se l'italia facesse come l'Islanda....

'spetta, c'è una regola fondamentale della Vita che, mi permetto di dirti, forse ignori.

Il Dare quadra con l'Avere, non dimenticarlo mai, e recitalo come un mantra prima di dormire.
Nello Stato Patrimoniale di qualunque società,
in Dare ci vanno gli investimenti, e
in Avere ci vanno il patrimonio (soldi ricevuti dagli azionisti) e i debiti (soldi ricevuti dai finanziatori)


Quindi, immagina la tua banca e fingi di essere una ragioniera.
Viene costituita con 1 euro di capitale, dai privati islandesi o medio orientali.
In quel momento, il bilancio della banca è
Dare : in cassa, 1 Euro (i quattrini appena ricevuti dal socio)
Avere: 1 Euro (il Patrimonio netto iniziale)


Poi arriva il contoarancista, che trasmette 10 euro alla banca. Vengono registrati sia in Dare (come liquidità da investire) sia in Avere (come debito da restituire).
Facciamo una nuova foto patrimoniale.
Dare : in cassa, 11 Euro (i quattrini ricevuti dal socio + i 10 dell'investitore)
Avere: 1 Euro (Patrimonio netto iniziale) + 10 Euro (i debiti)


Poi gli 11 euro vengono investiti in subprime. Nuova foto:
Dare : 11 Euro di obbligazioni sub prime
Avere: sempre 1 Euro (Patrimonio netto iniziale) + 10 Euro (i debiti)


Il problema, come dicevamo, è che se si verifica una perdita di 7 euro sugli investimenti subprime, il capitale messo dall'azionista assorbe solo 1 euro.

Poi, i restanti 6 euro di perdita da coprire rimangono a carico o del tizio che ha messo i soldini nel conto arancio, o nella banca che lo ha fatto, o di chi ha investito nella banca...
Insomma: il capitale proprio messo dagli investitori, fisiologicamente, assorbe solo una piccola parte delle perdite.


Se non son stato chiaro, istituiamo una sezione didattica ufficiale "Analisi di Bilancio - Corso Base". :)
poi me lo leggo
però ti ho detto come ha ragionato l'Islanda


le banche erano private e speculavano....
i profitti erano privati e nelle tasche dei cittadini islandesi non c'è arrivato nulla....


e hanno concluso:"perchè devo farmi carico di un debito che non ho contratto? se i profitti sono privatio lo siano anche i debiti"
 
Il problema, come dicevamo, è che se si verifica una perdita di 7 euro sugli investimenti subprime, il capitale messo dall'azionista assorbe solo 1 euro.

Poi, i restanti 6 euro di perdita da coprire rimangono a carico o del tizio che ha messo i soldini nel conto arancio, o nella banca che lo ha fatto, o di chi ha investito nella banca...
Insomma: il capitale proprio messo dagli investitori, fisiologicamente, assorbe solo una piccola parte delle perdite.


Se non son stato chiaro, istituiamo una sezione didattica ufficiale "Analisi di Bilancio - Corso Base". :)
chiarissimo

talmente tanto
che all'epoca io prosciugai i miei conti
in quanto Banca d'italia garantisce fino a 103 mila euro....sulla carta

in realtà di restituiscono 20mila subito e il resto te lo fanno sospirare per anni

e non è necessario mandare i soldi arancioni in altri Stati
per avere problemi...

Fu poi la Germania che per dichiarazione della merkel garantì tutti i risparmi depositati nelle banche tedesche

anche in Svizzera i depositi sono privati ....


ognmi Stato ha la sua normativa


Per es.
oggi barklays apre filiali in Italia e promette interessi molto elevati

ma non dice che è banca inglese che non aderisce la fondo garanzia italiano

detto in parole povere se salta... i tuoi soldi là depositati evaportano
 
Ultima modifica:
comunque gli islandesi furono sottoposti a notevoli presioni di ogni genere.....
ma hanno mostrato di essere integri e che non avrebbero vacillato

infatti non sono entrati nell?UE


Crisi globale: come ti ricatto il popolo d’Islanda | STAMPA LIBERA
Crisi globale: come ti ricatto il popolo d’Islanda


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5 marzo 2010 |
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Autore Nicoletta Forcheri | Stampa articolo
DI MORENO PASQUINELLI
sollevazione.blogspot.com
Pagare il debito? No grazie!
Si sa che l’Islanda è stata la prima vittima del collasso finanziario partito dagli Stati Uniti. Anzi, il primo caso di vero e proprio default di Stato. Dopo mesi di negoziati e complesse trattative i creditori dell’Islanda, anzitutto grandi banche inglesi e olandesi, hanno imposto all’isola un piano severissimo di rimborso che alla fine è stato sottoscritto dal governo di Rejkyavik. Contro questo piano è stato indetto un referendum che secondo tutti i sondaggi vedrà l’ampia prevalenza di No.
I boiardi del piccolo stato islandese hanno cercato in ogni modo di evitare il referendum che si svolgerà il prossimo fine settimana in Islanda, ma ogni sforzo è stato vano. I sondaggi dicono che quasi i tre quarti degli islandesi respingono l’accordo che il Parlamento aveva approvato, in base al quale il paese di impegna a rimborsare al Regno Unito e ai Paesi Bassi, la cifra di 3,9 miliardi di euro (5,3 miliardi di dollari), equivalente ad un terzo dei soldi persi dalle grandi banche inglesi e olandesi come conseguenza del fallimento del sistema bancario islandese nel 2008.
Il PIL dell’Islanda è di circa 17 miliardi di dollari. La cifra da pagare equivale dunque al 30% del PIL annuale dell’isola! Siccome la popolazione islandese è di 320mila abitanti, la cifra di debito a testa è di 16,500 dollari. In base all’accordo il denaro sarebbe stato versato lungo un periodo di 14 anni, il che implica che ogni cittadino islandese dovrebbe sborsare 100 dollari al mese fino al 2025.
HDI-Iceland.jpg

Nel grafico l’indice del benessere: quando l’islanda era prima al mondo
Cosa accadrà se al referendum il popolo voterà contro l’accordo?
I grandi banchieri inglesi e olandesi, spalleggiati dai loro governi, minacciano ritorsioni pesanti e paventano “l’isolamento” dell’Islanda, una specie di blocco, come quelli che si fanno contro gli “Stati canaglia”. Terrorizzando gli islandesi che si recheranno alle urne, il Regno Unito e i Paesi Bassi hanno detto che, in caso di vittoria dei No, impediranno ogni eventuale pacchetto di aiuti da parte del FMI (si parla di 2,1 miliardi di dollari). C’è di peggio! Il governo inglese ha detto che se il referendum bocciasse l’accordo sul rimborso del debito, all’Islanda verranno applicate le consuete clausole anti-terrosimo, ovvero il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi.
Nel tentativo di sottolineare la posta in gioco, il ministro islandese dell’economia, ricattando anch’egli gli elettori, ha avvertito che un mancato salvataggio da parte dell FMI potrebbe significare una contrazione dell’economia del 5% anziché del 2% previsto. Il ministro ha infine affermato, e qui c’è lo zampino della BCE, che la vittoria del No al referendum, sarebbe un ostacolo all’adesione dell’Islanda alla UE.
L’Islanda sarà pure un piccolo paese, l’eventuale vittoria del No avrà tuttavia serie conseguenze, se non proprio finanziarie, simboliche. Un popolo europeo avrà detto no ai diktat dell’oligarchia finanziaria e optato di fatto per la misura di legittima difesa più elementare: l’annullamento del debito con l’estero.
Moreno Pasquinelli
Fonte: RIVOLUZIONE DEMOCRATICA
Link: RIVOLUZIONE DEMOCRATICA: Referendum a Rejkyavik
4.03.2010
 
comunque gli islandesi furono sottoposti a notevoli presioni di ogni genere.....
ma hanno mostrato di essere integri e che non avrebbero vacillato

infatti non sono entrati nell?UE


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5 marzo 2010 |
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Autore Nicoletta Forcheri | Stampa articolo
DI MORENO PASQUINELLI
sollevazione.blogspot.com
Pagare il debito? No grazie!
Si sa che l’Islanda è stata la prima vittima del collasso finanziario partito dagli Stati Uniti. Anzi, il primo caso di vero e proprio default di Stato. Dopo mesi di negoziati e complesse trattative i creditori dell’Islanda, anzitutto grandi banche inglesi e olandesi, hanno imposto all’isola un piano severissimo di rimborso che alla fine è stato sottoscritto dal governo di Rejkyavik. Contro questo piano è stato indetto un referendum che secondo tutti i sondaggi vedrà l’ampia prevalenza di No.
I boiardi del piccolo stato islandese hanno cercato in ogni modo di evitare il referendum che si svolgerà il prossimo fine settimana in Islanda, ma ogni sforzo è stato vano. I sondaggi dicono che quasi i tre quarti degli islandesi respingono l’accordo che il Parlamento aveva approvato, in base al quale il paese di impegna a rimborsare al Regno Unito e ai Paesi Bassi, la cifra di 3,9 miliardi di euro (5,3 miliardi di dollari), equivalente ad un terzo dei soldi persi dalle grandi banche inglesi e olandesi come conseguenza del fallimento del sistema bancario islandese nel 2008.
Il PIL dell’Islanda è di circa 17 miliardi di dollari. La cifra da pagare equivale dunque al 30% del PIL annuale dell’isola! Siccome la popolazione islandese è di 320mila abitanti, la cifra di debito a testa è di 16,500 dollari. In base all’accordo il denaro sarebbe stato versato lungo un periodo di 14 anni, il che implica che ogni cittadino islandese dovrebbe sborsare 100 dollari al mese fino al 2025.
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Nel grafico l’indice del benessere: quando l’islanda era prima al mondo
Cosa accadrà se al referendum il popolo voterà contro l’accordo?
I grandi banchieri inglesi e olandesi, spalleggiati dai loro governi, minacciano ritorsioni pesanti e paventano “l’isolamento” dell’Islanda, una specie di blocco, come quelli che si fanno contro gli “Stati canaglia”. Terrorizzando gli islandesi che si recheranno alle urne, il Regno Unito e i Paesi Bassi hanno detto che, in caso di vittoria dei No, impediranno ogni eventuale pacchetto di aiuti da parte del FMI (si parla di 2,1 miliardi di dollari). C’è di peggio! Il governo inglese ha detto che se il referendum bocciasse l’accordo sul rimborso del debito, all’Islanda verranno applicate le consuete clausole anti-terrosimo, ovvero il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi.
Nel tentativo di sottolineare la posta in gioco, il ministro islandese dell’economia, ricattando anch’egli gli elettori, ha avvertito che un mancato salvataggio da parte dell FMI potrebbe significare una contrazione dell’economia del 5% anziché del 2% previsto. Il ministro ha infine affermato, e qui c’è lo zampino della BCE, che la vittoria del No al referendum, sarebbe un ostacolo all’adesione dell’Islanda alla UE.
L’Islanda sarà pure un piccolo paese, l’eventuale vittoria del No avrà tuttavia serie conseguenze, se non proprio finanziarie, simboliche. Un popolo europeo avrà detto no ai diktat dell’oligarchia finanziaria e optato di fatto per la misura di legittima difesa più elementare: l’annullamento del debito con l’estero.
Moreno Pasquinelli
Fonte: RIVOLUZIONE DEMOCRATICA
Link: RIVOLUZIONE DEMOCRATICA: Referendum a Rejkyavik
4.03.2010
 
"L'Italia faccia come l'Islanda, scelga il 'default pilotato' ed esca dall'euro"

LORNAP.jpg
Intervista di Antonella Loi a Loretta Napoleoni - tiscali.it
.


"Sa che potrebbe essere il giorno in cui la Grecia andrà in bancarotta?". Curioso che il libro di Loretta Napoleoni, economista e consulente di terrorismo internazionale, compaia proprio oggi in libreria.

Un testo, Il contagio (edito da Rizzoli), che fotografa puntualmente la situazione attuale, nella quale di qui a poco anche l'Italia potrebbe trovarsi. Come uscire dalla fase del non ritorno allora? La soluzione c'è, dice Napoleoni: l'Italia, d'accordo con l'Europa, scelga il "default pilotato".

Il resto è puro accanimento terapeutico che rischia semplicemente di procrastinare una situazione rischiosa non solo per il nostro Paese ma per l'intera zona euro.

Professoressa, significa che l'Italia come altri Paesi cosiddetti "Piigs" dovrebbe fallire?
"Il problema dell'euro è che, a livello europeo, non esiste né un protocollo né una regola per l'uscita temporanea o permanente di uno Stato dalla moneta unica. Il che significa che la
copertina-il-contagio-copia1.jpg
Grecia, ma anche gli altri paesi Piigs come l'Italia sono in balia dei sentimenti del mercato, per quanto riguarda il mantenimento del proprio debito. Significa che se i mercati, come sta succedendo con la Grecia, improvvisamente decidono che questi Stati non sono in grado di ripagare il debito, non c'è una regola su come uscire. Cioè, l'euro non può andare in bancarotta se la Grecia va in bancarotta.

Ecco perché parlo di un default volontario pilotato e della creazione di una serie di regole che permettano ad alcuni paesi di uscire temporaneamente dall'euro per riprendersi economicamente, anche in termini di convergenza, tornando entro quei parametri necessari per starci dentro. Seguire insomma l'esempio dell'Islanda che ha fatto un default pilotato e volontariamente è uscita dal mercato dei capitali, ha cioè dichiarato il default e si è messa al lavoro per ripianare i debiti[e ha messo in galera i politici distratti....]".

Un caso che sembra rimanere isolato.
"Sì, infatti. Si pensi all'Argentina che è andata in default da un giorno all'altro perché i mercati hanno girato le spalle. L'Islanda però ha una situazione migliore dell'Italia perché non ha l'euro come moneta. E il problema è proprio questo. Nel senso: come usciamo dall'euro? Come possiamo staccarci senza creare un terremoto all'interno di tutta l'Europa? Barroso ha detto: mantenere l'euro è una lotta di sopravvivenza per tutti i Paesi. E ha ragione. Infatti nelle ultime tre settimane in Germania e anche in Olanda dentro le banche si lavora per produrre una proposta, una legislazione che permetta di uscire dalla moneta unica".

Cosa succederebbe all'Italia se optasse per il default volontario?
"Se facesse quello che ha fatto l'Islanda, un'uscita pilotata dall'euro, succederebbe che l'Italia dovrebbe garantire la metà del debito nazionale che è nelle mani degli italiani e delle banche italiane, cioè 2.850 miliardi di euro. Questo si può fare con una patrimoniale secca che colpisca con un 5 per cento su quell'1 per cento della popolazione, cioè quelle 70 famiglie che detengono da sole il 45 per cento della ricchezza nazionale. Basterebbe questo per garantire il debito interno. Dopodiché per quanto riguarda il debito esterno, quello che è in mano alle banche straniere, su quello bisognerà fare una ristrutturazione. Si rinegozia come è successo per esempio a Dubai. Io ti pago 45 centesimi per ogni euro e si stabilisce un programma di pagamento nei prossimi 5 o 6 anni e mano a mano si paga. Dopodiché l'uscita dall'euro permetterebbe di tornare alla lira che si svaluterebbe immediatamente dando una spinta alle esportazioni e più competitività".

Perché allora tutto ciò non avviene?
"Perché è una decisione che deve essere presa di concerto con il resto dei paesi europei. Ma è difficile che avvenga perché se l'Italia decide di fare il default pilotato c'è il problema delle banche francesi che hanno una grandissima esposizione nei nostri confronti. L'uscita dell'Italia dall'euro senza un supporto da parte delle altre nazioni, per quanto riguarda le loro economie e le loro banche, potrebbe causare il crollo degli istituti di credito. Quindi la situazione è complessa, però non così complessa da non poter essere risolta. Serve un accordo a livello europeo, ma neanche se ne parla".

Una questione lessicale: il "debito pubblico" adesso si chiama "debito sovrano". E' curioso che questo avvenga proprio quando gli Stati sono più in balia della speculazione dei mercati.
"Il fatto che gli Stati siano in balia dei mercati è una percezione sbagliata e di propaganda. I mercati hanno fatto il loro mestiere. Anzi in un certo senso i mercati sono stati spinti dagli Stati ad acquistare, almeno negli ultimi 12 mesi, i titoli del debito sovrano che non valgono nulla. E non parlo solo dei titoli italiani, ma anche degli altri, vedi i titoli francesi: rendimenti pari a zero. Quindi c'è una sorta di accordo degli Stati con le banche, secondo cui tu compri i miei titoli anche se guadagni zero ed io prometto che ti proteggerò dal crollo dell'euro. Cioè esiste una condizione di mutua convenienza però relativa a una tragedia. Quindi io non direi che la colpa è dei mercati e degli speculatori.

E allora di chi è?
"Dei politici che hanno permesso la creazione di un sistema di questo tipo e loro stessi hanno abusato di questa situazione. Quindi oggi il cittadino dovrebbe essere indignato, come accade in Spagna, non con i banchieri ma con i politici".

Nel suo libro scrive che "il malessere del modello occidentale è ormai una pandemia". Dagli Indignados in avanti il "contagio" è inevitabile?
"Sì. Per esempio si prenda una situazione tipo quella dell'Italia, che vende parti del Paese ai cinesi. E i cinesi mica vengono gratis. Il premier quindi vende invece di tassare quelle 70 famiglie che dovrebbero farsi carico della soluzione del problema: ecco questo dovrebbe far indignare la popolazione. Perché si parla della mia vita, della mia democrazia. Poi non è solo Berlusconi, chiariamolo questo. Tutti i Paesi europei vengono gestiti in questo modo. Tutti i politici europei oramai governano come se la democrazia fosse una loro impresa. Si dimenticano la voce del popolo. Noi siamo molto vicini ai fratelli africani, come scrivo nel libro. Loro si sono ribellati a un malgoverno dittatoriale. Le nostre non sono forme di governo dittatoriali, però sono delle oligarchie quindi tutti ci indigneremo a poco a poco. E' inevitabile".

Eppure noi motivi per indignarci ne avremmo già abbastanza. Perché allora fino ad oggi Spagna, Israele, Gran Bretagna sì e Italia no?
"In Italia non c'è ancora la consapevolezza. Lo spagnolo negli ultimi dodici mesi ha progressivamente preso sempre più consapevolezza della situazione economica. E questo perché c'è stata una degenerazione della situazione economica: in Spagna siamo al 43 per cento della disoccupazione giovanile e inoltre gli spagnoli hanno un senso civico più attento del nostro. La vicinanza storica con il franchismo è importante: loro apprezzano di più la democrazia e ci credono di più, sono meno cinici. E capiscono anche che per mantenerla in piedi bisogna difenderla attraverso la voce della strada che è l'unica che il popolo ha. Ma oggi la crisi economica è arrivata anche in Italia e le misure di austerità che ha preso Zapatero le prenderà anche il nostro governo. Insomma, c'è un ritardo temporale relativo proprio alla consapevolezza".


Fonte: Loretta Napoleoni: "L'Italia faccia come l'Islanda, scelga il 'default pilotato' ed esca dall'euro" | tiscali.notizie.
 
"L'Italia faccia come l'Islanda, scelga il 'default pilotato' ed esca dall'euro"

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Intervista di Antonella Loi a Loretta Napoleoni - tiscali.it
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Cosa succederebbe all'Italia se optasse per il default volontario?
"Se facesse quello che ha fatto l'Islanda, un'uscita pilotata dall'euro, succederebbe che l'Italia dovrebbe garantire la metà del debito nazionale che è nelle mani degli italiani e delle banche italiane, cioè 2.850 miliardi di euro. Questo si può fare con una patrimoniale secca che colpisca con un 5 per cento su quell'1 per cento della popolazione, cioè quelle 70 famiglie che detengono da sole il 45 per cento della ricchezza nazionale. Basterebbe questo per garantire il debito interno. Dopodiché per quanto riguarda il debito esterno, quello che è in mano alle banche straniere, su quello bisognerà fare una ristrutturazione. Si rinegozia come è successo per esempio a Dubai. Io ti pago 45 centesimi per ogni euro e si stabilisce un programma di pagamento nei prossimi 5 o 6 anni e mano a mano si paga. Dopodiché l'uscita dall'euro permetterebbe di tornare alla lira che si svaluterebbe immediatamente dando una spinta alle esportazioni e più competitività".

Fonte: Loretta Napoleoni: "L'Italia faccia come l'Islanda, scelga il 'default pilotato' ed esca dall'euro" | tiscali.notizie.

chiacchere..ma ha studiato almeno economia questa?:sad:
 
ah si? economista?...
si?????..allora forse sarebbe d'uopo che rifacesse non solo il corso di laurea ma anche ragioneria......:rolleyes:
uhm
la conosci


pensa che qualcuno dice che ha vinto pure una borsa di studio
ovvio dopo essersi laureata


e lavora pure per l'ONU

Loretta Napoleoni - Wikipedia
Titoli scientifici

Loretta Napoleoni è stata borsista Fulbright alla SAIS - Paul H. Nitze School of Advanced International Studies della Johns Hopkins University di Washington D.C.,

e studente Rotary alla London School of Economics.

Tra i suoi titoli accademici ci sono un Master in studi sul terrorismo alla London School,
un Master in relazioni internazionali ottenuto alla School of Advanced International Studies (SAIS)

e un dottorato in Scienze economiche dell'Università di Roma "La Sapienza".


Dal 1980 ha lavorato per alcuni anni a un progetto di fattibilità della Banca nazionale d'Ungheria[1] sulla convertibilità in monete europee del fiorino ungherese.[2]
 
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