che farne degli alleati. Tali fattori probabilmente contribuiscono a spiegare perché, in un certo senso geopolitico, gli USA sembrano restare l’unica superpotenza del mondo; utilizzando il modello di superpotenza dominante di cui parliamo, ci aiuta a spiegare perché le tensioni geopolitiche globali fossero relativamente basse, almeno prima della crisi finanziaria globale. Tuttavia questa situazione è cambiata negli ultimi cinque anni. Non solo l’economia cinese continua a crescere molto più velocemente di quella statunitense, ma forse ancora più importante si può affermare che il moltiplicatore geopolitico degli Stati Uniti cede, riducendo il predominio degli Stati Uniti sulla scena mondiale, andando verso una ripartizione equilibrata del potere geopolitico mondiale, come non s’è visto dalla fine della Guerra Fredda. Se è così, allora il mondo sarebbe nel pieno dell’inasprimento delle tensioni geopolitiche, strutturali e non temporanee.
Perché affermiamo che il moltiplicatore geopolitico degli Stati Uniti, la sua capacità di trasformare la forza economica in potere geopolitico, sia in declino? Su molte ragioni secondo cui ciò sarebbe vero, tre ne spiccano. In primo luogo, dalla crisi gli Stati Uniti (e l’occidente in generale) hanno perso fiducia. L’apparente fallimento del laissez faire economico rappresentato dalla crisi, combinato con la debole ripresa economica degli Stati Uniti, li lascia meno sicuri sul generazionale modello nazionale democratico e liberista. Poiché tale incertezza è aumentata, la volontà statunitense di sostenere che il resto del mondo debba seguire il suo modello è scemata. Secondo, la guerra in Afghanistan e, in particolare, in Iraq hanno lasciato gli Stati Uniti assai meno disposti ad intervenire nel mondo. Una delle più importanti lezioni che gli Stati Uniti sembrano aver tratto dalla guerra in Iraq, è che non possono risolvere tutti i problemi del mondo, ed in effetti spesso li peggiorano. In terzo luogo, l’avanzata dei politici faziosi negli Stati Uniti, lascia il popolo sempre meno fiducioso verso il governo. Il risultato netto di questi cambiamenti nei sentimenti del popolo degli Stati Uniti e del suo governo, è il declino del loro predominio geopolitico globale. Gli eventi degli ultimi 5 anni l’hanno sottolineato. Guardando alle quattro principali questioni geopolitiche di questo periodo, l’esito della Primavera araba (soprattutto in Siria), l’ascesa dello Stato islamico, le azioni della Russia in Ucraina e della Cina nella regione con la sua dimostrazione di forza navale, gli Stati Uniti si sono dimostrati sostanzialmente inefficienti. Il presidente Obama si allontanò dalla “linea rossa” dell’uso da parte del governo siriano di armi chimiche. Gli Stati Uniti escludono un intervento significativo nel nord dell’Iraq contro lo Stato islamico. Gli USA non possono frenare l’azione pro-russa in Ucraina e solo dopo molto tempo (con l’impeto del tragico disastro aereo civile) hanno convinto i loro alleati ad adottare ciò che sarebbe generalmente considerata una “prima risposta” ad una situazione del genere, le sanzioni economiche. E finora gli Stati Uniti non hanno dato alcuna risposta strategica alle azioni della Cina nei mari orientale e meridionale cinesi. È importante sottolineare che tali scelte politiche non necessariamente riflettono la scelta dell’attuale amministrazione, ma piuttosto riflettono lo stato d’animo del popolo degli Stati Uniti. Nel sondaggio Pew 2013 sul ruolo degli USA nel mondo, la maggioranza (52%) ritiene che “gli Stati Uniti dovrebbero pensare ai propri affari e lasciare che altri Paesi facciano al meglio ciò che possono per conto proprio“. Questa percentuale oscillava dal 20% nel 1964, al 41% nel 1995 al 30% nel 2002.
Le conseguenze geopolitiche del declino del dominio globale
Ognuno di tali eventi ha mostrato la riluttanza statunitense nell’adottare una forte azione in politica estera e certamente ne sottolinea la riluttanza ad usare la forza. Alleati e nemici degli USA l’hanno notato e preso atto. Il moltiplicatore geopolitico degli USA è diminuito anche se la lor forza economica è relativamente in declino e gli Stati Uniti degradano rispetto al resto delle grandi potenze mondiali in termini di potere geopolitico. Qui cerchiamo di vedere cosa imparare dalla storia cercando di comprendere i cambiamenti nelle tensioni geopolitiche strutturali mondiali. Abbiamo in generale sostenuto che l’ampio dipanarsi della storia del mondo suggerisce che la spinta principale ai cambiamenti strutturali delle tensioni geopolitiche globali era l’ascesa o la caduta della potenza leader mondiale. Abbiamo anche suggerito una serie di segnali importanti per tale punto di vista, soprattutto che una superpotenza dominante causerebbe minori tensioni geopolitiche strutturali quando fosse stabile internamente. Abbiamo anche cercato di distinguere tra una superpotenza “economica” (che possiamo misurare direttamente) e una vera e propria superpotenza “geopolitica” (cosa che non possiamo misurare). Su tale argomento abbiamo ipotizzato che la potenza geopolitica di una nazione può essere stimata approssimativamente moltiplicandone la potenza economica con il “moltiplicatore geopolitico” che ne riflette la capacità di accumulare e pianificare la forza, la volontà d’intervenire negli affari mondiali e l’estensione del suo “soft power”.
Tenuto conto di questa analisi, ci colpisce il fatto che oggi siamo nel pieno di un evento storico estremamente raro, il relativo declino di una superpotenza mondiale, gli Stati Uniti, il cui dominio geopolitico mondiale è in declino, da un lato per l’ascesa storica della Cina dalla sua spropositata arretratezza e dall’altro da varie questioni interne, dalla crisi della fiducia sul nucleo del modello economico degli Stati Uniti e dalla stanchezza per la guerra in generale. Ciò non vuol dire che la posizione degli USA nel sistema globale sia sull’orlo del collasso. Lungi da ciò, gli Stati Uniti rimangono la maggiore delle due grandi potenze del prossimo futuro, dato che il “moltiplicatore geopolitico” potenziato dal soft power profondamente radicato e dal costante impegno per l’ordine del “mondo libero”, permette di sovrastimarne la potenza economica. Come l’attuale segretario alla Difesa USA Chuck Hagel ha detto all’inizio dell’anno, “Noi (gli USA) non c’impegniamo nel mondo perché siamo una grande nazione. Piuttosto, siamo una grande nazione perché c’impegniamo nel mondo“. Ciò nonostante gli Stati Uniti perdono il posto di unica superpotenza geopolitica dominante e la storia suggerisce che durante tali mutamenti le tensioni geopolitiche aumentano strutturalmente. Se questa analisi è corretta, allora l’aumento negli ultimi cinque anni, e più in particolare l’anno scorso, delle tensioni geopolitiche globali potrebbe rivelarsi non temporaneo, ma strutturale al sistema mondiale attuale, e il mondo continuerà a sperimentarne più frequenti, duraturi e ampi rispetto agli ultimi vent’anni, almeno. Se sarà davvero così, allora i mercati potrebbero aumentare i prezzi per via dei maggiori rischi geopolitici in futuro.
Cina e Russia affronteranno unite le sfide
The BRICS Post 11 settembre 2014
Il presidente cinese Xi Jinping e il suo omologo russo, Vladimir Putin, si sono incontrati a Dushanbe, capitale del Tagikistan, per il 14° summit della Shanghai Cooperation Organization (SCO). I due alleati hanno discusso di “questioni urgenti della cooperazione bilaterale, in particolare nei settori energetico, aerospaziale e infrastrutturale“, ha detto un comunicato del Cremlino. E’ il quarto incontro nel 2014 tra i due leader. Il presidente cinese Xi Jinping ha detto, durante l’incontro, che le leadership delle due nazioni “affronteranno congiuntamente le sfide estere”. “Sono pronto ad ulteriori contatti per rafforzare il sostegno reciproco e ampliare l’apertura tra i nostri Paesi, in modo da poter sempre attingere al reciproco sostegno, affrontando congiuntamente le sfide estere e raggiungere i nostri grandi obiettivi di sviluppo e rinascita”, ha detto Xi.
All’inizio della scorsa settimana, la Cina ha solidamente appoggiato il piano di pace di Vladimir Putin sull’Ucraina , anche se l’Unione europea ha preparato altre sanzioni bancarie ed energetiche alla Russia. Il presidente russo ha lodato l’accordo sul gas da 400 miliardi di dollari firmato questo maggio tra i due Paesi, garantendo all’utente energetico più importante del mondo una delle principali fonti di combustibile pulito. “Ciò è stato fatto con il sostegno diretto del presidente della Cina. Ora ne abbiamo praticamente iniziato l’attuazione che, ne sono certo, che procederà secondo le regole del business e sarà realizzato efficacemente da entrambe le parti, Russia e Repubblica popolare di Cina“, ha detto Putin a Dushanbe. L’accordo ha aperto un nuovo mercato a Mosca che rischia di perdere clienti europei per la crisi ucraina. “L’amicizia personale di Putin” con il presidente cinese è un suo trionfo politico, mentre i capi occidentali intensificano i tentativi d’isolare Putin per il presunto sostegno della Russia ai ribelli pro-Mosca in Ucraina orientale. “Compiamo progressi in altri settori tradizionali della cooperazione come energia nucleare, ingegneria aerospaziale, infrastrutture e così via”, ha detto Putin.
Xi ha detto che Pechino e Mosca supervisionano i progressi nello sviluppo congiunto del jumbo jet a lungo raggio e degli elicotteri pesanti, così come altri importanti progetti comuni. “All’inizio del mese abbiamo preso personalmente parte alla cerimonia dell’avvio della costruzione del gasdotto Potere della Siberia, mostrando quanto seriamente consideriamo l’espansione della cooperazione energetica russo-cinese”, ha detto Xi Putin. “Abbiamo istituito una commissione intergovernativa russo-cinese sulla cooperazione degli investimenti. Valutiamo attivamente la cooperazione nella costruzione di ferrovie ad alta velocità e lanciato la cooperazione nei sistemi di navigazione satellitare, cui ho prestato personalmente grande attenzione“, ha aggiunto.
Xi e Putin hanno anche avuto colloqui a luglio in Brasile durante il 6° vertice BRICS. Xi ha avuto colloqui o incontrato Putin nove volte da quando ha assunto la carica di Presidente della Cina, nel marzo 2013, a testimonianza di relazioni sino-russe più forti e assertive. In un momento saliente dell’incontro sugli investimenti, Mosca e Pechino hanno stipulato un patto per incrementare l’uso di rublo e yuan nelle transazioni commerciali. Durante la riunione inaugurale nella Grande Sala del Popolo di Pechino, la Commissione per la Cooperazione negli Investimenti Russia-Cina ha discusso dei 32 progetti d’investimento bilaterali, ha detto il viceprimo ministro russo Igor Shuvalov.
Xi e Putin partecipavano al 14° summit della SCO nella capitale tagika.
Cina, Russia e Mongolia creano un corridoio economico
The BRICS Post 12 settembre 2014
Il presidente cinese Xi Jinping ha proposto di costruire un corridoio economico che colleghi Cina, Mongolia e Russia, durante i colloqui tripartiti tra i leader dei tre Paesi a Dushanbe, capitale del Tagikistan. Xi ha avuto colloqui con i suoi omologhi russo Vladimir Putin e mongolo Tsakhiagiin Elbegdorj a margine del 14° summit della Shanghai Cooperation Organization (SCO). Xi ha detto che il vertice trilaterale
 

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