SII TE STESSO. MA SE SEI UN CRETINO, NON INSISTERE. SII PURE UN ALTRO.

Anthony Mann lo avrebbe chiamato “Il Regno del Terrore”.

Il governo giallo-rosso, dopo sei ore di Consiglio dei ministri terminato alle cinque del mattino,
ha licenziato il testo del Documento programmatico di bilancio (Dpb) e quello del decreto fiscale collegato, inviandoli a Bruxelles per ottenerne l’approvazione.

Due provvedimenti che instaurano un regime di Terrore fiscale.

Se la Commissione non solleverà questioni, e non lo farà visto che peggio di così per gli italiani non potrebbe essere,
Dpb e decreto fiscale entreranno nella Legge di bilancio 2020, che passerà al vaglio delle Camere.

Gran parte delle misure contenute nell’attuale versione del Dpb e del decreto fiscale collegato saranno quelle in vigore dal 1° gennaio del prossimo anno.
Vediamo le più importanti:

Quota100: la misura non è stata né abrogata né rinnovata, quindi resterà in vigore fino ad esaurimento della stessa nei termini previsti dalla precedente manovra, cioè fino al 2021.
Ciò comporterà una disparità di trattamento tra lavoratori, infatti centinaia di migliaia di questi potranno andare in pensione fino al 2021
con 38 anni di contributi e 62 di età, mentre tutti gli altri, cioè coloro che non matureranno tali requisiti nei prossimi due anni,
saranno collocati a riposo di nuovo con la Legge Fornero (67 anni di età).
Al momento il governo sta ragionando anche ad un’altra ipotesi, cioè al superamento graduale di Quota100 con un paio di finestre ad hoc. Nulla sul punto però è stato deciso.

Reddito di cittadinanza: niente di sostanziale è stato modificato, quindi varranno le previsioni della precedente Legge di bilancio
con un ampliamento delle risorse da utilizzare, ma nei limiti di quanto già previsto con la finanziaria dell’anno scorso.
Il governo si regge sull’accordo con il M5s e dunque questo punto non si poteva neppure toccare.

Lotta all’evasione fiscale: questo è l’intervento più incisivo contenuto nel decreto fiscale collegato al Dpb.
Tutti coloro che adottano il regime Iva ordinario, dal 1° gennaio potranno usufruire delle detrazioni fiscali
(cioè potranno scaricare le spese detraibili nelle misure consentite) solo se le prestazioni saranno pagate con strumenti che garantiscono la tracciabilità,
cioè bancomat, carte di credito e bonifici. Il pagamento in contanti non sarà più utilizzabile per chiedere la detrazione.

Ciò produrrà un comportamento difensivo da parte delle partite Iva, invogliate a dichiarare di meno per evitare di rendere conveniente la detrazione,
decidendo di non richiederla pur di non pagare con carta. Sarà invece possibile detrarre, in misura minima (tra il 10 ed il 19%),
le spese del parrucchiere, dell’idraulico e del ristorante, ma la questione è ancora oggetto di discussione.

Poi ci sarà la “lotteria degli scontrini”, una specie di gioco a premi – tipo estrazione del lotto – per chi pagherà con carta di credito,
con conseguenti sanzioni per chi non accetterà pagamenti col Pos. Tutte misure che, accompagnate dall’onere della prova a carico del contribuente,
introdotta dal governo Monti nel 2012, porrà milioni di inermi cittadini sotto la continua vessazione del fisco.

Sui cosiddetti “grandi evasori”, invece, il testo del decreto fiscale prevede la sola intenzione da parte dell’esecutivo
di aumentare le pene fino ad otto anni di reclusione, ma sul punto manca ancora l’intesa nel governo. I

l problema delle soglie di punibilità, qualora fossero ridotte proposto del ministro Bonafede, non riguarderebbe in realtà i “grandi evasori”,
bensì centinaia di migliaia di piccoli contribuenti che rischierebbero di finire nelle patrie galere.

Guerra al contante: fa parte delle misure per la lotta all’evasione, ma merita un approfondimento.
Il governo Conte-bis ha deciso di tornare ai livelli del governo Monti diminuendo il tetto di utilizzo del denaro contante,
per tutte le transazioni, a 1.000 euro a partire dal 2022. Dal 1° gennaio dell’anno prossimo, e per i soli anni 2020 e 2021, il limite sarà fissato a 2.000 euro.
Nel 2016 il governo Renzi aumentò questo limite a 3.000 euro ben sapendo che avrebbe incentivato i consumi, cosa che in effetti avvenne.

Ritornare, seppur progressivamente, alla misura montiana, produrrà l’effetto devastante che produsse all’epoca,
cioè la violenta contrazione dei consumi e quindi della domanda interna, con pesanti ripercussioni sull’occupazione e sui redditi.

Ne avranno giovamento le banche per via delle commissioni legate ai pagamenti con carta (anche se fossero ridotte),
oltre alle attività commerciali che si trovano extra-confine (Svizzera, Austria, Francia e Croazia),
soprattutto quelle legate al settore automobilistico, dentistico, alberghiero, vacanziero e dei beni di un certo valore (orologi, gioielli, pellicce etc).

Stanno commettendo lo stesso errore di sette anni fa.

Flat-Tax: viene cancellata quella prevista dalla precedente manovra che estendeva il regime, a partire dal prossimo anno,
allo scaglione reddituale da 65.001 a 100.000 euro con tassazione fissa al 20%.

Viene invece mantenuta (per il momento) quella fino a 65.000 euro con tassazione fissa al 15%, ma con tre correzioni rispetto all’anno in corso.

Prima. Salvo eventuali modifiche nei prossimi mesi da parte del Parlamento, le partite Iva che fino ad oggi hanno aderito al regime forfettario
(fino a 65.000 euro di reddito annuo) potranno continuare a restarvi anche l’anno prossimo solo se non detengono quote sociali (anche minime) in società a responsabilità limitata.
E’ il caso di decine di migliaia di operatori che hanno quote in aziende di famiglia, spesso per ragioni affettive piuttosto che economiche, ma che svolgono attività professionali differenti.

Seconda. Oggi le partite Iva in regime forfettario non hanno l’obbligo di detrarre nulla, sussistendo la detrazione in quota già prefissata (a seconda dell’attività svolta) sul reddito dichiarato.
Dal 1° gennaio 2020, invece, anche i forfettari dovranno conservare ricevute e scontrini per dimostrare la detrazione effettiva,
e non potranno spendere più di 5.000 euro annui per dipendenti e collaboratori e 20.000 euro per l’acquisto di beni strumentali connessi all’attività svolta.

Terza. In ogni fattura dovrà essere indicato il codice iban del conto corrente d’esercizio, in modo tale che a fine anno l’Agenzia delle Entrate
possa controllare i movimenti sul conto, in stile “Grande Fratello ”. Con l’introduzione della flat-tax era intenzione del precedente governo di ridurre la pressione fiscale,
ma l’attuale esecutivo la sta invece aumentando.

Renzi, Grillo, Conte e Zingaretti sono andati insieme al governo con la scusa di ridurre le tasse, e invece le aumenteranno.

Obbligo di fatturazione elettronica: già in vigore dallo scorso anno per il regime Iva ordinario,
l’Unione europea ha bocciato l’estensione di tale obbligo al regime forfettario (troppi oneri!), ma non è escluso
– come già si vocifera nei corridoi di Via XX settembre – che il governo la introduca anche per i redditi da lavoro autonomo al di sotto dei 65.000 euro annui, ma superiori ai 30.000.

Staremo a vedere. E qui, lo capirebbe anche un bambino, tutti avranno convenienza a dichiarare di meno per restare sotto-soglia
ed evitare nuove spese ed oneri derivanti dall’obbligatorietà della fatturazione elettronica.

Sanità: entro la fine del 2020 (aspetta e spera) scomparirà il super-ticket, cioè quella spesa di 10 euro per ciascuna ricetta
che le Regioni applicano per le prestazioni mediche specialistiche e diagnostiche.
Probabile l’introduzione di un ticket a seconda del reddito. Nuove mazzate in arrivo per il ceto medio.

Green-economy e investimenti produttivi: la vulgata verde ha travolto anche il governo italiano.
Aumenterà il costo della plastica, delle sigarette, del diesel e del gioco d’azzardo in modo da recuperare risorse necessarie per finanziare le misure
per un più vasto piano ecologista previsto a partire dal prossimo anno, con maggiore espansione dal 2021.

Aria fritta, ma intanto costerà di più la benzina ai nostri già massacrati agricoltori.

Per quanto riguarda gli investimenti produttivi sono previsti, col “Piano Industria 4.0”, incentivi per la sostenibilità ambientale
ed il rinnovo degli impianti attraverso agevolazioni fiscali, rimodulazioni e crediti d’imposta.
Niente che faccia intravedere una seria politica industriale.

Entro il 31 dicembre il Parlamento potrà in teoria modificare ciò che vuole, ma la maggioranza che sostiene il governo
– benché il Consiglio dei ministri abbia approvato entrambi i documenti “salvo intese” – blinderà sicuramente il testo per evitare che cambi qualcosa di sostanziale.

Per dicembre aspettiamoci un maxi-emendamento sul quale il governo porrà la fiducia.

In breve: più tasse e manette per tutti. Una manovra da Stato di Polizia Tributaria come quella del governo Monti. Un governo Monti senza Monti.
 
Al giorno d'oggi succede di tutto. Ma proprio "di tutto".

Una persona è stata accusata di diffondere notizie false, quando sul suo profilo
facebok ha riportato - nè più nè meno - il video di un comizio del nostro leader.

Tutti possiamo vedere a scaricare questo video.

Ma la notizia ha dato molto fastidio. Forse il nostro premier ha proprio una faccia di pompelmo.

Riporto il testo di quanto detto dal premier nel video e riportato nel post:

'Giuseppi Conte' a Napoli, alla festa del Movimento 5 Stelle, tra le ovazioni dei militanti grillini:

"Noi lavoreremo per poter offrire a migliaia di giovani africani il lavoro, con mutuo beneficio, e così andremo a risolvere
concretamente il problema dell'immigrazione, non con lo slogan 'porto chiuso'…".

Insomma, porti aperti e lavoro prima ai clandestini, prima agli immigrati, e chi se ne frega degli italiani.
N.B. – Si tratta esattamente dello stesso Conte che, prima di svendersi a Bruxelles per le poltrone insieme a tutto il Movimento 5 stelle,
affermava la necessità di chiudere i porti e firmava, insieme all'allora suo vice Matteo Salvini, i Decreti Sicurezza…
 
La Russia, che aveva sottoscritto i protocolli di Kyoto ed aveva firmato anche il trattato di Parigi voluto da Macron, ingrana la marcia indietro.

Come riporta il quotidiano economico russo Kommersant la nuova legge per la limitazione delle emissioni di anidride carbonica parte “Su base volontaria”.

La formulazione iniziale prevedeva un sistema di “Unità di Carbonio” che le aziende avrebbero dovuto avere
per poter emettere anidride carbonica e quindi la definizione di un sistema centrale dis cambio delle quote, un vero e proprio mercato.

Dopo però le forti proteste da pare del ministero dell’industria, dell’energia e dell’associazione degli imprenditori il sistema delle quote è stato completamente cancellato.

In realtà il sistema delle quote di emissioni non è cancellato, ma viene affrontato in modo molto razionale:
invece di porre quote senza conoscerne l’efficiacia e senza avere idea degli effetti della CO2
si è deciso di dare precedenza ad un sistema di rilevamento affidabile ed alla realizzazione di un piano strategico di intervento.

Questa cautela sicuramente deluderà gli ecologisti più radicali, ma nello stesso tempo è anche coerente con la necessità di non accentuare un rallentamento economico già presente.

Questo non impedirà ad alcuni grandi progetti di partire comunque, anche se su base volontaria,
come quello che pochi giorni fa ha annunciato il colosso petrolifero Lukoil.

Curiosamente fra le società più attive della decarbonizzazione in tutto il mondo ci sono proprio quelle petrolifere:
non è che ci sia qualche interesse non chiaro che lega le due operazioni?

Comunque l’abbandono di questa strategia potrebbe portare, in futuro, ad una tensione commerciale fra la Russia ed un’europa che sembra in mano ad un oltranzismo ecologista.
 
Un paio di settimane fa abbiamo parlato della possibilità di produrre batterie alternative al Litio
utilizzando l’alluminio ed un materiale organico carbonico molto complesso, ma di facile produzione.

Un’alternativa a basso prezzo al litio, ma è l’unica
?

Secondo Science Daily ci sarebbe un’alternativa altrettanto conveniente: batterie al calcio.

Le batterie al litio costituiscono attualmente la principale forma di accumulazione di energia elettrica,
ma difficilmente questa tecnologia potrà soddisfare i fabbisogni a livello globale, a causa della scarsità e del costo della materia prima stessa.

Il professore Maximilian Fichtner direttore della piattaforma di ricerca CELEST (Center for Electrochemical Energy Storage Ulm & Karlsruhe)
sta studiando con il proprio team di ricerca le batterie al calcio.

La scarsità delle materie prime attualmente utilizzate, come il litio, il cobalto o il nickel viene a rendere necessario lo studio di tecnologie che impieghino materie prime di grande disponibilità e basso costo.

Il Calcio è un ottimo candidato perchè abbondante,non tossico, distribuito regolarmente nel mondo, e , dal punto di vista chimico,
ha due elettroni per atomo ed è in grado di fornire un voltaggio molto simile a quello del litio.

Il problema del calcio era però legato, sinora, alla difficoltà di ottenere degli elettroliti operativi a temperatura ambiente:
infatti il calcio necessita di una temperatura superiore a 75 per poter caricare gli accumulatori.
Questo ha frenato sinora l’utilizzo di queste tecnologie fuori dai laboratori, se non per un numero limitato di applicazioni.

Ora i ricercatori sono riusciti a sintetizzare due nuovi elettroliti utilizzando dei nuovi sali organici di calcio.
Questi nuovi materiali permettono la carica a temperatura ambiente.

Si tratta di un materiale chiamato Calcio Tetrakis[hexafluoroisopropyloxy]borato
(speriamo trovino un nome commerciale più semplice) e, sulla base di questo materiale,
i ricercatori hanno dimostrato la possibilità di creare batterie al calcio ad alta densità energetica, alta capacità ed rapidità di carica e scarica.

Questi elettroliti al calcio, come quelli all’alluminio promettono di rivoluzionare la costruzione delle batterie
rendendole molto più convenienti rispetto a quelle a litio e quindi rivoluzionando da zero la mobilità elettrica, attualmente penalizzata proprio dai costi delle batterie.
 
Eheheheheh ....ai posteri l'ardua sentenza.......ricordatevi di queste dichiarazioni.

Dalila Nesci, parlamentare calabrese del Movimento 5 Stelle alla seconda legislatura, si è fatta notare per le sue battaglie in difesa della Sanità.
Componente della Commissione parlamentare antimafia, ha deciso autonomamente di avanzare la sua candidatura a Presidente della Regione Calabria i
n vista delle prossime imminenti elezioni. Di Maio per ora ha stoppato l’ipotesi, ma Dalila Nesci non demorde.


Onorevole Nesci, è sempre all’ordine del giorno la sua candidatura alla Presidenza della Regione Calabria?

Il Movimento 5 Stelle si evolve cambiando rapidamente le regole esistenti.
Il mio desiderio è quello di fornire un’alternativa chiara e credibile ai modelli civici che Di Maio ha voluto proporre in Umbria.
Confermo quindi in pieno la mia candidatura alla Presidenza della Regione Calabria.

Di Maio però ha detto che la candidatura Nesci non è sul tappeto. Come si concilia la sua determinazione nel volersi proporre con le parole chiare e trancianti del capo politico del Movimento 5 Stelle?

Comprendo Di Maio, costretto a trovare una sintesi politica complessiva con Zingaretti, capo politico del PD ora nostro alleato di governo.
Così come io comprendo la situazione nazionale, Di Maio deve però fare lo sforzo di comprendere la situazione del territorio calabrese.
Io chiedo che la mia proposta venga vagliata seriamente e non liquidata con una battuta in compagnia di un giornalista del Fatto Quotidiano.
Di Maio sarà certamente in grado di costruire un modello che tenga insieme la “strategia nazionale” – da definire con Zingaretti –
con la necessità di offrire ai calabresi un’alternativa limpida e credibile che aggreghi altre forze civiche e pulite della Regione Calabria.
Il perno di questa alternativa può essere solo il Movimento 5 Stelle. Il continuo richiamo di Di Maio al “rispetto delle regole” è molto teorico.
Tante nostre regole cambiano velocemente, come dimostra la nomina a vice Ministro di Cancelleri, già vice Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana.

Probabilmente questo improvviso accordo di governo fra il PD e il M5S ha cambiato le carte in tavola anche con riferimento alle imminenti elezioni locali e regionali.
Vi ha spiazzato la velocità con la quale è stato raggiunto un compromesso tra due diverse forze politiche che fino al giorno prima se ne dicevano di tutti i colori?


La tempistica è stata effettivamente molto rapida. Sostengo comunque convintamente questo Governo, così come ho sostenuto quello precedente.
Non mi ha mai entusiasmato la Lega prima e non mi entusiasma il PD ora, entrambi partiti neoliberisti che in fondo si somigliano molto.
Il M5S conferma una volta ancora la sua natura “post-ideologica”, che però non può significare correre il rischio di restare senza idee e senza identità.
Anche per prevenire questa eventualità ho avanzato la mia candidatura a Presidente della Regione Calabria.
Sul piano nazionale era necessario chiudere un accordo anche al fine di varare una buona legge di Bilancio.
Ma in Calabria noi dobbiamo presentarci con una proposta chiara, limpida e credibile, in caso contrario il nostro progetto culturale fallirà.
Se non saremo forti a difesa della nostra identità finiremo con il perdere una parte importante del nostro elettorato.
È arrivato poi il tempo di programmare quell’organizzazione sul territorio che fino a oggi non abbiamo mai avuto.

Sul piano locale, ma non solo locale, il M5S si è spesso distinto per la forte intransigenza manifestata contro le vecchie classi politiche che, specie nel Mezzogiorno,
finiscono per essere non di rado lambite da inchieste “verminose”. Nel caso in cui i 5 Stelle dovessero chiudere un accordo con il PD anche in Calabria,
non avreste imbarazzo nel difendere un’alleanza elettorale insieme a personaggi finiti, anche recentemente, nel mirino della DDA di Reggio Calabria?
L’inchiesta “Libro Nero” ha coinvolto pesantemente un fedelissimo del Presidente Oliverio come Seby Romeo.
E perfino l’attuale Presidente dell’assemblea calabrese Nicola Irto – non indagato – risulta però ripetutamente citato nelle carte.


È molto improbabile che il Partito Democratico riesca a ripulirsi e ad abbandonare alcune dinamiche che riguardano uomini inseriti dentro il “sistema Oliverio”.
Spero che il PD trovi la forza al suo interno di fare emergere le energie migliori.
Per rispondere alla domanda preciso però di avere proposto la mia candidatura anche per non dovermi mai trovare in una condizione di simile imbarazzo.

Cosa succede se Di Maio e i 5 Stelle finiranno con il tenere il punto respingendo quindi la candidatura Nesci? È prevista una eventuale candidatura in solitaria o prevarrà la disciplina di partito?

Non sono una megalomane. Credo di poter offrire le risposte che servono alla Calabria in coerenza con quelle che sono le aspettative di una popolazione che vuole dare fiducia a una forza “rivoluzionaria”.
La mia candidatura ha senso solo all’interno del M5S. Noi siamo l’unica forza politica che non deve vergognarsi della sua storia e che può essere fiera delle battaglie condotte fin qui sul territorio.
Voglio animare il nostro dibattito interno e spero che Di Maio mi convochi per discutere insieme seriamente e lealmente della questione.
Questo confronto fra di noi diventerà ancora più necessario all’indomani dei risultati in Umbria.

Il calabrese Nicola Morra, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, si è espresso nel merito di questa proposta?

In verità non conosco il pensiero di Morra. Non so se lo ha mai esplicitato…

Per chiudere un giudizio sull’esperienza Oliverio e un abbozzo di programma della futura candidata Presidente Dalila Nesci.

La mia candidatura sarebbe aperta al contributo di tante forze civiche e di tante realtà positive che pure in Calabria esistono.
Qualsiasi programma andrebbe quindi potenzialmente definito insieme ai rappresentanti di questi mondi che io coinvolgerei nel progetto.
Il rilancio della Sanità sarà di sicuro al centro del mio impegno. Intendo farmi garante, su questo specifico punto, di una svolta reale e percepibile.
L’operato di Oliverio sulla Sanità è stato drammaticamente deficitario, la sua politica miope ha prodotto nomine illegittime ai vertici della sanità calabrese che hanno causato disavanzi di bilancio.
Sotto Oliverio il “dipartimento Salute” è diventato un’enclave che vive di regole proprie non sempre conformi con le leggi generali vigenti.
Ho fatto nel merito molte denunce presso la Procura della Repubblica competente.
I nuovi ospedali previsti per la Calabria non sono mai stati costruiti e i lavori sono ancora fermi.
Il Presidente era stato anche audito dalla Commissione parlamentare antimafia nella scorsa legislatura.
Io, che sono adesso un membro dell’attuale Commissione, so – avendo studiato notizie di dominio pubblico – che tante storture di ieri sono rimaste identiche oggi.
Sulla gestione dei rifiuti Oliverio non ha cambiato nulla rispetto al passato, per non parlare della storia dei fondi per il teatro che appare decisamente oscura.
Oliverio è sotto inchiesta per fatti non trascurabili. Si tratta in definitiva di un Presidente che, come i suoi predecessori, ha curato solo interessi particolari e non quelli della collettività.


È ora di voltare pagina seriamente.
 
É sempre la solita vecchia storia, l'ambasciata u$a insieme al ned ed a giorgio soros finanziano i disordini ad HK,
uno stupido dirigente NBA al posto di intervenire contro il SUO governo che promuove disordini in tutto il mondo, guerre e caos, cosa fa?
Se la prende con la nazione target della politica imperialista, se la prende con la vittima, schema ampiamente sperimentato in ogni angolo del mondo,
ma l'esempio di Assad e del Popolo Syriano dovrebbe essere istruttivo anche per i più ignoranti in geografia e politica internazionale,
tra i cittadini dell'impero u$a fuorilegge, ma evidentemente agli americani l'ignoranza sembra una virtù,
come anche portare distruzione e morte in paesi lontani, parole di DJT, 7.000 miglia da casa.
Allora si attaccano alla favolosa e mitologica storia che lo sport non è business, che se uno ci pensa bene non si può dirlo davvero
senza almeno un sorrisetto a denti stretti, ma è qui che siamo arrivati, a recitare le palle più assurde come se fossero vere e senza vergogna.

Il commissario della NBA Adam Silver ha rivelato che è stato il governo cinese ha insistere perché il manager degli Houston Rockets, Daryl Morey,
venisse licenziato, a causa di un tweet del 4 ottobre in cui il general manager esprimeva il suo appoggio per i manifestanti ad Hong Kong.

Tutto questo è stato dichiarato in un’intervista al Time.

“Il governo cinese ci ha chiaramente chiesto di licenziarlo, e così anche gli imprenditori”,
così si è espresso il commissario NBA Silver in un’intervista sullo scandalo della “Libertà di parola” ,
specificando che le autorità cinesi non hanno accettato neanche un intervento disciplinare ed hanno preteso il licenziamento di Morey.

Come mai la NBA si è piegata, letteralmente inginocchiata, alla Cina: semplicemente si è allargata troppo a quel mercato.
Come sottolinea in un’intervista lo stesso Silver il basket USA è entrato nel mercato cinese ormai da quarant’anni,
con la prima partita giocata nel 1979, ed è riuscito a conquistare 6 milioni di fans fissi, con la TV di stato che,
fino ai primi di ottobre, i match erano trasmessi dalla TV pubblica, con quindi una ricaduta pubblicitaria, di merchandising etc.

Dopo l’uscita del manager dei Rockets la TV di stato ha interrotto le trasmissioni e, per la verità, non le ha ancora riprese, neppure dopo scuse e licenziamento.

Come si può accordare però il voler essere l’espressione di uno sport fortemente americano, quindi di un paese dove la libertà di espressione è tutelata,
anche sino ad il limite dell’assurdo, ed il voler entrare in un mercato in cui invece ogni parere politico è rigidamente guidato dal Partito Unico?

Ad esempio negli USA diversi giocatori di colore avevano preso l’abitudine di inginocchiarsi durante l’inno nazionale per protestare contro le discriminazioni razziali del passato:



Un sport accetta che il suo paese venga, in qualche modo, offeso, ma non può accettare, per motivi di denaro,
che un suo membro esprima liberamente il proprio pesiero su un tema di politica internazionale.

Una ipocrisia normalmente inaccettabile perfino per gli stessi fan USA.

Per dare un’idea dell’inaccettabilità della posizione della NBA un fan che, prontamente, iniziato a vendere una t-shirt pro Hong Kong,
ha incassato ben 43 mila dollari in pre ordini (3 dollari a maglietta).

Nello stesso tempo le T Shirt di Lebrown James, che si è schierato al fianco della NBA e del governo cinese, vengono bruciate:

Hong Kong protestors burn LeBron James Jerseys.

Never side with the communists. Never! pic.twitter.com/cayGvE1dDT

— Hotep Jesus (@HotepJesus) October 15, 2019

Lo strapotere del governo cinese sul proprio mercato interno viene a porre dei grossi problemi di carattere etico.
Si avvicina il momento in cui bisognerà scegliere se entrare su un mercato, anche in base alla propria coscienza.
 
Le loro sforbiciate ci daranno 62 milioni di € annui (345 parlamentari in meno x 15 mila € di stipendio netto x 12 mesi).
Noi di interessi sul debito pubblico paghiamo oltre 175 milioni di € al giorno.

Nessuno, neanche i 5Giuda, hanno parlato di eliminare in questo anno di governo le costose aste marginali.

Nessuno di loro ha detto facciamo come la Germania, che raggirando le stesse leggi che lei ha imposto all'Europa,
fa comprare i bond tedeschi inoptati alle banche statali, sul secondario, risparmiando sugli interessi.

Se la Germania, con un debito oggi di 1914 miliardi ha risparmiato sembra 240 miliardi in dieci anni con questo scherzetto,
quanto avrebbe potuto risparmiare l'Italia con un debito pubblico di quasi 2400 miliardi?

Probabilmente oltre 24 miliardi in un solo anno che fanno 87 milioni di € al giorno.

E questi fanno festa con un taglio di 62 milioni annui, nel silenzio complice di tutti gli altri partiti parimenti responsabili nel non aver preso provvedimenti.
Appunto hanno votato come complici la legge presa per il culo.

Però se questo è la stato tragicomico delle cose, la storia di chi sul Britannia si è venduto il paese
o il video di tre minuti di questo personaggio italiano danno l'esatta misura di come il paese sia stato tradito.
Ma è una gara con molti protagonisti...http://mmtitalia.info/tre-minuti-d...
 
Vi siete mai interrogati su quale sia stato il punto più basso toccato dalla Repubblica italiana nei suoi settanta e passa anni di storia?

Avete a disposizione diversi “registri” per decidere: quello tragico, quello drammatico, quello economico, quello politico.

A parer mio, alla fine, uno si impone su tutti gli altri. Ed è quello ridicolo.

Se dovessi scegliere una foto simbolo di quanto siamo caduti giù e di quanto – una volta toccato il fondo –
abbiamo alacremente seguitato a scavare, allora non avrei dubbi: l’istantanea dello stato maggiore dei 5 Stelle in festa
davanti al palazzo con una gigantesca forbice di cartonato, tra le braccia, e un lungo stendardo raffigurante poltrone strappato proprio a mezzo.

Questa “polaroid” ha vinto il mio personalissimo concorso nonostante ce ne fossero molte altre in lizza.

Per esempio, Prodi giulivo sul balcone in faccia a una marea di “patrioti” esultanti per il nostro ingresso nell’euro.

Oppure altre immagini di momenti tragici vissuti dal Paese (a voi l’imbarazzo della scelta).

Epperò, vincono Di Maio e i suoi fratelli. Gli altri episodi citabili (tra i tanti del nostro inglorioso passato) evocano la commedia oppure la tragedia.
E costituiscono altrettante tessere di mosaico del nostro irresistibile declino. E tuttavia, la forza del ridicolo è tale da imporsi sia sul comico che sul tragico.

Per la Treccani, il ridicolo consiste in ciò che “fa ridere, degno di riso o di derisione, perché strano o goffo o insulso o scioccamente presuntuoso”.

Insomma, mentre il comico sa di suscitare il riso, e vuole farlo, il ridicolo ignora l’effetto che produce, e lo produce a sua insaputa.

Il che rende amaro quel ridere persino per chi assiste, divertito, allo show.

Nel caso della foto delle forbici, il ridicolo è un ridicolo al cubo: un ridicolo che monta, strada facendo, come la bolla di un sufflè.

Sono ridicoli i politici quando esultano per l’eutanasia della politica, è ridicolo un partito “della gente” che sottrae alla gente la possibilità (già minima) di contare qualcosa,
è ridicolo rinunciare a spazi di democrazia per risparmiare pochi spiccioli, è ridicolo anche solo confrontare due beni incommensurabili tra loro come la democrazia e gli spiccioli,
è ridicolo che, a distanza di quarant’anni, il piano piduista di instaurazione di un regime oligarchico sia stato unanimemente approvato da liberisti e da ex comunisti,
da grillini e da leghisti, da democratici e da popolari.

Ma, sopra ogni cosa, è ridicolo lo sketch inscenato davanti alla Camera.

È un occhiolino strizzato alle masse, per così dire, dal significato inconfondibile: le reputano sceme.

Non serve neppure il sottotesto per capire. E sceme due volte.

In primis perché le castrano della prerogativa più sacra (per una repubblica democratica e sovrana): quella dell’elettorato passivo.

In secundis perché glielo spiegano con un fumetto; come si fa coi mocciosi non scolarizzati.

Per tutte queste ragioni, quella foto costituisce il punto più basso della nostra vita pubblica.
Suggeriremmo al ministro Fioramonti di attaccarla ai muri delle scuole – giusto sotto il crocifisso, se ci farà la grazia di conservarlo al suo posto –
per fungere da monito ai nostri studenti, nell’ora di educazione civica: ecco come si mette in croce una democrazia.
 
Si stava meglio quando si stava peggio ? ....mah

ItaliaRoth.png
 
Ci ricordiamo quando a scuola studiavamo il Risorgimento, con l’unificazione dell’Italia,
passata nel giro di soli 11 anni (1859-1870) dalla situazione frammentaria definita durante il Congresso di Vienna?

alla situazione “unificata” del 1870, dopo la presa di Roma ?
Italia-2.png


Tutti esaltati dietro all’epopea risorgimentale: l’ideologo sognatore Giuseppe Mazzini

il gran condottiero Giuseppe Garibaldi

il primo re d’Italia Vittoio Emanuele II

e infine lo stratega, il “politico” Camillo Benso conte di Cavour.
 

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