se l'italia facesse come l'Islanda....

L'Italia non potrà mai fare come l'Islanda perchè la rivoluzione del popolo, quando ci sarà, sarà sapientemente convogliata a cambiare gli attori ma a lasciare intatto il sistema.
Il problema dell'Italia sta nella diffusa corruzione, ma questo (secondo me) ci rende ciechi verso il modello di sviluppo occidentale fondato sul continuo accentramento di risorse e il loro controllo.
 
guardi.x motrivi che nn spiego ho conosciuto,nn per fini politici,ma per altri motivi ex capo dello stato emerito presidente francesco cossiga,le posso assicurare che anche solo la meta' di quello che ha velatamente fatto capire,l0islansa e' ancora troppo a sud dello schifo, le consiglierei i circoli glaciali artici,dove l'assordante rumore del silenzio,compenserebbe l'immondizia che circola per il globo.vi posso lasciare con piccole.perle.mani pulite fu solo fatta per cambiare regime dopo il no di sigonella di craxi agli americani,
il reale obbiettivo,complici,prodi,amato,dini,draghi,ciampi era lo smembramento della vecchia iri,la piu' grossa multinazionale al mondo
.con i colloqui sul panfilo britania.urge ricordare che prodi voleva svendere e de benedeti parti dell iri,senza lì'autorizzazione del governo,(prodi,draghi ex goldman sax),
la tangente eni di cui tanto si sente parlare dal burattinaio di pietro,transito' sul conto presso lo ior
,intestato alla fondazione francis spellman,noto cardinale americano di cui la firma ad operare era del benemerito paul kasimir markincus e del senatore a vita andreotti giulio,
altresi' e duopo ricordare che all'atto della rogatoria,sui 130miliardi delle vecchio lire,monsignor dardozzi si ritrovo in conto per 330 miliardi di cui 220 nn si sapevano a chi facessero capo in prima battuta ,scoprendo poi che famiglia ferruzzii -sama , ma qui mi fermo alla prossima puntata
.:wall:
 
no ehhh
ci vorrebbero dei veri attributi virili e mano manfrine ladronesche della classe politica


Islanda, quando il popolo sconfigge l'economia globale


Islanda, quando il popolo sconfigge l'economia globale,,
di Andrea Degl'Innocenti.

L'hanno definita una 'rivoluzione silenziosa' quella che ha portatol'Islanda alla riappropriazione dei propri diritti. Sconfitti gli interessieconomici di Inghilterra ed Olanda e le pressioni dell'intero sistema finanziario internazionale, gli islandesi hanno nazionalizzato le banche e avviato un processo di democrazia diretta e partecipata che ha portato astilare una nuova Costituzione. Oggi vogliamo raccontarvi una storia, il perché lo si capirà dopo.
Di quelle storie che nessuno racconta a gran voce, che vengono piuttosto sussurrate dibocca in orecchio, al massimo narrate davanti ad una tavola imbandita oinviate per e-mail ai propri amici.
È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso adun paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.
L'Islanda.
Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffibianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un'eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta.
Un'esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari: di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistemadel debito.

Ma procediamo con ordine. L'Islanda è un'isola di sole di 320mila anime – ilpaese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo diesercito. Una città come Bari spalmata su un territorio vasto 100milachilometri quadrati, un terzo dell'intera Italia, situato un poco a suddell'immensa Groenlandia.
15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di 'neoliberismo puro' applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi. Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall'altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivatoal 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercatifinanziari del 2008.
Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, laKaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull'euro – che perse in breve l'85 per cento – non fece altro che decuplicare l'entità del loro debito insoluto. Alla fine dell'anno il paese venne dichiarato in bancarotta.
Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, alla guida della coalizione Social-Democratica che governava il paese, chiese l’aiuto del FondoMonetario Internazionale, che accordò all'Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici. Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano. A gennaio, un presidio prolungato davanti al parlamento portò alledimissioni del governo. Nel frattempo i potentati finanziari internazionali spingevano perché fossero adottate misure drastiche. Il Fondo MonetarioInternazionale e l'Unione Europea proponevano allo stato islandese di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo. Vale a direspalmandolo sulla popolazione. Era l'unico modo, a detta loro, per riuscirea rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda edInghilterra, che già si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini. Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate ad aprile 2009, era una coalizione di sinistra che, pur condannando il modello neoliberista fin lì prevalente, cedette da subito alle richieste della comunità economica internazionale: con una apposita manovra di salvataggio venne proposta larestituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo dieuro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periododi 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento. Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino dellanazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altriprivati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d'Islanda era decisamente troppo. Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos'altro invece si riaggiustò. Si ruppe l'idea che il debito fosse un'entità sovrana, in nome della quale erasacrificabile un'intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d'un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare. Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò diratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere. La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo statoislandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivandoa paventare l'isolamento dell'Islanda. I grandi banchieri di queste duenazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava avotare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verràimpedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentementeconcesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato control'Islanda le classiche misure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi edei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo lecondizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell'intervista- ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”. A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento dellepreferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato daicittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelòimmediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò. Nelfrattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si eramosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario.L'Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidentedella Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nellavicenda abbandonarono in fretta l'Islanda. In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzioneislandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieriinternazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando ilpaese aveva ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamenteidentica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali(come inserire la parola 'presidente' al posto di 're'). Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un'assembleacostituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolarielezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Percandidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l'appoggio di almeno 30persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito. Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta."Io credo - ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consigliocostituente - che questa sia la prima volta in cui una costituzione vieneabbozzata principalmente in Internet". Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propriocchi. Le riunioni del Consiglio erano trasmesse in streaming online echiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte.Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno postein stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturitada questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta alvaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni. Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l'Islanda che si sta riprendendo dallaterribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto aquello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Nientesalvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità anazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei dirittie della partecipazione. Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settorepubblico era l'unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelliportoghesi, spagnoli ed italiani. In Islanda è stato riaffermato unprincipio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare lesorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesainternazionale. Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese.Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti?
da ilcambiamento.it



[email protected]

Splendido post. Ma l'Italia c'ha un'altr palla al piede: il vaticano.

Ci sono troppi intrecci, troppi segreti, troppi ricatti.

Tutti i governi dal dopoguerra, ed intendo TUTTI, sono stati collegati a

doppio filo con le mafie, il vaticano, le banche.

L'avvento dell'euro non e' parso vero a questi personaggi, (lo IOR si e'

autofinanziato grazie ai 3 miliardi e passa all'annorisparmiato col regaluccio

dell'ICI...:cool:), che hanno trasformato il tutto in un poveraccio sommerso dai

debiti a cui prestare il denaro "a strozzo". Altro non vedo.

Nessuna evoluzione, anzi, un tornare indietro di 30 anni, con sempre meno

cultura, sempre piu' poveri, sempre piu' debiti e sempre piu' privatizzare i

profitti e nazionalizzare i debiti.

In Islanda sono poche persone. Evidentemente con una percentuale di

stronzi al potere molto minore della nostra. Addirittura hanno perseguito

con l'Interpol chi aveva fatto i giochetti finanziari e cercato di spalmare

sulla popolazione svigandosela alle Barbados per svernare al meglio.

Maddof si e' beccato 150 anni. Quando l'euro collassera', (e manca poco

potete credermi), e la gente andra' per strada con i forconi perche' non

avra' il denaro per MANGIARE...vedremo un po' che succedera'.

Fino ad allora godiamoci geni dell'economia come caldarrosto che vuole

togliere le pensioni un po' a tutti, (tranne ai parenti suoi), per fare la sua porca

figura con l'elite. :titanic:

Complimenti ancora a chi li ha votati e messi li. :-o

Contenti? :rolleyes:
 
guardi.x motrivi che nn spiego ho conosciuto,nn per fini politici,ma per altri motivi ex capo dello stato emerito presidente francesco cossiga,le posso assicurare che anche solo la meta' di quello che ha velatamente fatto capire,l0islansa e' ancora troppo a sud dello schifo, le consiglierei i circoli glaciali artici,dove l'assordante rumore del silenzio,compenserebbe l'immondizia che circola per il globo.vi posso lasciare con piccole.perle.mani pulite fu solo fatta per cambiare regime dopo il no di sigonella di craxi agli americani,il reale obbiettivo,complici,prodi,amato,dini,draghi,ciampi era lo smembramento della vecchia iri,la piu' grossa multinazionale al mondo.con i colloqui sul panfilo britania.urge ricordare che prodi voleva svendere e de benedeti parti dell iri,senza lì'autorizzazione del governo,(prodi,draghi ex goldman sax),la tangente eni di cui tanto si sente parlare dal burattinaio di pietro,transito' sul conto presso lo ior,intestato alla fondazione francis spellman,noto cardinale americano di cui la firma ad operare era del benemerito paul kasimir markincus e del senatore a vita andreotti giulio,altresi' e duopo ricordare che all'atto della rogatoria,sui 130miliardi delle vecchio lire,monsignor dardozzi si ritrovo in conto per 330 miliardi di cui 220 nn si sapevano a chi facessero capo in prima battuta ,scoprendo poi che era parte della ulteriore tangente facente capo alla famiglia ferruzzii -sama ,ma qui mi fermo alla prossima puntata

Assange ti fa un baffo :rolleyes:
 
Islanda: il Fondo Monetario Internazionale se ne va

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Domenica 28 Agosto 2011 14:34 |
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Scritto da Alessio Pizziconi | | |

Cronaca - Estere
Islanda: il Fondo Monetario Internazionale se ne va


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(ASI) Dopo circa tre anni, il Fondo Monetario Internazionale e l’Islanda prenderanno strade diverse.

In tempi di presunti salvataggi nazionali portati avanti con ricette neoliberiste, di annullamenti di sovranità monetarie nazionali e di politiche di tagli violenti alle strutture amministrative ed economiche dei singoli stati, il piccolo stato scandinavo ha deciso di proseguire fermamente nella strada intrapresa oltre un anno fa, attraverso un imponente consenso dell’opinione pubblica nazionale, generalmente formata ed informata su temi così delicati e importanti.
Come riportano diversi servizi della tv pubblica islandese Ruv, l’FMI ha portato a termine la sua sesta revisione dell’economia nazionale islandese a Washington, ritenendo non necessario continuare il proprio lavoro sull’isola dell’Atlantico. L’FMI concluderà quindi le operazioni in Islanda, e la lascerà.
Il Primo Ministro islandese Johanna Siguroardottir ha annunciato la partenza dei funzionari in una conferenza stampa nella cittadina di Iono nei giorni scorsi, aggiungendo che la ricostruzione economica islandese è sulla retta via, con miglioramenti in corso e risultati ottenuti prima del previsto. Ha inoltre detto che la ricostruzione islandese dopo il collasso bancario del 2008 “è andata oltre ogni aspettativa”
Il Ministro delle Finanze Steingrimur J. Sigfusson ha preso parte alla conferenza sostenendo che la stabilità finanziaria islandese sarebbe nuovamente ristrutturata.
Il Ministro dell’Economia e del Commercio Arni Pall Arnason ha parlato in maniera più personale, dicendo che molte persone erano preoccupate della cooperazione tra FMI e Islanda, che il loro welfare state – altro elemento di vanto e di efficienza - sarebbe stato tagliato duramente e che sarebbero state prese misure drastiche, basate sui diktat classici utilizzati dal Fondo Monetario nei suoi interventi in Estremo Oriente e in Sudamerica. Army crede che la ragione per la quale tutto questo non si è verificato in Islanda è perché i prestiti forniti dall’FMI al governo Islandese hanno permesso a quest’ultimo di prendere più tempo per fissare budget e obiettivi.
L’arrivo del FMI in Islanda come è noto fu accolto in maniera estremamente fredda da gran parte della popolazione, convinta che il FMI avrebbe chiuso l’Islanda in uno stato di permanente debito, come ormai troppi paesi hanno già sperimentato in passato. La partenza dei funzionari del FMI viene quindi vista con ottimismo da gran parte dell’opinione pubblica.
Ed eccoci così arrivati ad oggi.

Con l’Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di BCE, FMI o World Bank, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione, e un coinvolgimento dell’opinione pubblica nazionale tra le più alte d’Occidente.
 
Vorrei capire di più.

15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di 'neoliberismo puro' applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi. Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall'altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivatoal 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercatifinanziari del 2008.
Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, laKaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull'euro – che perse in breve l'85 per cento – non fece altro che decuplicare l'entità del loro debito insoluto. Alla fine dell'anno il paese venne dichiarato in bancarotta.

Il fatto che l'Islanda fosse un mega-ContoArancio, vuol dire che arrivavano dei quattrini (es. 10 sterline), e quindi la banca aveva sì un debito estero di 10 sterline, ma aveva anche 10 sterline nelle proprie casse.

Quindi, se c'è stato un problema, è stato causato dal fatto che le banche islandesi investirono in borsa o in materiale sub-prime le loro 10 sterline, giusto?
Quindi, ad un certo punto, le banche avevano debiti sempre per 10, ma investimenti che, dopo la crisi, ne valevano 3 o 4. E i creditori rivolevano indietro i 10, giusto?


la ricostruzione economica islandese è sulla retta via, con miglioramenti in corso e risultati ottenuti prima del previsto. Ha inoltre detto che la ricostruzione islandese dopo il collasso bancario del 2008 “è andata oltre ogni aspettativa”
Il Ministro delle Finanze Steingrimur J. Sigfusson ha preso parte alla conferenza sostenendo che la stabilità finanziaria islandese sarebbe nuovamente ristrutturata.



Una domanda: se non saranno i cittadini islandesi a farsi carico delle perdite subite dalle banche, chi ci rimetterà?

Ovvero: chi è che aveva investito le 10 sterline del mio esempio nel conto arancio islandese?
Erano privati cittadini (come te, Bonzo Ganzo o me), che non rivedranno più indietro quanto investito (o meglio ne vedranno indietro 3 o 4 su 10, dopo la liquidazione degli investimenti delle banche)?
O erano banche inglesi?

Mi spiego: ho paura che, se a perderci non sono i cittadini (te, Bonzo e me), alla fine sono comunque i cittadini.
I cittadini inglesi che si fanno carico del salvataggio / prestito alle loro banche che hanno perso il 60-70% dell'investimento fatto in Islanda, salvataggio fatto dallo Stato con i soldi dei cittadini, ovviamente.

E se lo Stato non salva le banche inglesi che hanno investito in contiarancio islandesi?
Indovina come finisce: a rimetterci sono i cittadini che hanno depositato i loro risparmi presso la banca inglese nel frattempo, senza salvataggio dello Stato, è fallita.

Insomma, ho paura che la contestazione del fallimento possa aver spostato solo di qualche chilometro le chiappe dei cittadini che sono stati in##lati, ma che alla fine son sempre loro a subirne le conseguenze economiche e rettali.
 
Vorrei capire di più.



Una domanda: se non saranno i cittadini islandesi a farsi carico delle perdite subite dalle banche, chi ci rimetterà?

le banche erano private
avevano degli azionisti .....
saranno loro a rimetterci

e tutti coloro che si erano fidati


a differenza di molti altri
l'Islanda
non si fa carico del debito degli speculatori


in pratica... mi pare di ricordare
che i proprietari di quelle piccole banche erano medio-orientali e attiravano i soldi di tutto il mondo indebitando le banche

e quei soldi non venivano investiti nell'economia reale Islandese ma nelle obbligazioni subprime USA che rendevano molto
fino a che il giovchino ha retto

quando sono saltate quelle obbligazioni
mi dici il motivo per cui deve pagare il cittadino Islandese e non della nazione medioi-orientale?


il giochino
profitti privati ... debiti pubblici
là non ha trovato radici
 
Ultima modifica:
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nr. 155/2011
martedì 12 luglio

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God Bless Iceland (Dio Benedica l’Islanda)
Avete sentito parlare di questo documentario? No, perché la storia della rivoluzione dal basso partita in Islanda dopo lo scoppio della crisi economica è una notizia “scomoda”. Eppure in quel freddo biscio che c'è in Islanda 320 mila abitanti stanno cambiando le cose. In un referendum popolare il 95% dei votanti si è rifiutato di pagare i debiti delle banche, che sono state perciò rinazionalizzate. Poco prima le proteste di piazza a Reykjavìk avevano fatto cadere il governo, tutto il governo, dai ministri ai sottosegretari e portaborse. Tramite Facebook e Twitter si stanno riscrivendo la loro Costituzione!
Per approfondire leggete l'ottimo articolo di Pierpaolo Farina qui
VIDEO (in inglese)
 
le banche erano private
avevano degli azionisti .....
saranno loro a rimetterci

e tutti coloro che si erano fidati


a differenza di molti altri
l'Islanda
non si fa carico del debito degli speculatori


in pratica... mi pare di ricordare
che i proprietari di quelle piccole banche erano medio-orientali e attiravano i soldi di tutto il mondo indebitando le banche

e quei soldi non venivano investiti nell'economia reale Islandese ma nelle obbligazioni subprime USA che rendevano molto

'spetta, c'è una regola fondamentale della Vita che, mi permetto di dirti, forse ignori.

Il Dare quadra con l'Avere, non dimenticarlo mai, e recitalo come un mantra prima di dormire.
Nello Stato Patrimoniale di qualunque società,
in Dare ci vanno gli investimenti, e
in Avere ci vanno il patrimonio (soldi ricevuti dagli azionisti) e i debiti (soldi ricevuti dai finanziatori)


Quindi, immagina la tua banca e fingi di essere una ragioniera.
Viene costituita con 1 euro di capitale, dai privati islandesi o medio orientali.
In quel momento, il bilancio della banca è
Dare : in cassa, 1 Euro (i quattrini appena ricevuti dal socio)
Avere: 1 Euro (il Patrimonio netto iniziale)


Poi arriva il contoarancista, che trasmette 10 euro alla banca. Vengono registrati sia in Dare (come liquidità da investire) sia in Avere (come debito da restituire).
Facciamo una nuova foto patrimoniale.
Dare : in cassa, 11 Euro (i quattrini ricevuti dal socio + i 10 dell'investitore)
Avere: 1 Euro (Patrimonio netto iniziale) + 10 Euro (i debiti)


Poi gli 11 euro vengono investiti in subprime. Nuova foto:
Dare : 11 Euro di obbligazioni sub prime
Avere: sempre 1 Euro (Patrimonio netto iniziale) + 10 Euro (i debiti)


Il problema, come dicevamo, è che se si verifica una perdita di 7 euro sugli investimenti subprime, il capitale messo dall'azionista assorbe solo 1 euro.

Poi, i restanti 6 euro di perdita da coprire rimangono a carico o del tizio che ha messo i soldini nel conto arancio, o nella banca che lo ha fatto, o di chi ha investito nella banca...
Insomma: il capitale proprio messo dagli investitori, fisiologicamente, assorbe solo una piccola parte delle perdite.


Se non son stato chiaro, istituiamo una sezione didattica ufficiale "Analisi di Bilancio - Corso Base". :)
 

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