Val
Torniamo alla LIRA
Balle tanta.
Sostanza zero.
Poi c'è quello eletto che capisce roma per toma ahahahahah
ma va bene così.
Vediamo cosa ci sta in giro. Forse "loro" auspicano questo.
Nonostante il passaggio degli anni, il mutamento, spesso radicale, del contesto sociale e culturale,
la sinistra quando scende nell’agone elettorale ha una sola formidabile arma di coagulazione
delle varie anime che la compongono e di superamento delle spesso lancinanti contraddizioni interne:
l’allarme sull’arrivo delle destre, con la variante, già in moto, del ‘pericolo fascismo’.
È l’eterno ritorno dell’uguale, di una ipocrisia che al netto dei grandi dibattiti intellettuali,
delle grida scomposte sul medioevo e sulla perdita dei diritti,
sui progetti di costruzione di una società libera e della retorica sulla comunità di destino,
rimane sempre e solo polarizzata contro, e mai a favore di qualcosa.
Ultimo in ordine di tempo, un evocato ‘Fronte Repubblicano’ che dovrebbe contrapporsi, nel solco della agenda Draghi,
già ‘catturata’ ad usum Delphini, alle scomposte e volgari strumentalizzazioni del populismo e del sovranismo che si avanzano sull’altro versante.
E mentre tanto sul fronte interno quanto su quello esterno, inizia già a muoversi la macchina del fango
estraendo dal magico cassetto delle redazioni la consueta tiritera sull’oscurantismo,
sul filoputinismo, sul fascismo e via dicendo,
dal punto di vista della organizzazione politico-partitica si adombra la necessità di
sostituire il “campo largo”, ormai bruciacchiato, con un soggetto diverso e accattivante.
Archiviato così (per ora) il fortissimo punto di riferimento dei progressisti,
quel Giuseppe Conte che fino a pochi mesi fa il Pd indicava come unico, imprescindibile nome da sostenere,
le migliori menti del progressismo italico sono tornate, gira e rigira, al punto di partenza:
al mitologico Fronte Repubblicano, nella mitografia barricadera di una sinistra polarizzante.
E come dovrebbe essere costituito questo famigerato Fronte Repubblicano?
Nei fatti, una clamorosa ammucchiata di sigle, cespugli e per utilizzare il lessico calendiano frattaglie varie:
una coalizione frankensteiniana che andrebbe dalla sinistra radicale a Renzi e Calenda,
col Pd al centro, i transfughi di Forza Italia non transitati in Azione e il micro-partitino di Di Maio.
Naturalmente sia Renzi sia Calenda si proclamano alternativi a questa strategia,
ma il loro ontologico e funzionale ruolo di gatekeeper per drenare voti al centrodestra moderato e centrista,
e per propiziare quindi la vittoria della sinistra, è evidente.
D’altronde, ‘la libertà che non libera’ è uno slogan autoevidente e il socialismo liberale è socialismo, non liberalismo.
E in quanto a Renzi, che negli ultimi tempi si è eretto a portabandiera del Draghi presidente del Consiglio
e della liberazione dell’Italia dal governo Conte 2, andrebbe ricordato che
il Conte 2 all’Italia lo regalò proprio… Matteo Renzi, che quel governo poi sostenne.
Anche la ‘cosa (vero)liberale’ che cerca di coagularsi e di rappresentare le istanze dell’Italia col dottorato di ricerca,
di quell’Italia che pensa e che ragiona in termini di responsabilità
finirà per essere stampella portante del Pd e portatrice di voti alla sinistra.
Se qualcuno dovesse avere dubbi in proposito, ne riparleremo dopo il 25 settembre.
Fatta questa premessa, però,
il Fronte Repubblicano che vorrà spacciarsi come salvifico schieramento della luce
contro le tenebre e della libertà contro l’autoritarismo rimane, al netto di tutto, il centrosinistra di Roberto Speranza,
di Giuseppe Provenzano, di Andrea Orlando:
una sinistra del Green Pass per andare al bar
e dei droni per inseguire runner e gente che prende il sole in spiaggia.
Una sinistra che ha combattuto e continua a combattere la proprietà privata immobiliare,
che sbandiera le magiche idee di bonus, sussidi, redditi, salari minimi, assistenzialismo, centralismo statalista,
lotta serrata contro ogni ipotesi di autonomia e federalismo,
la sinistra della burocrazia capillare e invasiva e dei diritti inventati e moltiplicati al cui aumentare diminuiscono i diritti veri ed effettivi.
Sostanza zero.
Poi c'è quello eletto che capisce roma per toma ahahahahah
ma va bene così.
Vediamo cosa ci sta in giro. Forse "loro" auspicano questo.
Nonostante il passaggio degli anni, il mutamento, spesso radicale, del contesto sociale e culturale,
la sinistra quando scende nell’agone elettorale ha una sola formidabile arma di coagulazione
delle varie anime che la compongono e di superamento delle spesso lancinanti contraddizioni interne:
l’allarme sull’arrivo delle destre, con la variante, già in moto, del ‘pericolo fascismo’.
È l’eterno ritorno dell’uguale, di una ipocrisia che al netto dei grandi dibattiti intellettuali,
delle grida scomposte sul medioevo e sulla perdita dei diritti,
sui progetti di costruzione di una società libera e della retorica sulla comunità di destino,
rimane sempre e solo polarizzata contro, e mai a favore di qualcosa.
Ultimo in ordine di tempo, un evocato ‘Fronte Repubblicano’ che dovrebbe contrapporsi, nel solco della agenda Draghi,
già ‘catturata’ ad usum Delphini, alle scomposte e volgari strumentalizzazioni del populismo e del sovranismo che si avanzano sull’altro versante.
E mentre tanto sul fronte interno quanto su quello esterno, inizia già a muoversi la macchina del fango
estraendo dal magico cassetto delle redazioni la consueta tiritera sull’oscurantismo,
sul filoputinismo, sul fascismo e via dicendo,
dal punto di vista della organizzazione politico-partitica si adombra la necessità di
sostituire il “campo largo”, ormai bruciacchiato, con un soggetto diverso e accattivante.
Archiviato così (per ora) il fortissimo punto di riferimento dei progressisti,
quel Giuseppe Conte che fino a pochi mesi fa il Pd indicava come unico, imprescindibile nome da sostenere,
le migliori menti del progressismo italico sono tornate, gira e rigira, al punto di partenza:
al mitologico Fronte Repubblicano, nella mitografia barricadera di una sinistra polarizzante.
E come dovrebbe essere costituito questo famigerato Fronte Repubblicano?
Nei fatti, una clamorosa ammucchiata di sigle, cespugli e per utilizzare il lessico calendiano frattaglie varie:
una coalizione frankensteiniana che andrebbe dalla sinistra radicale a Renzi e Calenda,
col Pd al centro, i transfughi di Forza Italia non transitati in Azione e il micro-partitino di Di Maio.
Naturalmente sia Renzi sia Calenda si proclamano alternativi a questa strategia,
ma il loro ontologico e funzionale ruolo di gatekeeper per drenare voti al centrodestra moderato e centrista,
e per propiziare quindi la vittoria della sinistra, è evidente.
D’altronde, ‘la libertà che non libera’ è uno slogan autoevidente e il socialismo liberale è socialismo, non liberalismo.
E in quanto a Renzi, che negli ultimi tempi si è eretto a portabandiera del Draghi presidente del Consiglio
e della liberazione dell’Italia dal governo Conte 2, andrebbe ricordato che
il Conte 2 all’Italia lo regalò proprio… Matteo Renzi, che quel governo poi sostenne.
Anche la ‘cosa (vero)liberale’ che cerca di coagularsi e di rappresentare le istanze dell’Italia col dottorato di ricerca,
di quell’Italia che pensa e che ragiona in termini di responsabilità
finirà per essere stampella portante del Pd e portatrice di voti alla sinistra.
Se qualcuno dovesse avere dubbi in proposito, ne riparleremo dopo il 25 settembre.
Fatta questa premessa, però,
il Fronte Repubblicano che vorrà spacciarsi come salvifico schieramento della luce
contro le tenebre e della libertà contro l’autoritarismo rimane, al netto di tutto, il centrosinistra di Roberto Speranza,
di Giuseppe Provenzano, di Andrea Orlando:
una sinistra del Green Pass per andare al bar
e dei droni per inseguire runner e gente che prende il sole in spiaggia.
Una sinistra che ha combattuto e continua a combattere la proprietà privata immobiliare,
che sbandiera le magiche idee di bonus, sussidi, redditi, salari minimi, assistenzialismo, centralismo statalista,
lotta serrata contro ogni ipotesi di autonomia e federalismo,
la sinistra della burocrazia capillare e invasiva e dei diritti inventati e moltiplicati al cui aumentare diminuiscono i diritti veri ed effettivi.